L’alato paradigma

Agitarsi bisogna: se passate dalle parti della “buona scuola”…

di Gigi Monello (*)

 

Fiammate di futurismo al palazzaccio di Trastevere. Desse per caso ebbrezza aver finestre sopra cupole romane? Il fatto: lo scorso dicembre, finite le spossanti nottate della 107, il capo-segreteria tecnica della ministra, emette seguente cogitativo, «Stiamo facendo una follia, una lucida follia (…). Il momento per fare il cambio di paradigma è questo: ora o mai più. Non si parte mai quando si è pronti al 100%, perché altrimenti non si fa mai nulla». Pare D’Annunzio in partenza per Vienna. È invece Luccisano, 33 anni, laurea in Scienze internazionali e diplomatiche, specialista in “innovazione”, esperienze al ministero degli Esteri, Enel e Confindustria. Insomma un predestinato. Sta parlando di uno dei pilastri della “buona scuola”, la cosiddetta alternanza scuola-lavoro. La macchina è pronta, indietro non si torna; i risultati arriveranno. In Campania, ad esempio, dove 13 istituti superiori – mille alunni – si apposteranno attorno all’area archeologica di Pompei: quelli dell’Agrario cureranno il verde; i liceali compileranno cataloghi digitali e assisteranno turisti.
Chissà a cosa mai potrà servire ad un futuro ingegnere, avvocato o urologo, aver catalogato antichità e accompagnato turisti. Mistero. Ma son dubbi da semplicioni. Ciò che importa è innovare.
Con leggera nausea, vedo gente arrabattarsi per realizzare l’ennesima trovata: puntate in azienda, incontri con l’Ispettorato del lavoro, visite a musei, lezioncine di economia, scorribande su Internet, slogan e logo per “imprese simulate”, tagliandi colorati da vendere (le “azioni”) e alla fine la sfida mortale: i simulatori riuniti gareggeranno per stabilire chi meglio simulò. Sessantasei hanno da essere (ore), e sessantasei saranno; e ai DS dubbiosi, bacchettate sul nervo sensibile: lo stipendio.
Siamo alla tragica farsa. Chi fa scuola sul serio, sa benissimo che, considerate vastità e complessità dei programmi, anche se non si facesse altro che spiegare e verificare, il tempo sempre poco sarebbe. Figurarsi ora che al ben noto carosello di extra, si aggiunge il tributo al nuovo feticcio.
Con vago raccapriccio vedo dilapidare un tempo prezioso che non tornerà più. Il tempo della costruzione del pensiero astratto, della memoria, del linguaggio. Un tempo denso, lento, conflittuale, irto di retroscena, decisivo. E osservo loro, i “beneficiati”: sono un po’ confusi, un po’ divertiti, un po’ stufi di questo continuo agitarsi per dar novità.
Al 33enne politico-tecnocrate, una preghiera: la prossima volta che cambia un paradigma, faccia il piacere, controlli bene se il nuovo che sostituisce al vecchio, non sia, per caso, il vecchissimo “facimmo ammuina”.

(*) RIPRESO DA http://picciokkumalu.blogspot.it

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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