Migranti fra razzismi e guerre: non è un film

UN DOSSIER: “Nuova radiografia dell’Italia che odia on line”; un appello del Gruppo Immigrazione e Salute Toscana; canzone e video di Fiorella Mannoia; una storia ridisegnata da Chief Joseph . Per decidere da che parte si sta.

tratto da Redazione Vox

Esce la nuova versione della mappa che misura l’odio online, voluta da Vox – Osservatorio italiano sui diritti. I tweet intolleranti nel terzo anno della rilevazione modificano la tendenza registrata nei due anni precedenti: diminuisce l’intolleranza contro le persone omosessuali ed esplodono xenofobia, islamofobia e antisemitismo, mentre alto continua a rimanere l’odio contro le donne.

 

 

Esce la terza edizione della Mappa dell’Intolleranza, il progetto ideato da Vox – Osservatorio Italiano sui diritti, in collaborazione con l’università Statale di Milano, l’università di Bari, La Sapienza di Roma e il dipartimento di sociologia dell’università Cattolica di Milano. Al suo terzo anno di rilevazione, la mappatura consente l’estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili e mira a identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa – secondo 6 gruppi: donne, omosessuali, immigrati, diversamente abili, ebrei e musulmani – cercando di rilevare il sentimento che anima le communities online, ritenute significative per la garanzia di anonimato che spesso offrono (e quindi per la maggiore “libertà di espressione”) e per l’interattività che garantiscono.

Strumento essenziale per la mappatura del cosiddetto hate speech, la Mappa dell’Intolleranza si è rivelata anche un utilissimo vettore per individuare e combattere i fenomeni di cyberbullismo, perché dimostra ancora una volta come i social media diventino un veicolo privilegiato di incitamento all’intolleranza e all’odio verso gruppi minoritari, data la correlazione sempre più significativa tra il ricorso a un certo tipo di linguaggio e la presenza di episodi di violenza.

Nell’anno 3 della rilevazione, che ha esaminato il periodo tra maggio e novembre 2017 e marzo-maggio 2018, risultano evidenti alcune importanti variazioni rispetto agli anni passati. Una su tutte. Sommando i cluster che si riferiscono a xenofobia, islamofobia e antisemitismo, predittivi quindi di atteggiamenti di forte intolleranza contro migranti e persone considerate “aliene”, la percentuale dei tweet dell’odio si attesta al 32,45% del totale nel 2017 e sale al 36,93% nel 2018: un balzo di 4 punti in pochi mesi!

“Più di 1 italiano su 3 twitta il suo odio contro migranti, ebrei e musulmani”, spiega Silvia Brena, giornalista e co-fondatrice di Vox. “Ancora una volta, dunque, la Mappa fotografa una realtà che è già purtroppo sotto agli occhi di tutti: oggi l’odio si concentra contro le persone considerate diverse, per appartenenza a culture differenti dalla nostra. I dati che abbiamo raccolto su antisemitismo e islamofobia confermano in questo senso una tendenza in atto, verso la “globalizzazione” della rabbia e dell’odio. Ma dalla rilevazione emerge un altro aspetto importantissimo. I tweet intolleranti diminuiscono, dove è più alta la concentrazione di migranti, dimostrando quindi una correlazione inversa tra presenza sul territorio e insorgere di fenomeni di odio: come a dire, conoscersi promuove l’integrazione”.

“L’analisi dei dati raccolti per la terza edizione della Mappa conferma purtroppo la presenza di significative sacche di intolleranza in diverse aree del Paese”, conferma Giovanni Semeraro, professore associato all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro (dipartimento di informatica). “Le mappe prodotte dal nostro software di analisi semantica dei contenuti mostrano un significativo incremento di tweet con orientamento ostile verso migranti ed islamici, a conferma di come i temi che dominano il dibattito politico trovino riscontro nelle opinioni e nelle ‘tracce digitali’ che la popolazione dissemina nella rete”.

Dai dati della Mappa dell’Intolleranza – anno 3 si evince inoltre un calo deciso del linguaggio omofobo nel nostro Paese. “Un tale risultato non può che essere collegato alla storica approvazione della legge sulle unioni civili”, commenta Marilisa D’Amico, costituzionalista, co-fondatrice di Vox, prof. ordinario di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Milano. “Due anni fa, a fine febbraio 2016, si accendeva il dibattito conclusivo intorno al progetto di legge Cirinnà. Fu un vero e proprio scontro ideologico: i termini aggressivi del dibattito parlamentare, si riflettevano e si moltiplicavano sui social network, diffondendo e potenziando odio e intolleranza. Ma oggi, i dati della Mappa dell’Intolleranza anno 3 mostrano con forza come l’approvazione della legge Cirinnà, sia stata una conquista storica. Non solo sul piano della garanzia dei diritti sostanzialidelle coppie dello stesso sesso, ma anche sul piano culturale e sociale. I passi avanti a livello politico e normativo per la tutela dei diritti, si sono tradotti in una svolta culturale che mira al raggiungimento di una democrazia realmente inclusiva e paritaria”.

Resta altissima, dunque, la temperatura dell’odio online. Una “temperatura”, da decrittare e cercare di bloccare: anche per questo, Vox ha preso parte lo scorso anno ai lavori della commissione parlamentare Jo Cox sui fenomeni di odio, intolleranza, xenofobia e razzismo. E proprio per questo, dal 2017 è stato avviato per ora nella città di Milano un progetto nelle scuole secondarie superiori contro il cyberbullismo, coinvolgendo i ragazzi nella progettazione di campagne informative contro lo hate speech.

“280 caratteri contenuti in un tweet e l’anonimato della rete consentono che un atteggiamento individuale si diffonda e sia condiviso da un numero infinito di utenti”, spiega Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, professore ordinario presso la facoltà di Medicina e Psicologia Sapienza Università di Roma (dipartimento di Psicologia dinamica e clinica). “Il bersaglio dell’offesa (verso donne, omosessuali, immigrati, islamici, ebrei e disabili) è quasi sempre il corpo: disprezzato nella sua sessualità e nel suo genere, ridicolizzato o umiliato attraverso la deformazione, la mutilazione, la mortificazione, verbalmente aggredito o persino stuprato. Si tratta di una scarica primitiva, evacuata su gruppi che culturalmente rappresentano ciò che è considerato debole, diverso e/o inferiore. Cesare Pavese diceva che “si odiano gli altri perché si odia se stessi”. Ecco dunque che l’insulto può essere letto come una forma cieca di difesa psichica che si esprime attaccando aspetti fondamentali dell’umanità altrui. La svalutazione e il disgusto diventano i motori inconsci del tweet o del post discriminatorio. Data l’assenza di interazioni fisiche, contatto visivo, condivisione delle espressioni facciali e del tono della voce, i filtri e le (auto)censure cadono, le mediazioni si annullano e la comunicazione si fa più “agita”. Fuori dalla rete, questo tipo di comunicazione può assumere dimensioni ragguardevoli e la frustrazione e il disagio quotidiano possono cronicizzarsi in forme aggressive. Il contesto sociale e politico sempre più spesso sembra autorizzare e amplificare l’espressione di forme di intolleranza verso tutte le minoranze, comprese quelle etniche e sessuali. Cosa possiamo fare? Individuare il disagio e incontrarlo nel dialogo. La nostra mappa permette di individuare le zone in cui l’hate speech è maggiormente twittato. Questo ci consente di attivare campagne preventive sia attraverso l’elaborazione di materiali didattici e formativi sia attraverso interventi nelle scuole e incontri allargati con le realtà territoriali”.

Attraverso l’analisi comparata dei picchi di tweet negativi con i fatti di cronaca, infine, lo studio condotto con la Mappa ha potuto evidenziare i seguenti punti:

– L’estremismo online può corrispondere prima o dopo a forme di estremismo offline.
– La concentrazione e la localizzazione di atteggiamenti intolleranti varia in funzione di eventi locali, nazionali e internazionali.
– L’importanza dei media come influencer e diffusori di una certa tipologia di atteggiamenti, nel trattare notizie ad essi collegati.

“La Mappa dell’Intolleranza conferma una tendenza in atto nel nostro Paese”, conclude Barbara Lucini, ricercatore senior Itstime, Dipartimento Sociologia, Università Cattolica di Milano. “Nell’ultimo periodo lo scenario sociale risulta intriso di frequenti episodi di intolleranza e violenza verso gruppi e categorie di persone che, per loro intrinseche caratteristiche, diventano bersaglio di pregiudizi diffusi e atteggiamenti di avversione. In particolare stiamo assistendo a una polarizzazione di visioni e dei conflitti, che trovano una ragione di esistere – non di legittimazione – nei pregiudizi diffusi e radicati proprio come elementi culturali. È quindi importante approfondire tali tematiche per meglio comprendere le ricadute sociali di questi convincimenti”.

Come è stata costruita la Mappa

La prima fase del lavoro ha riguardato l’identificazione dei diritti, il mancato rispetto dei quali incide pesantemente sul tessuto connettivo sociale: questa fase è stata seguita dal dipartimento di Diritto Pubblico italiano e sovranazionale dell’Università degli Studi di Milano; la seconda fase si è concentrata sull’elaborazione di una serie di parole “sensibili”, correlate con l’emozione che si vuole analizzare e la loro contestualizzazione: questo lavoro è stato svolto dai ricercatori del dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica della Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma, specializzati nello studio dell’identità di genere e nell’indagare i sentimenti collettivi che si esprimono in rete.

Nella terza fase si è svolta la mappatura vera e propria dei tweet, grazie a un software progettato dal Dipartimento di Informatica dell’Università di Bari, una piattaforma di Social Network Analytics & Sentiment Analysis, che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per comprendere la semantica del testo e individuare ed estrarre i contenuti richiesti.

Infine, i dati raccolti sono stati analizzati ed elaborati da un punto di vista psico-sociale dal team della Sapienza. Ad aggiungersi, per la terza edizione della Mappa, l’analisi dei risultati da un punto di vista sociologico, effettuata dal team di ItsTime, Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies, centro di ricerca che fa capo al Dipartimento di Sociologia dell’università Cattolica di Milano.

I risultati

Sono stati estratti e analizzati 6.544.637 tweet, rispetto ai 2.659.879 della Mappa anno 2, rilevati tra maggio e novembre 2017, e tra marzo e maggio 2018, considerando 76 termini sensibili. Tra questi, 547.151 sono stati i tweet negativi. I termini sono stati individuati a partire da quelli che nelle rilevazioni precedenti sono risultati più frequenti; inoltre, è stata diffusa a livello nazionale una survey online, che chiedeva agli intervistati di indicare 5 termini negativi che rivolgerebbero a ognuno dei 6 gruppi di persone. Sebbene non sia possibile calcolare un preciso tasso di risposta, delle 1358 persone che hanno avuto accesso alla survey, 935 (69%) hanno completato il questionario. Il risultato sono le ormai note cartine termografiche dell’Italia. Quanto più “caldo”, cioè vicino al rosso, è il colore della mappa termografica rilevata, tanto più alto è il livello di intolleranza rispetto a una particolare dimensione in quella zona. Aree prive di intensità termografiche non indicano assenza di tweet discriminatori, ma luoghi che mostrano una percentuale più bassa di tweet negativi rispetto alla media nazionale.

Perché Twitter? Sebbene tra i social network non sia quello maggiormente utilizzato, il fatto che Twitter permetta di re-twittare dà l’idea di una comunità virtuale continuamente in relazione e l’hashtag offre una buona sintesi del sentimento provato dall’utente. Importante, inoltre, ai fini della ricerca, la possibilità di geolocalizzazione, cioè di evincere la provenienza geografica dei termini di odio.

Il lessico dell’odio infine annovera termini dialettali e termini usati comunemente per indicare categorie di persone considerate spregevoli, oltreché insulti e turpiloqui.

mappa dell'intolleranza anno 3

I risultati in sintesi 

Iniziando l’analisi da alcune riflessioni generali e confronti con i dati dell’anno precedente, emergono le seguenti tendenze:

  • Aumento dei tweet totali nel 2017 – 2018 rispetto al 2016. Questa tendenza risulta statisticamente importante, perché dimostra che rispetto alle sei categorie prima citate vi è stata una concentrazione e diffusione di parole ed espressioni di odio nei loro confronti, in linea con il clima generale del Paese e le difficoltà nella gestione dei conflitti e dei pregiudizi.
  • Diminuzione dei tweet contro le persone omosessuali. Dai 35.000 registrati nel 2016, si è passati ai 22.000 nel periodo 2017/ 2018. La decrescita dei tweet omofobi potrebbe essere una conseguenza dell’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili e del cambiamento culturale in atto nel Paese nei confronti delle persone omosessuali. Le molte dichiarazioni pubbliche di personaggi famosi hanno, anche in questo senso, facilitato la visibilità del fenomeno, accrescendone dove possibile la sensibilizzazione sociale.
  • Aumento dei tweet contro gli ebrei, passati da 6.700 nel 2016 a 15.400 nel 2017/2018. Si tratta di una tendenza che, come dimostra l’analisi dei picchi di intolleranza, si lega a fenomeni di antisemitismo agiti in tutta Europa.
  • Aumento dei tweet contro i migranti. Erano 38.000 nel 2016, sono stati complessivamente 73.390 nel 2017/ 2018. Da rilevare che, soprattutto nel 2017, le maggiori reazioni di intolleranza contro i migranti non si sono registrate nel momento dei picchi di arrivo, ma nei periodi successivi agli sbarchi, quando i migranti erano stati destinati nelle differenti strutture di accoglienza e trasferiti sul territorio.
  • Aumento dei tweet contro i musulmani. I tweet che esprimono odio o discriminazione nei confronti delle persone di fede islamica sono balzati dai 22.435 del 2016, ai 64.934 registrati nel 2017/ 2018. La comprensione di questa intolleranza passa per l’immagine collettiva di sovrapposizione fra persone che professano la religione islamica e gli atti estremi di terrorismo. Da notare come le regioni del Sud con più presenza di tweet intolleranti, come la Campania e la Puglia, risultino in realtà essere le regioni con una minore presenza di islamici, rispetto ad altre come Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Toscana, come emerge dal Rapporto Ismu sulla presenza di persone straniere in relazione alla loro confessione religiosa.
  • Nel 2017 si registra l’aumento dei tweet contro le persone con disabilità. Ma nel 2018 la tendenza si inverte.
  • Cresce anche l’odio via Twitter contro le donne. E passa dai 284.634 tweet negativi registrati nel 2016, ai 326.040 del periodo 2017/ 2018. Si tratta di un aumento “contenuto”, a fronte di quello verificatosi per altre categorie, ma resta il dato inquietante che assegna alle donne il podio di categoria più colpita dagli haters via twitter.
  • Aumentano i tweet, ma diminuiscono i profili Twitter, per tutte e sei le categorie sociali incluse nella rilevazione. Il che parrebbe indicare una sorta di estremizzazione online dell’odio. La concentrazione di tweet, con un aumento esponenziale di quelli contro gli islamici, i migranti e gli ebrei, mostra che la comunità online si sta polarizzando verso specifici gruppi sociali.

Che fare

Molte, e importanti, le considerazioni a valle dei risultati mostrati dalla Mappa dell’Intolleranza anno 3. La prima, riguarda il che fare, soprattutto a fronte dell’onda xenofoba che sembra percorrere il Paese. Molti studi recenti possono venire in soccorso, quando spiegano che nelle giuste condizioni, il contatto frequente tra gruppi etnici diversi può generare fiducia e abbassare l’ostilità reciproca. Dato, che sembra confermato dalla distribuzione dei tweet islamofobi nelle diverse regioni, dove le più colpite sembrano essere quelle dove la presenza di immigrati di fede musulmana è minore. Ma gli stessi studi spiegano anche che se società altamente omogenee incontrano per la prima volta persone esterne, il contatto può inasprire il conflitto.

Una seconda considerazione riguarda inevitabilmente la permanenza di stereotipi che si traducono nel linguaggio dell’intolleranza. Scrive a tal proposito la sociologa Adia Harvey Wingfield, commentando il razzismo negli Stati Uniti: “Nella maggior parte delle interazioni sociali, i bianchi sono visti come individui. I soggetti che appartengono alle minoranze razziali, invece, scoprono sin da giovani che spesso la gente li giudicherà in quanto membri del loro gruppo, e li tratterà secondo gli stereotipi (in genere negativi), associati a quel gruppo”.

La terza considerazione riguarda il fenomeno dell’estremizzazione dell’odio online: meno twittatori, in grado però di “monopolizzare” e viralizzare l’intolleranza via social. Anche qui studi recenti hanno dimostrato che una percentuale significativa di fake news e di odio diffusi su Twitter e gli altri social proviene dai bot. “Pochi utenti malintenzionati usano questi alter ego per soffocare le voci più moderate e distorcere la natura della conversazione”, come scrive il politologo Yascha Mounk nel suo recente Popolo vs Democrazia (ed. Feltrinelli, 2018). Un pugno di haters seriali e professionali, dunque, è in grado di ottenere un effetto pervasivo sulle comunicazioni e le interazioni in rete.

E dunque? Ripartire dall’educazione civica, ritrovare le parole inclusive, ritrovare i valori fondanti del patto sociale alla base delle nostre democrazie. Nella consapevolezza che trasformare i ragazzi in cittadini è compito difficile. Ma è la vera, grande sfida per costruire un futuro a misura di uomo.

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ORIFIZIO ANALE

una storia ridisegnata da Chef Joseph

 

“Aspettava un’amica per andare a una festa di compleanno ed era seduto sul marciapiede di una parrocchia di Torino che lo ospita da due anni. Sono passati due uomini che lo hanno insultato e poi malmenato. Aveva il difetto di non essere italiano con l’aggravante della pelle scura.”

È successo alla fine di giugno davanti alla parrocchia Ascensione di via Bonfante a Torino.

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Appello “La tutela del diritto alla salute dei migranti e gli anticorpi contro il razzismo”

tratto da Cronache di Ordinario razzismo

I Gruppi locali Immigrazione Salute (GrlS) sono vere e proprie Unità Territoriali della SIMM (Società italiana di medicina delle migrazioni). Tra i vari gruppi presenti in diverse realtà italiane (Lazio, Trentino, Sardegna, Sicilia e Lombardia, …), il GrIS Toscana, attivo dal 2011, svolge oltre ad interventi informativi, formativi e di lavoro di rete, azioni di advocacy per la tutela del diritto alla salute ed all’assistenza per i migranti, sia a livello di singole aziende sanitarie, che di intero sistema regionale. Riceviamo e pubblichiamo, oggi, questo appello “a resistere alla deriva” che trova “nei migranti e negli stranieri il capro espiatorio su cui scaricare le frustrazioni e la rabbia sociale”. Una sollecitazione rivolta a tutte e tutti al fine “di tutelare il diritto alla salute dei migranti” E per far questo è “necessario rimettere in movimento gli anticorpi contro il razzismo“.

In riferimento agli avvenimenti che stanno accadendo da mesi in Italia, ma anche in Europa ed a livello internazionale, il Gruppo Immigrazione e Salute – GrIS Toscana, da anni impegnato nella tutela del diritto alla salute dei migranti come articolazione locale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM), esprime forte preoccupazione per l’utilizzo strumentale della questione “migranti” per ottenere consenso politico, a discapito del rispetto dei diritti individuali e della dignità umana. Numerosi esponenti politici e rappresentanti del Governo italiano alimentano, in maniera infondata, la paura delle persone per propaganda elettorale, sia con dichiarazioni ostili verso coloro che fuggono da guerre, persecuzioni o semplicemente dalla fame, sia con azioni che mettono a rischio la salute, talvolta la stessa vita dei migranti. Rientrano tra queste anche la criminalizzazione indistinta ed il tentativo di impedire l’attività delle Organizzazioni Non Governative (ONG) che prestano soccorso in mare, salvando migliaia di vite nel Mediterraneo. Come messo in evidenza dai dati dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, infatti, gran parte delle operazioni di salvataggio sono state operate proprie dalle ONG presenti nel Mediterraneo centrale: nel corso del solo 2016 su un totale di 181.436 migranti soccorsi in mare, le ONG ne hanno salvati 46.796. Dopo le elezioni politiche del 4 marzo e dopo la formazione del nuovo Governo, gli attacchi contro i migranti e contro le ONG sono diventati sempre più duri e frequenti. Vale ricordare il caso dell’Aquarius, dove oltre 600 migranti – tra cui molti minori e donne in gravidanza – sono rimasti per giorni bloccati su una nave, dopo un naufragio, per un mero calcolo politico, caso che il Ministro degli Interni ha commentato con frasi irridenti quali “sono in crociera” e “la pacchia è finita”. Lo stesso Ministro, senza alcun rispetto per la Costituzione, ha osato affermare che caccerà dal nostro Paese tutti i componenti di una etnia, segnatamente quella Rom, ma che “purtroppo quelli di cittadinanza italiana dobbiamo tenerceli”. Da notare che due settimane prima (esattamente il 6 giugno 2018) la senatrice a vita Liliana Segre, in un applaudito intervento al Senato, aveva assunto come priorità non negoziabile la difesa delle minoranze Rom e Sinti. La natura razzista e xenofoba del partito del Ministro Salvini (già Lega Nord) si è manifestata in innumerevoli occasioni nelle parole e negli atti (talora criminali) dei suoi rappresentanti, anche nel campo della salute, con l’alimentare, ad esempio, la psicosi dell’accoppiata “malattie-immigrazione”.
Questo orientamento si era già manifestato in tutta la sua evidenza quando nel 2009 la Lega Nord, che faceva parte dell’allora Governo Berlusconi, propose e riuscì a far approvare al Senato una modifica della legge sull’immigrazione: nel mirino il divieto per gli operatori sanitari di segnalare all’autorità un paziente straniero irregolarmente presente sul territorio nazionale, sancito nell’art. 35 del Testo Unico dell’Immigrazione D.lgs 286/1998. Divieto che si voleva, invece, abrogare per facilitare l’identificazione degli stranieri irregolari e/o per impedire che questi si rivolgessero al Servizio Sanitario Nazionale, il tutto in palese contrasto con l’art. 32 della Costituzione.
La mobilitazione contro questa proposta fu immediata. Si mosse la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici che si appellò al Parlamento per le “superiori esigenze di tutela della salute e imprescindibili principi di solidarietà” definiti come “patrimonio storico della nostra nazione”. Nel marzo 2009 fu lanciata la campagna “Noi non segnaliamo” a cui aderirono migliaia di medici, operatori sanitari e semplici cittadini, e che noi, insieme a tutta la SIMM ed agli altri GrIS regionali, sostenemmo fortemente in prima linea, e che riuscì a bloccare l’iniziativa di abrogare il divieto di segnalazione. Si era nel 2009 e nella società italiana circolavano gli anticorpi sufficienti per bloccare un’iniziativa razzista e xenofoba, pur sostenuta da un Governo in carica. Oggi la sfida si rinnova, in una situazione sociale molto peggiore di quella del 2009, dove si riscontra la tendenza a trovare nei migranti e negli stranieri il capro espiatorio su cui scaricare le frustrazioni e la rabbia sociale. Il nostro appello è di resistere a questa deriva. Dobbiamo difendere il diritto alla salute per tutti, perché togliere i diritti ai più fragili, agli ultimi, non avvantaggia nessuno, tanto meno i penultimi o i terz’ultimi: tutta la popolazione rischia dalla demolizione del welfare che si è verificata negli ultimi anni.
È necessario contrastare la narrazione dell’invasione e le dichiarazioni che fomentano episodi di intolleranza, ribadendo che la cosiddetta “crisi migratoria” non è un’emergenza: la vera emergenza sta nel fatto che ai migranti “forzati” è impedito di esercitare il loro sacrosanto diritto a muoversi attraverso canali legali e sicuri, e a causa di ciò dover subire ogni genere di vessazione, fino alla morte, nel tentativo di fuggire da condizioni insostenibili. Il nostro impegno è quello di tutelare il diritto alla salute dei migranti e per far questo è necessario rimettere in movimento gli anticorpi contro il razzismo. Sollecitiamo tutti, istituzioni e società civile, a farlo. Ora o mai più.

Firenze, 24 Giugno 2018

GrIS Toscana

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“Non è un film”: una canzone di Fiorella Mannoia (feat. Frankie hi-ngr mc) dedicata ai migranti.

La canzone è del 2012, ma ancora oggi attualissima.

Il testo

Non è un film quello che scorre in torno
che vediamo ogni ogni giorno che giriamo distogliendo lo sguardo.
Non è un film e non sono comparse le persone disperse
sospese e diverse tra noi e lo sfondo,
e il resto del mondo che attraversa il confine
ma il confine è rotondo si sposta man mano che muoviamo lo sguardo
ci sembra lontano perché siamo in ritardo, perenne, costante, ne basta un istante,
a un passo dal centro è gia troppo distante,
a un passo dal mare è gia troppo montagna,
ad un passo da qui era tutta campagna.
Oggi tutto è diverso una vita mai vista
questo qui non è un film e non sei protagonista,
puoi chiamare lo stop ma non sei il regista
ti puoi credere al top ma sei in fondo alla lista.

Questo non è un film e le nostre belle case non corrono il pericolo di essere invase, non è un armata aliena sbarcata sulla terra,
non sono extraterrestri che ci dichiaran guerra,
son solamente uomini che varcano i confini,
uomini con donne vecchi con bambini, poveri con poveri che scappan dalla fame
gli uni sopra gli altri per intere settimane come in carri bestiame
attraverso il deserto rincorrono una via in balia dell’incerto per rimanere liberi costretti a farsi schiavi
stipati nelle stive di disastronavi
come i nostri avi contro i mostri e i draghi
in un viaggio nell’inferno che prenoti e paghi
sopravvivi o anneghi questo il confine
perché non è un film non c’è lieto fine.

Questo sembra un film di quelli terrificanti
dalla trasilvania non arrivano vampiri ma badanti,
da santo domingo non profughi o zombie,
ma ragazze condannate a qualcuno che le trombi
dalle filippine colf e pure dal bangladesh
dalla bielorussia solo carne da lap dance
scappano per soddisfare vizi e sfizi nostri
loro son le prede, noi siamo i mostri
loro la pietanza, noi i commensali
e se loro son gli avanzi noi siam peggio dei maiali
pronti a divorare a sazietà
pronti a lamentarci per la puzza della varia umanità
che ci occorre, ci soccorre, ci sostenta
questo non è un film ma vedrai che lo diventa
tu stai attento e tienti pronto che al momento di girare
i buoni vincon sempre,
scegli da che parte stare.

Scegli da che parte stare,
dalla parte di chi spinge,
scegli da che parte stare,
dalla parte del mare

Scegli da che parte stare,
dalla parte del mare

Scegli da che parte stare,
dalla parte del mare

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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