Sinistra 2022

di Franco Astengo

L’ampia disamina dello stato delle cose in atto contenuta sulle colonne del quotidiano “il manifesto” del 31 dicembre in un editoriale firmato da Norma Rangeri comprende (per l’ennesima volta, in uno sforzo davvero importante che il quotidiano comunista sta compiendo sotto questo profilo) un richiamo al “piccolo mondo antico della sinistra (che) non dà segnali di riflessione autocritica”.

Provo allora ad affrontare ancora una volta l’argomento (spinoso) del “c’è vita a sinistra?” allo scopo di fissare alcuni possibili punti fermi in previsione del nuovo anno.

Nell’occasione mi limito a frequentare i “rami bassi” dell’agire politico : non senza – in precedenza a qualsivoglia altra argomentazione –  segnalare con forza l’entità del ricatto cui sono sottoposte le istituzioni della Repubblica in occasione della prossima elezione presidenziale. In nome di una “autorità esterna” l’ex-presidente della BCE sta mettendo in mora l’intero sistema politico chiedendo, in pratica, l’unanimità per sancire la fine definitiva del sistema parlamentare definito dalla Costituzione del ‘48 (una situazione che si verifica, è bene ricordarlo, in tempi di drammatiche emergenze sociali prima ancora che sanitarie).

Questo giudizio, che ho cercato di formulare nel modo più sintetico e preciso, rende superfluo l’interrogarsi su di un punto nodale: nell’immediato la collocazione della sinistra rispetto al “perimetro Draghi”, non può essere che di opposizione qualunque sia l’esito dell’elezione del Presidente della Repubblica.

La priorità che deve assolutamente assumersi la sinistra è quella dell’individuazione del terreno costituzionale come necessario riferimento centrale.

Vanno analizzati a fondo due punti:

1) Quello delle scelte possibili sul terreno della politica internazionale: ruolo dell’Europa/neo atlantismo/ripresa di logiche di schieramento in blocchi;

2) La promozione di un’idea di struttura politica non movimentista ma saldamente ancorata alla tradizione e alla storia della sinistra legata al movimento operaio.

Occorre, inoltre, comprendere che un quadro strategico di ripresa delle istanze di uguaglianza, libertà, solidarietà sociale passano, per quel che riguarda il “caso italiano”, attraverso questa stretta cruna dell’ago del recupero della presenza istituzionale.

A sinistra abbiamo vissuto un passato di divisioni dovute anche ad una volontà di mantenimento di pregiudiziali ideologiche ormai ampiamente superate dalla storia.

Non siamo in grado di pronosticare se il 2022 sarà o meno un anno elettorale.

In ogni caso va proposto un programma molto semplice:

E’ necessario lavorare per costruire la possibilità di una adeguata presenza in Parlamento per un soggetto che tenga fede all’ideale e alla pratica della Costituzione repubblicana.

Un soggetto fondato sulla centralità del Parlamento e sull’antifascismo corrispondente a quanto socialmente si sta muovendo nel Paese e in Europa (come ha dimostrato lo sciopero del 16 dicembre) per contrastare l’aggressività neo liberista che si affianca ormai a tensioni di destra cui sarebbe imperdonabile rispondere con una sostanziale acquiescenza alla torsione autoritaria che si sta cercando di imporre al Parlamento e al Paese.

LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Altan. E se pensate che sia troppo “sconsolata” provate a pensare che invece questa qui sotto (di Mauro Biani) potrebbe essere tragicamente più realista.

Redazione
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6 commenti

  • Gian Marco Martignoni

    Le proposizioni di Franco Astengo rappresentano il minimo sindacale e sono più che condivisibili. Sennonchè nel 2015 Il manifesto lanciò un dibattito estivo titolato ” C’è vita a sinistra ? “, che purtroppo non ha prodotto quel che in molti ci saremmo aspettati. Anzi la frammentazione identitaria, più che ideologica,si è intensificata, anche se nell’ultima tornata delle amministrative una nuova generazione in alcune città è scesa positivamente in campo.Credo che solo partendo da un cambio generazionale – penso al Cile con Boric e alla comunista Valleio – si possa determinare un cambio di passo nella direzione indicata da Astengo, che ringrazio per l’indubitabile capacità di sintesi.

  • Ammiro anche io “l’indubitabile capacità di sintesi” di Franco Astengo. Non per altro. Per la chiarezza adoperata nella sintesi. Il che manifesta la presenza di un pensiero che non dissimula, non si nasconde, non dice per far credere si sia detto qualcosa di favorevole al lettore, mentre lo si pugnala alle spalle.
    Sono in pochi a scrivere in questo modo e quei pochi sono di grande conforto.
    Tuttavia, Franco Astengo mi perdonerà, se non me i miei 79 anni, se dichiaro lo stesso di non aver capito. Probabilmente avendo bisogno di una completezza ch’era difficile conciliare con la stringatezza; rischiando in questo modo di non essere preso in considerazione. Purtroppo i tempi corti televisivi, sono diventati la gabbia mentale che imprigiona persino la nostra possibilità di essere informati.
    Cosa non ho capito? Quali sarebbero i compiti di una formazione di sinistra politica che, miracolosamente, riuscisse a superare i molteplici ostacoli posti sul cammino e arrivare a insediarsi in parlamento; in quale modo una rappresentanza anche numerosa di cento, duecento parlamentari (rappresentanza chimerica) potrebbe incidere sulle decisioni della restanta maggioranza, soggetta al comando capitalista e irriducibilmente ostile alle masse popolari; in quale modo all’interno di queste rappresentanze potrebbero essere superate le divisioni tutt’ora esistenti nella sinistra, divisioni tali che arriverrebbero a creare un contenzioso interno tale da superare, in clamore almeno, quello con l’avversario di classe; quali le priorità e a chi spetterebbe la direzione politica; come neutralizzare l’opera demoralizzatrice e disgragatrice di squallidissimi personaggi tipo Vendola, vere e proprie quinte colonne, la cui enorme influenza negativa pur goduta (e sui motivi che l’hanno determinata non si è fatta sufficiente chiarezza) ha contribuito enormemente all’esclusione dalla presenza parlamentare ecc.
    Naturalmente non sono in grado io di rispondere a tali domande, non te le porrei altrimenti. Ma neppure nego l’esigenza, sentitissima, ultrasentita, di avere qualcuno in parlamento che gliele canti per bene a questi mazzieri ideologici che fanno continuo appello alla moderazione, ma perseguono misure estreme di assoggettamento delle masse popolari.
    Lo stesso non mi tiro indietro. Il problema è stato posto, in qualche modo bisogna iniziare a sciogliere i nodi che hanno spinto Astengo nella direzione meritoria (lo dichiaro senza riserve di alcun tipo) che spinge noi a nostra volta.
    Per questo pongo un esempio di una formazione lontanissima da noi, almeno da me, quella dei 5stelle, la cui storia sembra star per precipitare nell’insignificanza politica. Ho chiaro, da questo punto di vista, il caos delle posizioni politiche che hanno per anni alimentato la rendita politica dei 5stelle. Ma c’è di peggio. Ho chiaro che i 5 stelle hanno programmaticamente lavorato, nonostante l’espressione di una volontà di democrazia diretta, lontani e in autonomia dell’opinione delle masse. CHE MAI HANNO MOBILITATO A SOSTEGNO DELLE LORO INIZIATIVE. Anzi, hanno più volte dichiarato che se i movimenti spontanei di opposizione all’esistente non si sono sviluppati è stato per merito della loro presenza. Dunque la loro presenza era funzionale al blocco dell’iniziativa delle masse. A meno che non intendenssero per democrazia diretta la rappresentanza totale e induscussa delle decisioni dei vertici. Che al contrario avrebbe dovuto produrre una opera continua di qualificazione e superamento del primitivismo di quei movimenti. E invece abbiamo assistito nella pratica all’usurpazione della loro forza per provvedimenti i cui benefici erano, e sono, quelli che i dirigenti del movimento, non le masse, consideravano tali. Alla faccia della democrazia diretta!
    Questa involuzione è anche (e soprattutto) frutto diretto della loro mancanza di un legame organico con le masse; ed effetto strettissimo della loro totale assenza dai posti di lavoro, in quanto militanti organizzatori della coscienza politica dei lavoratori.
    Non credo che una formazione autenticamente di sinistra e qualificata politicamente (non specifico: se rivoluzionaria, marxista o semplicemente socialista, sarà la storia concreta a stabilirne la natura; e a stabilire le possibilità di successo) avrebbe destino migliore in assenza di questo rapporto con i lavoratori. Che è l’unico che possa dare forza ed effettività al voto parlamentare; l’unico che possa difendere i singoli militanti e singoli rappresentanti dalle pressioni enormi – politiche, ideologiche, economiche – ai quali sono inevitabilmente soggetti; CHE È CONDIZIONE INDEROGABILE AFFINCHÈ UN GRUPPO DI INTELLETTUALI, LAVORATORI E BENE INTENZIONATI, possa superare tutti gli ostacoli e arrivare in parlamento avendo la chiarezza necessaria sul da farsi e coraggio di affrontare il linciaggio inevitabile a cui li sottoporranno i moderati supersfruttatori che in parlamento hanno messo radici e non intendono allontanarsene.
    La soluzione è quella dell’umiltà e della consepevolezza dei problemi e dei limti caratteristici della fase, che non potremo superare senza avviare quel rapporto con le masse (rapporto organico, non di mera opinione; il rapporto di opinione serve, ma dopo se insieme è stabilito quello organico) che solo la presenza sul posto di lavoro, nei quartieri e nella cultura permetterà prenda corpo. Lavoro che formerà i militanti, li rafforzerò, selezionerà gli esitanti e i soggetti deboli politicamente, che permetterà di individuare le quinte colonne, inzierà a selezionare gli elementi dirigenti.
    È lì, sul posto di lavoro che potranno essere trovati gli obiettivi credibili e gli uomini che li possono partare avanti. È lì, e solo lì, che potrà essere avviata la rigenerazione della sinistra. La sua politica. Che potranno nascere le sue organizzazioni. Che l’azione della sinistra diventerà non solo efficace, ma anche imbattibile. Uomi, obiettivi, oganizzazioni, seguito di massa, opinione pubblica tutto nasce da lì. Come da lì, all’opposto, nasce la forza dei padroni; i quali, per merito della inflessibile lotta di classe che conducono contro di noi, noi disarmati prima dal PCI declinante degli anni ’70, poi dalla scialdemocrazia che ne ha preso il posto nei decenni successivi, e ora dalla formazione politica “di sinistra” attuale che cerca di coprire il poroprio livore anrtioperaio, il liberismo d’accatto, con posizioni avanzate (e opportuniste) sui diritti civili.
    Bene, mi fermo qui. Credo di aver detto pure troppo.
    Grazie della pazienza.

  • Sono in buona parte d’accordo. Ma attenzione, avere un lavoro, anche maledetto, è una discriminante sociale importante. Bisogna connettere chi il lavoro ce l’ha con chi non ce l’ha e non spera di averlo e coloro che in nero lavorano a ore molto precariamente e vivono nei rioni degradati, privi di ogni voce e di minima visibilità mediatica o “usati” a indice di interventi di tipo caritativo … i bonus …
    Bisogna essere presenti là dove si manifestano i disagi: sanitari, abitativi, assistenziali (asili, scuole, mense infantili), mancanze o incurie sui servizi pubblici, presenza di organizzazioni malavitose … I bisogni disattesi sono terreno fertile per loro.
    Ma occorre fare i conti con la “vecchia” sinistra (quella non innamorata del liberismo e neo liberismo) rimasta incastrata nel problema irrisolto di come schierarsi nel mondo, ma anche con la questione delle libertà democratiche, ammortate dai vari “stalinismi” o dai capitalismi rossi. Perché su questo tema fortemente intriso di incomprimibile ideologia (quella indefettibile necessità umana) ha ottimo gioco nella lotta di classe l’ampio schieramento politico che sostiene i poteri attuali.

  • Gian Marco Martignoni

    Mi trovo molto d’accordo con le considerazioni sviluppate da Miglieruolo, soprattutto sul piano metodologico su come una sinistra di classe deve obbligatoriamente recuperare un forte insediamento sociale. Nel 2015 Il manifesto avviò un interessante dibattito estivo titolato ” C’è vita a sinistra ? “, che purtroppo non ha avuto alcun effetto pratico, poichè si è acuita la frammentazione identitaria di gruppo, più che ideologica. L’unica notizia positiva è emersa dalla recente tornata amministrativa, ove in alcune città significative si è verificata l’affermazione di liste composte da una nuova generazione di compagni e compagne. Spero che questa nuova generazione sappia innescare un processo costituente, prendendo ad esempio quanto è avvenuto in Cile con Boric e la comunista Valleio.In quanto ai 5Stelle fin dall’inizio avevo segnalato la natura equivoca e neo-qualunquista di questa formazione, figlia del grave processo di de-sindacalizzazione e di de-politicizzazione di massa che ha investito dagli anni ’90 il nostro paese. Fortunatamente si stanno sciogliendo come neve al sole, e giustamente Norma Rangeri sostiene ” che continuano ad essere nessuno e centomila “, trattandosi di un caso antropologico fondato sull’individualizzazione totale e nichilista della dimensione politica. Invece, N.Vendola è stato per un breve periodo la prosecuzione della fallimentare politica movimentista e al contempo governativa di Fausto Bertinotti e dei suoi seguaci di Rifondazione Comunista ,per cui con il suo ritiro evitiamo altri danni permanenti .Infine, Bianca solleva un problema enorme. Se sono ben 9 milioni le persone che sopravvivono senza un lavoro fisso e a tempo indeterminato a tempo pieno, è chiaro che le proposte da mettere in campo – penso alla riduzione di orario e alla redistribuzione del lavoro – sono tutt’altro che semplici da mettere in pratica.

  • Mariano Rampini

    Mi permetto di aggiungermi ai commenti che precedono il mio. Come ho avuto modo di ricordare vengo da un’esperienza politica soprattutto studentesca ma che ha permeato il mio modo di considerare le cose e la vita nel difficile tentativo di districarmi in un mondo del lavoro (privato, ovviamente) dove ho vissuto gran parte del tempo sotto la minaccia del “se c’è vento i primi a volare sono gli stracci”. Già. Perché per molti di noi la realtà è stata sempre quella di essere considerati “stracci” senza avere mai la possibilità di trovare un sostegno, un appoggio. Quando nelle non poche volte mi sono trovato ad avere a che fare con il sindacato (ho passato in totale quasi due anni nel corso della mia carriera lavorativa in situazioni di emergenza con casse integrazioni et similia), la sua posizione è sempre stata quella del “salviamo il salvabile”. E se non ci stai, sulla scialuppa di salvataggio non ci sali. Sto parlando – lo ripeto – di una mia personalissima esperienza che però ha coinvolto con me anche molti altri colleghi e compagni di lavoro. Perdere la fiducia sarebbe stato esiziale e ho evitato di farlo, accodandomi alla fila dei profughi…vabbè, è un’immagine un po’ troppo forte. Ma rispecchia quello che ho visto e vissuto. Perché nel nostro Paese c’è un’economia piccola (a volte assai piccola) che sfugge a ogni tipo di intervento e nella quale avviene di tutto e di più. Senza alcuna possibilità di fare ciò che l’amico Miglieruolo (carissimo fin da quando lessi le sue prime cose un bel po’ di anni fa…non volermene per l’accenno al tempo che fu) sollecita. Quanti ragazzi più giovani, magari provenienti da realtà marginali come quelle delle periferie ho visto accettare senza nessuna criticità gli atteggiamenti padronali di persone che – erroneamente – sentivo dichiararsi “di sinistra”. Anzi spesso ho ascoltato dalle loro labbra una condanna del ’68 come di un movimento che avrebbe avuto l’unico merito di aver aperto la strada al terrorismo. Senza alcuna coscienza della storia perché a loro la storia non offriva alcuna speranza. E allora come realizzare le bellissime proposte di Mauro? Come dar vita alla rete proposta dall’amica Mannu o, ancora, quale dignità potrà mai avere una massa popolare dispersa e sperduta, attraversata da venti di ribellione (o rivolta se preferite) soffiati da una destra che manipola e sconvolge il pensiero (l’idea che Mussolini abbia anche fatto qualcosa di buono…)? Ma vado oltre: chi potrebbe assumersi questo compito titanico? I partiti di governo (Pd, M5S), le sparute minoranze della “antica” sinistra (peraltro le uniche da cui ho ancora sentito parlare di rivoluzione, cioè di un movimento di massa che segue un’idea)? Mentre lo spettro di Berlusconi si aggira per i corridoi del Quirinale (e questo fa davvero paura) chi sarà a esorcizzarlo, a respingerlo? Io vivo in una piccola realtà territoriale dove, in qualche modo, pare di osservare un microcosmo nel quale è rappresentata la realtà del Paese. Il mio Comune (ammetto la complicità del Covid) per quasi oltre due anni non ha fornito acqua potabile ai suoi 600 abitanti. I problemi economici di una realtà così piccola sono evidenti e ho tentato, da solo, di trovare un punto di riferimento al quale rivolgermi per almeno ipotizzare una forma di intervento. Ebbene: nulla! Ho provato con le Agenzie di Stato: nessuno sapeva cosa fosse necessario fare. E mi è stato detto anche in malo modo. Ho provato con i consumatori: se mi fossi iscritto (a pagamento, circa 100 euro) allora, forse sarebbero intervenuti. L’unica risposta che ho ottenuto che avrebbe potuto sbloccare qualcosa è stata quella di rivolgermi alla Prefettura. Questo in una realtà dove ci sono fin troppe vicinanze tra parentele e “centri di potere” (si fa per dire). Alla fine l’acqua potabile è tornata ma il problema, a quanto ne so, è stato risolto con il solito “pannicello caldo”. L’Italia ha molte emergenze simili a quella dell’acqua potabile di Longone Sabino. Servirebbe un piano gigantesco di opere pubbliche per sistemare una rete idrica che in molte Regioni è del tutto deficitaria. Ma servirebbe anche un ritorno alla sanità universalistica per sanare le mille ferite inferte da quella regionale. Così come servirebbe attenzione alle mille realtà del mondo del lavoro dove esistono migliaia di situazioni al limite della legalità e dove i controlli (con le relative sanzioni) sono pressoché inesistenti (o meglio: spesso si cede al ricatto di imprenditori che, dinanzi alla sanzione, minacciano chiusure o fallimenti)… Chi ha la possibilità e soprattutto la forza di assumersi questi e altri carichi? Non considerate nichiliste le mie considerazioni, vi prego. So che molti di voi, amici della Bottega si pongono gli stessi interrogativi. Che attendono urgentemente una risposta o quantomeno un’indicazione. Non tanto per noi. Ma per restituire qualche rosa a chi adesso mangia solo pane…

  • C’è molto disordine sotto il cielo, perciò la situazione è eccellente. Prego di osservare che, pur nelle enormi differenze che non nascondo, è inizaito a configurarsi (qui, in questo piccolo ambito) un sia pur embrionale programma operaio. Nel quale ognuno ha messo del suo. L’intervento sul territorio e sugli emarginati (che assumono sempre più una figura importante nello schieramento di classe, tutto da costruire). Il tema dell’isolamento dei militanti e il problema dele grandi battaglie (esempio l’acqua) sulle quali mobilitare masse direttamente connesse con il ciclo produttivo. La presenza di forze embrionali che, nonostante ogni dificoltà, si misurano comunque con (contro) la politica borghese ecc.
    Ripeto: c’è molto disordine sotto il cielo, perciò la situaziopne è ecellente.
    Sta a noi sfruttarla.

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