Per una spesa Plastic Free e…

e per una vita più felice e sostenibile. Occhio al festival «Fa la cosa giusta» (dal 29 aprile)

di Manuela Foschi


I cittadini del mondo essendo anche consumatori hanno un grande potere nelle loro mani: scegliere alcuni prodotti e boicottarne altri. La direttiva Ue Sup (
Single Use Plastic) – in vigore da luglio 2021 e applicata solo ora – stabilisce che alcuni prodotti in plastica sono fuorilegge eppure restano in commercio e ampiamente usati anche per la paura del contagio da Covid-19. In questi due anni si sono perse di vista diverse buone pratiche quindi è necessario ri-sensibilizzare i cittadini per fare pressione sulla grande distribuzione e sostenere la nascita di negozi con prodotti “sballati” cioè alla spina, leggeri e sfusi. Un ritorno alle vecchie ma sostenibili botteghe. Ci sono negozioleggero.it, bottegasfusi.it e tante piccole realtà in molte città, trasferitesi online con la pandemia, che pur facendo fatica a sopravvivere, intendono andare incontro a quei cittadini che ci tengono al futuro del mare, del pianeta e a un cibo plastic free. Non aiuta il fatto che l’Italia è leader nell’industria della plastica in Europa con 162mila occupati nel 2019 (Il Sole 24 ore): 20mila sono in Emilia-Romagna (da Rimini a Piacenza) detta la Packaging Valley.

Ma c’è anche un dato che fa ben sperare: l’Italia è fra le maggiori produttrici di bioplastiche in Europa, come si vede dal rapporto di ASviS, l’Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile.

La mia coscienza sul consumo critico è nata nel 2000 dopo la lettura di un bellissimo libro Invito alla sobrietà felice (Emi) scritto da Gianfranco Bologna, allora segretario generale del WWF, da Francesco Gesualdi fondatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, da Fausto Piazza e Andrea Saroldi promotori di Bilanci di Giustizia.

In sostanza il libro spiegava che se ogni persona vuole continuare a usufruire di certi prodotti dovrebbe scegliere quelli che non inquinano, non sfruttano chi lavora e non si investono nella produzione di armi. A questa lettura è seguita quella di Guida al Consumo Critico e poi di Guida al Vestire critico redatti meticolosamente dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo (e pubblicato sempre da Emi: nel 1999 e 2006). Da quel momento ho boicottato gran parte delle multinazionali che non rispettavano i criteri suddetti. Da allora alcune imprese, condizionate dall’opinione pubblica, si sono orientate – chi più e chi meno – verso una produzione sostenibile. Anche il successo di Banca Etica è il frutto di quel pensiero. Come il festival Fa la cosa Giusta, dal 29 aprile al 1 maggio a Milano Fiera, che sarà un crocevia internazionale di prodotti biologici e di proposte concrete per stili di vita sostenibili.

E visto l’aumento spaventoso delle plastiche nei mari in questo ultimo decennio questa emergenza dovrebbe essere ai primi posti del calendario: di tutti e non solo degli ambientalisti. Prima della pandemia era nata, grazie anche alla direttiva UE per la messa al bando della plastica monouso, una certa sensibilità verso l’argomento. Io vivo in una cittadina sul mare Adriatico e nella scuola elementare di mia figlia nel 2019 il comitato genitori insieme agli insegnanti è stato promotore di un bel progetto per applicare le 4 R (Riduzione, Riutilizzo, Riciclo, Recupero). Abbiamo distribuito borracce in acciaio a tutti i bambini; sono stati fatti laboratori per educare al riciclo; e volantini con i dati sui quintali di oggetti in plastica ritrovati sulle coste e sui comportamenti da adottare per ridurre l’uso della plastica monouso. E’ successo in molte altre scuole e università in tutta Italia. Poi il Covid -19 e la paura del contagio hanno bloccato questo processo virtuoso, come sono state abbandonate tante modalità consapevoli di fare la spesa. E’ il momento di ricominciare perché meno plastica significa meno petrolio e meno inquinamento da CO2.

Grazie anche a «Il Fatto Quotidiano» e alla «Campagna Carrelli di plastica» lanciata assieme a Greenpeace. 

 

Redazione
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