Trieste infinita sui ponti di Einstein-Rosen ma occhio anche al nuovo Mazinga

di Fabrizio Melodia

Domani e fino al 5 novembre Trieste si colora di fantascienza, con l’avvio della XVII edizione del «Trieste Science+Fiction Festival» che vedrà in apertura la proiezione dell’atteso «Marjorie Prime», per la regia di Michael Almereyda, con i redivivi Tim Robbins e Geena Davis. Il film è tratto da uno spettacolo teatrale premiato con il Pulitzer e tratta in modo delicato la tematica della perdita d’identità nell’era dell’intelligenza artificiale.

«Marjorie Prime» ha debuttato a gennaio al Sundance Film Festival, dove ha vinto lo Sloan Feature Film Prize, riconoscimento conferito ai migliori film incentrati sul tema della scienza e della tecnologia. La giuria ha premiato la sua «interpretazione ricca di sfumature e spunti geniali dell’evoluzione del rapporto fra l’uomo e la tecnologia, e la toccante rappresentazione di come le macchine intelligenti possono sfidare le nostre nozioni di identità, memoria e perdita».

In occasione della notte di Halloween, a Trieste verrà proiettata una copia restaurata del celebre film di John Carpenter «Halloween – La notte delle streghe» con il serial killer Mike Myers che trucida la sorella per poi perdersi nella notte (chi lo fermerà?).

Fuori concorso e in anteprima, la prima giornata del festival vedrà il film statunitense «It stains the sands red» di Colin Minihan, un film di zombie. Organizzato da La Cappella Underground con il patrocinio del Comune di Trieste e della Regione Friuli Venezia-Giulia, la kermesse si preannuncia interessante e assai nutrita, con pellicole di alto livello e una sezione di inediti nostrani, oltre ai consueti incontri di futurologia applicata i quali, fra l’altro, parleranno di green economy, energia pulita e progetti spaziali. Al Caffè Sf avremo tra gli ospiti Bepi Vigna e Giuseppe Lippi, oltre ai vincitori del Premio Urania di quest’anno (Linda De Santi e Piero Schiavo Campo) più una succulenta tavola rotonda riguardo su Arthur C. Clarke.

Lasciando il territorio triestino, veniamo a una nuova invasione nipponica, ovvero la proiezione nelle sale italiane di «Mazinga Z Infinity», film commemorativo per i 50 anni del più famoso robottone del maestro del fumetto giapponese Go Nogai. Il dottor Inferno, aiutato dai suoi fieri alleati, l’ermafrodita Barone Ashura e il decapitato Conte Blocken, torna a minacciare la Terra, dopo le guerre di cui fu causa per smanie di potere. Il loro ritorno coincide con il ritrovamento di una misteriosa entità demoniaca sepolta nel monte Fuji, in tutto e per tutto simile al colosso di metallo Mazinga Z e proveniente dall’antica civiltà greca di Micene. Dalle rovine della mastodontica entità emerge una misteriosa ragazza androide che sarà chiamata Lisa. Mentre Tetsuya Tsurugi e il Grande Mazinga sono dati per dispersi dopo una battaglia contro le forze del Dottor Inferno, verrà chiamato nuovamente Koji Kabuto, ormai diventato uno scienziato dopo la sua esperienza di lotta con Duke Fleed e Goldrake, a lottare per difendere la Terra. Nato in parte per soddisfare le nostalgie di chi – come me – è nato e cresciuto con i “robottoni” di Go Nagai (Goldrake Generation per intenderci) il film, forte di un’animazione moderna mette in luce il fiero antifascismo del suo creatore. Il dottor Inferno è un totalitarista che vede nella democrazia la peggiore forma di corruzione dello spirito umano considerando la battaglia e la ricerca del potere come unica ragione per affermare la supremazia del genio sul povero e stolto gregge. E tale “gregge” si dimostra ben poco all’altezza dinanzi all’attacco del Dottor Inferno: le istituzioni non riescono a reagire compatte nemmeno nel caso di un’emergenza planetaria, dimostrandosi disposte ad accettare le più umilianti condizioni di resa. Ma, da vero samurai, Koji Kabuto non esita a scagliarsi contro tale minaccia totalitaria, ben sapendo che il nichilismo di Inferno è la strada sbagliata per l’umanità. Il film è diretto da Junji Shimizu, passato per varie serie anime (come «Yu-Gi-Oh!» e «One Piece») per la sceneggiatura di Takahiro Ozawa. Per il design del robot la Toei Animation ricorre alla sapiente mano di Takayuki Yanase («Ghost in the Shell Arise») mentre lo studio grafico dei personaggi è a cura di Hiroya Iijima («Afro Samurai»). La colonna sonora del film è realizzata da Toshiyuki Watanabe, figlio del musicista del tema originale della serie animata, Michiaki Watanabe.

Per tutti coloro che hanno almeno una volta nella loro vita sognato di poter montare sul Pilder e invocare l’aggancio nella testa di Mazinga Z e per chi vuole scoprire il robot che ha fondato uno dei generi maggiormente prolifici della fantascienza animata giapponese, l’appuntamento a Trieste è oggi 31 ottobre.

L’ immagine del post è del vostro Astrofilosofo, rubata all’anteprima (al Romics di Roma) del «Mazinga Z Infinity». Se non capite il titolo… correte qui: Su e giù dai ponti di Einstein-Rosen; o anche qui: Dalle parti del wormhole o, se più vi piace, cunicolo spazio-temporale

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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