Terrore bianco

di Bifo – Franco Berardi (*)

Rastrellamenti, deportazione, internamento in lager, genocidio. Terrore bianco, terrore anti-bianco, inizio della guerra terminale

Un video artificialmente intelligente per spettatori naturalmente idioti

Obama è seduto insieme a Trump sulle poltrone della sala ovale. A un tratto compaiono agenti dell’FBI (uno dei quali è nero), mettono le mani addosso a Obama, lo ammanettano con le mani dietro la schiena, lo costringono a inginocchiarsi davanti al bianco (biondo) sorridente Trump, poi lo portano via. Nelle ultime scene vediamo il negro dietro le sbarre.

Giustizia è fatta.

Mi ha colpito il fatto che questo video abbia suscitato pochissima eco nella stampa internazionale (anzitutto nord-americana, per quanto ne so).

A mio parere si tratta di un documento su quel che sta accadendo nel pianeta terra: una guerra sociale, politica, culturale e militare che la razza bianca ha scatenato contro i negri.

Scusate se uso due espressioni detestabili: razza bianca è un significante privo di referente oggettivo. Non c’è nessuna razza, meno che mai bianca. Ma c’è, potentissima, una mitologia identitaria di superiorità che ha reso possibili cinque secoli di aggressione, di sottomissione, e genocidio sistematico. Questo predominio è stato possibile grazie a un uso dei saperi tecnici finalizzato al dominio, cioè grazie a una finalizzazione strumentale della potenza conoscitiva, e in tal modo ha distrutto le condizioni di sopravvivenza di gran parte della popolazione umana, e l’ambiente fisico.

La seconda espressione detestabile è quella che uso per definire Obama. Negro. Nigger. Questa parola è stata cancellata dal lessico dopo gli anni ’60, quando i neri americani hanno affermato con orgoglio che Black is Beautiful e da quando i razzisti hanno deciso in tutto il mondo di sostituire la parola con cui pensano i loro schiavi con una parola sanitarizzata per motivi ipocriti, diplomatici: black. I razzisti italiani hanno imparato a togliere la “g” dalla parola negro. Ma questo non li esime dall’uccidere i negri che vengono su una barca. Non li esime dallo sfruttare dieci ore sotto il sole estivo i negri che sopravvivono alla traversata.

Quel ripugnante video-documento, generato dalla tecnologia che sta rapidissimamente sostituendo l’intelligenza umana (la quale sta scomparendo, devastata da demenza aggressiva), è stato rilanciato dal bianco-biondo nel suo ripugnante medium denominato (come no?) Verità.

E’ la verità, in effetti, quella che possiamo leggere in quel video.

La verità di una guerra razziale e di un’ondata globale di terrore bianco.

Il volto del terrore bianco è ben visibile oggi nelle città nord-americane dove il presidente più razzista di tutti i tempi ha comandato una campagna di arresti, internamento e deportazione di proporzioni immense.

La deportazione non è una novità. Il negro Obama ha deportato la metà dei migranti che sta deportando il suo successore biondo.

Ma quel che è nuovo è la modalità apertamente terroristica con qui Trump conduce la sua campagna. Un corteo di automobili nere appare in un quartiere abitato da ispanici, o in una fattoria dove migranti per lo più ispanici stanno lavorando nei campi. Dalle auto escono energumeni incappucciati e armati, afferrano uno due, dieci lavoratori a caso, li scaraventano dentro l’abitacolo delle auto, e li portano via. Dopo questo sequestro illegale i malcapitati (tremila al giorno, perché in un anno si intende raggiungere il numero di un milione) vengono internati in campi di concentramento (lager è la traduzione che meglio esprime il sentimento bianco). Intorno a quei luoghi di detenzione sta fiorendo un nuovo turismo: orrendi grassoni bianchi con morosa si fanno fotografare davanti al lager denominato Alligator Alcatraz, per riferirsi ai rettili che allignano tutt’intorno al campo per dissuadere i detenuti dal tentare un’impossibile fuga.

(*) ripreso da «Il disertore» dove potete continuare a leggere iil ragionamento di Bifo.

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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