Scor-data: 27 gennaio 1955

Quando il Parlamento (di centrodestra) fece processare il partigiano Francesco Moranino

di Francesco Cecchini (*)  

FrancescoMoranino.jpeg-001

«Attendevo la Rivoluzione come si attende una persona che deve arrivare da un giorno all’altro»: la frase di Pietro Secchia è ripresa da Mirian Mafai nel suo libro «L’uomo che sognava la lotta armata». Sicuramente una cosa simile deve averla pensata anche Francesco Moranino, il comandante partigiano Gemisto. Sia Secchia che Moranino non solo sognarono la lotta armata, ma la fecero, come moltissimi italiani, contro il fascismo: sconfiggendolo.

Per aver fatto la Resistenza, Francesco Moranino fu processato, condannato e poi graziato. Una grazia che rifiutò perché non accettò mai che atti di guerra partigiana fossero criminalizzati.

Il 27 gennaio 1955 la Camera dei deputati, a maggioranza di centrodestra, votò le autorizzazioni a procedere e all’arresto nei confronti di Francesco Moranino: fu accusato della morte dei 5 membri della “Missione Strasserra” ritenuti spie, il 26 novembre 1944 (in località Portula) e di quella, il 9 gennaio 1945, di due donne, spose delle spie. Fu la prima autorizzazione a procedere e all’arresto, concessa dal Parlamento italiano.

Durante la Resistenza fu determinante individuare le spie fasciste. La sopravvivenza dei componenti delle brigate partigiane e la difesa della popolazione civile erano obiettivi primari nella lotta di liberazione; pertanto per evitare rappresaglie i delatori, dopo interrogatorio, furono in alcuni casi giustiziati.

«Nei riguardi degli informatori nemici e dei traditori, la guerriglia non può fare a meno di procedere con estremo rigore. Gli informatori e i traditori sono quasi sempre giustiziati, le loro proprietà distrutte, anche quando i sospetti sia pure fondati, non sono confermati da prove materiali decisive». Così si legge in un documento diffuso dal Cvl (Corpo volontari della libertà) e dal Comando generale delle Brigate d’assalto Garibaldi ai comandi delle unità periferiche nel marzo 1944.

Francesco Moranino, comandante nel caso di cui si parla, si in comportò in armonia con queste indicazioni e con senso di responsabilità nei confronti della Resistenza.

Un bel libro di Massimo Recchioni – «Francesco Moranino, il comandante Gemisto. un processo alla Resistenza», di recente edito da DeriveApprodi – racconta con ricchezza di dettagli questa vicenda e tutta la vita di Moranino.

La storia del processo a «Gemisto», primo parlamentare della Repubblica a subire autorizzazione a procedere e all’arresto, è esemplare. Come in molti altri casi, Moranino fu indagato – per fatti accaduti durante la guerra di Liberazione – solo dopo le elezioni dell’aprile 1948, che segnarono la sconfitta del Fronte Popolare delle sinistre. Alla fine del processo (istruito e dibattuto da pubblici ministeri e giudici che avevano operato durante il regime fascista) venne condannato all’ergastolo per omicidio plurimo. Per evitare di scontare la condanna dovette espatriare in Cecoslovacchia da dove prese il via la sua straordinaria esperienza di militante comunista internazionalista fra Praga, Berlino Est, Budapest, Cuba, Bucarest. Il libro contestualizza storicamente gli eventi che furono alla base della condanna di Moranino, inserendoli nel complesso contesto politico della Guerra fredda, spiegando come quella vicenda processuale fosse in realtà la metafora di un processo giudiziario molto più generale che mirava alla criminalizzazione della componente maggioritaria comunista della Resistenza, oltre che a minare la forza organizzativa e la grande autorevolezza di cui il Pci godeva presso ampi strati popolari. Il lavoro di Recchioni poggia su una ricchissima documentazione testimoniale recente e inedita di ex partigiani, sugli archivi dei familiari di Moranino, oltre che su verbali delle sedute parlamentari, materiali processuali e iconografici ed è dunque un importante contributo alla ricostruzione storica del secondo dopoguerra.

Il libro si avvale anche della preziosa prefazione della storica Alessandra Kersevan che racconta un caso simile, il processo di Porzus, il più grande processo contro la lotta partigiana, con una cinquantina imputati e quarantadue condannati. Kersevan analizza sinteticamente, ma efficacemente le somiglianze fra i due processi.

Il lavoro di Recchioni comunque tralascia una valutazione politica fondamentale: la Resistenza è stata processata ma è anche stata tradita. Questo è un tema che però si potrà affrontare in un’altra occasione.

Vale ricordare che la data del 27 gennaio (giorno della memoria) è vicina a quella del «giorno del ricordo»,il 10 febbraio. Un oltraggio alla Resistenza che attraverso la memoria “condivisa” vorrebbe cancellare ogni distinzione storica e politica fra fascismo e antifascismo. La storia non si può eliminare, né riscrivere strumentalmente a colpi di leggi; si può anche rinnegare, non cambiare. La memoria è fondamentale per combattere i processi di revisionismo storico che falsificano la realtà dei fatti.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano in blog. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili ma sinora sempre evitati) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia o triplica, pochi minuti dopo – postata di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”. Talvolta il tema è più leggero che ogni tanto sorridere non fa male, anzi.

Molti i temi possibili. A esempio, nel mio babelico archivio, sul 27 gennaio fra l’altro avevo ipotizzato: 1922: muore Giovanni Verga; 1940: muore Isaak Babel; 1973: Parigi, accordi su Vietnam; 1976: ad Alcamo Marina uccisi due carabinieri e va in galera (per 22 anni) un innocente; 1977: Paolo VI ribadisce: donne-prete mai; 1980: la morte del banchiere Nugan scoperchia un verminaio; 1987: «nessun colpevole per Piazza Fontana»; 2009: muore Updike; 2011: in Spagna petizione per riaprire le indagini sui bambini rubati da Franco;2011: è ufficiale: l’Italia è uno dei Paesi europei con «deficienze sistematiche» in legislazione e prassi di polizia. E chissà a ben cercare quante altre «scordate» salterebbero fuori.

Molte le firme (non abbastanza forse per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi: magari solo una citazione, una foto o un disegno. Se l’idea vi piace fate circolare le «
scordate» o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”.

Ogni sabato (o quasi) c’è un riassunto di «scor-date» su Radiazione (ascoltabile anche in streaming) ovvero, per chi non sta a Padova, su www.radiazione.info.

Stiamo lavorando al primo libro (e-book e cartaceo) di «scor-date»… vi aggiorneremo. (db)

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *