La gente non vuole la guerra

articoli, video, musica di Seymour Hersch, Hermann Göring, Alfonso Navarra, Juan Antonio Aguilar, Miguel Ruiz Calvo, Alessandro Marescotti, Giorgio Gaber, Daniele Luttazzi, Michele Santoro, Domenico Quirico, Manlio Dinucci, Alessia C. F. (ALKA), Giuliano Marrucci, Jeffrey Sachs, Marinella Correggia, Marinella Mondaini, Attac, Carlo Tombola, Raffaella Nadalutti, Antonio De Lellis, Piero Maestri, Maria Pastore, Carlo Palermo, Paolo Selmi, Alessandro Orsini, M.I.R.

 

“La gente non vuole la guerra […]. Ma sono i leader delle nazioni che determinano la politica ed è semplice trascinare le masse, sia che si tratti di una democrazia che una dittatura fascista, un parlamento o una dittatura comunista. Abbia o meno la possibilità di esprimersi. il popolo può sempre essere assoggettato agli ordini dei leader. È facile. Tutto quello che bisogna fare è dir loro che sono stati aggrediti e denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo, cosa che espone il Paese a un pericolo maggiore”. Così il Maresciallo del Reich Hermann Göring al processo di Norimberga.

 

 

UN ANNO DOPO L’ATTENTATO AL NORD STREAM LA RUSSIA HA VINTO? – Seymour Hersch

(Articolo originariamente pubblicato in inglese su Substackripreso da Other News) – Oggi è l’anniversario della distruzione di tre dei quattro gasdotti Nord Stream 1 e 2 da parte dell’amministrazione Biden. Avrei qualcosa da aggiungere a riguardo, ma dovremo aspettare. Perché? Perché la guerra tra Russia e Ucraina, nella quale la Casa Bianca continua a respingere qualsiasi discorso di cessate il fuoco, è a un punto di svolta. Ci sono alti esponenti dell’intelligence americana che, sulla base di rapporti sul campo e informazioni tecniche, ritengono che l’esercito ucraino, demoralizzato, abbia rinunciato alla possibilità di superare le tre linee di difesa russe, dove c’è una grande presenza di mine, e di portando la guerra in Crimea e nelle quattro province che la Russia conquistò e annesse. La realtà è che il malconcio esercito di Volodymyr Zelenskyj non ha più alcuna possibilità di vincere.

La guerra continua, mi dice un funzionario con accesso all’intelligence attuale, perché Zelenskyj insiste che deve continuare. Né nel suo quartier generale né alla Casa Bianca di Biden si parla di un cessate il fuoco né c’è interesse per colloqui che potrebbero porre fine al massacro. “È tutta una bugia”, ha detto il funzionario, riferendosi alle affermazioni ucraine di un graduale progresso in un’offensiva che ha subito perdite sconcertanti mentre guadagnava terreno in alcune aree sparse che l’esercito ucraino misura in metri a settimana. “Cerchiamo di essere chiari”, ha detto il funzionario, “Putin ha commesso un atto stupido e autodistruttivo dando inizio alla guerra. Pensava di avere poteri magici e che tutto ciò che desiderava si sarebbe avverato. L’attacco iniziale della Russia”, ha aggiunto il funzionario, “è stato mal pianificato, poco presidiato e ha causato perdite inutili. I suoi generali gli hanno mentito e lui ha iniziato la guerra senza logistica, senza modo di rifornire le sue truppe”. Molti dei generali colpevoli sono poi stati licenziati sommariamente.

“Sì, non importa quanto provocato, Putin è stato stupido violando la Carta delle Nazioni Unite, e lo siamo stati anche noi”, ha detto il funzionario, riferendosi alla decisione del presidente Biden di intraprendere una guerra per procura con la Russia finanziando Zelenskyj e il suo esercito. “Ed è per questo che ora, per giustificare il nostro errore, dobbiamo dipingerlo di nero con l’aiuto dei media”. Si riferiva ad un’operazione segreta di disinformazione volta a screditare Putin e portata avanti dalla CIA in coordinamento con membri dell’intelligence britannica. Il successo dell’operazione ha portato i principali media degli Usa e a Londra a riferire che il presidente russo soffriva di diverse malattie, tra cui problemi ematologici e gravi tumori. Un aneddoto molto citato diceva che Putin veniva trattato con forti dosi di steroidi. Non tutti si sono lasciati ingannare. Nel maggio 2022, Il Guardian ha riferito scettico che le voci “abbracciavano un ampio spettro: Vladimir Putin soffre di cancro o morbo di Parkinson, dicono rapporti non confermati e non verificati”. Ma molte delle principali agenzie di stampa hanno abboccato. Nel giugno 2022, Newsweek ha pubblicato quello che ha definito un grande scoop, citando fonti anonime secondo cui, due mesi prima, Putin si era sottoposto a un trattamento per un cancro in stadio avanzato: “Il controllo di Putin è forte ma non più assoluto. La lotta all’interno del Cremlino non è mai stata così intensa… tutti sentono che la fine è vicina”.

“Nei primi giorni dell’offensiva di giugno ci sono state alcune incursioni ucraine”, ha detto il funzionario, “sopra o vicino” alla prima delle tre formidabili barriere difensive di cemento della Russia, “e i russi si sono ritirati per assorbirle. E li hanno uccisi tutti”. Dopo settimane di forti perdite e scarsi progressi, oltre a terribili perdite di carri armati e veicoli blindati, ha continuato il funzionario, importanti membri dell’esercito ucraino, senza dichiararlo, hanno praticamente annullato l’offensiva. Le due città che l’esercito ucraino ha recentemente rivendicato come catturate “sono così piccole che non starebbero tra due cartelloni pubblicitari della Burma-Shave”, un riferimento ai cartelloni pubblicitari che sembravano essere su ogni autostrada americana dopo la seconda guerra mondiale.

Una conseguenza dell’ostilità neoconservatrice dell’amministrazione Biden nei confronti di Russia e Cina – esemplificata dalle dichiarazioni del Segretario di Stato Tony Blinken, che ha ripetutamente affermato che non tollererà un cessate il fuoco in Ucraina in questo momento – è stata una significativa divisione nella comunità dell’intelligence. Una delle vittime è il National Intelligence Estimates (NIE), che da decenni definisce i parametri della politica estera americana. In molti casi, alcuni uffici chiave della CIA si sono rifiutati di partecipare al processo NIE a causa del profondo disaccordo politico con la politica estera aggressiva del governo. Uno dei fallimenti più recenti è stato quello del NIE che calcolava l’esito di un attacco cinese a Taiwan.

Per molte settimane ho riferito del disaccordo di lunga data tra la CIA e altri membri della comunità dell’intelligence sulla prognosi dell’attuale guerra in Ucraina. Gli analisti della CIA sono sempre stati molto più scettici rispetto ai loro colleghi della Defense Intelligence Agency (DIA) riguardo alle prospettive di successo dell’Ucraina. I media americani hanno ignorato la disputa, ma non The Economist, con sede a Londra, i cui giornalisti meglio informati non firmano gli articoli. Un segnale della tensione interna alla comunità americana è emerso nel numero del 9 settembre della rivista, quando Trent Maul, direttore delle analisi della DIA, ha rilasciato un’intervista straordinaria in cui ha difeso i resoconti ottimistici della sua agenzia sulla guerra in Ucraina e la sua problematica controffensiva. L’Economist titolò “Un’intervista insolita”, ma passò inosservata anche ai principali giornali degli Stati Uniti.

Maul ha riconosciuto che la DIA “ha sbagliato” nel riferire sulla “volontà di combattere” dei suoi alleati quando gli eserciti addestrati e finanziati dagli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan “sono andati in pezzi quasi da un giorno all’altro”. Maul ha contestato le denunce della CIA – anche se non ha citato l’agenzia per nome – sulla mancanza di abilità dei leader militari ucraini e sulle loro tattiche nell’attuale controffensiva. Ha detto all’Economist che i recenti successi militari dell’Ucraina sono stati “significativi” e hanno dato alle sue truppe una probabilità del 40-50% di sfondare le tre linee difensive della Russia entro la fine di quest’anno. Tuttavia, secondo The Economist, ha avvertito che “le munizioni limitate e il peggioramento del tempo renderanno tutto molto difficile”.

Zelenskyj ha anche riconosciuto che quelle che ha definito le “recenti difficoltà” della sua nazione sul campo di battaglia sono state percepite da alcuni come un motivo per avviare seri negoziati con la Russia sulla fine della guerra. Zelenskyj lo ha definito “cattivo tempismo” perché la Russia “percepisce la stessa cosa”. Tuttavia, ancora una volta ha chiarito che i colloqui di pace non sono sul tavolo e ha lanciato una nuova minaccia ai leader dell’area i cui Paesi ospitano i rifugiati ucraini e che vogliono, come ha informato Washington la CIA, la fine della guerra. Zelenskyj ha avvertito nell’intervista, come ha scritto The Economist: “Non c’è modo di prevedere come i milioni di rifugiati ucraini nei Paesi europei reagirebbero all’abbandono del loro Paese”. Zelenskyj ha detto che i rifugiati ucraini “si sono comportati bene… e sono grati” a coloro che hanno dato loro rifugio, ma non sarebbe una “bella storia” per l’Europa se una sconfitta ucraina “mettesse le persone con le spalle al muro”. Si trattava niente di meno che di una minaccia di insurrezione interna.

Il discorso di Zelenskyj alla recente Assemblea generale annuale delle Nazioni Unite a New York non ha offerto molte novità e, come riportato dal Washington Post , ha ricevuto l’obbligatorio “caloroso benvenuto” da parte dei partecipanti. Tuttavia, secondo il giornale, “ha tenuto il suo discorso in una sala semipiena, nella quale molte delegazioni hanno rifiutato di presentarsi per ascoltare ciò che aveva da dire”. I leader di alcune nazioni in via di sviluppo, aggiunge il rapporto, erano “frustrati” dal fatto che i diversi miliardi che l’amministrazione Biden stava spendendo, senza una seria responsabilità, per finanziare la guerra in Ucraina stavano diminuendo il sostegno alle loro stesse lotte per “affrontare il riscaldamento globale, la povertà e garantire un vita più sicura per i suoi cittadini”.

Il presidente Biden, nel suo discorso all’Assemblea generale, non ha affrontato la pericolosa posizione dell’Ucraina nella guerra con la Russia, ma ha invece riaffermato il suo forte sostegno all’Ucraina e ha insistito sul fatto che “la Russia è l’unica responsabile di questa guerra”, dimenticando tre decenni di espansione della NATO verso Est e il coinvolgimento segreto dell’amministrazione Obama, nel 2014, nel rovesciamento di un governo filo-russo in Ucraina. Il presidente potrebbe avere ragione nel merito, ma il resto del mondo ricorda, a differenza della Casa Bianca, che sono stati gli Stati Uniti a scegliere di entrare in guerra in Iraq e Afghanistan, con poca considerazione per la giustificazione che avevano per farlo.

Il presidente Biden non ha parlato della necessità di un cessate il fuoco immediato in una guerra che l’Ucraina non può vincere, e che si aggiunge all’inquinamento che ha causato l’attuale crisi climatica in cui è impantanato il pianeta. Biden, con il sostegno del segretario di Stato Blinken e del consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan – ma con un sostegno in calo in altre parti degli Stati Uniti – ha reso il suo inesorabile sostegno finanziario e morale alla guerra in Ucraina una questione di vita o di morte per la sua rielezione. Nel frattempo, un implacabile Zelenskyj, in un’intervista la scorsa settimana con un corrispondente servile di 60 Minutes, un tempo apice del giornalismo americano aggressivo, ha descritto Putin come un altro Hitler e ha insistito falsamente sul fatto che l’Ucraina avesse l’iniziativa nella sua attuale guerra con la Russia. Alla domanda del corrispondente della CBS Scott Pelley se pensasse che “la minaccia della guerra nucleare sia alle nostre spalle”, Zelenskyj ha risposto: “Penso che continuerà a minacciare. Aspetta che gli Stati Uniti perdano stabilità e crede che ciò accadrà durante le elezioni americane. Cercherà l’instabilità in Europa e negli Stati Uniti. Utilizzerà il rischio di utilizzare armi nucleari per alimentarlo. Continuerà a minacciare”.

Il funzionario dell’intelligence americana con cui ho parlato ha lavorato all’inizio della sua carriera contro l’aggressione e lo spionaggio sovietici. Rispetta l’intelligenza di Putin ma disprezza la sua decisione di entrare in guerra con l’Ucraina e provocare la morte e la distruzione che la guerra provoca. Tuttavia, come mi ha detto: “La guerra è finita. La Russia ha vinto. Non c’è più un’offensiva ucraina, ma la Casa Bianca e i media americani devono continuare a mentire. La verità è che se all’esercito ucraino venisse ordinato di continuare l’offensiva, si ammutinerebbe. I soldati non sono più disposti a morire, ma questo non si adatta alle sciocchezze concepite dalla Casa Bianca di Biden”.

Articolo originariamente pubblicato in inglese su Substack

Traduzione di Paloma Farré.

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Petrovday2023

IL 26 SETTEMBRE 2023, E’ IL PETROV DAY CONTRO LE ARMI NUCLEARI E MAI IL DISARMO E’ STATO COSI’ URGENTE.

Il Petrov Day è la giornata ONU contro le armi nucleari in memoria della notte in cui, proprio 40 anni fa, il 26 settembre 1983, il colonnello sovietico Stanislav Petrov salvò il mondo dalla guerra nucleare per errore: non comunicò ai superiori un presunto attacco missilistico contro la capitale, in realtà un falso allarme dei computer della base di avvistamento che comandava vicino Mosca.
Un atto, in un certo senso, di disobbedienza, coraggiosa e intelligente, che gli costò allontanamento dall’esercito e emarginazione da parte di un regime sedicente socialista che non voleva si diffondesse la conoscenza dei buchi della “deterrenza”.
Petrov morì dimenticato e in miseria, come buona parte dei veri “eroi”, che l’Umanità non riconosce, mentre tributa onori ad esempio a tonitruanti tribuni di presunte resistenze partigiane, in realtà spoliatori del proprio Paese per conto dei mandanti di guerre per procura.
Un TPAN – Trattato di proibizione delle armi nucleari (chi vi scrive era a New York per conto dei Disarmisti esigenti, quando, il 7 luglio 2017, venne adottato da 122 Paesi) esprime oggi l’illegalità della cosiddetta “difesa” imperniata su queste armi mostruose. Il problema, politico ma anche etico, è di passare dalla proibizione alla loro eliminazione effettiva.
Possiamo considerare questo trattato un tassello di un nuovo costituzionalismo globale, che mette in primo piano il diritto comune dell’umanità, non la sovranità assoluta dei singoli Stati. E’ l’applicazione dell’appello Russell-Einstein che terminava con la famosa frase: “Ricordiamoci della comune umanità e dimentichiamo il resto”.
Prima di tutto dobbiamo tenere a mente di essere membri di una umanità planetaria, oggi aggiungeremmo parte di un unico ecosistema vivente (la “terrestrità” che sostengo in “Memoria e futuro”, propugnata da figure morali e intellettuali come Papa Francesco ed Edgar Morin) e non rimanere schiavi dei nazionalismi e dei militarismi, come pure di tutte le altre appartenenze sociali particolari.
Il TPAN si fonda sui principi del diritto umanitario, cioè della guerra che in teoria dovrebbe essere combattuta in modo umanitario, secondo le Convenzioni di Ginevra: le armi nucleari vengono considerate illegali perché il loro impiego coinvolge inevitabilmente per lo più i civili, non consente soccorsi sanitari, inquinano l’ambiente per anni rendendo impraticabile la vita quotidiana delle comunità, eccetera.
Questo approccio “umanitario” ha in parte funzionato, ma ora bisognerebbe mettere in rilievo la centralità del rischio: non c’è sicurezza assoluta che il sistema nucleare possa essere mantenuto sotto controllo e un errore potrebbe avviare l’escalation che conduce alla fine del mondo. E’ proprio l’eventualità messa in luce dalla vicenda Petrov. E questo rischio si fa intollerabile quando la logica della deterrenza, i tempi sempre più angosciosamente ristretti di risposta alle mosse vere o presunte dell’avversario, porta sempre di più verso l’automazione dei sistemi di avvistamento, con l’impiego già deciso dell’intelligenza artificiale nell’early warning.
E quando l’idea di guerre nucleari limitate in territori circoscritti trova concretezza nelle minacce che vengono evocate, un giorno sì e l’altro pure, di ricorso alle “atomiche tattiche”, in una Guerra Grande in Ucraina che rischia di unificare, copyright Papa Francesco, la “guerra mondiale a pezzetti” in corso.
Noi Disarmisti esigenti, membri in Italia della rete ICAN che ha promosso il TPAN, insignita nel 2017 del Premio Nobel per la pace, non riteniamo sufficiente che, Stato dopo Stato, si aumenti il numero di ratificanti del TPAN, oggi arrivati a 69.
La nostra missione non è limitata a fare pressione per fare sì che l’Italia con voto parlamentare diventi, che so, l’ennesimo Stato ratificante, magari il 70esimo (cosa impossibile stante la sua appartenenza alla NATO, che ufficialmente considera la deterrenza nucleare la “suprema garanzia di sicurezza”).
A Vienna nel 2022 è avvenuta la prima conferenza di revisione del Trattato da parte degli Stati parte, ed è stata affermata la complementarietà tra il TPAN e il Trattato di non proliferazione. Complementarietà che le potenze nucleari attualmente non riconoscono e meno che mai riconosce, appunto, la NATO.
La centralità del rischio dovrebbe portare ad armonizzare, per intelligenza strategica, la campagna ICAN con la campagna per il NO first use. E’ a portata di mano, anche grazie a una possibile sponda cinese, che le potenze nucleari vengano costrette ad abbandonare le dottrine sul primo impiego “limitato e condizionato”, dell'”atomica” e che di conseguenza si stabilisca la “deallertizzazione” con separazione delle testate dai vettori, per rendere difficile un primo lancio per errore.
Gli Stati aderenti al TPAN (e ricordiamo sempre che l’Italia non rientra tra questi) potrebbero elasticizzare il Trattato istituendo norme per i Paesi in conversione, magari definendoli “sostenitori”, non affiliati contraenti, che supportano il No first use e si defilano dalla condivisione nucleare NATO.
Nel frattempo noi movimenti di base abbiamo da portare avanti la lotta per la denuclearizzazione sia civile che militare (il nucleare cosiddetto civile è solo una copertura della potenza militare) e in Italia possiamo puntare, sul lato militare, alla dissociazione unilaterale dal nucleare NATO con, ad esempio, la rimozione delle testate ospitate a Ghedi ed Aviano in rapporto con il nuovo impiego da parte dei cacciabombardieri F35, omologati e predisposti per le missioni nucleari.

Alfonso Navarra – coordinatore dei Disarmisti esigenti 

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La guerra Russia-Ucraina? E’ anche una eco-guerra – Alessandro Marescotti

Questo è ormai uno scontro economica fra l’apparato produttivo della Nato e quello della Russia, senza esclusioni di colpi. E a farne le spese è la transizione ecologica e l’Agenda ONU 2030. Si punta solo sulla vittoria militare, costi quel che costi.

La guerra in Ucraina ha scosso profondamente il panorama politico ed economico internazionale, con conseguenze drammatiche anche per la transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico. In un contesto di crescente tensione tra la NATO e la Russia, le nazioni europee si sono trovate costrette a prendere decisioni difficili per ridurre la dipendenza dal gas russo. Il risultato è stato un ritorno al carbone, una fonte di energia altamente inquinante e dannosa per l’ambiente.

Il carbone e il nucleare

Un esempio tangibile di questa inversione di rotta è l’Ilva di Taranto, dove è stata richiesta la triplicazione della produzione di carbone coke: altro che decarbonizzazione! Anche la centrale di Cerano, a Brindisi, ha visto aumentare il ricorso al carbone, come dimostra il traffico navale legato alla sua importazione. La Germania si è trovata a confrontarsi con il dilemma tra carbone e nucleare, mettendo i Verdi al governo di fronte a scelte difficili, contrarie alla propria identità. L’intero apparato produttivo, pur di fare la guerra, ha fatto un pauroso balzo all’indietro sotto il profilo dell’ecosostenibilità.

Il ritorno della prima guerra mondiale

La guerra fra Russia e Ucraina è ormai una guerra economica fra l’apparato produttivo della Nato e quello della Russia. E’ una guerra di resistenza dei rispettivi apparati economici. Ci sono similitudini con la prima guerra mondiale. Ogni mese si sfornano cannoni, missili, proiettili, carri armati, bombe e armi di ogni tipo. L’imperativo non è la sostenibilità ambientale: è resistere, produrre e vincere.

Pur di vincere la guerra si distrugge senza scrupoli l’ambiente, dopo aver ucciso senza scrupoli le persone.

La rimozione dell’Agenda 2030

E l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile? Non se ne parla più.

La lotta alla povertà, alla fame, alle diseguaglianze? Erano i primi obiettivi dell’Agenda 2030. Dimenticati! Salvo poi a ricordarceli quando arrivano i barconi dei migranti.

E l’acqua, l’energia pulita, i cambiamenti climatici, la biodiversità? Anche questi punti dell’Agenda 2030 sono stati dimenticati.

La scomparsa della decarbonizzazione

Gli esiti di questa rimozione dei grandi problemi planetari sarà devastante.

Si va verso il precipizio bellico e contemporaneamente verso il precipizio ecologico.

La decarbonizzazione è ormai solo una parola consolatoria, in realtà la guerra si fa con il carbone, e l’acciaio di questa guerra è acciaio fatto con il carbone, con tanto carbone.

I carri armati e i cannoni, come pure le maxi-bombe plananti e i missili, sono il frutto della siderurgia di guerra, la più sporca e la più dannosa da ogni punto di vista.

L’ILVA e la Cina

La Nato ha deciso di tenere in vita l’ILVA. La fabbrica sopravvive in condizioni difficilissime, con i sindacati in rivolta e gli ambientalisti allarmati dai picchi di benzene. Sopravvive perché è dichiarata per legge come stabilimento di “interesse strategico nazionale”. Ma è ora di dirlo: l’interesse strategico nazionale dell’ILVA non ha nulla di economico. Quegli altoforni restano oggi accesi solo in funzione anti-Pechino.

L’autarchia Nato

E’ un ritorno all’autarchia siderurgica, per sganciare l’Italia dall’acciaio cinese dopo aver obbedito allo sganciamento dalla Via della Seta cinese e dal gas russo.

E’ un inconfessabile ritorno all’economia di guerra, all’autarchia non di mussoliniana memoria ma all’autarchia del blocco Nato. Un blocco che deve avere le mani assolutamente libere nei confronti della Cina, in previsione di un futuro conflitto fortemente voluto dagli Stati Uniti. Un conflitto per evitare che Pechino divenga la prima potenza economica mondiale. Uno smacco che gli Stati Uniti vivrebbero come un trauma, esattamente come quando l’Urss arrivò prima nello spazio.

La guerra sulla Luna

Il conflitto arriverà presto sulla Luna, per mettere anche là le mani sulle terre rare, che gli Stati Uniti non hanno in quantità sufficiente. “Tra i metalli rari che secondo gli esperti potrebbero essere presenti in grandi quantità sulla Luna, ci sono lo scandio e l’ittrio, che potrebbero essere utilizzati nei motori dei veicoli, per produrre vetro o ceramica, dispositivi elettronici e sistemi radar”. Questo si legge sul Messaggero che aggiunge: “Usa, Cina, Russia e India si contendono le risorse”. Della Luna. Si preparano scene di colonialismo lunare, dall’amaro sapore militare.

La tragedia ucraina

In questo quadro incredibilmente fosco, l’Ucraina oggi vive la sua tragedia.

Non si vuole chiamare tutto questo “guerra per procura”.

Ma è una tragedia lo stesso, con risvolti di cinismo che stanno tutti nel fatto che a morire non sono gli americani e gli europei, ma gli ucraini. A cui si affida la parola roboante d’ordine: “vittoria”.

L’Ucraina sta combattendo disperatamente una battaglia “per vincere” ma è  sproporzionata. Il costo umano è insopportabile. Lo dicono le dottrine militari che prevedono perdite almeno tre volte superiori nel caso di assalti e di attacchi, come viene comandato ai soldati ucraini oggi, dopo un cinico e spietato addestramento Nato.

I cinquantenni all’assalto

La Russia ha chiaramente violato il diritto internazionale invadendo l’Ucraina.

Ma l’iniziale guerra difensiva si è trasformata in una sanguinosa controffensiva che richiede l’arruolamento in Ucraina dei cinquantenni, dei padri di famiglia, come pure dei giovanissimi. E’ una controffensiva che falcia decine di migliaia di vittime ogni mese. E che ne ingoia continuamente. Con arruolamenti continui. E con continue diserzioni e renitenze alla leva. Ma non se ne parla.

È fondamentale sottolineare che la strategia di guerra a oltranza è insostenibile, soprattutto con l’arrivo dell’inverno.

Questa guerra lascia solo distruzione e macerie.

La guerra infinita

Sarà una guerra infinita, e terminerà solo con il crollo di una delle due parti, o con un accordo quando ci si renderà conto che i bellicosi proclami di vittoria hanno falciato troppe vittime, in una inutile strage.

Questa guerra infinita, che la Nato ha già messo nel conto (vedere dichiarazioni di Stoltemberg), sarà un freno alla lotta contro il cambiamento climatico.

La guerra all’ecologia

La sostenibilità ambientale sarà sempre più messa in secondo piano, e il ritorno al carbone e al nucleare verrà presentato come il prezzo da pagare per vincere contro la Russia. Questa guerra in Ucraina ha messo in luce quanto sia pericoloso sacrificare le sfide ambientali e sociali in nome di conflitti geopolitici. La disumanità della guerra si riversa su tutti gli aspetti della vita, mentre il nostro pianeta continua a riscaldarsi a un ritmo preoccupante.

La politica per la pace

È ora di porre fine a questa follia e di concentrarsi sulle vere sfide globali, come la povertà, le diseguaglianze e la crisi dei migranti, lavorando insieme per un mondo più sostenibile e pacifico. Come? Sostenendo Papa Francesco, Lula e i paesi africani impegnati per la pace. E ponendo in Italia al centro della politica, al primissimo posto dell’agenda politica, la lotta per la pace come primo comandamento per difendere la vita delle persone e il futuro stesso del Pianeta. Una politica per la pace e per l’ambiente.

da qui

 

 

Zelensky mette al bando undici partiti

Undici partiti politici ucraini sono stati sospesi accusati di legami con la Russia dal presidente Zelenskiy. Fra questi il più grande partito di opposizione, ampiamente votato in Donbass. In passato era già stato messo al bando il partito comunista ucraino. Amnesty International aveva protestato.

Fonte: https://www.theguardian.com/world/2022/mar/20/ukraine-suspends-11-political-parties-with-links-to-russia – 20 marzo 2022

Undici partiti politici ucraini sono stati sospesi a causa dei loro legami con la Russia, secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy.

Il consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa del paese ha preso la decisione di vietare ai partiti qualsiasi attività politica. La maggior parte dei partiti interessati erano piccoli, ma uno di loro, la Piattaforma di Opposizione per la Vita, aveva 44 seggi nel parlamento ucraino di 450 seggi.

“Le attività di quei politici mirate alla divisione o alla collusione non avranno successo, ma riceveranno una risposta dura”, ha detto Zelenskiy, in un discorso video domenica.

“Pertanto, il consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa ha deciso, data la guerra totale scatenata dalla Russia e i legami politici che un certo numero di strutture politiche hanno con questo stato, di sospendere qualsiasi attività di un certo numero di partiti politici per il periodo della legge marziale”, ha aggiunto il leader ucraino.

La Piattaforma di Opposizione per la Vita, il più grande partito di opposizione dell’Ucraina, è guidata da Viktor Medvedchuk, un oligarca filo-Mosca con stretti legami con il presidente russo Vladimir Putin. Funzionari del partito hanno successivamente dichiarato che la sospensione “non aveva basi legali”.

Le autorità ucraine lo scorso anno hanno accusato Medvedchuk, un alleato di lunga data di Putin che si ritiene sia il padrino della figlia di Medvedchuk, di tradimento e hanno posto l’oligarca agli arresti domiciliari, una mossa che ha irritato il Cremlino.

L’Ucraina ha detto che Medvedchuk è fuggito dagli arresti domiciliari tre giorni dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio e attualmente non si conosce il suo luogo.

La lista dei partiti vietati domenica includeva anche il partito Nashi (Nostri) guidato da Yevhen Murayev, così come un certo numero di partiti più piccoli non rappresentati in parlamento. Prima dell’inizio della guerra, l’intelligence britannica non specificata sosteneva che la Russia stesse considerando l’installazione di Murayev per guidare un governo fantoccio controllato dal Cremlino a Kiev, affermazioni che Murayev ha fortemente negato.

La decisione dell’Ucraina di sospendere un certo numero di partiti è stata criticata duramente da alti funzionari russi domenica, con il presidente della Duma Vyacheslav Volodin che ha detto “è stato un altro errore” commesso da Zelenskiy che “dividerà il paese”, mentre l’ex presidente e alto funzionario della sicurezza Dmitry Medvedev ha scritto sarcasticamente che la mossa avrebbe avvicinato l’Ucraina all’occidente.

“Il presidente più democratico della moderna Ucraina ha fatto un altro passo verso gli ideali occidentali della democrazia. Su decisione del Consiglio per la Difesa Nazionale e la Sicurezza, ha completamente vietato qualsiasi attività dei partiti di opposizione in Ucraina. Non sono necessari! Ben fatto! Continua così”, ha scritto Medvedev sul suo canale Telegram.

La mossa politica arriva mentre Zelenskiy mira ad affermare ulteriormente la sua influenza sulla sfera mediatica del paese. Domenica il leader ucraino ha firmato un decreto che mira a riunire tutti i canali televisivi nazionali in una sola piattaforma, citando l’importanza di una “politica informativa unitaria” sotto la legge marziale.

Note: Nel 2015 era già stato messo al bando il partito comunista ucraino. Quindi i partiti messi al bando in Ucraina sono in totale 12.
https://www.peacelink.it/conflitti/a/49114.html
Amnesty International aveva protestato per la messa al bando del partito comunista ucraino.

Riportiamo il comunicato di allora.

La messa al bando del Partito Comunista in Ucraina è una flagrante violazione della libertà di espressione e di associazione e dovrebbe essere immediatamente ribaltata, ha affermato Amnesty International.

Il tribunale amministrativo distrettuale di Kiev ha accolto la richiesta del ministro della Giustizia ucraino di bandire il Partito Comunista. Non potrà più operare ufficialmente o partecipare alle elezioni locali.

“La messa al bando del Partito Comunista in Ucraina costituisce un precedente molto pericoloso. Questa mossa sta spingendo l’Ucraina indietro, non avanti, nel suo percorso di riforma e di maggiore rispetto dei diritti umani”, ha affermato John Dalhuisen, Direttore per l’Europa e l’Asia centrale di Amnesty International (…)

Le iniziative delle autorità ucraine per bandire il Partito Comunista esclusivamente a causa del suo nome e dell’uso dei simboli dell’era sovietica viola i diritti alla libertà di espressione e associazione e costituisce un pericoloso precedente nella vita politica ucraina. Nel 2015 una serie di omicidi per motivi politici rimane irrisolta e giornalisti e media noti per aver criticato l’attuale governo sono stati molestati.

Il 16 settembre le autorità ucraine hanno pubblicato un elenco di persone a cui è vietato l’ingresso nel Paese, tra cui decine di giornalisti, per lo più russi.

“La decisione odierna può essere vista dai suoi sostenitori come un problema con le vestigia dannose del passato sovietico. In effetti, fa esattamente l’opposto seguendo lo stesso stile di misure draconiane usate per soffocare il dissenso”, ha detto John Dalhuisen.

“Esprimere la propria opinione senza timore di essere perseguiti, in particolare se tale opinione è contraria alle opinioni di coloro che detengono il potere, è stato uno dei principi alla base delle proteste di EuroMaidan. Spegnere il Partito Comunista va contro questi ideali”.

17 dicembre 2015 – Amnesty International

da qui

 

 

 

 

Seymour Hersh: per l’intelligence Usa la guerra è finita e ha vinto la Russia

I servizi segreti statunitensi ritengono che le truppe ucraine non riusciranno a rompere le linee di difesa dell’esercito russo. Lo ha affermato il giornalista americano premio Pulitzer Seymour Hersh nel suo ultimo scritto.

“Ci sono elementi significativi nella comunità dell’intelligence statunitense, sulla base di rapporti sul campo e di intelligence tecnica, che credono che l’esercito ucraino demoralizzato abbia rinunciato alla possibilità di superare le linee di difesa russe a tre livelli, pesantemente minate”, ha spiegato il giornalista sulla sua pagina sulla piattaforma Substack.

Hersh ha anche sottolineato che gli ucraini hanno rifiutato l’idea di tentare di impadronirsi della Crimea e delle quattro nuove regioni della Russia.

L’esercito ucraino, ha proseguito, non può più vincere. “La guerra è finita. La Russia ha vinto. Non c’è più alcuna offensiva ucraina, ma la Casa Bianca e i media americani devono continuare a mentire”, ha scritto Hersh, citando un funzionario dell’intelligence statunitense.

Secondo l’interlocutore del giornalista, dopo diverse settimane di gravi perdite e senza grandi progressi, le truppe ucraine hanno effettivamente annullato la controffensiva.

Se all’esercito ucraino venisse ordinato di continuare l’offensiva si ammutinerebbe, perché i soldati non vogliono più morire, ha ribadito il funzionario.

“La guerra continua perché [il presidente ucraino Volodymyr] Zelenskyj insiste su questo punto”, ha precisato Hersh.

Allo stesso modo, si è rammaricato che né l’ufficio del leader ucraino né la Casa Bianca affrontino la possibilità di una tregua, né siano interessati a negoziati per porre fine alle ostilità.

L’Ucraina ha lanciato una controffensiva all’inizio di giugno contro le posizioni russe fortemente radicate nelle regioni di Donbas, Kherson e Zaporozhye. Tuttavia, non ha compiuto progressi sostanziali e ha pagato con decine di migliaia di vite ucraine e centinaia di veicoli corazzati forniti dalla NATO, poiché le forze ucraine non sono state in grado di raggiungere nemmeno le prime principali linee difensive russe in un mese e mezzo.

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Daniele Luttazzi – Ovazione in Canada, Philip Dick e le “dissonanze cognitive” dell’occidente

Sulla sua rubrica “Non c’è di che”, Daniele Luttazzi offre, tramite il Fatto Quotidiano, forse il miglior spaccato di quella che definisce correttamente “dissonanza cognitiva” dell’occidente rispetto al nazismo. Uno scritto illuminante che parte dall’ovazione in Canada, passa per gli scritti di Philip Dick e arriva in Italia. 

Lettura altamente consigliata.

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di Daniele Luttazzi – Fatto Quotidiano

27 settembre 2023

Dal Canada al Trentino, i nazisti sono ovunque: è “La svastica sul sole”

Il conflitto in Ucraina sta sottoponendo i cittadini europei non solo ad assurde vessazioni economiche, ma soprattutto a un disagio psichico che non mi sembra adeguatamente segnalato: quello dovuto alla dissonanza cognitiva di chi vive in un Occidente democratico, dopo la vittoria sul nazifascismo nella Seconda guerra mondiale, ma si trova circondato da continui tributi a nazisti poiché gli Usa e la Nato hanno deciso di fare la guerra alla Russia servendosi dell’Ucraina, il Paese autocratico dove il nazista Bandera è un eroe nazionale.

Un anno fa, a tutti sembrò bizzarro che Putin annunciasse un’operazione speciale contro “i nazisti ucraini”. Non si capiva perché lo facesse, e cosa c’entrassero i nazisti: i più non sapevano dei crimini neonazisti in Donbass, denunciati da Onu, Osce e Amnesty. Quasi tutta la stampa italiana, a parte il Fatto e il manifesto, si trasformò in megafono propagandistico per nascondere la verità che solo ora viene ammessa dal segretario generale della Nato Stoltenberg, e cioè che la Nato arma l’Ucraina in funzione anti-russa dal 2014, che Putin invase l’Ucraina per fermare la Nato, e che la Nato decise di non trattare con la Russia, anche se così si sarebbe evitata questa guerra del cazzo. E così siamo arrivati alla raccapricciante standing ovation della Camera canadese per l’ex SS Yaroslav Hunka.

La scena pare tratta da un episodio di L’uomo nell’alto castello, la serie tv tratta dal romanzo di Philip Dick La svastica sul sole, che immagina una realtà alternativa in cui Germania e Giappone hanno vinto la Seconda guerra mondiale. Provai lo stesso raccapriccio da dissonanza cognitiva un anno fa vedendo Gramellini su Rai3 che usava toni struggenti per esaltare Vyacheslav Abroskin, generale della brigata filonazista Azov: arrivò a paragonarlo, in un panegirico da voltastomaco, addirittura a Oskar Schindler (t.ly/6oTDI)…

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“Combattere la glorificazione del nazismo” – Alessandro Marescotti

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione per “Combattere la glorificazione del nazismo”. Hanno votato “no” alla risoluzione i paesi della Nato (compresi USA, Ucraina e Italia). Israele ha invece votato “sì” decidendo di non seguire la linea degli USA e dei paesi Nato.

 

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione “Combattere la glorificazione del nazismo, del neonazismo e di altre pratiche che contribuiscono ad alimentare forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e relativa intolleranza”.

Nella votazione, la risoluzione è stata sostenuta da 105 Paesi, mentre 52 hanno votato contro (tra cui Stati Uniti, Ucraina e Italia).

Sono 15 le nazioni che si sono astenute.

Tra i Paesi che hanno votato contro, la maggior parte sono nazioni della Nato e della UE.

Oltre a Stati Uniti e Ucraina, si sono opposti Regno Unito, Canada, Spagna, Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Ungheria, Lettonia, Polonia e Portogallo.

Perché hanno votato no?

Perché la risoluzione era presentata dalla Russia.

Ma Israele, nazione non filorussa ma che ha dovuto subire il nazismo fino ai campi di coincentramento, ha deciso di non seguire la Nato. E ha votato per la risoluzione contro la glorificazione del nazismo.

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Se il tempo gioca a favore dello Zar – DOMENICO QUIRICO

Come lo sciacallo accompagna le carovane e il delfino le navi, il disamore pedina purtroppo i condottieri di popoli lungo gli itinerari consueti del loro immancabile successo. Il segnale d’allarme è il ricorso sempre più frequente da parte di coloro che fino a ieri marciavano con piede sicuro verso la vittoria alla parola tradimento. Brutto segno quando si comincia a denunciare a destra e a manca, il cuore zeppo di propositi vendicativi, gli apostati, i pavidi, i mestatori, le spie del nemico, i vigliacchi, i disertori interni e internazionali.

Quando muta la sorte, le sconfitte sono come il fulmine: incominciano con l’accecare e spentosi il bagliore, basta poco tempo per rendersene conto.

Guantato nella sua solita toilette che sembra fatta apposta per sottolineare in modo un po’ offensivo per i suoi ospiti che lui è indaffarato nella guerra e gli altri, quelli che lo tengono in piedi con armi e palanche, sono pantofolai con la cravatta, pareva, quella in America, la solita tournée abbonata al trionfo, alla commozione, alle promesse. Zelensky si è accorto che il passare del tempo fa impallidire anche l’irresistibile fascino di vamp della guerra giusta. La nostra passione occidentale per la Giustizia internazionale, il diritto dei popoli è piena di pozzanghere e di vie che non portano a niente. E soprattutto è un amore che si spegne rapidamente.

In fondo è anche colpa del presidente ucraino. Da un anno e mezzo Zelensky non ha saputo come tutti i buoni attori potrebbero insegnargli cambiare copione, cercare una parte diversa. Niente affatto. Lui invoca, poi esige, e infine minaccia i suoi alleati usando come metafisica prova del nove della loro fedeltà, la vittoria totale come unica soluzione: datemi armi sempre più efficaci e potenti e raggiungerò la unica pace vera che consiste nella sconfitta totale di Putin.

Zelensky ci conosce bene, ha fiutato la nostra antica passione a tenerci lontano dai guai che ci coinvolgono, e mettono a rischio un benessere che mantiene il buon umore. Ma non ha calcolato che nel nostro ben sopportabile purgatorio resta una spina nel fianco, un dettaglio insopportabile: che la buona causa da sostenere ci costi troppo. Il sostegno senza se e senza ma deve far rima con una condizione: che la vittoria si delinei in modo chiaro e sia arieggiata da una data finale vicina. La guerra permanente, come la rivoluzione permanente, punteggiata da «non ancora», priva di orizzonti, richiede apostoli incrollabili al dubbio, addirittura svezzamenti profetici che non ci appartengono più.

Ora deve fare i conti con un Occidente che ha in corpo una gran fretta di tornare ai tempi normali, e di ritrovarsi nella propria vecchia pelle, liberandosi di terrori nucleari per tornare al tran tran di guai meno ultimativi come inflazione e migranti.

Il fatto stesso che la guerra stia diventando una tragica banalità periferica con cui in fondo si può convivere anche se durerà anni, ha reso lo scudo Zelensky meno necessario: l’idea smisurata di un Putin alla conquista del mondo è scomparsa di fronte ai suoi fallimenti ucraini, e si allenta la paura che raschiava alla porta dell’Europa con i missili e i carri armati.

Il mondo in questo inizio di millennio è orribilmente malato, cosparso di chiazze guerresche simile a un eczema, dal Sudan al Karabakh. Ma in fondo sopravviviamo benissimo in questa isola fortunata, c’è di che placare le ansie. E la mostruosa incredibile inaccettabile guerra ucraina sta scivolando a poco a poco in questa geografia di macchie fastidiose ma per cui non è necessario svenarsi più di tanto. Basta l’analgesico di un po’ di denaro che non faccia salire troppo la febbre.

Negli Stati Uniti il sostegno «fino a che necessario» all’Ucraina aggredita nelle pianure centrali d’Europa è diventato una assioma ostaggio della campagna elettorale per le presidenziali del prossimo anno. Certi suoi diligentissimi attivisti cominciano, anche tra i democratici, a fare i conti con gli umori degli elettori. Che sembrano sedotti più che dal far progredire la Storia dalle ragioni del portafoglio e dalla vecchia tendenza americana a occuparsi dei propri interessi. Che, si sa, non sono eterni, ma cangianti.

Anche altri incrollabili sostegni fino a ieri si convertono apertis verbis alla furberia, che è l’anticamera del tradimento. La furberia del commerciante che fa sospirare la merce per venderla a prezzo maggiore. E qui compare la Polonia. Quello che non aveva mai nessuno osato suggerire, neppure i pacifisti più ostinatamente francescani, ovvero non dare più armi a Kiev, lo hanno detto i polacchi. Proprio loro. Quelli che fino a ieri erano disposti a tutto perfino a scendere direttamente in battaglia contro l’aggressore russo e che ora annunciano: le armi modernissime servono a noi.

È molto probabile che nella abiura polacca ci siano ragioni di politica interna legate alle prossime elezioni e il problema della concorrenza del grano ucraino che imbestia gli agricoltori ed elettori di quel Paese. Zelensky deve sperare che tutto evapori grazie a una unzione di miliardi e di ristori da parte della solita Unione europea, per ora con il portafoglio in mano. Ben più grave sarebbe se i polacchi, ormai diventata la vera avanguardia americana nel vecchio continente, servissero come test della amministrazione americana per vedere le reazioni a un ben più ampio disimpegno.

Zelensky lotta contro un avversario implacabile, il tempo. Non può come il suo avversario puntare sull’usura, usura degli uomini usati come carburante della guerra, usura delle economie occidentali, usura della pazienza. Il suo capitale da spendere è più piccolo. Può solo alzare la posta, spingere i russi a una guerra ancor più definitiva e totale. Legandoci a lui in modo davvero indissolubile.

https://infosannio.com/2023/09/23/se-il-tempo-gioca-a-favore-dello-zar/

 

 

 

Nasce una nuova ribellione contro Zelensky. Guerra civile.

Politici e scienziati ucraini fanno previsioni estremamente inquietanti per i prossimi mesi in Ucraina, prevedendo manifestazioni di massa contro il governo e una rivolta contro il presidente Zelensky, e persino una guerra civile dopo la fine della guerra con la Russia.
“Gli ucraini potrebbero iniziare una rivoluzione contro V. Zelenskyj in inverno”, ha detto Oleg Soskin, consigliere dell’ex primo ministro ucraino Leonid Kuchma, parlando sul suo canale YouTube.
Dittatura della cricca
Secondo Soskin, Zelenskyj ha instaurato una dittatura in Ucraina e usurpato il potere con la sua “cricca”, grazie alla legge marziale da lui imposta, che ha comportato, tra l’altro, il rinvio delle elezioni. “Agli ucraini questa situazione non piace e intendono cambiarla”, ha affermato Soskin.
Inverno pesante
Come dice Soskin, questi sviluppi dovrebbero essere previsti a partire dall’inverno. “L’inverno sta arrivando. Quando non c’è luce, quando non c’è acqua, né calda né fredda, quando il sistema fognario non funziona, quando tutto è ghiacciato, quando ci sono vari black out regionali – Dio non voglia un black out totale nel Paese – allora tutto inizierà.
Quando c’è carestia e fame, quando c’è una completa carenza di benzina e altri beni, quando le auto smettono di circolare, quando le città non vengono pulite e il cibo non può essere consegnato alle aree popolate, allora inizieranno manifestazioni di massa contro il governo “, ha sottolineato Soskin . , che si è affrettato a notare che ciò è accaduto alla fine degli anni ’80 e ’90.
Rivoluzione
“Lo stato d’animo rivoluzionario… è maturato in tutti gli elementi del sistema: sociale, demografico, politico ed economico”, ha sottolineato Soskin. Si segnala che dal 24 febbraio l’Ucraina è sotto la legge marziale a causa dell’invasione della Russia.
“Il giorno successivo Zelenskyj firmò un decreto per la coscrizione generale. Da allora, i periodi di legge marziale sono stati continuamente prolungati”, ha detto Soskin.
Avvertimento di guerra civile
E mentre Soskin mette in guardia da manifestazioni di massa, ribellioni e, apparentemente, dal crollo del governo di Zelensky, Sergei Datsyuk, politologo ucraino, non esclude nemmeno lo scenario di una guerra civile nel Paese, dopo la fine del conflitto militare con la Russia.
“Per come stanno le cose, non solo la Russia è nostra nemica, ma anche gran parte degli ucraini lo sono”, ha detto Datsyuk, sostenendo che in questo caso “l’Ucraina è condannata”. “La situazione in Ucraina si trasformerà in una guerra civile”, ha detto Datsyuk, sottolineando che le condizioni per una guerra civile oggi vengono stabilite pubblicamente e apertamente da “alcune forze politiche”.
Secondo Datsyuk, in Ucraina il 60% dei residenti sono “sconosciuti” e il Paese “ha preso la direzione sbagliata”.

TRATTO E TRADOTTO DA https://warnews247.gr/exairetika-dysoiones-provlepseis-gia-tin-oukrania-exegersi-kata-zelenski-ton-cheimona-politikes-dynameis-miloun-anoikta-gia-emfylio/

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Bomba Macgregor: la guerra di terra in Ucraina è finita – Cosa farà adesso Kiev? – 

<<Il conflitto in corso in Ucraina potrebbe essere sul punto di entrare in una nuova fase a causa delle pesanti perdite subite dalle forze di Kiev, avverte l’ex consigliere senior del Pentagono, colonnello Douglas Macgregor.

Con migliaia di vittime ucraine durante la “controffensiva” in corso, Kiev sembra essere “alla disperata ricerca di manodopera” e sta cercando di risolvere questo problema ” costringendo a indossare uniformi all’interno del paese persone che non sono realmente adatte a combattere” e tentando di rimpatriare gli ucraini in età militare che vivono all’estero, ha detto Macgregor durante un’intervista con il politologo norvegese Glenn Diesen.

La guerra terrestre è finita: gli ucraini tenteranno attacchi a lungo raggio

“Quindi penso che la guerra di terra in Ucraina, a tutti gli effetti, sia in una situazione di stallo o forse addirittura finita”, ha osservato.
Macgregor ha sottolineato, tuttavia, che Kiev potrebbe invece ricorrere ad attaccare la Russia con armi a lungo raggio acquistate da sponsor occidentali, come Storm Shadow e Scalp e in futuro missili Taurus, e il colonnello ha spiegato che la recente offensiva ucraina a Sebastopoli ne è stata un esempio.
Egli ha osservato che questa linea di condotta non è di buon auspicio per l’Ucraina, poiché porta essenzialmente a convincere Mosca che il conflitto ucraino può essere risolto solo con mezzi militari.

Fase di guerra… Biden

Macgeror ha anche espresso rammarico per il fatto che la leadership americana stia valutando quali altri armamenti “non nucleari” possano utilizzare tramite gli ucraini invece di tentare di negoziare una soluzione pacifica al conflitto ucraino con la Russia.
“I russi vorrebbero sedersi e parlare con qualcuno che sia disposto a guardare dove siamo – nessuno lo farà “, ha osservato.
“Ecco perché definisco questa fase della guerra, non esser più la fase Ucraina, ma essere ora la fase della guerra di Biden. E la fase Biden della guerra prevede attacchi a lungo raggio”.
Ha avvertito che tali attacchi a lungo raggio sul suolo russo non avrebbero convinto i russi ad accettare le richieste degli Stati Uniti, come apparentemente credono gli strateghi di Washington.
“Se non altro, convincerà i russi che devono attaccare e attaccare con decisione verso ovest “, ha detto Macgregor.>>

Tratto e tradotto da https://warnews247.gr/vomva-macgregor-o-chersaios-polemos-stin-oukrania-teleiose-ti-tha-kanei-tora-to-kievo/

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La Nato dà ragione al bellicista Putin – Jeffrey Sachs

Durante il disastro della guerra del Vietnam circolava un detto: che il governo degli Stati Uniti trattasse l’opinione pubblica come una coltivazione di funghi. La teneva all’oscuro e la nutriva di letame.

Poi l’eroico Daniel Ellsberg fece trapelare i Pentagon Papers e documentò la montagna di menzogne inventate da Washington per proteggere i politici, che sarebbero stati alquanto in imbarazzo se la verità fosse venuta a galla. A 50 anni da quelle vicende, la tecnica del letame va ancora per la maggiore con la guerra in Ucraina.

Secondo il governo Usa e il sempre ossequioso New York Times, il conflitto è unprovoked, ossia “non provocato”. È l’aggettivo preferito dal quotidiano newyorchese per descrivere la guerra. Putin avrebbe invaso l’Ucraina perché si crede Pietro il Grande e vuole l’Impero russo. E invece la verità è emersa proprio la settimana scorsa, quasi per caso, grazie a una gaffe del Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg In un discorso al Parlamento europeo, Stoltenberg ha accidentalmente rivelato che la vera causa della guerra, e il motivo per cui si continua a combattere, è la spinta incessante degli Usa ad allargare la Nato all’Ucraina. Ecco le parole rivelatrici del segretario Nato:

“Sullo sfondo c’era la dichiarazione del presidente Putin dell’autunno del 2021, che in realtà aveva già inviato una bozza di trattato che voleva far firmare alla Nato, in cui ci chiedeva di promettere di non allargare ulteriormente l’Alleanza. Era una condizione preliminare per non invadere l’Ucraina. Naturalmente noi non abbiamo firmato, anzi è successo l’opposto. Putin voleva che firmassimo l’impegno a non allargare mai la Nato e voleva che smobilitassimo le nostre infrastrutture militari atlantiche in tutti i Paesi entrati a far parte dell’Alleanza dopo il 1997. Si trattava di metà della Nato, voleva dire che avremmo dovuto rimuovere la Nato da tutta l’Europa centrale e orientale, introducendo una sorta di adesione di serie B. Abbiamo respinto questa richiesta. Perciò Putin è entrato in guerra, per evitare che ci fosse più Nato ai suoi confini e ha ottenuto l’esatto opposto”.

Ripetiamo il punto essenziale di questo discorso: Putin è entrato in guerra per evitare di avere più Nato ai suoi confini. Quando questa frase l’abbiamo detta io, il prof. John Mearsheimer e altri, siamo stati tacciati di essere apologeti di Putin. Chi ci ha attaccato ha scelto anche di nascondere o ignorare apertamente i forti moniti contro l’allargamento della Nato all’Ucraina pronunciati a tempo debito da molti importanti diplomatici americani, come lo statista George Kennan o gli ex ambasciatori Usa in Russia, Jack Matlock e William Burns.

Prima di diventare direttore della Cia, Burns è stato il rappresentante americano in Russia nel 2008 ed è lui l’autore di un cablo pubblicato in seguito da Wikileaks intitolato “Niet significa niet”. In quel messaggio Burns spiegava al Segretario di Stato Condoleezza Rice che non solo Putin, ma l’intera classe politica russa era assolutamente contraria all’allargamento della Nato a Est. Conosciamo il contenuto di questa nota solo perché è trapelato, altrimenti ne saremmo all’oscuro. Ora, perché la Russia si oppone all’allargamento della Nato? Per il semplice fatto che non accetta la presenza di militari Usa lungo i suoi 2300 km di confine con l’Ucraina nella regione del mar Nero. La Russia non apprezza il posizionamento da parte degli Stati Uniti dei missili Aegis in Polonia e Romania, installati dopo che gli Usa hanno abbandonato unilateralmente il Trattato sui missili anti-balistici.

Alla Russia non piace nemmeno il fatto che Washington abbia portato avanti non meno di 70 operazioni cosiddette di “regime change” tra il 1947 il 1989, durante la Guerra Fredda, e abbia continuato anche dopo. Basti citare la Serbia, l’Afghanistan, la Georgia, l’Iraq, la Siria, la Libia, il Venezuela e l’Ucraina. Alla Russia non piace nemmeno il fatto che molti politici statunitensi di spicco sostengano attivamente la tesi della distruzione della Russia con lo slogan della “decolonizzazione della Russia”. Sarebbe come se Mosca chiedesse di levare agli Stati Uniti il Texas, la California, le Hawaii o i territori indiani conquistati nell’800.

Anche Zelensky e i suoi sapevano che l’ingresso nella Nato avrebbe scatenato una guerra con la Russia. Oleksiy Arestovych, ex consigliere del presidente ucraino, nel 2019 dichiarò in un’intervista: “Al 99,9% il prezzo che dovremo pagare per l’adesione alla Nato è una grande guerra con la Russia”. Arestovych sosteneva anche che Mosca avrebbe cercato comunque di conquistare l’Ucraina anche se non fosse entrata nell’Alleanza, ma lo avrebbe fatto molto più tardi. La storia però smentisce la sua affermazione. La Russia ha rispettato la neutralità della Finlandia e dell’Austria per decenni senza minacciarle né invaderle. Inoltre dall’indipendenza dell’Ucraina nel 1991 fino al rovesciamento sostenuto dagli Usa del governo eletto di Kiev nel 2014, la Russia non ha mostrato alcun interesse a conquistare il territorio ucraino. È stato solo dopo che gli Usa hanno insediato un regime fortemente anti-russo e pro-Nato nel febbraio 2014 che Mosca si è ripresa la Crimea, preoccupata che la sua storica base navale sul Mar Nero (dal 1783) potesse cadere in mano degli Alleati.

Anche allora, la Russia non pretendeva altri territori dall’Ucraina che quelli inclusi nell’accordo Minsk II, sostenuto dalle Nazioni Unite, che prevedeva l’autonomia del Donbass e della sua popolazione di etnia russa, ma nessun’altra rivendicazione sul resto del territorio ucraino. E invece gli Usa hanno lasciato da parte la diplomazia e hanno armato Kiev, addestrato i suoi soldati e l’hanno aiutata a costruire un enorme esercito per trasformare in fatto compiuto l’allargamento della Nato.

Alla fine del 2021, Putin fece un ultimo tentativo di diplomazia per evitare la guerra, con la sua bozza di accordo di sicurezza Usa-Nato. Il cuore di quel testo era la fine dell’allargamento della Nato e la rimozione dei missili statunitensi vicini ai confini russi. Le preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza allora erano valide e costituivano una base negoziale. Biden però rifiutò categoricamente di trattare, per una combinazione di arroganza, aggressività e profondi errori di calcolo. Così la Nato mantenne la posizione di non negoziare con la Russia in merito all’allargamento dell’Alleanza, perché Mosca non si doveva intromettere.

La continua ossessione degli Usa per l’allargamento della Nato è profondamente irresponsabile e ipocrita. Se venissero accerchiati da basi militari russe o cinesi nell’emisfero occidentale, anche loro si batterebbero strenuamente fino alla guerra. Del resto, Washington lo ha sempre sostenuto fin dalla Dottrina Monroe del 1823. Eppure oggi si mostra cieca e sorda di fronte alle legittime preoccupazioni di sicurezza di altri Paesi. Quindi, sì, Putin è entrato in guerra “per evitare che ci fosse più Nato ai suoi confini”. L’Ucraina oggi viene distrutta per via dell’arroganza degli Usa, dimostrando ancora una volta quanto sia valido l’adagio di Henry Kissinger per cui essere nemici dell’America può essere pericoloso, ma essere suoi amici è fatale. La guerra in Ucraina finirà quando gli Stati Uniti riconosceranno una semplice verità: l’allargamento della Nato all’Ucraina significa una guerra perpetua e la distruzione del Paese. Al contrario, la neutralità dell’Ucraina avrebbe potuto evitare lo scoppio della guerra e oggi rimane la chiave per ottenere la pace. La verità più profonda è che oggi la sicurezza dell’Europa dipende dalla sicurezza di tutti, come ha detto anche l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce), e non solo dalle richieste unilaterali della Nato.

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Zelenski, il Consiglio Onu e i paesi invasi dall’occidente – Marinella Correggia

Zelensky ha aperto il Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicato alla guerra in Ucraina. Ha chiesto che alla Russia, che è fra i 5 membri permanenti del Consiglio, sia tolto il diritto di veto.

Edi Rama presidente di turno del Consiglio che ha 15 membri in tutto, fra permanenti e di turno, ha legittimato l’apertura di sessione da parte del presidente ucraino.

Ci permettiamo di ricordare che quando a essere attaccati, però, dall’Occidente con le sue comode guerre aeree, erano stati l’Iraq due volte, la Serbia, e la Libia, l’Afghanistan, oltre alla eterna guerra per procura in Siria, ebbene Saddam Hussein, Slobodan Milosevic, Muammar Gheddafi, Bashar Assad e i talebani, NON avevano certo aperto alcuna seduta del Consiglio di sicurezza Onu.

E c’è di più. Quando la Jamahiriya, sotto le bombe della Nato, nominò il nicaraguense padre Miguel D’Escoto come suo ambasciatore all’Onu, al posto di colui che era subito passato con i cosiddetti “ribelli”, gli Usa non gli permisero di entrare e l’Onu nemmeno protestò. Corsi e ricorsi..

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I media “liberi” e lo sdoganamento del nazismo al Parlamento canadese – Marinella Mondaini

Una cosa indegna e vergognosa è avvenuta nel Parlamento del Canada durante la visita di Vladimir Zelenskij.

Dopo il suo discorso, il presidente ucraino ha reso omaggio a Jaroslav Chunka (da giovane Gun’ka), il nazista ucraino di 98 anni che prestò servizio nella “1a divisione delle Waffen-SS ucraine “Galicia”, una formazione tattica delle truppe SS della Germania nazista, durante la Seconda Guerra mondiale, i cui crimini contro l’umanità durante l’Olocausto sono stati documentati.

Dopo la guerra, Chunka, come molti altri ucraini collaborazionisti, fuggì in Canada.

Chunka era seduto accanto al Comando Supremo dell’Esercito canadese nella galleria per gli ospiti d’onore del Parlamento. Il presidente Zelenskij, la moglie e il premier canadese Justin Trudeau hanno onorato il veterano della divisione ucraina delle S.S. “Galicia” con una vera e propria standing ovation, insieme a lunghi e calorosi applausi di tutto il Parlamento canadese. Una  foto ha immortalato il sorridente trio: Zelenskij che mostra un pugno stretto, sua moglie Elena e Trudeau.

Il veterano nazista è stato presentato e celebrato con grande pompa dallo speaker della Camera dei Comuni del Canada, Anthony Rota (del Partito Liberale), il quale, con visibile soddisfazione ha dichiarato: “Oggi alla Camera abbiamo un veterano ucraino-canadese della Seconda Guerra Mondiale, che ha combattuto per l’indipendenza ucraina contro i russi e continua a sostenere la verità anche oggi, nonostante abbia 98 anni (vibranti applausi, tutta la sala in piedi). Il suo nome è Jaroslav Chunka, e sono orgoglioso di dirvi che viene da North Bay e dal mio distretto. E’ un eroe ucraino, un eroe canadese. E lo ringraziamo per tutto il suo servizio! Grazie! (Applausi scroscianti, la platea si alza di nuovo in piedi).

Tra l’altro, era presente in sala ad applaudire anche la vice primo ministro canadese Chrystia Freeland, nipote del criminale nazista ucraino, propagandista di Goebbels, Michail Chomjak.

La notizia è stata presentata in modo edulcorato dall’agenzia statunitense “Associated Press”: “Il presidente ucraino Vladimir Zelenskij e il primo ministro canadese Justin Trudeau onorano Jaroslav Chunka, che combatté con la 1-a Divisione ucraina nella Seconda Guerra mondiale prima di emigrare in Canada, alla Camera dei Comuni sulla collina del Parlamento a Ottawa. Venerdì, 22 settembre 2023.”

Come si può vedere, l’agenzia ha “modestamente omesso” l’affiliazione di questa divisione ucraina alle SS di Hitler. Certo, questo fatto viene nascosto perché altrimenti bisognerebbe spiegare anche che le truppe delle Waffen-SS sono state ufficialmente condannate dal Tribunale di Norimberga!

La tv canadese è andata oltre nella sua disinformazione e distorsione dei fatti: “Il discorso di Zelenskij è stato accolto con un’ondata di applausi. Anche questo canadese ucraino di 98 anni, che ha combattuto per l’indipendenza ucraina contro i russi durante la Seconda Guerra Mondiale, è stato accolto con un grande applauso”.  Così sono oggi rappresentati in Occidente i nazionalisti ucraini che hanno combattuto nella Divisione“SS Galicia.  “Eroi” per aver “combattuto contro i russi”, la guerra è stata cioè trasformata in “guerra di indipendenza dell’Ucraina contro la Russia”.

Viviamo un buio momento in cui la Menzogna impera.

I nostri media italiani la notizia l’hanno addirittura taciuta. Tuttavia il gravissimo fatto è stato condannato dalle organizzazioni ebraiche in Canada, come “B’nai Brith Canada” e il “Centro per gli affari israeliani e ebraici”.  E’ seguita inoltre la protesta dell’ambasciatore polacco presso il Canada, Witold Dzielski: ““Il 22 settembre, i vertici di Canada e Ucraina alla Camera dei Comuni hanno onorato un membro della “Divisione SS Galicia”, la famigerata unità militare ucraina della Seconda Guerra Mondiale, responsabile dell’assassinio di migliaia di polacchi ed ebrei. La Polonia è il miglior alleato dell’Ucraina, ma non accetterà mai di insabbiare tali criminali! Come ambasciatore polacco in Canada, mi aspetto delle scuse”. Anche il “Centro per gli studi sull’Olocausto degli Amici di Simon Wiesenthal” ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che “gli amici del Centro Simon Wiesenthal (FSWC) sono profondamente turbati dal riconoscimento da parte del Parlamento canadese di un veterano ucraino che prestò servizio in un’unità militare nazista durante la Seconda Guerra mondiale, implicato nell’omicidio di massa di ebrei e altri. Il fatto che sia stato invitato e abbia ricevuto una standing ovation in parlamento è scioccante”, invitando il governo a scusarsi pubblicamente.

Le scuse sono arrivate, ma solo da parte del presidente della Camera dei Comuni Anthony Rota: “Sono venuto a conoscenza di ulteriori informazioni che mi fanno pentire della mia decisione di averlo fatto. Voglio chiarire che nessuno, compresi i colleghi parlamentari e la delegazione ucraina, era a conoscenza delle mie intenzioni o delle mie osservazioni prima che le pronunciassi. Questa iniziativa è stata interamente mia. Desidero in particolare offrire le mie più sentite scuse alle comunità ebraiche in Canada e nel mondo. Accetto la piena responsabilità delle mie azioni”, si legge in una dichiarazione pubblicata sull’account del relatore sul social network X (ex Twitter).

Le scuse di Rota non devono distrarre dalla realtà dei fatti: il Canada è il paese che diede asilo e protezione ai nazisti ucraini, che prima e durante la Seconda guerra Mondiale aveva una posizione assai torbida sul nazismo, anche se entrò nella Coalizione anti-hitleriana. Basti ricordare il fatto che William Lyon Mackenzie King, che fu primo ministro del Canada per ben tre volte in un lasso di tempo dal 1921 al 1948, ammirava pubblicamente Hitler e Mussolini e conduceva una politica interna repressiva contro le minoranze nazionali ed etniche… Il Canada è sempre stata l’enclave nazista dell’America del Nord. Nel febbraio del 2014, il Canada ha svolto un ruolo importante di supporto, nel colpo di Stato guidato dagli Stati Uniti che ha rovesciato il legittimo presidente dell’Ucraina Janukovi? e portato al potere un regime di estrema destra filo-occidentale a Kiev.

E Zelenskij? Va da sé che il presidente ucraino non solo era a conoscenza del personaggio a cui ha riservato tanti omaggi e sorrisi, ma sostiene in pieno i nazisti ucraini, chiamati elegantemente nazionalisti. Suscita ribrezzo non solo questo, ma anche il fatto del tradimento di Zelenskij verso il proprio nonno, Semën Ivanovic Zelenskij, che servì la Patria, l’URSS, come comandante del plotone di mitragliatori, poi come comandante della compagnia di tiro 174 del reggimento della 57a divisione di tiro della Guardia.  Fra le varie imprese, compiute dal nonno di Zelenskij, vi è descritta quella in cui si avvicinò al fiume Bug occidentale in battaglia, trovò personalmente delle barche e, sotto il forte fuoco nemico, attraversò il fiume con tutta la sua compagnia, senza una sola perdita, e iniziò rapidamente a spingere i tedeschi oltre la collina”.

Il nonno Semën combattè contro i nazisti e i loro collaborazionisti ucraini come Chunka, nazisti che oggi il nipote riverisce e accetta la loro trasformazione in eroi dell’Ucraina, come Bandera, Šuchevic e altri.

Non c’è il nazismo in Ucraina, il presidente è ebreo! –  tale è la narrazione occidentale per mascherare la realtà dei fatti.

In Canada altro non è avvenuto che lo sdoganamento a livello statale e ufficiale del nazismo.

Il nazismo fu creato come strumento della politica dell’Occidente e ora è stato “riesumato” perché così conviene a determinati giocatori dello scacchiere internazionale.

da qui

 

 

 

… Una guerra MEDIATICA di fronte ai cui PSEUDO-“OBBIETTIVI”, LA CUI VALUTAZIONE DOPO TUTTI QUESTI MESI NON PUO’ CHE ESSERE, DA UN PUNTO DI VISTA PURAMENTE MILITARE, NEGATIVA, NEGATIVA E ANCORA NEGATIVA, ai russi non resta che calare l’amo e attendere.

Distruggere un esercito attendendolo da una posizione di forza e di superiorità NETTE. Oltre 17.000 soldati morti in un mese, 2700 armamenti di vario tipo. Tutto questo mentre, per esempio, I PARA’ RUSSI a fine anno vedranno più che RADDOPPIATO il proprio potenziale bellico (1,3 volte), con l’arrivo di oltre 2000 armamenti e 5500 completi da impiegare durante il lancio; 11.000 nuovi ufficiali e 30.000 uomini in più.
https://t.me/RVvoenkor/53685

Ogni giorno, ogni notte i russi martellano le retrovie: solo ieri nella regione di CHERSON sono saltati per aria, colpiti da missili russi, DODICI HANGAR contenenti OLTRE TREMILA TONNELLATE DI MUNIZIONI E PROIETTILI DI DIVERSO CALIBRO.
https://t.me/polk105/11374

Tutto questo, mentre gli “alleati” procedono ORMAI a una vera e propria ROTTAMAZIONE DI LORO ARMAMENTI ORMAI INSERVIBILI, A UNA VERA E PROPRIA ESTERNALIZZAZIONE DELLO SMALTIMENTO DI RIFIUTI TOSSICI! È, per esempio, il caso della BULGARIA, il cui parlamento propone oggi di mandare in Ucraina tutti i missili S-300 ormai inservibili:
https://t.me/rybar/52398

PERSINO IL CROLLO VERTICALE DEMOGRAFICO, LA FUGA SENZA RITORNO DI MILIONI DI PERSONE E LA DECIMAZIONE DELLA POPOLAZIONE MASCHILE IN CORSO, qualcuno comincia a vederli come un’opportunità per dislocare su territori ormai ampiamente disabitati manodopera in eccedenza nel Vecchio continente, dirottando forzatamente i flussi migratori in corso (che tutt’altro vorrebbero che finire in Ucraina, con tutto rispetto…). A lanciare l’allarme è il canale ucraino Zerada. Che conclude, laconicamente:
“Se la guerra dura ancora un’anno, e i nostri migliori talenti andranno a far sviluppare l’economia dei Paesi UE, Canada, ecc., l’economia ucraina dovrà essere sviluppata da altri popoli. ”
Если война продлится ещё хотя бы год, то самые талантливые украинцы будут развивать экономику стран ЕС, Канады и т.д., а экономику Украины будут развивать уже другие народности.
https://t.me/ZeRada1/15956

Quindi… ricapitolando:
– una guerra per la “difesa” di un popolo dove
– anziché trincerarlo in difesa, per l’appunto, e far fuori chiunque si affacci dall’altra parte, lo si porta quotidianamente all’assalto, GETTANDOLO CONSAPEVOLMENTE IN UN TRITACARNE,
– con perdite fra chi se ne è andato e chi è caduto in battaglia tali da aver quantomeno DIMEZZATO la popolazione attiva ucraina,
– IN UNA STRATEGIA CRIMINALE, OMICIDA, CHE NON ACCENNA A MUTARE, MA SOLO A MODIFICARE I TEMPI DI ATTACCO IN BASE A ESIGENZE DI CONCENTRAMENTO E RAGGRUPPAMENTO,
– IN UNA STRATEGIA DI MASSIMIZZAZIONE COSTANTE DEL MASSACRO DI CIVILI SBATTUTI COSTANTEMENTE AL FRONTE PER RIPIANARE LE CONTINUE PERDITE,
– al punto che c’è chi teme che un anno ancora così provocherà una catastrofe irreparabile,
– tale guerra dicevamo potrebbe sfociare nella creazione di un bacino contenente l’ennesimo ESERCITO INDUSTRIALE DI RISERVA, manodopera a bassissimo costo, semischiavizzata al pari di quella oggi sbattuta al fronte, ma con la differenza di non essere “autoctona”, bensì giunta tragicamente al termine di un altrettanto tragico processo migratorio, che non l’ha vista ingrossare le periferie delle metropoli europee, ma sbattuta a prendere il posto di operai divenuti carne da cannone. Un “piano B” che risolverebbe tanti problemi anche nel ricco U-ccidente.
Fantascienza? LO SPERO, veramente LO SPERO. Spero che ZERADA abbia bevuto troppo. Che non arrivi, tra due anni, a rileggere queste righe e a dire: ci aveva visto giusto, questi bastardi hanno fatto proprio così. Vedremo…

 

ANCORA UNA VOLTA SUL PRIMA E SUL DOPO

Mi rendo conto che in piena “guerra dei Roses”, stando rasoterra per schivare i piatti che volano, svolgere un ragionamento su uovo e gallina, su cause apparenti e cause reali alla base del conflitto in corso, sia un’impresa disperata.

Qui, fortunatamente, c’è poco da ragionare e ci sono solo fatti da elencare, quindi ci si salva. Lo spunto ce l’ha offerto Lavrov alle Nazioni Unite. E cosa ha detto, Lavrov, riassunto per sommissimi capi?
1. Noi la sovranità dell’Ucraina l’avevamo già riconosciuta nel 1991 sulla base della DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA adottata dall’Ucraina quando uscì dall’URSS
2. In tale dichiarazione c’eran scritte MOLTE COSE BUONE, fra cui
– che avrebbero rispettato i diritti delle minoranze
– che avrebbero rispettato la lingua russa e le lingue delle altre minoranze
– che l’UCRAINA sarebbe RIMASTA FUORI DA ALLEANZE MILITARI O “BLOCCHI”
3. Rispettiamo quindi la SOVRANITÀ E INTEGRITÀ TERRITORIALE DELL’UCRAINA
– SULLA BASE DI TALI CONDIZIONI, ohibò, VIOLATE dal regime attualmente al potere dopo un COLPO DI STATO dal 2014, e
– SULLA BASE DELLA “DICHIARAZIONE RELATIVA AI PRINCIPI DI DIRITTO INTERNAZIONALE, CONCERNENTI LE RELAZIONI AMICHEVOLI E LA COOPERAZIONE FRA GLI STATI , IN CONFORMITÀ CON LA CARTA DELLE NAZIONI UNITE” del 24/10/1970

– riassumibile nella formula: io rispetto te se tu rispetti il popolo che stai governando.
https://tass.ru/politika/18827179

Lasciamo da parte quest’ultimo aspetto di diritto internazionale su cui comunque, pur non avendo alcun fondamento di tale matrice, andandomi a leggere l’originale in quella che resta una delle lingue ufficiali dell’ONU (russo)
https://www.un.org/ru/documents/decl_conv/declarations/intlaw_principles.shtml
e nella traduzione in italiano:
https://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/20041124231820.pdf
trovo ben poco da obbiettare, nella sostanza, sul ragionamento sviluppato da Lavrov, politico proveniente da una altissima scuola di diplomazia e relazioni internazionali, sin dai tempi del Komintern, a differenza di quella nostrana, dove al massimo possono citare Rambo VI. Questo dice la Dichiarazione, questo è quanto accaduto, difficile dire che le cose sono andate diversamente rispetto a quanto dichiarato al Palazzo di Vetro.

Concentriamoci invece sul primo aspetto, dove le cose sono un po’ più ostiche, specialmente per noi che abbiam da sempre trattato quei popoli alla stregua di barbari delle steppe.

Senza partire da Adamo ed Eva, facciamo una prima foto datata 1990. In UCRAINA si parlava RUSSO. Poche palle.

Affermazione così perentoria, scusatemi, ma forse non così scontata per tante anime belle a targhe alterne di queste latitudini. Si parlava russo per due motivi:
1. ODESSA – RUSSA
CHARKOV – RUSSA
DNEPROPETROVSK – RUSSO
DONBASS – RUSSO
CRIMEA – RUSSA

E l’elenco potrebbe continuare. Il primo motivo è puramente di carattere storico-etnografico. Terre abitate da russi, provenienti dalla Russia nei secoli, sin dai tempi delle guerre con gli Ottomani mammaliturchi.
Già facendo questa conta, ci accorgiamo che OLTRE LA METÀ (NON SOLO L’EST…) del territorio Ucraino parlava RUSSO perché lo ERA, RUSSO.

2. Il RUSSO era la lingua ufficiale dell’UNIONE. Era più che l’inglese da noi, era come l’ITALIANO da noi.

Guardavi la televisione, sentivi la radio, leggevi un libro: la lingua PREVALENTE era il russo, esattamente come da noi l’italiano. E NON ERA AFFATTO UN’IMPOSIZIONE, MA UN’OPPORTUNITÀ DI INTEGRAZIONE ECONOMICA E SOCIALE.
La Rivoluzione bolscevica ACCENTUÒ FENOMENI MIGRATORI DI PROPORZIONI ENORMI, CONTINUATI NEI SUCCESSIVI SETTANT’ANNI. Un ingegnere azero chiamato a lavorare in kombinat a Mosca, un ingegnere ucraino mandato su una piattaforma petrolifera nel Caspio, un ingegnere russo mandato ad avviare un impianto di filatura e tessitura in Tajikistan, un architetto di Alma Ata chiamato a Leningrado a costruire la nuova Casa del popolo, un direttore d’orchestra georgiano chiamato a dirigere un teatro locale a Mosca, eccetera, eccetera: che lingua parlavano una volta arrivati nel loro nuovo posto di lavoro? E non una lingua STRANIERA, ma la loro nuova LINGUA MADRE: diversa dalla madrelingua con cui la mamma cantava loro le ninnananne, ma “lingua madre” di un mondo nuovo, di una società nuova, di una COMMUNITAS nuova, di cui loro erano gli attori protagonisti, gli “uomini nuovi” della RIVOLUZIONE, l’AVANGUARDIA DEL PROLETARIATO, l’ORGOGLIO DEL LORO PAESE, DEL LORO CANTONE, DEL LORO VILLAGGIO di provenienza. Possiamo ridere di tutto questo, ma non se ne può non tenerne conto.

Quantomeno se il nostro fine ultimo è COMPRENDERE QUEI FENOMENI. Perché QUELLA era la situazione reale di chi viveva QUEI processi in QUEGLI anni…

 

… EDIZIONE STRAORDINARIA! EDIZIONE STRAORDINARIA!

Patàca a tutto campo dà sfoggio della propria santità operando MIRACOLI in terra straniera!

Il Palazzo di Vetro ha appena testimoniato quel dono dell’UBIQUITA’ DI CUI LUI SOLO E’ DOTATO e che altri, me compreso, gli invidiano (potrei lavorare e spassarmela al tempo stesso…). Ma la santità non è per tutti, nonostante la dottrina cristiana esorti tutti a essere santi.

Non tutti possono PARLARE alle Nazioni Unite
https://t.me/ukraina_ru/169991?single
e, AL CONTEMPO (SECONDO 11 dalla fine o dopo 14 secondi dall’inizio 00:25)
… ASCOLTARSI! (qui il fotogramma col cerchietto sul suo faccione)
https://t.me/ukraina_ru/169992?single

Beati coloro che pur senza vedere… crederanno! E tu Paolo Selmi non essere incredulo… ma credente!

Si! Patàca, anzi Vladimir, anzi Volodymyr… santo subito! In vita! E vita natural durante “et in saecula saeculorum” …amen!

Come? Il filmato compare montato così sulla TV DI REGIME 1+1? Mentre sugli altri canali NON SOLO NON COMPARE, MA NON COMPARE NEPPURE META’ DELLA PLATEA RIPORTATA DALLA TV DI REGIME?

Cioè mi state dicendo che il patàca parlava di fronte a UNA PLATEA SEMIDESERTA
https://t.me/ukraina_ru/169990?single
e che l’operazione compiuta dalla TV di regime è stata, PER COPRIRE L’ONTA RICEVUTA, ESCOGITARE UNA NOVELLA “FOGLIA DI FICO” E

MONTARE IL DISCORSO DEL PATACA ALTERNANDO I SUOI PRIMI PIANI CON CAMPI LUNGHI (D’ALTRI TEMPI… O DI UN’ORA PRIMA…) DI PLATEA GREMITA…

…ma in questo montaggio è incappata malauguratamente una SEQUENZA dove COMPARIVA IL PATACA AD ASCOLTARE (…beh, pensate se a un certo punto apparivano anche Fidel, Leonid, o il divo Giulio!)

… sicché… è TUTTO FALSO?

E il popolo ucraino si è sorbito una “maratona televisiva” in “leggera differita… magari si potesse con la vita”, DOVE L’UNICO IMPREVISTO E’ STATO SOLTANTO L’ERRORE MADORNALE DEI MONTATORI?

Oppure l’errore è stato voluto? Un atto di resistenza passiva di fronte agli ordini ricevuti dalle alte sfere?

Il mistero si infittisce… nel frattempo, le major americane prendono appunti per una nuova serie televisiva (a pagamento): “Il montatore”.

*****

Nel frattempo, e torno serio, un popolo intero è MANDATO A MORIRE ingannato quotidianamente, ininterrottamente, dal 2014 a oggi, da un’informazione tossica, pilotata dai padroni NATO che, sia col patàca che col suo predecessore Poroshenko, hanno letteralmente FATTO CARTE FALSE per creare un consenso fondato sul CONTINUO CRESCENDO, FINO AL TRIONFO TOTALE E TOTALITARIO, del nazionalismo prima e del nazifascismo banderista poi, dei peggiori istinti, e di continue campagne d’odio basate, nel migliore dei casi, su notizie falsate, “taroccate” (come e peggio di questo pietoso fotomontaggio) e, nel peggiore, sul nulla…

da qui

 

 

Università Attac/1: E’ la globalizzazione che “vuole” la guerra

«Le guerre contemporanee stanno dentro le politiche di globalizzazione». L’attivista sociale Piero Maestri così esordisce nella prima giornata della università” 2023 di Attac a Cecina Mare (Livorno).

Siamo dentro «la guerra fredda per l’egemonia mondiale», anzi proprio dentro una «guerra mondiale», ma «frammentata», prosegue.

Da questi conflitti l’esito è quello di un «grande disordine» – aggiunge Piero Maestri – e «un riarmo».

Difronte a questa situazione, conclude l’attivista, «il movimento contro la guerra è in difficoltà, e lo è da almeno quindici anni, perché soffre l’incapacità di incidere sulla politica».

Tombola, Weapon Watch: far conoscere localmente il peso del traffico di armi

Carlo Tombola di “The Weapon Watch, nel proprio successivo intervento, ha insistito sul tema che «le armi sono considerate una merce come un’altra» e che tanto la legge italiana sulle armi, la 190 del 1985, che la normativa internazionale, vengono costantemente violate nella forma e nello spirito.

Ha rivelato, Tombola, il problema del transito di armi pesanti e munizioni verso l’Arabia Saudita, da Genova ma anche da altri porti italiani. Un transito, vietato per legge, contro il quale le Autorità Portuali non sanno intervenire per la presunta extraterritorialità delle navi battenti bandiera straniera che sostano nei porti nazionali, come da tempo denunciato da “The Weapon Watch” [1].

Eppure le denunce, come quella dei portuali di Genova, non mancano. Le navi passano attraverso nostri porti cariche di elicotteri, carri armati, bombe, armi, munizioni, a volte provenienti dall’America del Nord.

Per denunciare questa situazione esiste proprio l’Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo [2] fondato da Carlo Tombola.

Nel settore delle armi, conclude «toccare la distribuzione finale», «la lotta per la logistica», è l’unico sistema per «mandare a monte» il traffico “legale” di armi.

Occorre «far conoscere il peso del traffico di armi» tra le comunità cittadine dei porti italiani coinvolti.

Concludendo la propria “lezione”, Tombola ha avvisato: «le prossime guerre saranno dove stanno andando le armi ora»!

 

No Base Coltano: Il ceto politico è asservito ai vertici militari italiani e NATO

Al microfono, poi, è andata Raffaella Nadalutti docente precaria di Pisa attivista di “No Base né a Coltano né altrove”.

L’attivista ha denunciato «un’accelerazione nel processo di militarizzazione e desertificazione del territorio Pisano» e, in particolare, «la svendita del territorio per una nuova inutile e dannosa infrastruttura militare» [3].

Non basta, insomma, la presenza a Pisa di «Camp Darby, il più grande arsenale statunitense fuori patria”, non basta «nel porto di Livorno il continuo transito di navi militari USA anche a propulsione nucleare» (con i rischi per la sicurezza e danni ambientali che ne conseguono) ma lo stato italiano sta procedendo al disboscamento di un’enorme area per la realizzazione di nuove tratte ferroviarie – tra la frazione di Marina di Pisa e Pisa stessa – al servizio del trasporto di armi nella base di Camp Darby.

Anche «l’ampliamento dell’aeroporto di Firenze» andrebbe nella direzione di rafforzare la presenza militare USA.

Raffaella Nadalutti poi si è soffermata sul nuovo centro di addestramento dei reparti speciali dei Carabinieri (190 milioni di euro, coi fondi per lo sviluppo e la coesione sociale) sempre nell’area pisana, «in un’area scelta perché già occupata da importanti strutture militari (Camp Darby, CISAM, COMFOSE, aeroporto militare di Pisa)».

Ma anche il pericoloso coinvolgimento delle scuole nella propaganda militare: «hanno bisogno di nuova carne fresca», ha denunciato. Tutto ciò ha «pesanti conseguenze sul piano educativo».

«Il ceto politico è asservito ai vertici militari italiani e NATO», ha aggiunto; E anche «i ceti politici locali sono al servizio delle clientele locali del cemento con le quali ci fanno i voti».

Insomma, tutti, «i gruppi politici di destra e di centrosinistra al governo e all’opposizione nelle istituzioni locali e nazionali hanno ancora una volta dimostrato la loro subalternità ai poteri forti senza tenere in alcuna considerazione l’interesse e la volontà di chi vive il territorio, poiché hanno dichiarato che la base si farà» è stato già affermato in una precedente assemblea [4].

 

Raffaella Nadalutti ha concluso il proprio intervento denunciando una difficoltà di «comunicazione» del Comitato, il disinteresse dell’ANPI rispetto alla battaglia dei “No Base Coltano” e, infine, annunciando una manifestazione – chiamata “Fermare l’escalation” -, a Pisa e in Sicilia, contro la guerra, le armi e il fossile per il prossimo 21 ottobre [5].

 

De Lellis, Attac Italia: la globalizzazione spinta crea guerra

La giornata di Cecina si è conclusa con l’intervento di Antonio De Lellis di Attac Italia che ha riferito un quadro della guerra in Ucraina.

«L’Ucraina sarà una colonia, comunque finirà la guerra, per il debito pubblico che sta contraendo coi paesi occidentali per sostenere la guerra, e per le devastazioni che sta subendo», ha affermato De Lellis.

Ma a pagare le conseguenze della guerra saranno anche i i cittadini – per l’inflazione – e i paesi africani per lo spostamento delle “eccedenze di liquidità” degli investitori verso il debito nazionale occidentale, «del nord del mondo», in conseguenza del rialzo dei tassi che produce un rialzo delle remunerazioni dei BTP.

Antonio De Lellis di Attac ha poi denunciato «la globalizzazione spinta che crea protezionismo mondiale e che è alla base dei conflitti economici, dell’aumento delle spese militari e quindi delle guerre».

Tornando alla situazione ucraina, ha spiegato che i “valori neoliberali” in quel paese erano presenti già prima della guerra ma che dopo l’esplosione del conflitto, con la proclamazione di due “leggi marziali”, sono state introdotte notevoli «restrizioni ai diritti sindacali e sul lavoro in Ucraina».

Lasciando l’anfiteatro del campeggio, a fine sessione, si respirava sì un area pesante ma si notavano anche delle luci stagliarsi sul “cielo” tetro descritto. Esistono infatti realtà, come No Base Coltano, The Weapon Watch, Attac, che non si arrendono e lottano per un cambiamento.

Fonti e Note:

[1] “The Weapon Watch”, 5 maggio 2022, “Nessuno ha competenza sulle armi in transito”.

[2] “The Weapon Watch”“Chi Siamo”.

[3] No Base Coltano, 7 settembre 2023, “Novità dopo il tavolo interistituzionale, verso l’assemblea pubblica del 14/09”.

[4] No Base Coltano19 ottobre 2022, “Muoversi nel conflitto in Toscana. Una piattaforma”.

[5] No Base Coltano15 settembre 2023, “Appello a una mobilitazione generale il 21 ottobre contro guerra, armi e fossile!”.

da qui

 

 

Prime assemblee cittadine  (Brescia e Marghera) per la manifestazione di Ghedi del 21 ottobre.

Dopo l’assemblea di domenica 24 che ha chiamato la manifestazione di Ghedi per il 21 ottobre, è in corso la preparazione di diverse assemblee cittadine con lo scopo di raccogliere a livello territoriale gli organismi politici, sociali, sindacali, nonché le compagne, i compagni e i lavoratori più coscienti non organizzati che sentono l’urgenza di mobilitarsi contro la guerra e condividono i punti essenziali su cui è stata indetta la manifestazione di Ghedi. Le prime due assemblee di cui diamo qui notizia si terranno sabato prossimo, 30 settembre, a Brescia e a Marghera

Qui, la presa di posizione del circolo di Brescia di Sinistra Anticapitalista:

“Il Circolo G. Puletti di Sinistra Anticapitalista (Brescia) sostiene la giornata contro la guerra del 21 ottobre prossimo, giornata che vedrà tre manifestazioni, a Ghedi, a Pisa e in Sicilia, contro l’escalation bellica che sta sommergendo il mondo.

“In particolare SA di Brescia si impegnerà nell’organizzazione della manifestazione di Ghedi, a partire dall’assemblea internazionalista unitaria a Brescia, di sabato 30 settembre al centro sociale di Via Farfengo, 69.

“La guerra in Ucraina è l’aspetto più pericoloso dello scontro mondiale tra settori del capitalismo e i loro stati, ma siamo contro tutte le guerre attuali, a partire da quelle in cui è coinvolto l’imperialismo italiano, che ha nella base di Ghedi uno dei suoi punti di forza strategici. La nostra parola d’ordine resta “Nessuna guerra tra i popoli, nessuna pace tra le classi”.”

da qui

 

Più armi non porteranno più pace – Maria Pastore

Attraverso la nonviolenza possiamo trasformare i conflitti grandi e piccoli in equilibri inediti. Il Movimento Nonviolento chiede all’UE di creare corridoi umanitari per chi fugge dalla coscrizione obbligatoria, siamo pronti?

Perché dovrei uccidere mio fratello? Questo domandano i russi che sono riusciti a scappare dal loro Paese e dall’arruolamento obbligatorio. Anche molti ucraini sono scappati per non fare la guerra.
E gli europei? Cosa pensano gli europei della chiamata alle armi? Cosa pensano dei disertori? E dell’obiezione di coscienza militare?

Quando a febbraio 2022 tutti parlavano dell’attacco della Russia all’Ucraina, ho pensato a una notizia sentita in radio un mese prima. In Kazakistan nel gennaio 2022 da settimane c’erano manifestazioni di protesta in piazza per l’aumento vertiginoso del prezzo del Gpl, di cui il Paese è anche produttore, e la polizia aveva ricevuto l’autorizzazione a sparare sui manifestanti, e aveva sparato, lasciando a terra decine di persone. Intanto le autorità stavano chiudendo tutti i canali di comunicazione con l’esterno per non fare trapelare altro, e Russia e altri Paesi ex-sovietici del Trattato di sicurezza collettiva stavano inviando lì contingenti militari. Un dispiegamento di forze spropositato per piegare una popolazione, tutto ciò non lascia presagire nulla di buono.
Molti governi in quell’area sono militari, con capi in carica da decenni e leggi liberticide.

Zelensky, per difendere l’Ucraina, ha restaturato la coscrizione militare per gli uomini dai 18 ai 60 anni e vietato a questi di lasciare il Paese. Aveva altre soluzioni?

Tornando all’Italia e ai nostri limiti, salvo qualche occasione i nostri media trattano questa e le altre guerre dal punto di vista alto, burocratico, strategico, così spostano la narrazione su livelli comprensibili soltato agli esperti e provocano verosimilmente un sentimento di straniamento in noi spettatori. Decidiamo di fidarci di chi “ne sa di più”, “tanto” pensiamo “che posso fare io?”.
Sempre in Italia i giornalisti e gli intellettuali che hanno provato a dire che “la guerra è sempre sbagliata e da evitare” sono stati definiti filoputiniani e ricoperti di ridicolo, “Come Italia siamo parte della NATO e non possiamo sottrarci ai nostri obblighi” si sono sentiti rispondere, oppure con stravolgimenti dell’art. 11 della nostra Costituzione che in realtà invita a intraprendere le direzioni della pace e non quelle della cobelligeranza.

Quindi, la versione ufficiale del nostro Paese è che dobbiamo aiutare l’Ucraina che chiede più armi e rifiuta tutti i tavoli di negoziato.

Dall’Ucraina abbiamo visto immagini di città distrutte, di fosse comuni, di gente in lacrime ma, attenzione, la voce a commento è sempre quella della guerra. Può un cittadino ucraino dire che la guerra non è giusta? In Russia non si può dire. E può essere che stringere relazioni economiche e belliche con l’Ucraina incrini la nostra già debole democrazia?…

continua qui

 

Il M.I.R. contesta l’inaugurazione militarista del Liceo ‘A. Gatto’ di Agropoli

Fra il lancio degli zainetti ‘Giochi Preziosi’ sponsorizzati dell’Esercito Italiano, e patriottiche inaugurazioni con alzabandiera, inno di Mameli e discorsi di generali, l’anno scolastico 2023-24 si preannuncia ancor più improntato ad un’impostazione militarista stile ‘libro e moschetto’.
Proprio per contrastare quest’allarmante invadenza propagandistica delle Forze Armate nei confronti degli istituti scolastici ed universitari italiani, da tre anni il Movimento Internazionale della Riconciliazione, insieme con Pax Christi Italia, ha lanciato la Campagna Nazionale “Scuole Smilitarizzate”, supportata e potenziata recentemente anche dall’Osservatorio contro la Militarizzazione delle Scuole e delle Università .

Uno degli episodi più sconcertanti è stato denunciato da Ermete Ferraro, Presidente del M.I.R. Italia e referente della Sede di Napoli, che ha inviato una nota alla Dirigente Scolastica del Liceo “Alfonso Gatto” di Agropoli (SA), contestandole l’inaugurazione in stile caserma del nuovo anno scolastico, di cui aveva dato notizia con toni trionfalistici un articolo con video pubblicato su Info Cilento.

«Ci ha spiacevolmente colpito la retorica cerimonia d’inaugurazione del Liceo “A. Gatto” che – a conferma di questa preoccupante tendenza all’infiltrazione delle Forze Armate nel mondo della scuola e dell’università – era dichiaratamente “finalizzata a promuovere i valori che l’Esercito e i militari rappresentano per i giovani”, aggiungendo che “nell’area esterna di pertinenza scolastica della sede centrale, sarà allestito uno stand, dove gli studenti e le studentesse delle classi quinte possono, dopo la cerimonia, avere informazioni sulle opportunità lavorative offerte dall’Esercito ai giovani» ha scritto Ferraro, aggiungendo che «in una scuola superiore della Repubblica che costituzionalmente “ripudia la guerra” i valori formativi dovrebbero essere ben altri rispetto a quelli che s’inculcano nelle caserme, e comandanti di reggimento, cappellani militari e militari dei reparti di artiglieria non dovrebbero fungere da riferimenti per i giovani.»

Nell’ottica di un dialogo costruttivo e nonviolento, comunque, il Presidente del M.I.R. si è reso disponibile ad incontrare Dirigente e Docenti di quel Liceo, per chiarire quanto da decenni i movimenti per la pace propongono per formare gli studenti alla risoluzione alternativa – civile, disarmata e nonviolenta – dei conflitti bellici e per la riconversione pacifica ed ecologica del complesso militare-industriale.

da qui

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

  • La stampa, le autorità, le associazioni e le persone sono invitate a una conferenza stampa che si svolgerà di fronte alla base militare di Ghedi il 2 ottobre alle ore 11.00 prossimo venturo per presentare la denuncia sottoscritta da 22 esponenti di associazioni pacifiste e antimilitariste e singoli cittadini tesa ad accertare la presenza di ordigni nucleari in territorio italiano e, successivamente, di accertarne l’illegalità sulla base della normativa interna e internazionale.

    La conferenza stampa si svolge in un giorno evocativo, la Giornata Internazionale della Nonviolenza istituita dall’ONU e in un possibile e probabile “luogo del reato”, la base militare di Ghedi che condivide con quella di Aviano il segreto di Pulcinella della presenza di un numero imprecisato di armi nucleari.

    La denuncia fa seguito a una campagna iniziata due anni fa da un vasto settore del pacifismo italiano che ha chiesto uno studio a IALANA, associazione di giuristi specializzati in Diritto Internazionale, al fine di emettere un parere sulla legalità delle armi nucleari.

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