«Tutti i poveri devono morire»

Il prologo del romanzo di Giovanni Di Iacovo (*) apre la serie dei «Fantastici saba-quattro», ovvero 4 spiazzanti e imperdibili letture per l’agosto in bottega

 

TuttiPovero-copertina

PROLOGO.

Lila non sente più il latrare dei cani.

Lila non sente più nulla.

Pare che il mondo intero abbia di colpo abbassato il volume.

Ma il prato è curatissimo.

Corre corre il petto corre le brucia corre il fiato corre è tagliato corre le gambe corre non le sente più corre l’I-pod rotola via dalla tasca con tutte le cuffie corre si ferma per sfilarsi gli anfibi le fanno troppo male corre senza direzione perchè dopo che hanno tolto bende e cappucci tutti sono fuggiti in ogni direzione e lei si è semplicemente gettata a perdifiato a seguire il suo sguardo.

Ma il prato è curatissimo.

Di tanto in tanto si attivano delle lucide pompe innaffiatrici. Le lucide pompe innaffiatrici segnalano la loro operosità con un trillo elegante ma sommesso.

Nebbia gelata e velenosa.

Dopo che tutti i ragazzi del call-center Albacom erano stati bendati, legati e gettati dentro al furgone, prima di fargli l’iniezione, Posto Buffo disse loro:

– Benvenuti nella restante parte della vostra vita…

Le tempie le pulsano per l’ossigenazione, la stanchezza, l’anestetico che è quasi del tutto fluito via ma pulsano le tempie le vertigini continuano ad alterare sfalsare vibrare la sua percezione del prato fradicio di buio. Fradicio inzuppato lurido di brevi improvvise cecità.

Teletubbies, teletubbies, fanno ciao!

Quando il Banchiere di Satana tolse loro il cappuccio disse:

– Per me la realtà è solo un film ad altissima definizione. E io guardo solo horror e porno.

Lila supera un piccolo specchio d’acqua, guardato da un enorme origami di gatto scolpito in pregiato marmo nero di Singapore.

Una piccola telecamera wireless posta nelle lisce pieghe della scultura segue silenziosamente la corsa della ragazza.

Quando Uomo Nero sparò un colpo in aria per dare il via alla caccia, si rivolse a Posto Buffo per dirgli:

– Questa è un epoca in cui il menù è più gustoso del pasto. Solo noi Assassini avvertiamo ancora il sapore della carne.

Il prato è curatissimo.

Nessun filo d’erba è alto più di dieci centimetri. Se qualcuno di essi oltrepassasse tale misura, le fotocellule sparse nella Tenuta rivelerebbero l’insubordinazione vegetale e il giardiniere riceverebbe una chiamata operativa nel cuore della notte.

Teletubbies, teletubbies, fanno ciao!

Alla sinistra di Lila c’è un altro boschetto di davidie involucrate. Alti snelli fusti di circa diciotto metri, con corteccia marrone-arancio e foglie cuoriformi. In piena salute, le radici affondano nel terreno nutrito da proporzionate quote di torba, sabbia, concime organico e terriccio di foglie. La perfetta potatura delle fronde sagomate come una sfera verde e il fusto snello e lungo degli alberi fanno apparire il boschetto della Tenuta Scarlatta 35 un ordinato plotone di immensi Chupa-chups.

Come Lila torna a poggiare il suo sguardo sul prato, si paralizza alla vista di un’indistinta sagoma nera pulsante distesa a terra. Da questa forma emergono poi nitidi i profili di teste di cane che masticano voraci con gli occhi rivolti alla luna. La carcassa è quella di Peter, il suo collega del call-center.

Le stelle non illuminano più nulla. Come se si fossero girate dall’altra parte.

Poi, dal boschetto di davidie accanto a Lila torna ad echeggiare il coretto della sigla dei Teletubbies.

Teletubbies, teletubbies, fanno ciao! Tinky Winky, Dipsy, Lala, Po’! Teletubbies, teletubbies, fanno ciao!

Lentamente, canticchiando, emergono dalla boscaglia quattro uomini a cavallo.

Teletubbies, teletubbies, fanno ciao! Tinky Winky, Dipsy, Lala, Po’! Teletubbies, teletubbies, fanno ciao!

Lentamente avanzano attraverso la nebbia gelata e velenosa fino a circondare Lila.

L’omone stretto nel vestito da teletubby rosso ha una tracolla in pelle nera dove è riposta una piccola lucida balestra. Si toglie la maschera e si rivolge al teletubby viola.

– Questa caccia è stata troppo breve, Capotavola. É finita proprio ora che iniziavo a godermela. Mi sento un eiaculator precox.

Il teletubby viola non risponde.

Lila ansima sempre più forte, le palpebre stanno per cedere, si sente svenire.

Il tizio nel teletubby rosso, sorto agli onori delle cronache con il nomignolo di Uomo Nero, si sfila la maschera e risponde:

– Hai ragione, Posto Buffo. Questi dei call-center sono dei deboli. Giovani rammolliti. Piagnoni e drogati.

Mentre Uomo Nero parla, carezza per esibizionismo un’antica pistola a pietra focaia con canna a due ordini e cassa realizzata in legno con finimenti in metallo fuso dorato.

I suoi capelli tinti neri come lucido da scarpe luccicano a tratti nel buio.

Lila si raddrizza, spalanca gli occhi e pare aver ricevuto un improvviso shock che la risveglia.

Il teletubby verde, senza togliersi la maschera, aggiunge:

– Non posso darle torto, Uomo. Con i cassintegrati della British Transport la caccia è durata quasi fino all’alba. Gente dura, innamorata dell’aspra vita che conduce. Vera working class. Dico bene, Capotavola?

Il teletubby viola non risponde.

I cani fanno silenzio.

Il prato è curatissimo.

Le stelle non illuminano più nulla.

– Già, fu divertente, – ricorda Posto Buffo – ma in fondo è sempre divertente. Dovremmo invitare anche Dorian, la prossima volta

– Ma figurati – gli risponde Uomo Nero – la Camera Scarlatta 29 è in un albergo di Camden, e il Marchese uccide solo lì dentro.

Il teletubby verde si sfila la maschera, le sue sopracciglia sono come arbusti secchi il suo sguardo è spento, come volato via. Scende da cavallo con due pagine di libro strappate. Sono entrambe la pagina 5 ma di due libri diversi. Mette sulla carcassa di Peter la pagina 5 di Viaggio al termine della notte, di Céline e appoggia accanto ai piedi nudi e sanguinanti di Lila di la pagina 5 di Chiedi alla Polvere di John Fante.

Lila non se ne cura e guarda Uomo Nero dritto negli occhi.

– Prego Uomo – fa Posto Buffo – sembra proprio che questa voglia essere sbudellata da te. Su, è l’ultima. Non le sparare sul cranio che poi mi schizzano i suoi capelli addosso e mia moglie pensa male.

– Allora che fa Uomo Nero – domanda il Banchiere di Satana dopo aver poggiato le pagine – la uccide subito o… prende prima il dolce?

E ridono tutti.

Meno Lila e il teletubby viola.

Uomo Nero scende da cavallo ridendo come un topo sotto anfetamina, punta verso Lila la sua pistola antica e, accennando un sorriso, le fa:

– Su… scappa… perché ti sei fermata? Continua a scappare oppure piangi urla aggrediscimi implorami supplicami minacciami… cazzo, fa’ qualcosa, ti sto per…

Poi guarda bene la ragazza, si paralizza e inizia a spalancare la bocca come se stesse sbadigliando a gravità zero.

Il prato è curatissimo.

Le stelle non illuminano più nulla.

La nebbia è sempre più fredda.

Uomo Nero accenna un:

– Lila?

La voce di Lila era come una spugna imbevuta di alcool e lacrime.

– Papà… cristo… che fai qui… che sta succedendo… perchè ci uccidete?

– Lila… ma come ti sei vestita…

Il Banchiere di Satana interviene:

– Uomo, questa precaria è sua figlia? Che bislacca beffa del destino burlone. In ogni caso, visto che ci ha messo parecchio a riconoscerla, evidentemente non vi vedevate da anni…

– Su Uomo, muovi il culo – incalza Posto Buffo – se vi siete riconosciuti dopo un’ora vuol dire che non ve ne è mai fregato un cazzo l’uno dell’altro. Tra poco sarà il Digiuno, ora è tempo di sbudellare.

Lila scoppia in lacrime e crolla in ginocchio.

– É mia figlia, Commensali… io non posso… ma ho un’amica, anche lei del Cenacolo, che ha un’agenzia interinale a Kensington… piena di gente con le pezze al culo… mi farò mandare…

– Uomo, tra poco è il Digiuno, e abbiamo la Convention tra due settimane. Sbudelli e si sbrighi.

– Commensali… vi prego…

Posto Buffo e il Banchiere di Satana si guardano tra loro con malinconia.

– Hai sentito? Proprio quello che temevamo – riflette il Banchiere.

– Già – Annuisce Posto Buffo – “vi prego” l’eterno grido delle classi inferiori.

Lila nel frattempo si rialza, con una gelida espressione, e si da una scrollata.

Il prato è curatissimo.

Le stelle si riaccendono una dopo l’altra.

Lila carica un pieno di saliva e sputa su Uomo Nero.

– Che schifo che mi fai. Sei sempre stato un senzapalle. Aveva ragione Victor.

– Come parli… Victor? Lila… come fai a conoscere Victor… sei stata…

– Sono stata con Victor nella Camera Scarlatta 11, e ho ascoltato per una notte intera la filastrocca del merlo Azoto. E ti odio.

Si alza la lacera t-shirt dei Ramones.

Poco sotto l’ombelico, aveva il tatuaggio di un’equazione:

 

Uomo Nero trema paralizzato alla vista di quel tatuaggio, poi guarda i Commensali a cavallo e balbetta senza riuscire a dir nulla.

Posto Buffo lancia a Lila un moderno revolver.

Lila l’afferra e lo punta verso il padre, senza tentennamenti.

– Caro Uomo Nero… se l’amore che pareva volesse offrire a sua figlia pochi istanti fa glielo avesse offerto quando era il momento, ora non sarebbe in questa spiacevole situazione.

– Come… come avete fatto a reclutarla?

– L’odio, la solitudine e la sofferenza corrodono, Uomo Nero. Era nostra già prima che la incontrassimo.

– Banchiere piantala di fare il romantico del cazzo. Uomo, se adesso morirai è solo per la Regola. Sappiamo cosa ti è successo, il Marchese ha ancora i suoi contatti al Ministero delle Finanze, cosa credi? La tua Painstav Inc. è stata scalata da Mc Ellez che la prima cosa che ha fatto è stata buttarti fuori dal consiglio di amministrazione. La vecchia azione giudiziaria nei tuoi confronti ti tiene ancora congelati i conti nelle banche e quindi, sebbene ora tu non sia completamente sul lastrico, sei molto meno ricco di prima.

– E difatti – aggiunge il Banchiere di Satana – lei, Uomo Nero, inizia a provare sentimenti inferiori, sentimenti da povero.

I muscoli del viso di Uomo Nero si contraggono verso il centro in una smorfia tra la furia e la paura.

– Ma che significa… la Regola prevede che si possa uccidere qualcuno solo se ha un reddito inferiore e anche se non me la sto passando bene di certo sono più ricco di mia figlia… di questa puttana drogata!

– Così ti riconosco, Uomo. Purtroppo però, da quando lei ha abbandonato sua figlia, ne sono successe di tutti i colori. Tragedie tipo gli ultimi film di Lars Von Trier ma poi alla fine arrivò un matrimonio fortunato. Sua figlia si è sposata proprio con il magnate Mc Ellez.

– Era sposata – puntualizza Posto Buffo.

– Ha ragione… perchè tra poche ore la polizia troverà il cadavere di Mc Ellez. Stroncato da un infarto.

– Ammazzato di pompini – puntualizza Posto Buffo.

– Non è vero – protesta Lila – gli ho fatto solo un overdose di viagra.

– Il primo omicidio di sua figlia.

– Il battesimo.

– Ora tua figlia è più ricca di te e la Regola l’autorizza a sbudellarti.

– Il suo secondo omicidio.

– Che tenerezza.

Dalla canna della pistola di Lila parte un colpo che centra il collo di Uomo Nero.

Lui frana all’indietro in una fontana di sangue brillante sotto la luna.

I cani tacciono.

Il prato è curatissimo.

Il teletubby viola emette un sommesso gemito di piacere.

Lila diventa bianca, deglutisce, si rilassa.

Poi il buio esplode e lei urla di dolore.

Il suo braccio è stato trafitto da un dardo della balestra di Posto Buffo.

– No! Perché mi hai…

– Idiota. La Painstav è solo un cumulo di debiti. Mc Ellez sapeva. La sua eredità non è altro che una condanna.

– Perchè tu sei sempre stata povera e povera resterai, la povertà, a mio avviso è una sorta di gene, non te ne liberi mai, alla fine fai sempre cose da povero, anche se entri nel mondo dell’agiatezza.

– Secondo me è più tipo uno stato mentale, come il Nirvana, se sei povero hai pensieri da povero, gusti da povero e fai scelte da povero.

– Scusa se ti interrompo poeta del cazzo, ma la ragazza sta scappando…

– Ma dove vuoi che scappi, alla fine della corsetta morirà dissanguata.

– Lo so, ma nel frattempo sta macchiando tutto il prato col suo sangue.

– Ma il rosso sta benissimo sul verde.

– A me pare un abbinamento assai cafone.

Poi il silenzio è rotto da un acuto fastidioso trillo di cellulare.

Entrambi si girano verso il teletubby viola, che guarda il display del suo telefonino e poi, con voce da incubo, esorta:

– Decapitiamola con una roncola e facciamola finita. Mamma mi aspetta alzata.

(*) Già dal titolo si intuisce che uno dei temi del romanzo è l’odio di classe sotto forma di caccia sadica e strage – sognata, tentata o riuscita? – ma c’è anche moooooooolto altro; un libro fuori dai barattoli o come forse direbbe qualche critico ben educato “un mix di generi”; io l’ho recensito in “bottega” nel 2010, cfr qui: Giovanni Di Iacovo: tutti i poveri devono morire (db)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *