«Non è un pranzo di gala»: indagine…

.. sulla letteratura working class di Alberto Prunetti.

recensione (e nota filmica) di Francesco Masala

 

Il libro (edito da minimum fax, 15 euro) spiega cos’è la letteratura working class, nella quale la classe lavoratrice  – quella dei lavori umili e malpagati –  non solo è oggetto delle narrazioni, ma anche il soggetto che narra (almeno come provenienza).

Molte volte sono i primi che hanno “studiato” cioè al contrario dei loro padri sono andati a scuola o anche all’università  – come Alberto Prunetti, Francesco Guccini nell’Avvelenata, e tanti dagli anni ’60 – a raccontarsi e sentirsi orgogliosi della loro famiglia working class.

Studiare era possibile con borse, case dello studente, pasti in mensa a 350 lire, finanziati con l’accumulazione di risorse del miracolo economico, prodotto dallo sfruttamento dei lavoratori, che poi  – grazie alle dure lotte operaie – sopratutto dagli anni sessanta agli anni ottanta, ha migliorato le condizioni economiche dei lavoratori e delle loro famiglie.

Alberto Prunetti affronta poi il problema delle case editrici e dell’industria culturale, che contribuiscono a formare l’immaginario delle persone. In quelle stanze la working class è vista come oggetto delle storie, magari un po’ strappalacrime; raramente c’è il punto di vista dei lavoratori e delle lavoratrici… d’altronde chi lavora in quelle stanze, se pure per caso è di provenienza working class, si è “intellettualizzato” abbastanza per essere accettato e spesso si vergogna delle sue origini e le rinnega.

In questo prezioso libro Prunetti descrive lo stato della letteratura working class in Italia, in Francia e in Gran Bretagna.

La Gran Bretagna è la maestra della letteratura working class, l’autore lo dimostra con ricchezza di argomenti e titoli di romanzi di lingua inglese. E anche la Francia ha tanto da insegnare a chi volesse imparare qualcosa di come la working class si racconta.

Prunetti racconta di un recente viaggio a Bristol, città nella quale ha pulito cessi (scusate, era un toilet cleaner) qualche decennio prima.

Altre due cose sono importanti nel libro:  la visione di un documentario di Jean-Gabriel Périot, intitolato Retour à Reims (Fragments) –  qui  trovate una recensione del film – e il ritratto coinvolgente di Joseph Ponthus, morto a soli 42 anni, autore di Alla linea, un libro impossibile da non leggere.

Il libro si conclude con una ricca e necessaria bibliografia (*). Una lettura che non annoia mai, un saggio che fila come un romanzo.

Ricordo una storia vera, ma non ritrovo chi e quando: ai tempi dei governi del criminale di guerra Tony Blair, abusivamente laburista, quando furono introdotte (o aumentate) di molto le tasse universitarie, un ministro – o parlamentare, non ricordo più – laburista si dimise perché disse che lui, figlio di operaio, aveva potuto studiare solo grazie alla gratuità dell’istruzione universitaria, e non poteva votare una schifezza così.

Un vero politico working class, no?

(*) La bibliografia è ricchissima, eppure mi viene in mente un libro che Alberto Prunetti non cita, Padre padrone di Gavino Ledda: chissà se ci sta bene nella sua lista.

e un poeta operaio cinese, QUI le poesie di Xu Lizhi (1990-2014)

NOTA FILMICA

Tralasciando molto cinema inglese e francese (solo per non appesantire la lista), ecco nove film, più uno, working class (in varie accezioni) che arrivano dagli Usa… ma non solo:

Tuta blu, di Paul Schrader

Killer of sheep, di Charles Burnett

El Norte, di Gregory Nava

Oltre il giardino, di Hal Ashby

Wanda, di Barbara Loden

Il sale della Terra, di Herbert J. Biberman

La gabbia dorata, di Diego Quemada-Díez

Matewan, di John Sayles

Nomadland, di Chloe Zao

The spirit of ’45, di Ken Loach

 

QUI un’intervista ad Alberto Prunetti

 

 

http://stanlec.blogspot.com/2022/11/non-e-un-pranzo-di-gala-indagine-sulla.html 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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