Non esattamente una marcia su Roma
E’ piuttosto una marcia verso Roma, ricorda la marcia su Washington del 1963, per il lavoro e la libertà degli afroamericani, organizzata da Martin Luther King ed altri attivisti, più che la storica marcia fascista del 1922.
Il suo scopo è attirare l’attenzione di chi incrocia lungo la via e far loro conoscere la tragica storia del Congo.
Non è la prima volta che su questo blog scrivo di Congo, di sfruttamento e furto delle risorse e materie prime, delle vessazioni nei confronti della popolazione, dell’insicurezza in cui è costretta a vivere la gente della Regione dei Grandi Laghi, in particolare i congolesi dell’Est del Paese, degli stupri e delle violenze che donne, bambine, ultimamente anche uomini, subiscono, da parte di militari di diverse fazioni e di gruppi di ribelli.
Ma chi sta compiendo la marcia “verso” Roma? John Mpaliza, congolese, in Italia dal 1994.
John, che abita e lavora a Reggio Emilia, non è nuovo a queste imprese; l’anno scorso ha percorso da solo il Cammino di Santiago di Compostela, in Spagna, come fanno molti, ma con l’obiettivo di sensibilizzare i viandanti incontrati sulle condizioni del suo paese, la Repubblica Democratica del Congo. Durante i 26 giorni di pellegrinaggio ha informato circa 1000 persone, filmandone 300 mentre mandano un messaggio per la pace in Congo ed in Africa (se desideri saperne di più clicca qui: http://www.facebook.com/santiagoforpeaceincongo).
Di Africa si parla solo in presenza di catastrofi: se c’è una guerra particolarmente devastante o una grande siccità corredata da foto di bambini denutriti con il ventre gonfio (è il caso della recente siccità in Somalia: troppo pochi raccontano della guerra devastante in corso da anni, si sforzano di farne un’analisi politica od economica, ma molti titolano sulla prossima carestia data dalla grande siccità nel Corno d’Africa). Si racconta delle guerre africane solo se ci conviene intervenire per interessi economici. Si racconta di villaggi turistici o safari nei parchi naturali. John vuole, con le sue imprese, riconquistare la parola, tanto importante nella cultura africana in genere, la relazione con la gente, avvicinare le persone alla complessità che sta vivendo il Congo e che ci interpella direttamente. Siamo tutti chiamati in causa. La stragrande maggioranza del coltano, prezioso minerale componente indispensabile di molti oggetti elettronici che usiamo comunemente, come cellulari e computer, proviene dall’Est del Congo. Abbiamo bisogno del petrolio, del legname, dell’oro, forse anche dell’acqua del Congo. Ecco perchè John sta utilizzando le sue vacanze (è partito il 26 giugno a piedi da Reggio Emilia) per marciare verso Roma, seguendo la via francigena, ancora fermando la gente che incontra, raccogliendo foto, messaggi, interviste, organizzando incontri in ogni città raggiunta, per raccontare il perchè di questo camminare.
Leggiamo le sue stesse parole: “noi, non siamo figli di un dio minore, vi chiedo, anzi vi supplico di condividere con i vostri amici questo messaggio. (…) Spero tanto che la prossima road map che decideranno i grandi del mondo sia dedicata alla risoluzione della situazione conflittuale nell’area dei grandi laghi e nel Congo RD in particolare.
Sono e rimarrò sempre contrario all’ingerenza di soggetti terzi nella vita politica del nostro paese. Il Congo RD ed altri paesi nella stessa situazione devono risollevarsi da soli e decidere le proprie sorti da soli se vogliono arrivare ad una pace vera e duratura. Ma giacché l’ingerenza dei paesi grandi esiste ed esisterà sempre, allora tanto vale chiedere loro di farla bene, almeno questa volta per favore.
Chiedo che si faccia tutto il necessario affinché le prossime elezioni, organizzate per novembre 2011, siano le più democratiche possibile.
Il Congo RD ha bisogno di pace, ha bisogno di democrazia. Solo dopo potremo iniziare a parlare di ricostruzione e di sviluppo.”
John prevede di arrivare a Roma sabato pomeriggio, oggi è partito da Bolsena. Ha appuntamento con gli amici congolesi e romani in Piazza San Pietro. Tra i suoi sogni c’è quello di riuscire a parlare con il presidente Napolitano e comunque consegnare alle autorità nazionali, come ha già fatto in ogni città in cui è stato accolto in questo viaggio, un dossier che comprende: quanto raccolto a Santiago, i 2 rapporti dell’ONU sul genocidio in Congo, una richiesta di aiuto lanciata dalla comunità dei congolesi che vivono in Italia.
La marcia ha il patrocinio di Comune e Provincia di Reggio Emilia.
Un’altra marcia si è svolta, lo scorso 30 giugno, con l’obiettivo della pace, a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu (sempre in Congo). Si celebrava il 51esimo anniversario di indipendenza dal Belgio; lo scorso anno, per i 50 anni, ero là a festeggiare gioiosamente con i congolesi. Quest’anno, gli amici di Bukavu hanno comunicato di non aver fatto festa. “Sud Kivu senza 30 giugno 2011” è stata la parola d’ordine della giornata.
La Società Civile ha radunato, in Piazza dell’Indipendenza, la popolazione, per manifestare, con un sit-in assolutamente non violento e con una marcia silenziosa vestiti a lutto, la richiesta di sicurezza e pace nella regione.
Su alcuni striscioni era scritto “50 anni dopo l’indipendenza, il Kivu non merita l’insicurezza permanente – non abbiamo ragazze vergini da sacrificare ai criminali”
Alla fine della manifestazione il messaggio lanciato è stato chiaro “Costruire un Congo più bello di prima: un dovere da compiere per celebrare il 30 giugno di ciascun anno”
Pertanto, auguri Congo! Che tu possa il prossimo anno celebrare il 30 giugno.
Donata Frigerio