Io e mio padre per 40 anni da soli nella giungla

  La storia di Ho Van Lang (“ricomparso) nel 2013 come la scrissero i giornalisti e come Chief Joseph (*) pensa che la racconterebbe lui, cioè Ho

Quell’uomo di oltre 40 anni, fino al 2013, non aveva idea che la Terra fosse rotonda, né aveva mai visto il mare o utilizzato denaro. Anche il sesso per lui era un mistero. Ho Van Lang era riuscito a sopravvivere isolato nel cuore della giungla. Lo hanno chiamato “il Tarzan del Vietnam”.

Dopo l’8 agosto del 2013, giorno del «ritrovamento», la sua storia fece il giro del mondo. Nel 1971 (secondo altre fonti nel 1973) il padre – Ho Van Tahnh – in pieno assalto Usa contro il Vietnam, prese suo figlio di un anno e scappò dal villaggio. La loro casa era stata bombardata e il padre, credendo morti altri due figli e la moglie, decise di isolarsi nella foresta della regione centrale di Quang Ngai.
Padre e figlio hanno trascorso oltre 40 anni da soli: vivevano in una capanna di legno, procacciandosi il cibo con la caccia. Hanno pensato che la guerra fosse ancora in corso. Ogni tanto incontravano altri esseri umani, quando si spingevano sulle alture, e la leggenda dei due uomini cominciò a circolare. Tri, uno dei due figli di Ho Van Tahnh, creduto morto dal padre, cominciò a cercarli. Finché il governo vietnamita, con una spedizione di 20 uomini, li andò a prendere offrendo loro casa in un villaggio vicino.

SE  OGGI  HO  VAN  LANG  PARLASSE  CON  “CHIEF  JOSEPH”  forse  USEREBBE  QUESTE  PAROLE.

Mi chiamo Ho Van Lang e sono diventato famoso in tutto il mondo, perché ho vissuto, per quarant’anni, nella foresta vietnamita. Dopo un bombardamento “di pace” americano che sterminò la mia famiglia, mio padre mi prese in braccio e fuggì nella foresta. Lì siamo rimasti, in un rifugio costruito sopra un albero, a cinque metri di altezza, nutrendoci di bacche, frutta e cacciando piccoli animali. Mi hanno detto – con la scrittura e la lettura avevo qualche difficoltà – che i giornalisti hanno vomitato la nostra avventura dando in pasto ai famelici lettori una mia fotografia in cui sono ritratto con un altro uomo, che è colorato con strisce chiare e scure, sopra le quali ci sono segni. Una gentile infermiera mi spiegò che era il vestito di uomini che rincorrono una cosa rotonda, non commestibile, i quali gridano e si abbracciano quando riescano a cacciarla dentro una trappola fatta con reti e legno.

Ho imparato a leggere e scrivere, uso il computer, guido la macchina, ho un profilo molto frequentato su twitter e non mi manca lo smartphone né l’iPod. Soprattutto, sono riuscito a comprendere il significato della scritta sulla maglia a strisce verticali, nere e azzurre, che indossava un mio connazionale quando mi hanno ritrovato. Le gomme della mia auto naturalmente sono marchiate con quel nome. Pirelli. Sono stato invitato a partecipare ai più importanti show delle più famose tv del mondo. Ho la fidanzata, ma la vedo poco perché è un’indossatrice statunitense che, quando aveva sentito la mia storia, si era commossa al punto da indire una conferenza stampa per dichiarare che sarebbe venuta in Vietnam a conoscermi. Insomma, ci sarebbero tutti gli ingredienti per essere felice. Eppure non lo sono e penso con nostalgia alla mia vita selvaggia. Nostalgia per un luogo in cui si mangiava perché si aveva fame e non per essere uguali agli altri, ingurgitando veleni travestiti da elisir, proposti da famosi grilli parlanti, che invece di indirizzare verso la retta via sono pagati per nasconderla. Nostalgia per un tempo in cui la vista camminava a braccetto con il fiuto, che era amico dei suoni e dei rumori uditi; quando si camminava per raggiungere e toccare un fiore, prendere un frutto, catturare un animale da sacrificare al nostro povero desco. Nostalgia per un mondo che non era fatto dal labirinto della rete, dalle notizie dei telegiornali, dalle autocelebrative disquisizioni dei commentatori, dal gracidio dei giullari di corte, dagli insulsi amplessi celebrati dai blog o da faceboock. In quel mondo, io e mio padre mettevamo reciprocamente a disposizione le nostre scoperte, non volevamo entrare in competizione con la notte e il giorno, adeguavamo i nostri comportamenti al lento e cadenzato scorrere del buio e della luce. In questi ultimi anni invece il mio tempo è diventato schiavo della tecnica e intorno a me vedo sacerdoti che celebrano la loro vita pigiando sui tasti. Negli ultimi anni ho scoperto che gli Usa e i loro fedeli alleati hanno due tipi di bombe: quelle visibili, che dilaniano la carne, e quelle invisibili che distruggono l’anima. Le prime, dopo essere state sperimentate su di noi, girovagano e si posano, ancora mortifere, su Paesi in cui il velenoso calabrone a stelle e strisce sente odore di miele. Le seconde invece non fanno paura e quando scendono dal cielo sono accolte da occhi avidi e da mani festanti, vogliose di cogliere qualcosa che non si vede e non è raggiungibile. Hanno cercato di insegnarmi che la felicità sta nella quantità di cose su cui riesco a porre la mia etichetta ma si sono dimenticati di comunicarmi il numero esatto. L’uomo civilizzato continua ad accumulare l’inutile: gli è stato detto, dal Gatto con gli stivali, che questo è l’unico modo per raggiungere la felicità. Non si accorge che è diventato un topolino, sepolto da una montagna di rifiuti da cui spuntano aste con occhi metallici che gli offrono la visione di un mondo che non c’è.

(*) Chief Joseph (1840-1904) è stato una guida (militare e spirituale) dei Nasi Forati, un popolo nativo americano. Si chiamava in realtà Hinmaton Yalaktit, che in lingua niimiipuutímt significa Tuono che rotola dalla montagna.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

 

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