Jean Ziegler: «L’odio per l’Occidente»

Guardate bene la copertina: c’è un bambino (africano, indiano o magari in una periferia di Londra?) scalzo, vestito di bianco che innalza al vento una bandiera arcobaleno… in fiamme. Choccante eh? Bene, per il momento fate finta di non averla vista e leggete con calma L’odio per l’Occidente» (Marco Tropea editore: 268 pagine per 17,50 euri) di Jean Ziegler. Poi ripensateci dopo aver chiuso il libro. Intanto scorrete questa mia recensione, se vi va.

Le prime tre parti di «L’odio per l’Occidente» si intitolano rispettivamente «Alle radici dell’odio», «L’abominevole filiazione» e «La schizofrenia dell’Occidente». Poi due casi concreti che occupano oltre 100 pagine: «Nigeria, la fabbrica dell’odio» (l’ottavo produttore mondiale di petrolio è uno dei 20 Paesi più miseri del pianeta) e «Bolivia la rottura».

Nella nuova prefazione (il libro di Ziegler è uscito nel 2008 ma è stato aggiornato per l’edizione italiana) si parla subito di «una speranza oggi in frantumi», quella di Obama. Poi si indica il fenomeno più importante dell’ultimo anno, «il rapido progresso e il consolidamento della rivoluzione degli indios nelle Ande […] la memoria ferita dei popoli indigeni sta vivendo una folgorante rinascita». Negli ultimi 12 mesi, annota Ziegler, qualcos’altro è accaduto: «uno tsunami finanziario si è abbattuto sul pianeta: con le loro speculazioni dementi e la loro avidità ossessiva i predatori hanno distrutto in pochi mesi migliaia di miliardi di valore patrimoniale». I guai che gli apprendisti stregoni hanno provocato non ricadono su di loro: «quando i ricchi dimagriscono, i poveri muoiono» ricorda Ziegler, citando Alphonse Allais. Allora «dov’è la speranza?» chiede di nuovo l’autore. E risponde: «oggi la guida non viene dall’Europa» che è democratica al suo interno ma i suoi valori «si arrestano alle frontiere» e dunque esercita una sorta di «fascismo esterno […] di legge della giungla». Da qui l’odio verso l’Occidente – anticipa l’introduzione del libro – che cresce e non solo tra i salafisti e i talebani. «Se l’Occidente persisterà nel suo accecamento, i profeti razzisti, i fanatici tribalisti avranno la meglio. Distruggeranno il movimento di emancipazione e con esso la speranza di una vittoria sull’attuale ordine cannibale del mondo». Ma forse la speranza è altrove.

Come di consueto, Jean Ziegler fa parlare i numeri, le storie e le persone: il suo non è quasi mai un discorso ideologico. Fra citazioni di Aimè Cesaire e di Eugene Ionesco, di Immanuel Wallenstein e di Pablo Neruda, di Wole Soyinka e di Ferdinan Braudel, saltando fra i secoli (il Messico precolombiano e la secessione del Biafra pilotata dalla Elf francese, la rivoluzione francese e la guerra dell’acqua ai giorni nostri), fra racconti personali e belle divagazioni culturali, Ziegler non perde mai di vista il suo obiettivo: «riportare alla luce le radici di questo odio ed esplorare le possibili vie di un suo superamento».

Ziegler ci ricorda che la storia non è semplice o lineare, che torti e ragioni – o tradimenti – si intrecciano. C’è un odio ragionato e uno patologico; dobbiamo fare i conti con memorie chiare e oscure; esistono «le eclissi della ragione (come le ha definite Max Horkheimer») e le ignoranze-arroganze (Ziegler dedica un capitolo al Sarkozy “africano” e un paio di frasi al Ratzinger che il 13 maggio 2007 pronuncia con disinvoltura una gigantesca «menzogna storica»); è opportuno conoscere le analisi di Marx senza scordare  il sangue di Julian Apaza cioè Tùpac Katari; avere qualche idea su ciò che fa Emmaus Svizzera ma tenere a mente che dopo 60 anni l’operazione Odessa ancora produce i suoi fruti marci.

Per quanto si conosca un po’ di storia e magari  si evitino sia la retorica che la banalizzazione, la maggior parte di noi non ha avuto modo di conoscere l’infame Robert Bugeaud o piuttosto le rivolte di Zumbi, la saggezza di Cheikh Anta Diop e il coraggio di Danilo Ramos, le bugie su Beit Hanun e i neonazisti (di origine tedesca e croata) che si organizzano contro Evo Morales, i tentativi frustrati (alla conferenza di Durban) di Mary Robinson e Kofi Annan o, per restare da queste parti, la politica dell’italiana Agip-Eni che distrugge – è in buona compagnia, certo – il Delta del Niger. Anche questo libro di Ziegler, come i precedenti, ci aiuta ad arginare l’ignoranza.

Per chiudere il cerchio ecco i versi di Cesaire che Ziegler pone invece all’inizio del libro ma più volte riprende nel suo ragionare.

«Abito una ferita sacra

abito antenati immaginari

abito un volere oscuro

abito un lungo silenzio

abito una sete irrimediabile

abito un viaggio di mille anni

abito una guerra di trecento anni».

Se preferite concludere con la citazione di un europeo (fra i pochi che ebbero il coraggio di schierarsi dalla parte dei ribelli e dei «dannati della terra») ecco Sartre: «Per amare gli esseri umani, bisogna detestare profondamente tutto ciò che li opprime».

Ora forse si può guardare la foto in copertina e ripensarla in altro modo, senza sentirsi turbati, magari offesi. Quella bandiera arcobaleno che brucia non è l’impegno quotidiano di pochi ma l’ipocrisia dei potenti e di tantissimi vassalli e servi. Perfino alcuni rivoltosi nelle periferie dell’Occidente e persino qualche vescovo che ha scelto di stare con gli ultimi di continuo ci ammoniscono che «senza giustizia non c’è pace».

In data 1 novembre 2006 su questo blog trovate la mia recensione a un altro libro di Ziegler, «L’impero della vergogna».

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *