Lavoro che uccide: ogni giorno
articoli di Carlo Soricelli e Vito Totire
Sono otto i lavoratori morti nelle ultime 24 ore, fra questi tre carabinieri
di Carlo Soricelli (*)
Non posso non essere colpito dalla morte dei tre carabinieri mentre svolgevano il loro lavoro, vicino Verona. Stavano eseguendo uno sfratto giudiziario quando, entrando nell’abitazione, l’esplosione della casa li ha uccisi. Si sta ancora indagando per capire se si sia trattato di un agguato doloso o di un tragico incidente. Due dei tre fratelli coinvolti sono stati arrestati.
Anch’io, da giovane, volevo diventare carabiniere ausiliare: ma durante l’addestramento presi una broncopolmonite e fui trasferito nell’Esercito. Mio padre era carabiniere, mio fratello maggiore è stato maresciallo e ora è in pensione: conosco bene la loro dedizione, il senso del dovere e il sacrificio quotidiano.
Purtroppo, ieri è stata un’altra giornata nefasta. Oltre alla tragedia dei carabinieri, ci sono stati altri lavoratori morti sul lavoro, tragedie passate sotto silenzio.
Md Bilail, operaio del Bangladesh di 28 anni, è morto colpito da un “proiettile” di un tornio — un pezzo metallico che, probabilmente, stava lavorando e che lo ha ucciso sul colpo.
Un altro operaio è rimasto sepolto vivo da ghiaia e detriti per il crollo di un muro di contenimento.
Nel Casertano, un lavoratore è stato travolto e ucciso da una bufala.
Altri due sono morti in itinere.
In questo momento sfioriamo, con gli itinere, i 1.200 morti complessivi: di questi, 818 sono sui luoghi di lavoro, gli altri sulle strade o in ambiti lavorativi diversi da quelli coperti dall’INAIL.
(*) Carlo Soricelli è il curatore dell’Osservatorio di Bologna morti sul lavoro, il primo osservatorio indipendente nato il 1° gennaio 2008 dopo la tragedia della ThyssenKrupp di Torino . Il sito internet è: http://cadutisullavoro.blogspot.it
Morte a San Giorgio di Piano : l’operaicidio continua, senza
sosta
di Vito Totire (**)
Fino a quando i lavoratori saranno “vigilati passivi” (ogni tanto) e non protagonisti della prevenzione, le stragi continueranno.
DELEGARE LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO AL PADRONE SARA’ SEMPRE FORIERO DI NUOVI LUTTI E DI NUOVE STRAGI.
Convocare ovunque, IMMEDIATAMENTE, in ogni luogo di lavoro, LE ASSEMBLEE DEI GRUPPI OPERAI OMOGENEI:
NON SONO I SOVIET MA L’UNICA STRADA PER CERCARE DI GARANTIRE AI LAVORATORI LA SPERANZA DI SALUTE E DI VITA A CUI HANNO DIRITTO TUTTI GLI ESSERI UMANI.
E’ ormai un incubo: ancora un operaio morto a s. Giorgio di Piano. Le nude cronache dicono che si tratta della cinquantaquattresima vittima in Emilia-Romagna dall’inizio dell’anno. In verità non si contano i morti in agricoltura, spesso ultrasettantenni, che non hanno una assicurazione Inail. L’anno scorso in un cantiere della stazione ferroviaria nel territorio comunale era morto Attilio Franzini di 47 anni. Ad agosto poi è morto a Molinella – 35 km da s. Giorgio – Hussain Mazzamal un operaio di origine pakistane; lavorava di notte il che è già di per sé un rischio, spesso evitabile. Né si può dimenticare la morte del giovane Yaya Yafa nel 2021 (chiedeva asilo ma ha trovato morte) nell’interporto situato nel territorio di Bentivoglio, comune confinante con s. Giorgio.
Nel 1985 a San Giorgio di Piano il PCI, alle elezioni regionali, ebbe il 57% dei voti (i socialisti quasi il dieci). Certo viene spontaneo chiedersi “dove è finito il PCI?”; ma ancora più importante è: “dove è finito il movimento operaio?” . San Giorgio di Piano fu un territorio dove i servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro nacquero prima della legge 833/1978; quei servizi territoriali prefigurarono un modo di operare che poi si affermò, sia pure lentamente, in tutto il territorio azionale. Quei servizi misero in campo una strategia fondata sulla assemblee dei gruppi operai omogenei che si rapportavano con i tecnici di loro fiducia del servizio pubblico, secondo la prassi della non delega, della valorizzazione della soggettività operaia e della validazione consensuale. Questa prassi proposta e attuata dal movimento operaio fu accolta a livello istituzionale dalla legge regionale n.33/1979 prima ancora che i poteri ispettivi passassero effettivamente alle USL. Dove è finita quell’ esperienza storica? e’ stata sgretolata dalla organizzazione capitalistica del lavoro che impone velocità, obbedienza assoluta il tutto finalizzato al profitto finale a tutti i costi. Fra i costi anche morti e stragi operaie, spesso ai danni dei soggetti più deboli, immigrati o autoctoni a seconda delle circostanze, ma comunque più vulnerabili.
Le istituzioni in questi decenni hanno “reagito” alle stragi con lacrime del giorno dopo e con iniziative propagandistiche. Quando fu coniata la formula magica della “logistica etica” tutti ci chiedemmo: esiste un comparto produttivo o un solo ambito delle relazioni sociali e interpersonali in cui si può prescindere dall’etica? Il Comune di Bologna ora proporrà la “metalmeccanica etica”?
In realtà il Comune di Bologna ha dato segnali di grave disinteresse sul tema e di impegno solo parolaio.
Sulla grave esposizione a rischio dei lavoratori immigrati (ma abbiamo sempre detto che il vero problema è la coincidenza tra l’essere immigrato e l’essere precario) dopo più di venti anni ancora il Comune di Bologna rifiuta un importante gesto di memoria: collocare una targa commemorativa a ricordo dell’ omicidio sul lavoro di Reuf Islami, operaio albanese “sans papier” avvenuto a Bologna in via Ranzani.
Nel periodo in cui era in carica il sindacato precedente si è riunito alcune volte una sorta di comitato che si sarebbe dovuto occupare di prevenzione nei luoghi di lavoro; un comitato per “invitati selezionati” al quale però, fino a quando è esistito, la Ausl e l’Uopsal (servizio di medicina del lavoro) NON AVEVANO ANCORA DECISO SE PARTECIPARE.
Ora il sindaco di Bologna (e massimo rappresentante della cosiddetta città metropolitana) dice, sull’ultimo evento mortale, che è un evento inaccettabile. Poco … visto che alle parole non seguono mai i fatti. Come tutti, vogliamo capire la dinamica della morte di Md Bellal questa mattina mentre lavorava presso la Alberto Righi (Lavorazioni Meccaniche Srl di San Giorgio di Piano); transitava in un reparto che non è il suo abituale? era a conoscenza dei rischi di un reparto non “suo”? La dinamica pare assomigliare all’evento mortale verificatosi anni fa alla Almet (zona Roveri). Avremo modo di approfondire.
Cosa dice a questo proposito il DVR cioè il documento di valutazione del rischio? chi lo ha redatto? In che misura è stato notificato non solo ai Rls (responsabili della sicurezza) ma anche ai singoli lavoratori? E’ stato redatto con la collaborazione degli RLS e del medico “competente” o a loro è stato solo notificato?
Fin dal giorno della fondazione (26 maggio 2022 a Modena) LA «RETE NAZIONALE LAVORO SICURO» PROPONE E RIVENDICA CHE IL DVR SIA PUBBLICO . NON NASCOSTO IN UN CASSETTO O COMUNQUE REDATTO UNILATERALMENTE DAL PADRONE SENZA UNA VALUTAZIONE E VALIDAZIONE CRITICA DA PARTE DEI RSL E DEGLI OPERAI.
NON SI FERMANO LE STRAGI CON LE LACRIME DEL GIORNO DOPO: ANCHE QUELLE “SINCERE” SONO INUTILI.
OCCORRE CAMBIARE STRADA E LA STRADA MAESTRA e’ ANNULLARE IL DISLIVELLO DI POTERE TRA CAPITALE E LAVORO.
Esprimiamo le nostre condoglianze ai familiari di Md Bellal e ai suoi compagni di lavoro.
All’inchiesta giudiziaria bisogna affiancare UNA INCHIESTA OPERAIA “DAL BASSO”. Siamo a disposizione dei familiari e dei compagni di lavoro per seguire le indagini anche con il nostro contributo professionale “pro bono”.
(**) Vito Totire è portavoce della «RETE NAZIONALE LAVORO SICURO»