Setti vennirizuppiddi: donne di fuori, fate e streghe…

… nei testi del cantautore catanese Cesare Basile

di Maria Teresa Messidoro (*)

Mi piace alternare il mondo latinoamericano a quello delle donne in movimento, è stimolante ed avvincente. Quando mi sono imbattuta nella canzone Setti vennirizuppiddi di Cesare Basile, non ho resistito, ho dovuto cercare cosa si nascondeva in questo testo.

Cesare Basile è un cantautore catanese che da quasi vent’anni cerca una propria strada musicale, passando da un rock introverso ad un folk esotico e militante, rigorosamente in dialetto siciliano. Il suo ultimo album, appena uscito, “Cummedda” (cometa) contiene diverse canzoni che affrontano il mondo migrante, il concetto di guerra, la persecuzione nei confronti degli omosessuali, la storia di soprusi in Sicilia perpetrati dal padrone di turno e così via.

In Setti vennirizuppiddi l’ambiente è misterioso, arcaico:

Io lo ricordo come ora

quando mi hanno cambiato il nome

era di notte e bambino

mi sono ritrovato in cortile

 

Una mi intreccia i capelli

e le altre sei fanno festino

me li rintreccia con i raggi delle stelle

sono sette veneri zoppe

 

Poi mi hanno portato in fondo al mare

e dal mare alla cometa

a lungo altro e trovatura

alla disgrazia e alla fortuna ….

 

In questa canzone Cesare Basile ci fa conoscere quelle che la tradizione siciliana chiama Donni di Fuora, le Donne di Fuori; sono anche chiamate Donni di Locu, o Donni di Notti a Caltanissetta, o ancora Patruni di casa nella contea di Modica; sono dappertutto considerate esseri soprannaturali, un po’ streghe e un po’ fate, senza poter sapere esattamente in che veramente differiscono dalle une e dalle altre. Nella canzone cambiano il nome ad un bambino, stravolgendone l’esistenza, perché ben sappiamo che il nome ha un significato potente per una persona. Nella tradizione siciliana amano la pulizia, nelle case dove vanno vogliono tutto in ordine, ben rifatto il letto, bianche ed odorose le lenzuola, perfettamente linde le stanze; escono soltanto di notte e solo con lo spirito, spesso per incontrare altri spiriti, o le anime vaganti, o semplicemente per avere consigli o fare domande sul futuro. Secondo un’antica credenza costituiscono una società di trentatrè creature, tutte dipendenti da una Fata Maggiore, anche chiamata Mamma Maggiore, Signora Greca o Savia Sibilla, che si trova a Messina. La gerarchia è ferrea, la Fata Maggiore, che le dirige e le comanda, è la più bella ma anche la più potente di tutte, i suoi doni sono i più strabilianti. Tre volte alla settimana, le notti di martedì, giovedì e sabato escono, ovviamente senza il corpo, per riunirsi in concilio a Ventotene, dove deliberano sulle fatture da rompere, le legature da sciogliere, i castighi o i premi da proporre per chi ha meritato il loro odio o il loro amore. Chi vuole in casa la presenza di una di queste belle signore, non deve che far ardere un poco di incenso, con foglie di alloro e rosmarino, dopo essersi accertato che la casa sia perfettamente pulita ed ordinata. E così le belle signore possono entrare, passando per il buco della serratura o attraverso le fessure, d’altra parte sono solo spiriti: ma il loro passaggio è segnato da rumori impercettibili o da leggeri soffi di vento o da strani scricchiolii, altrimenti inspiegabili. Se il nuovo giorno li sorprende, ecco che vengono trasformate in rospo, e così restano per tutto il giorno e la notte successiva, fino a quando possono ridiventare donne: un rospo perciò non può mai essere ammazzato, perché potrebbe essere una donna di fuori, e chi osa ammazzarlo muore dopo ventiquattro ore, o nel migliore dei casi, diventa rattrappito o storpio.

Le donne di fuori hanno come doti la bellezza, il senso della giustizia, la virtù del silenzio e dell’ubbidienza totale alle decisioni prese collettivamente con le proprie compagne. Sempre nella contea di Modica, per ingraziarsele, con una formula invocatoria le si invitano intorno al neonato per festeggiarne la nascita e per chiedere a loro di prenderlo sotto la propria protezione. Nulla a che vedere dunque con le Animulari, le streghe propriamente dette, quelle donne che hanno consegnato la propria vita al diavolo, di notte escono dal buco della chiave e si radunano per progettare come fare del male alle persone. La loro principale caratteristica è che girano nell’oscurità con un arcolaio, “anìmulu” in siciliano, e per questo sono dette anche le donne del vento. E poi ci sarebbe anche la Ddragunara, la tromba d’aria, che a Caltanissetta è in realtà una donna dai capelli sciolti, nuda, che allo scoppiare dell’uragano si solleva dalla terra con la testa chinata sul petto e ad una certa altezza gira per aria prendendo forma di denso e scuro vapore o di fumo nero. Per rompere i suoi incantesimi, a volte veramente strabilianti, occorre tagliarla a pezzetti con una falce e, se si riesce, cadranno dal cielo calze di seta, scarpe vecchie, arcolai ed altri arnesi di stregoneria.

Altro che le nostre streghette sulla scopa, o le nostre fate turchine,…

Peccato che quest’anno il sei gennaio sia di lunedì, altrimenti, sarei andata a cercare le donne di fuori, ascoltando sconosciuti rumori o brezze di vento . Ma non mi arrendo, sono cocciuta e mi piace continuare a sognare, magari ascoltando le canzoni di Cesare Basile.

Nota 1. Il disco di Cesare Basile, Cummedda, può essere richiesto a

https://www.urtovox.com/mailorder.html

paolo@urtovox.com

Nota 2 sulle Donni di fuori

https://tradizioneitaliana.wordpress.com/2013/07/22/le-donne-di-fuora-e-le-animulari/

https://lapassaporta.it/2018/11/06/donne-di-fora-sicilia/

Nota 3.  L’ispirazione è nata dalla recensione sul disco di Cesare Basile apparsa sul numero 438 della rivista A, www.arivista.org

 

(*) vicepresidente associazione Lisangà culture in movimento

Teresa Messidoro

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