Scor-data: 12 settembre 2003

Johnny se ne va

di Ignazio Sanna (*)   

John R. Cash nacque a Kingsland, in Arkansas, il 26 febbraio del 1932 e morì a Nashville, in Tennesse, la capitale mondiale della musica country, il 12 settembre del 2003, in seguito a complicanze legate al diabete.

È lungo il cammino percorso da Johnny Cash a partire da «Hey Porter» (http://www.youtube.com/watch?v=bksZ4Qu18kc), il primo brano registrato nel 1955 per la famosa Sun Records di Sam Phillips – quella per cui incideva anche Elvis Presley – fino al postumo «American VI: Ain’t No Grave» (2010).

Una delle sue canzoni più note è «Folsom Prison Blues» (http://www.youtube.com/watch?v=rX009sWzRQg), compresa nel primo album «Johnny Cash with His Hot and Blue Guitar» (1957), che contiene anche un altro hit, «I Walk the Line» (http://www.youtube.com/watch?v=EQWYc3_vE0I). Come si vede in questo filmato girato a San Quentin non disdegnava affatto di esibirsi nelle prigioni.

Cash è uno dei musicisti che più incarnano l’essenza dell’America yankee e redneck, nel senso migliore possibile dei termini. È una persona autentica che suona una musica autentica. Almeno nei suoi anni migliori, niente a che vedere con le stucchevoli produzioni del country mainstream nashvilleano degli anni Settanta. Non a caso è amato e rispettato ancora oggi da tanti importanti colleghi. Fra questi il Reverendo Horton Heat, uno dei pochi a poter essere indicato come suo potenziale erede, qui alle prese con una versione live a Denver, in Colorado, di «Folsom Prison Blues»: http://www.youtube.com/watch?v=kLtDY1VSq40. Canzone questa che è stata ripresa, fra gli altri, anche da Bob Dylan (http://www.youtube.com/watch?v=vWvz7UzyAl8) e da Jerry Lee Lewis, «The Killer», uno dei padri nobili (si fa per dire) del rock’n’roll degli anni Cinquanta, anche se … solo nel 1980 (http://www.youtube.com/watch?v=J31yagkWhvI).

Cash si presentava spesso vestito di nero, per cui veniva chiamato anche «The Man in Black». Nell’omonima canzone (http://www.youtube.com/watch?v=yqSILNgH5iA) (1971) spiega il perché: «I wear the black for the poor and the beaten down, / Livin’ in the hopeless, hungry side of town, / I wear it for the prisoner who has long paid for his crime, / But still is there because he’s a victim of the times»(Vesto di nero per i poveri e per coloro che hanno il morale sotto i tacchi, / che vivono nella zona più affamata e senza speranza della città. / Vesto di nero per chi in prigione ha lungamente pagato per i suoi crimini / ma è ancora dentro perché vittima dei tempi).

Ecco la versione dei Bouncing Souls contenuta nell’album di tributo a Johnny Cash «All Aboard» (2008): http://www.youtube.com/watch?v=jTeIHThlz7k.

Uno dei suoi brani migliori, per me il migliore in assoluto, è «Ring of Fire» (1963), che pure non è stato composto da lui, ma dalla moglie June Carter assieme a Merle Kilgore: http://www.youtube.com/watch?v=gRlj5vjp3Ko. Questa è la versione di June: http://www.youtube.com/watch?v=nyNf6sw8xaE. Straordinaria la cover version che ne fecero i Wall of Voodoo di Stan Ridgeway, un altro dei suoi possibili eredi, nel 1980: http://www.youtube.com/watch?v=QEak9MG0Gns. Non furono i soli: ne esistono versioni per tutti i gusti, di personaggi diversissimi fra loro come il solito Dylan (https://www.youtube.com/watch?v=vhzlkDpL5Qs) nel 1996 e i Blondie (https://www.youtube.com/watch?v=ZVGAgoATVA4) nel 1980, Bruce Springsteen (https://www.youtube.com/watch?v=pNpt6kK1Mr4) nel 2009 e i Coldplay (https://www.youtube.com/watch?v=Hjy3bN7HytA) nel 2005, i Social Distortion (https://www.youtube.com/watch?v=IjQkgZmBjzE) nel 1990 e Grace Jones (https://www.youtube.com/watch?v=FUmAO2iNe2E) nel ’98, Frank Zappa (https://www.youtube.com/watch?v=WGLhbvAo9-M) nel 1988 e gli Animals (https://www.youtube.com/watch?v=HsGZIiA4Zxo) nel 1968, qui in una versione del 1974 della Eric Burdon Band.

Infine arrivarono gli anni Ottanta e la collaborazione con Willie Nelson, Waylon Jennings e Kris Kristofferson, ovvero alcune delle star più in vista del panorama country mainstream. A me sembra il punto più basso della sua carriera, ma può darsi che sia solo questione di gusti. Come invece mi sembra uno straordinario atto di coraggio, per un uomo della sua età e un artista del suo calibro, la collaborazione a partire dal decennio successivo con la American Recordings, l’etichetta discografica fondata da Rick Rubin, già produttore di Beastie Boys, LL Cool J e Run DMC, ma soprattutto Slayer e Danzig. Collaborazione che comincia con «American Recordings» (1994), titolo omonimo dell’etichetta. È l’ottantunesimo (!) album in studio di Johnny Cash, contenente in gran parte covers, quali «Bird on a Wire» (1969) di Leonard Cohen (https://www.youtube.com/watch?v=5XFk0mlqmYg) e due canzoni scritte appositamente per lui da Tom Waits, «Down There by the Train» (https://www.youtube.com/watch?v=DTT8O_LslzQ) e da Glenn Danzig (già voce della band horror punk per eccellenza, The Misfits), «Thirteen», (https://www.youtube.com/watch?v=33Kv5D2zwyc). Interessante confrontare quest’ultima con la versione dell’autore, contenuta in «6:66 Satan’s Child» (1999). (https://www.youtube.com/watch?v=coTL7PZ8JiQ). Il disco successivo è «Unchained» (1996), dove troviamo «Rusty Cage» (https://www.youtube.com/watch?v=EtbuUlSGXzc) dei Soundgarden (1991) (https://www.youtube.com/watch?v=pBZs_Py-1_0) e «Rowboat» (https://www.youtube.com/watch?v=yY6pMTPkUL8) di Beck (https://www.youtube.com/watch?v=ODrA5Lu2kfQ) ma anche «Memories are Made of This» (https://www.youtube.com/watch?v=RfBp_dumnH4) portata al successo nel 1956 da Dean Martin (https://www.youtube.com/watch?v=NS2k43NJycE), indimenticata spalla degli anni d’oro di Jerry Lewis. Altre cover su «American III: Solitary Man» (2000): «One» (https://www.youtube.com/watch?v=AjJU8gon02k) degli U2; «The Mercy Seat» (https://www.youtube.com/watch?v=24TcOAjhonU), firmata Nick Cave & Mick Harvey; una desolata «I See a Darkness» (https://www.youtube.com/watch?v=q9sxiprC150), di Will Oldham. L’ultimo disco uscito prima della sua morte è stato «American IV: The Man Comes Around» (2002), dove possiamo trovare le cover di «Hurt» (https://www.youtube.com/watch?v=3aF9AJm0RFc) dei Nine Inch Nails; di «Personal Jesus» (https://www.youtube.com/watch?v=TTg7NcucINc) dei Depeche Mode (di certo non la loro canzone migliore); di un classico come «I’m So Lonesome I Could Cry» (1949) di Hank Williams, cantato assieme a Nick Cave (https://www.youtube.com/watch?v=ChSC79J1pCo); e perfino di «In My Life» (https://www.youtube.com/watch?v=HlhcyWLORes), firmata da Lennon e McCartney.

Johnny Cash, uno dei più grandi musicisti statunitensi di tutti i tempi, capace di lasciare il segno per tutto il suo mezzo secolo di attività, non è più tra noi. Ma la sua musica sì.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 12 settembre fra l’altro avevo ipotizzato: 1895: nasce Argo Secondari; 1921; nasce Amilcar Cabral; 1943: una storia nel lager di Anghiari (ritrovata da Capogreco); 1944: nasce Leonard Peltier; 1974: golpe in Etiopia; 1978: il ricatto di Mino Pecorelli; 1980: stato d’assedio in Turchia; 1990: la strana vicenda di Davide Cervia; 1998: arrestati “Los Cinqos”; 2006: Ratisbona, discorso di Ratzinger; 2009: manifestazione-chiave del Tea Party. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – o anche solo di dare suggerimenti mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

Redazione
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