E-R e Lombardia: la salute è roba da ricchi
Un articolo di Vito Totire e un comunicato di Medicina Democratica.
Occhio non vede e Ausl che duole: l’Emilia-Romagna non garantisce visite
di Vito Totire (*)
L’SSN-Ausl non esiste più!
Michele De Pascale dichiari la verità: fallimento del Servizio Sanitario Nazionale
Il Prefetto di Bologna precetti i medici
Liste delle visite chirurgiche prima e poi oculistiche bloccate a Bologna: le istituizioni si atteggiano a “non vedenti”?
Esigiamo uguale speranza di salute e di vita per tutti! Una rivendicazione ancora attuale nonostante la rivoluzione francese del 1789.
Usando un detto popolare diciamo che Giulio Maccacaro si rivolta nella tomba; senza dimenticare, visto che siamo a Bologna, che
si rivolta anche uno degli altri ideatori del SSN, il “nostro” Mario Cennamo (autore dell’indimenticabile libro «Compagno medico»), partigiano e medico-legale, baluardo della tutela della salute dei lavoratori e di memorabili contenziosi con l’Inail.
A Bologna prima si è diffusa la notizia della “chiusura” delle liste per gli interventi chirurgici all’ospedale Rizzoli; poi il fatto meno clamoroso anche se denunciato pure da lettere a un giornale locale: il “blocco” delle visite oculistiche (**). Beninteso: a pagamento si fanno subito; per il canale pubblico ormai la risposta non è: venga nel 2026 o nel 2027 ma il brutale rifiuto della presa in carico.
A pagamento la visita oculistica si fa subito per 60 o 90 euro o anche di più ma spesso non vicino alla propria residenza e magari con la prospettiva di dover partire dall’Appennino, attraversare l’area metropolitana, passare per la tangenziale ed arrivare che so a Calderara o Molinella…
Dunque una persona, eventualmente anziana, con problemi di salute visiva dovrebbe partire da casa, fare molte decine di kilometri per una visita in regime di libera professione; siamo a un passo dal pellegrinaggio…
Se il nostro ipotetico amico “diversamente giovane” si avventura in questo pellegrinaggio sia pure “solo” interprovinciale e il suo esame prevede la dilatazione della pupilla dopo aver raggiunto che so San Giovanni in Persiceto da Monghidoro (due Comuni a caso ma possibili estremi del pellegrinaggio nostrano) se si è avventurato in auto dovrà fermarsi per strada più volte soprattutto se ha il sole negli occhi; oppure prendere due autobus e così per una visita oculistica impegna tutta la giornata… Tanto – pensano i responsabili della sanità pubblica – è pensionato e lo aiutiamo ad impegnare il suo tempo libero.
Tutto questo fa parte dei disagi quotidiani e il recente blocco delle visite oculistiche non è paragonabile ad altri disastri bellici e non bellici in corso nel pianeta.
Tuttavia il quadro è aggravato da un irritante ricordo:
LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA IN PIENA ONDATA DI COVID HA RIEMPITO I COMUNI DEL TERRITORIO REGIONALE CON ROBOANTI PROMESSE VEICOLATE NIENTEMENO ANCHE DA MANIFESTI MURARI : «LA MEDICINA DI PROSSIMITA’».
Qui non siamo alla prossimità ma, come già detto, al pellegrinaggio sanitario a pagamento.
Il ceto politico sostanzialmente tace, e parla solo in occasione di eventi superficiali e occasionali di prestazioni che tamponano qualche falla ma si rivelano subito solo pannicelli caldi.
Due questioni dunque:
• Il presidente della Regione ammetta la bancarotta della sanità pubblica, chieda ai suoi collaboratori e agli epidemiologi una stima della domanda di assistenza medica per la salute visiva ed adegui gli organici del personale sanitario alla domanda in modo da non procrastinare l’attuale situazione che drammaticamente nega il diritto alla salute per i poveri in un contesto nazionale in cui la rinuncia alle cure è stato nettamente evidenziato da epidemiologi, sociologi ed economisti ( i “ricchi” se la cavano sempre meglio magari borbottando)
• Il Prefetto di Bologna, sentito il governo regionale e nazionale nonché i direttori generali, adotti un provvedimento di precettazione dei medici oculisti ai quali è difficile chiedere oggi – sarebbe bello – che diventino fedeli dei santi Cosma e Damiano noti medici anargiri (***) di molto antecedenti al sistema SSN-USL introdotto dalla legge di riforma sanitaria 833/1978 e che potrebbero essere retribuiti eventualmente comprando qualche carro armato in meno.
Infine, visto che parliamo di sanità pubblica cerchiamo di toglierci qualche sassolino dalla scarpa:
• Qui non si tratta di fare una battaglia contro la libera professione, piuttosto, dati i tempi e i rapporti di forza, per il suo contenimento: nel senso che dovrebbe essere consentita solo quando rappresenta davvero una libera scelta della persona (del paziente) e non essere consentita per risolvere il blocco delle code pubbliche
• Lo Stato quando vuole definisce le incompatibilità: è vietato (divieto giusto!) fare libera professione ai medici che hanno compiti di vigilanza; la gestione di questo divieto è stato “allargato” al divieto della attività a sostegno non di imprese (ancora accettabile) ma anche a sostegno di singoli lavoratori in tutto il territorio nazionale …potremo approfondire
• Il primo certificato Inail di malattia professionale per decenni non è stato retribuito, poi miseramente retribuito e ancora dopo tornato al regime della non retribuzione…perché questo “rigore” ? Ininfluente per noi “anargiri” ma, in generale, non rischia di rendere più difficile la redazione del certificato ?
PREVENIRE E’ MEGLIO CHE CURARE
NON POSSIAMO ACCETTARE CHE NEGATA LA PREVENZIONE ADESSO SI NEGHI ANCHE LA CURA !
PER I POVERI RIMANE SOLO PREGARE SANTA LUCIA ? Senza ironia e senza offesa, anche il cardinale Zuppi lo considererebbe insufficiente.
(*) Vito Totire è portavoce del Centro studi Francesco Lorusso di Bologna.
(*) Sul quotidiano “Il resto del Carlino” la denuncia di un lettore sulle liste per prenotare visite oculistiche chiuse. Illegittimo a norma di legge. E nonostante le promesse della Regione Emilia-Romagna, la situazione non si sblocca.
(***) “Anargiri” significa senza denaro in greco antico ed è un termine usato per descrivere i medici che praticavano la loro professione gratuitamente, come i santi Cosma e Damiano.
DALLA MUTUA LA SALUTE NON AVRAI ANCHE SE LA MUTUA PAGHERAI
ripreso da www.medicinademocratica (*)
Abbiamo scoperchiato l’ennesima porcata della Giunta Fontana-Bertolaso relativa all’entrata forzata nel servizio sanitario pubblico della sanità integrativa veicolata da mutue, assicurazioni e “welfare aziendale” segnalando l’approvazione (non sbandierata come al solito dall’assessore) della DGR 4986 del 15.09.2025 (click il link qui di seguito)
Non abbiamo finora registrato reazioni significative dalle realtà sociali principali e dai partiti di opposizione salvo qualche eccezione per lo più individuale. Consideriamo estremamente pericoloso non considerare seriamente la questione perchè si sta rivelando come una apertura di una voragine che limiterà fortemente se non distruggerà il servizio sanitario nazionale a partire dalla universalità e parità di accesso (già compromesso dallo stato pietoso in cui è stata ridotta la sanità pubblica).
E’ opportuno sottolineare alcuni passaggi per meglio rendersi conto del rischio ulteriore che corriamo tutti/e se non facciamo sentire forte la nostra opposizione a questo andazzo.
La delibera è sicuramente parte di un modello lombardo, dal “quasi mercato” al “quasi tutto mercato” della sanità che la giunta non solo vuole rafforzare ma proporlo alle altre regioni e quindi a livello nazionale: non va dimenticato che Fontana – allo stato indisturbato – si è proposto alla Conferenza Stato Regioni come il portatore di una proposta di “riforma” del servizio sanitario nazionale. E’ essere facili profeti prevedendo che i contenuti saranno all’insegna dell’affossamento di quelli della legge di istituzione del servizio sanitario del 1978 che aveva chiuso proprio con l’allora imperante sistema mutualistico (che lasciava fuori da ogni tutela circa 6 milioni di persone, grossomodo quelle che oggi rinunciano alle cure).
Nei confronti delle realtà che non vedono negativamente il ruolo della sanità integrativa, l’hanno introdotta nei contratti nazionali (incluso quello della sanità pubblica) o la comprendono tra gli strumenti della propria attività di realtà no profit va ricordato che la delibera esplicita un “diritto” di saltare la fila per chi ha un reddito o una condizione lavorativa tale da consentirgli di accedere a queste forme di (pseudo)tutela…. e gli altri ? Si arrangino.
Chi non ha reddito sufficiente, chi è pensionato e non può accedere a welfare aziendali, chi ha bisogno di cure continue per cronicità e/o fragilità rimarrà in fondo alla fila finendo per incrementare chi esce dalla fila perchè non ce la fa più e non si cura. E’ un modello basato su sempre più evidenti disuguaglianze che queste realtà intendono, per convinzione o per inerzia, sostenere?
Oppure dobbiamo riunire le forze per affermare il diritto di tutti/e per evitare – almeno – che la sanità integrativa prenda il sopravvento nelle possibilità concrete di cura e che chi “possiede” questi strumenti finisca, come ha segnalato Vittorio Agnoletto, per condizionare le scelte della sanità pubblica (altro che sanità partecipata !).
In questa offensiva liberista chi ci va di mezzo, oltre al portafoglio delle persone ?
Sicuramente gli operatori sanitari, anche quelli “contenti” di poter integrare il proprio inadeguato salario con prestazione aggiuntive ulteriori (la “super intramoenia”), anzichè unirsi (anche con gli utenti) per ottenere condizioni di lavoro migliori a partire dalla soddisfazione di poter dare servizi migliori alle persone (tra cui ci sono anche gli operatori stessi) garantendo percorsi di cura idonei e continuativi e non spezzettati, dilazionati con ripetizioni di prestazioni spesso del tutto inutili. La medicina è fatta dal rapporto tra operatori e persone e non può essere delegata alle macchine (nemmeno alla intelligenza artificiale).
Certo, la struttura “aziendale” delle ASL (in Lombardia ATS e ASST) non favorisce il confronto e l’iniziativa degli operatori ma nessuno – nei servizi come in fabbrica – ha mai ottenuto qualcosa senza scontrarsi con chi nega o comprime diritti e non garantisce condizioni di lavoro (a partire da quelli organizzativi) decenti perchè non gli interessa “produrre salute” ma gli obiettivi del bilancio aziendale (e intascare i “premi di produzione” per direttori e direzioni …).
Soprattutto ci va di mezzo la salute della collettività come quella individuale, la sanità integrativa non è strutturata per garantire il benessere delle persone (che significa, oltre all’accesso alle cure, condizioni ambientali salubri, abitazioni idonee, accesso ad una alimentazione sana, sicurezza e igiene sul lavoro ecc ecc – tutti obiettivi della riforma sanitaria del 1978) ma esclusivamente per fornire prestazioni sanitarie : un modello di “salute” quale sommatoria di prestazioni definite dentro un elenco sottoscritto con il contratto con l’erogatore e/o nei contratti nazionali che li contengono.
Si cura “meglio” (di più) chi potrà pagare ma dentro un sistema alla rovescia rispetto agli obiettivi di salute, ciò non garantirà neppure di “star meglio” rispetto a chi non può pagare (ovvero paga “solo” con le proprie tasse) : dalla mutua la salute non avrai anche se la mutua pagherai…..
Le sirene del liberismo – con le relative imprese, fondi ecc portatori di giganteschi interessi economici concreti fondati sul bisogno di salute che abbiamo tutti – ci vogliono convincere che pagando avremo un servizio migliore e una salute migliore. Noi siamo convinti del contrario, che una salute migliore si ha quando il servizio sanitario è organizzato per garantire le funzioni e gli obiettivi per cui è nato grazie alle lotte sociali dal dopoguerra al 1978 : prevenzione (primaria) cura e riabilitazione come diritti di tutti/e senza distinzioni di alcun genere.
Medicina Democratica intende contrastare questa deriva che costituisce una ferita mortale del servizio sanitario anche informando e svelando le conseguenze di questa decisione (e di quelle a corollario), alzando il volume della protesta cercando di estenderla e a tutti/e coloro, individui e realtà associative nazionali e locali, condividono l’urgenza di reagire con la partecipazione e l’opposizione prima che sia troppo tardi e non si possa che piangere sulle occasioni perdute.
(*) La nota che leggete è stata redatta da Marco Caldiroli sulla base della discussione interna della realtà lombarda di Medicina Democratica.
LA VIGNETTA di VAURO è stata scelta dalla redazione. Le altre immagini sono riprese dal sito di Medicina Democratica.





