Prosegue la guerra sporca contro Cuba
L’attacco dello scorso 30 aprile contro la facciata della sede della ambasciata della Repubblica di Cuba a Washington – colpita da 32 colpi di fucile d’assalto Ak 47 – è stato del tutto ignorato dai media. Due articoli ne ricostruiscono la vicenda
L’articolo di Rosa Miriam Elizalde (*)
Poche ore prima dell’attacco contro l’Ambasciata cubana a Washington, una donna con un impermeabile rosso, occhiali scuri, mascherina ed un cappuccio fotografava la facciata del palazzo della 16esima strada nel quartiere Adams-Morgan. Le telecamere di sicurezza l’hanno registrata in pieno giorno e, nonostante il travestimento, i funzionari della sede diplomatica l’hanno riconosciuta perfettamente. È la moglie di un militante della “causa” anticastrista, Mario Félix Lleonart Barroso che, curiosamente, risulta essere il comune denominatore di personaggi ed istituzioni relazionati con queste trame.
Lleonart Barroso, pastore battista nato a Cuba e abitante a Washington DC, il quale vanta nelle reti sociali la sua stretta relazione con il Doral Jesus Worship Center -una chiesa che si situa nell’epicentro della controrivoluzione venezuelana e cubana di Miami- e con i suoi amici del Dipartimento di Stato, nella cui pagina Twitter lo pubblicizzano in un’intervista come “perseguitato per la sua fede a Cuba, dove ha subito anni di minacce e arresti” (tweet del 16 gennaio 2020).
Il nome di questo individuo, un “assiduo partecipante agli atti di persecuzione” contro i cubani a Washington, è solo una pista nell’arsenale di prove offerto, questo martedì, dal ministro degli Esteri cubano Bruno Rodríguez Parrilla. Il ministro ha definito “attacco terroristico” la sparatoria contro la sede diplomatica, il 30 aprile, il cui protagonista è un altro pastore nato a Cuba, legato anch’egli alla chiesa di Doral e ad individui molto attivi in quella congregazione che, non molto cristianamente, hanno richiesto uccidere, con i droni, Raúl Castro ed il presidente Miguel Díaz-Canel.
Alexander Alazo Baró, l’autore della sparatoria, è stato presentato come un malato psichiatrico assediato da fantasie persecutorie, mentre il regime di Trump ha insabiato il suo dossier nel mezzo di un oscuramento informativo. La cosa straordinaria è che, salvo le immagini riprese dall’Ambasciata che sono state divulgate martedì, le scandalose prove erano di dominio pubblico. Si possono estrarre, facilmente, dalle reti sociali e trovare i legami tra questi signori e i terroristi della vecchia scuola delle bombe sotto le macchine, come Ramón Saúl Sánchez. Ma allo stesso tempo anche, con le voci più violente dell’apparato politico anticubano e anti-venezuelano di Miami, fino ad arrivare alla Casa Bianca. Con tutti contemporaneamente.
Il vicepresidente Mike Pence è stato il principale oratore di una “celebrazione religiosa” presso il Doral Jesus Worship Center, che ha contato con la presenza del governatore della Florida Ron DeSantis, i senatori Marco Rubio e Rick Scott ed il deputato Mario Diaz-Balart. L’incontro del 1 febbraio 2019 è stato particolarmente commentato, perché Pence ha promesso, dal pulpito, la testa di Nicolás Maduro in “questione di giorni o settimane” e Díaz-Balart, esaltato, ha affermato che Cuba e Venezuela soffrivano “lo stesso cancro”. Inoltre lo fu perché è stato considerato come uno dei primi atti elettorali a favore della rielezione di Donald Trump. L’agenzia AP, quel giorno, si è fatta eco delle dichiarazioni della rappresentante democratica Debbie Wasserman Schultz, puro buon senso: “La politica estera è politica interna nel sud della Florida”.
Sebbene il segretario di Stato Mike Pompeo e alcuni dei suoi subordinati -compresi quelli dell’OSA- parlino un giorno sì e l’altro pure di Cuba per silurare la collaborazione medica cubana, le autorità degli USA hanno evitato di pronunciarsi sulle questioni cruciali di questo caso che oggi, giovedì, ha un’udienza preliminare presso il tribunale del distretto di Columbia.
Bruno Rodríguez, ad esempio, ha posto domande di logica elementare: quale responsabilità ha il Doral Jesus Worship Center? Come può una persona con disturbi mentali essere autorizzata ad avere una licenza per portare armi e viaggiare per migliaia di miglia con un fucile d’assalto senza essere rilevato? Quali sono i legami del sicario con la apparato anticubano della Florida? Che peso ha il discorso d’odio nella trama? Cosa faceva la moglie di Lleonart, un pastore che ostenta i suoi incontri con Trump e Pompeo, aggirandosi camuffata presso l’Ambasciata cubana poche ore prima dell’attentato?
Il ministro degli Esteri cubano ha ingiunto la Casa Bianca ed il Dipartimento di Stato a spiegare ciò che sanno sui legami tra l’attaccante dell’Ambasciata e coloro che promuovono la violenza contro l’isola. Ha preteso una risposta su ciò che li spinge a non denunciare il fatto, sebbene abbia avanzato un’ipotesi: “Un governo che difende come legittimo punire l’intera popolazione di un paese, come fa il governo degli Stati Uniti con il blocco economico, è in pratica un incitatore all’odio contro Cuba”.
In questo attacco, l’unico cubano che ha ricevuto un proiettile è stato José Martí, la statua di metallo che domina il piccolo giardino dell’Ambasciata. Ma, la notte del 30 aprile, si sarebbe potuto verificare un massacro nel palazzo della 16esima strada di Adams-Morgan. Dieci funzionari erano all’interno dell’edificio quando i proiettili hanno perforato la porta d’ingresso. Se qualcuno fosse morto, forse saremmo allo stesso punto: Washington reagisce all’aggressione nel suo stesso cortile includendo Cuba nella “lista dei paesi che non collaborano alla lotta contro il terrorismo” (sic), come accaduto ieri. Nel frattempo, l’Isola continua ad esigere dalla Casa Bianca maggiore coerenza e meno cinismo, perché l’impunità ed il crimine vanno insieme, si generano, si coltivano e si incoraggiano, si dissimulano, si riproducono, si imitano, si applaudono.
Nell’analizzare la serie di dipinti di Goya intitolata “I disastri della guerra”, l’ispanista francese Paul Lefort ha osservato che “ogni volta che c’è un salto qualitativo nell’uso della violenza, c’è qualcuno disposto a superarlo”. Se Trump e Pompeo continuano sulla stessa via, cosa succederà dopo l’assalto all’Ambasciata?
(*) Originariamente pubblicato su La Jornada.
Fonte: Cuba Debate; traduzione a cura di Cuba Informazione
Ataque a la embajada cubana en Washington: Odio, armas y una política incubadora del terror (+ Fotos y Video). La ricostruzione di Cuba Debate