L’israelizzazione del mondo

 

di Enrico Euli (ripreso da satur-nous.blogspot.com)

Teorema 1*: Più la cultura è individualista e competitiva, più è probabile che il paese sia democratico e più è probabile che il paese, data la possibilità, sia belligerante.
Teorema 9: Più democratico è il paese, più sono autocompiaciuti i leader/i cittadini, più il paese è belligerante.

Cioè noi, l’Occidente.

Teorema 2: Più un paese nella sua storia ha inflitto traumi agli altri e più democratico è il paese, più il paese è belligerante.
Teorema 3: Più alta la posizione nella piramide economica mondiale dei paesi, più probabile è che il paese sia democratico e belligerante.

Cioè i nostri amici, gli Usa, “statua della libertà” e “faro della democrazia”.

Teorema 7: Più democratico è il paese, maggiore la competizione interna per il potere; e maggiore la competizione interna per il potere, maggiore è la tentazione di ottenere il sostegno attraverso l’aggressione esterna.

Cioè Israele.

Teorema 4: Maggiore è l’isomorfismo tra le strutture nazionali e quelle mondiali e più democratico è il paese, più il paese stesso è belligerante.

Cioè, il nostro sistema-mondo.

Da tempo parlo e scrivo di israelizzazione delle relazioni umane: la mediazione politica viene in essa progressivamente sostituita da muri, divieti, frontiere, controlli digitali, oppressioni e repressioni, immunizzazione, militarizzazione della vita quotidiana, guerra. Sta accadendo ovunque, e Israele è il modello al quale tutti tendono e in cui tutti i governi, man mano e ineluttabilmente, tendono a riconoscersi e ad identificarsi.

Da qui una cultura che si diffonde microfisicamente nella vita e nelle menti di tutti noi, in tutto il mondo. Ecco perché Israele è stata, è e sarà sempre più impunita e impunibile, qualunque delitto compia alle spese di chiunque, comunque: che siano moschee o chiese, campi profughi o condomini, guerriglieri o civili, ospedali o cimiteri, libanesi siriani o iraniani. Non più solo perché storicamente creato artificialmente da noi euro-statunitensi, invadendo territori abitati da arabi. Non più solo perché permane da sempre come avamposto occidentale in Medio Oriente. Ma perché ormai il mondo intero si è omologato e conformato strutturalmente a Israele: ci siamo israelizzati.

Qui da noi, qualche governo ha difeso ieri Guterres all’ONU, quando ha provato a ricordare che gli attacchi di Hamas non vengono dal nulla? Quale stato occidentale ha spiegato che la conferenza del Cairo è fallita perché tutti volevano condannare gli atti di Hamas, ma solo i paesi arabi erano disposti a condannare anche quelli di Israele? Qualcuno ha dato il giusto rilievo alla marcia delle madri israeliane e palestinesi unite, o al gesto di pace della vecchietta ex ostaggio nei confronti dei suoi ex carcerieri? Qualcuno ha la forza di invertire l’ordine di priorità degli israeliani, mettendo al primo posto la salvaguardia dei civili palestinesi e la liberazione degli ostaggi israeliani e in secondo luogo il contrattacco dentro Gaza “per scacciare Hamas dalla faccia della terra” o “tagliare la testa del serpente”?

Non esistono da tempo possibilità di negoziazione tra le parti, visti i fallimenti di tutti gli accordi precedenti (e non solo per i tradimenti di Israele, ma anche per la corruzione e le inadempienze dell’OLP).

Ma ancora oggi sarebbero possibili molte forme di pressione e mediazione-arbitrato fra le parti, da parte di terzi (che non possono però più essere gli Stati Uniti), così come accaduto con l’apartheid in Sudafrica. Ma chi è disposto a considerare e trattare Israele come quel che fu il Sudafrica, a boicottarlo e sanzionarlo economicamente e militarmente? Come può accadere, in un mondo israelizzato, in cui inevitabilmente qualunque critica a Israele viene ritradotta in attacco antisemita e i terroristi stanno sempre e solo dall’altra parte?

Il “conflitto” tra palestinesi e israeliani è da sempre un conflitto allargato su palestinesi e israeliani. É la guerra ora (e non il conflitto) che non potrà che durare (Ucraina docet), allargarsi e allagarci.


Note

*I teoremi citati sono stati proposti da Johan Galtung in Pace con mezzi pacifici (Esperia, 2000)

da qui

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

4 commenti

  • Mariano Rampini

    Ho da sempre contestato con tutta la possibile forza ogni forma di discriminazione basta sul colore della pelle o sulla razza. Considero la graphic novel di Will Eisner Il Complotto uno dei tanti capolavori da mettere in posizione di riguardo nella mia libreria. Ho letto e riletto più volte La banalità del male di Hannah Arendt, apprezzandone i contenuti e le riflessioni su quello che fu il destino di un popolo sparso tra tante nazioni ma sempre fedele a se stesso, nelle mani di un gruppo di folli. Nonostante questo – e molto altro – oggi mi ritrovo a dover giustificare una presa di posizione politica come se quest’ultima fosse una posizione concettuale nei confronti dello stesso popolo in quanto tale. Leggo quindi con estremo piacere l’articolo dell’amico Tulli provando una sorta di sollievo psicologico dinanzi a una stortura della storia. Israele, come entità politica, nacque anche attraverso l’azione di gruppi terroristici che così come molti altri, lottavano per la conquista di una patria. Non sto qui a ricordare le tante azioni della Banda Stern dell’Irgun. Non avrebbe senso. Però non posso sentirmi accusato di antisemitismo se critico la politica che negli ultimi cinquant’anni Israele ha tenuto nei confronti dei palestinesi. Semiti anch’essi. Anch’essi nati sulla stessa terra. Anch’essi capaci di richiedere una nazione in cui vivere. A questo richiamo Israele non ha mai risposto o, se lo ha fatto, è stata sempre una risposta “debole”, mai unilaterale. Eppure un popolo che ha conquistato la nazione in cui vive dovrebbe capire le ragioni degli altri ed evitare scelte politiche (la conquista dei territori, ad esempio) che hanno finito col fare dei palestinesi delle persone senza una casa nel senso più ampio del termine. Che questa volontà unilaterale da parte di Israele (mai la prima nazione a chiedere un tavolo per risolvere il problema) la questione palestinese finisce col diventare un’equazione irrisolvibile.
    Se poi a quanto ho sopra esposto andiamo ad aggiungere l’elemento religioso (fortissimo tra quei popoli: da parte araba come da parte israeliana) il numero delle incognite sul futuro di quella parte di mondo aumenta in modo esponenziale. Credo fermamente che se davvero Israele vuole ottenere la pace, ciò non avverrà con le armi. Credo allo stesso modo che solo un passo avanti di Israele possa davvero mescolare le carte in tavola e spiazzare i propri avversari. Sarebbe una mossa che toglierebbe loro qualsiasi arma politica o religiosa e confermerebbe che un popolo senza terra sa convivere con qualsiasi altro popolo senza terra.

  • Oggi in ALCUNE CITTA’ e domani in una manifestazione nazionale si manifesta con l’invito che arriva della Rete Italiana Pace e Disarmo: “Israele-Palestina. fermiamo la violenza. Riprendiamo per mano la pace”.
    Un primo (timido) passo per parlare seriamente e agire. Ma in molte città il PD – come al solito terrorizzato che si discuta seriamente di qualcosa – impone che ci siano solo bandiere istituzionali o della pace, che i “sit in” restino in silenzio assoluto e che le forze politico/sociali aderenti non rendano pubbliche le loro analisi.
    Tanto per dire come pace finta e riarmo vero siano legati o come il militarismo italiano alzi la testa, in questi mesi e giorni si stringono accordi per fare propaganda nelle SCUOLE alle (e con le) Forze Armate Italiane … senza possibilità di contraddittorio; ancora una volta presidi “di sinistra” si dicono entusiasti e minacciano i dubbiosi (professori o studenti che siano).
    Qui a Imola, dove abito, alcune persone da sempre impegnate contro la guerra, contro le spesi militari anche italiane, contro la militarizzazione dell’informazione NON ANDRANNO ALLE MANIFESTAZIONI DEL SILENZIO OBBLIGATORIO.
    Così lo ha spiegato Tiziana.
    «Non sarò in piazza a Imola . Non voglio partecipare a chi preferisce rispettare la “sensibilità” di partiti o associazioni che attraverso la copertura di una fantomatica PACE la usa per non schierarsi. Sto con il popolo palestinese, sto con i bambini el e bambine di Gaza che non hanno avuto un attimo di respiro in vita. Sto con la donne e gli uomini israeliani che urlano non in nostro nome. Sto con gli ebrei e le ebree che occupano il Campidoglio negli Stati Uniti d”america e urlano non in nostro nome. Sto in questa merda di mondo, in questo preciso momento storico. E voglio urlare non in mio nome.
    Fuori da Gaza, ora non quando ci saranno altre centinaia se non migliaia di bambini/e morti/e»-
    Anche io sottoscrivo, con Tiziana, e non andrò “a tacere”.
    NON IN MIO NOME.
    Ci sono silenzi di lutto e silenzi per ascoltare; bisogna rispettarli. Ma quello che non parla di vittime e colpevoli, che tace sui mercanti d’ami e sul nuovo colonialismo, è solamente UN SILENZIO VILE. Si tace ancora una volta oggi perchè non si ha nulla da dire da anni, perchè si rimuove la verità delle armi da sempre, pechè i fatti impauriscono più delle improbabili analisi e dunque vanno cancellati, perchè la politica estera italiana è ARMATA, contraddice la Costituzione (che ripudia la guerra) e nelle conclamate “missioni di pace” i soldati e le soldatesse italiane sono – con rarissime eccezioni – pedine usate in partite tragiche per aiutare i potenti contro i deboli. Non in mio nome.
    Daniele – Imola

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