Rigaglie: presenze e assenze
di Andrea Appetito
Quanto pesa il vuoto? Quanto è presente l’assenza? Quest’estate torrida e ventosa è preludio a un futuro di fuochi ed è già colma di cenere. Sul dorso degli oggetti familiari, tra le pieghe azzurre del mattino si aggirano gli echi degli alberi e le complicità evaporate. Un giovane corvo scruta il vallone ai piedi dell’abbazia poi lo sguardo corre dalla merlatura della fortezza fino al mare e si dilegua nell’acqua del mattino. I Monti Tiburtini sono un olimpo di luce e Roma è un miraggio metallico percorso da avvisaglie di nuovi roghi. Il fuoco ha riarso la steppa, scrive Po Chü-i, ma non l’ha estirpata. Dovremmo fidarci di più delle radici sotterranee, ma capisco il timore diffuso. Anche io ho paura del buio e delle larve. Il canto mattutino dei monaci riuniti nel coro dell’abbazia ripete solennemente Kyrie eleison, mentre le assenze costeggiano il presente e tendono le palme bianche delle mani al volo degli uccelli. Anche noi siamo assenti per loro, ci lega un amore asintotico al quale è giusto non essere fedeli almeno fino alle stelle della sera.
La foto è di Henri Cartier-Bresson
(*) Dal 9 gennaio ogni domenica in “bottega” trovate «Rigaglie» ovvero recensioni molto velate e riflessioni. Qui le ultime quattro: Rigaglie: alla pelle, Rigaglie: cadono pinne, nascono dita, Rigaglie: pioggia benedetta e Rigaglie: gustare le sere.