Scor-data: 25 marzo 1977

Argentina: il giornalista Rodolfo Walsh ucciso dai militari del regime in un’imboscata

di David Lifodi (*)

La sera del 24 marzo 1977 Rodolfo Walsh stava finendo di scrivere la sua Carta abierta a la dictadura militar con la sua macchina da scrivere Olympia: mancavano solo gli ultimi dettagli e l’intenzione del giornalista era quella di diffonderla il giorno successivo. Il 25 marzo, intercettato dagli sgherri di stanza all’Esma, uno dei peggiori centri di detenzione di tutta l’Argentina, viene sequestrato: Walsh estrae una pistola e spara, ma resta ferito gravemente. Quando arriva all’Esma, è già morto.

La sua lettera chiedeva conto direttamente al regime militare dei quindicimila desaparecidos (era trascorso un anno esatto dal colpo di stato del 24 marzo 1976, l’orrore sarebbe stato destinato a durare ancora per molto tempo), degli oltre diecimila prigionieri politici detenuti in veri e propri campi di concentramento, ma accusava la dittatura anche per la sua politica economica, responsabile di aver condannato “alla miseria pianificata milioni di esseri umani”. Il giornalista comprese presto che la giunta militare aveva imposto al paese una forma estrema di neoliberismo selvaggio e feroce, che poi l’intero continente, anche al termine delle dittature sanguinarie del Cono Sur, sperimenterà almeno fino agli inizi del nuovo millennio, esclusi i paesi che poi aderiranno all’alternativa bolivariana chavista. Nella sua Carta abierta stava scritto: “In questo primo anno di governo il consumo alimentare è diminuito del 40%, quello di vestiario del 50%, quello di medicine è praticamente scomparso dagli strati popolari”. E ancora: “In un anno avete ridotto il salario reale dei lavoratori al 40%, diminuito al 30% la loro partecipazione al reddito nazionale, elevato da 6 a 18 ore la giornata lavorativa di cui un operaio ha bisogno per la spesa della sua famiglia, resuscitando così forme di lavoro forzato che non rimangono nemmeno negli ultimi insediamenti coloniali”. Rodolfo Wash era nato nel 1927 in Patagonia e, folgorato dalla rivoluzione cubana, si era trasferito a L’Avana su invito di un altro giornalista argentino, Jorge Masetti. Proprio a Cuba, in qualità di giornalista investigativo di razza, Walsh scoprì che gli esiliati cubani stavano preparando l’operazione Baia dei Porci: se l’invasione fu sventata è stato anche merito suo. Nel 1973 entra a far parte dell’organizzazione guerrigliera dei Montoneros, ma non abbandona il suo lavoro, quello del giornalismo militante a carattere investigativo. Noticias, il giornale vicino alla guerriglia, sotto la sua direzione riuscirà a diffondere oltre centomila copie. Pochi mesi dopo il golpe che consacra il generale Videla, Agosti e l’ammiraglio Massera alla guida del paese, Walsh perde la figlia Vicki, anch’essa militante montonera, sorpresa dai militari in una casa di Buenos Aires insieme a quattro suoi compagni. Per non essere torturata, Vicki ingaggia una battaglia con l’esercito insieme agli altri guerriglieri: non vuol cadere viva nelle mani dei militari, ma viene uccisa. Suo padre Rodolfo prenderà esempio da lei quando, il 25 marzo 1977, viene sorpreso in un’imboscata del Grupo de Tareas 3.3, composto da decine di agenti armati in assetto di guerra. Il giornalista, da alcuni anni in clandestinità, era uscito di casa con la moglie Lilia Ferreyra per diffondere le cinque copie della sua lettera aperta alla giunta militare: Walsh estrae la sua pistola PPK calibro 22 e muore combattendo. Per l’assassinio di Rodolfo Walsh sono stati incarcerati, a ventinove anni di distanza dai fatti, diciotto esponenti del Grupo de Tareas 3.3. Punto di riferimento per la controinformazione sotto la dittatura, Walsh aveva fondato anche l’Agenzia di Notizie Clandestine (Ancla), dedita a denunciare i crimini commessi dai militari. Del resto, in qualità di giornalista investigativo, aveva già firmato inchieste di alto livello, tra le quali Quién mató Rosendo? (1969), dedicata alla morte dell’attivista sindacale Rosendo García e dei suoi compagni, in cui smascherava la deriva violenta interna al sindacato, e Operación Masacre (1957), in cui raccontava la strage di civili ordinata dal presidente, il generale Aramburu, per silenziare una rivolta di stampo peronista. I dodici condannati  a morte di Operación Masacre, il libro di recente ristampato in Italia dalla casa editrice La Nuova Frontiera, purtroppo non era niente rispetto a quanto sarebbe accaduto con l’avvento al potere dei militari. Non a caso, la lettera aperta di Walsh al regime si apriva così: “La censura della stampa, la persecuzione degli intellettuali, la demolizione della mia casa, l’omicidio di amici cari e la perdita di una figlia morta mentre vi combatteva sono alcuni dei fatti che mi costringono a questa forma di espressione clandestina dopo che, per quasi trent’anni, mi sono pronunciato liberamente come scrittore e giornalista”. Quando la Carta abierta fu resa nota, nessuna ebbe il coraggio di pubblicarla. Eppure Rodolfo Walsh ha lasciato un’impronta indelebile nel giornalismo militante argentino. L’Agencia de Comunicación Rodolfo Walsh, che si autodefinisce un puesto de lucha en la comunicación, sottolinea che il gruppo di lavoro non è formato esclusivamente da giornalisti impegnati a svolgere la loro professione, ma da militanti popolari in grado di fornire il loro apporto nella lotta liberatrice del popoli di fronte al sistema di comunicazione attuale, monopolizzato dai grandi oligopoli mediatici.

Rodolfo Walsh, come tanti giornalisti latinoamericani uccisi per la “colpa” di voler difendere la libertà di espressione, aveva la “schiena dritta”, come si usa dire. Si deve anche a lui il fiorire, in tutto il continente, di mezzi di comunicazione alternativi e solidali.

 

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

 

 

 

 

 

 

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • In Argentina la storia di Rodolfo Walsh è conosciuta. Il testo merita alcune precisazioni,i tra le quali:
    1. Rodolfo Walsh non si lasciò sequestrare, non fu sequestrato,ma morì nel tentativo dei militari di sequestrarlo.
    2. Prima di morire riuscì a diffondere per posta alcune copie della lettera ai militari.

  • Segnalo che su “il manifesto” di oggi c’è una pagina di Francesca Lazzarato su Walsh. Fra l’altro si parla di FOTOGRAFIE, un libro (riunisce in un solo volume le antologie “I riti terreni” e “Un chilo d’oro”) che sarà pubblicato a giorni da La Nuova Frontiera e che verrà presentato a PERUGIA (dal 4 al 6 aprile) alla prima edizione di ENCUENTRO (“festa della letteratura in lingua spagnola”) con molte/i ospiti interessanti…

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