OMONIMIE (1) : Frisullo

Forse perché da anni io e un altro Daniele Barbieri siamo coinvolti in una serie di qui pro quo divertenti, forse perché penso sempre che ci sia qualcosa da imparare sia dal caso che dalla storia, vengo molto colpito dalle omonimie anche parziali. E mi stupisce che in alcuni casi i giornalisti non trovino spazio, voglia e magari coraggio per indagare su somiglianze e differenze che so fra due Cesare Battisti, entrambi accusati in periodi storici diversi (e in differenti Paesi) di terrorismo, oppure fra il Patrick Lumumba ingiustamente accusato in Italia di un delitto recente e l’altro – Patrice – che venne ucciso in Congo su ordine delle multinazionali belghe e statunitensi. Ma ve ne sono molte altre, per esempio una più lieve storia di omonimia coinvolge un giocatore di calcio, Mohamed Sissoko, ora alla Juventus. Proverò ogni tanto – magari con l’aiuto di chi ogni tanto sbircia questo blog – a raccontarne qualcuna.

Parto da Frisullo. In questi ultimi giorni il Frisullo che torreggia (si fa per dire) sui media si chiama Sandro, anzi Alessandro, è del Pd pugliese. Se ho ben inteso, questo Frisullo nega di aver ricevuto soldi da uno dei tanti corruttori bi-partisan però ammette di avere accettato regali e donne: forse è un ragionamento, o un’etica troppo sottile per la mia mente schematica. In ogni modo da quel che capisco il Frisullo (Sandro) è un tipo che non vorrei avere come amico neanche se fosse innocente rispetto alle accuse che gli vengono mosse. E mi spiace che porti lo stesso cognome di una gran persona, della quale purtroppo siamo privati: Dino Frisullo. Ve ne parlo un po’ a partire dalla scheda che trovate sul sito di «Senza confine» e da un breve ricordo personale.

Si chiamava all’anagrafe Damiano Giovanni ma era Dino per gli amici e le amiche. Nato nel 1952 a Foggia. Si trasferisce a Perugia con i genitori. Sempre stato di sinistra, quella che di solito viene definita estrema o radicale (io contesto questa definizione ma semmai dirò un’altra volta il perché). Dal 1987 al 1991 partecipa a un’esperienza di cooperazione con i palestinesi tramite l’associazione Al Ard (La Terra), costruendo il comitato che sviluppa iniziative in tutta Italia: crea e sostiene micro-progetti per cooperative in Palestina, soprattutto femminili, raccogliendo, da solo e senza finanziamenti istituzionali, quasi 80.000 dollari. Dopo una collaborazione con la Casa dei diritti sociali di Roma, nel 1990 Dino Frisullo entra a far parte dell’associazione «Senza confine», diventandone il segretario. Giornalista ma soprattutto instancabile inventore e organizzatore di mobilitazioni e di scioperi della fame, ai quali partecipava in prima persona, per i diritti di immigrate/i e di rifugiate/i. Dopo aver contribuito, nel 1986 alla prima sanatoria, nel ‘90 il suo lavoro politico fu determinante nel sostegno della Legge Martelli. Si impegnò nell’esperienza della Pantanella – ex fabbrica romana dimessa, occupata da immigrati senza casa – con don Luigi Di Liegro della Caritas di Roma; nell’esperienza del «Patto per un Parlamento antirazzista»; e ancora nella lotta per la chiusura dei cosiddetti Centri di permanenza temporanea (in realtà prigioni dove uomini e donne migranti erano detenuti senza alcuna accusa specifica); nella carovana dei diritti dei migranti; per lo sblocco dei permessi di soggiorno (non rilasciati a tre anni dalla sanatoria prevista dalla legge 40 del 1998).

Dino Frisullo è stato fondatore e portavoce sin dalla sua costituzione (‘95) della Rete antirazzista. Fu uno dei promotori di leggi di iniziativa popolare per l’estensione del diritto di voto nelle elezioni amministrative agli extracomunitari; per la civilizzazione delle competenze in materia di soggiorno; per la riforma del regime giuridico della cittadinanza italiana. E’ stato componente della Consulta nazionale «per i problemi degli immigrati e delle loro famiglie», istituita dal Consiglio dei ministri durante il governo D’Alema. Si è occupato sin dall’inizio del tragico naufragio del Natale ’96 (che i media e le autorità avevano oscurato) con un dossier pubblicato sulla rivista «Narcomafie» e con un lavoro di controinchiesta insieme ai familiari delle vittime di quella tragedia che portò all’apertura di un processo contro alcuni dei responsabili.

Fu tra i primi in Italia a impegnarsi nel sostegno della causa kurda, fondando l’associazione Azad, Venne arrestato e picchiato una prima volta in Turchia nel settembre ‘97 durante la manifestazione del «Treno della pace», esperienza di “interposizione dal basso” che vide una delegazione di osservatori internazionali sfidare il governo turco per denunciare le violazioni dei diritti umani e la guerra sporca contro la minoranza kurda. Più eco sulla stampa avrà il suo secondo arresto, avvenuto il 21 marzo 1998 durante le manifestazioni del Newroz, il Capodanno kurdo (è un simbolo di unità nazionale per i kurdi anche per rivendicare i diritti negati, la propria lingua e l’autodeterminazione). Dino venne arrestato mentre cercava di difendere un bambino picchiato selvaggiamente dalla polizia.

Fu promotore di moltissime iniziative e progetti fino ai suoi ultimi giorni (è morto il 5 giugno 2003), anche con articoli sui quotidiani «il manifesto» e «Liberazione». Ha pubblicato anche alcuni libri: «Serhildan! La lunga intifada kurda in Turchia», La città del sole editore; «La pietra del ritorno», Sensibili alle Foglie; «Se questa è Europa. Viaggio nell’inferno carcerario turco», Odradek; «L’utopia incarcerata», L’altritalia. Chi gira sulla rete può facilmente trovare alcuni suoi scritti e poesie fra cui la bellissima «A Muyesser Gunes, ambasciatrice di pace».

Il mio piccolo ricordo personale è legato a quel suo secondo arresto in Turchia. Ne parlammo io e mia moglie con nostro figlio Jan che pur avendo solo 6 anni era già molto curioso (per fortuna è rimasto così), gli dicemmo anche che forse per pagare gli avvocati sarebbe stata necessaria una colletta, insomma una raccolta di soldi. Lui ci pensò un pochino, poi ci diede 10mila lire che aveva avuto in regalo dai nonni. Dopo qualche tempo mi capitò a Bologna di incontrare Dino (che conoscevo solo di vista) e sorridendo gli consegnai quelle 10mila lire, “povere” per pagare un processo ma ricche di cuore soprattutto perché venivano da un bimbo. Fra una sigaretta e l’altra – maledetto vizio – Dino prese carta e penna e scrisse questo appunto per Jan su un foglietto che è ancora appeso nella sua camera. Ed è con le parole di Dino – e in particolare con l’augurio delle ultime righe – che mi piace concludere.

«Caro Jan, grazie per il tuo aiuto. Il mio avvocato non ha voluto molti soldi, quindi le tue 10.000 lire gliele darò lo stesso ma per un altro progetto: aiutare quelli che in Kurdistan sono picchiati dalla polizia e non hanno i soldi per curarsi e per fare denuncia. Qualcuno di loro è anche in Italia e forse un giorno vi incontrerete. Ti auguro di vivere in un mondo senza prigioni. Un bacio, Dino Frisullo».

Redazione
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2 commenti

  • Avevo pensato anch’io alla brutta associazione tra quel Frisullo ed il “nostro” Dino.

    Mi ha commosso leggere queste righe.

    Aggiungo un piccolo ricordo personale.
    Conobbi Dino perchè ai tempi frequentavo spesso Roma perchè avevo una fidanzata (ce l’ho ancora!!!) che viveva là.
    Avevo appena finito di scrivere la tesi di laurea sul diritto all’autodeterminazione del popolo kurdo. L’ho chiamato ed è stato subito disponibile, gentilissimo, e di una mitezza straordinaria. Ci siamo rivisti altre volte. Durante uno di questi incontri, riferendosi a me con una terza persona gli dice “c’è il compagno di Faenza”. Fu la prima volta che venni chiamato compagno, mi emozionò e mi inorgoglì particolarmente che fu Dino a farlo.

  • …non ho pensato nemmeno per un attimo che potesse esserci…parentela. Sarina

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