Un crimine, 14 anni e 4 ergastoli

La storia di Kenneth Young in un documentario che si può vedere in rete fino ai primi giorni di settembre (*)

Nel giugno 2000, Kenneth Young, di 14 anni, si lasciò convincere da un vicino ventiquattrenne, spacciatore di crack — e fornitore della madre di Kenneth — a unirsi a lui nella follia lunga un mese di 4 rapine a mano armata. Fu l’adulto a pianificare i furti a Tampa, in Florida, e a brandire la pistola — e, in un’occasione, fu dissuaso dal suo giovane complice dal violentare una delle vittime.

Fortunatamente nessuno venne fisicamente ferito nel corso delle azioni criminose, anche se i traumi che ne derivarono furono enormi.

Quando furono catturati, Kenneth non negò la sua parte. Fu il suo primo guaio serio con la legge. Ma pur avendo 15 anni, fu giudicato come fosse un adulto, secondo la legge della Florida. Incredibilmente, ricevette quattro consecutive condanne a vita — la garanzia che sarebbe morto in prigione. «Da 15 anni all’ergastolo: storia di Kenneth» segue la battaglia del giovane afro-americano per la scarcerazione, dopo più di 10 anni di reclusione, molti dei quali passati in isolamento. Il documentario è anche il ritratto inquietante di un fatto inusitato: «Gli Stati Uniti sono l’unico Paese al mondo che condanni i minorenni all’ergastolo senza condizionale».

La sentenza di Kenneth non è una rarità. Come mostra «Da 15 anni all’ergastolo…» ci sono più di 2500 minori che scontano condanne a vita negli Usa per aver commesso crimini non letali, oltre che per omicidio. Negli anni ’90, molti Stati reagirono all’aumento di reati violenti commessi da giovani modificando le loro leggi, per consentire maggiormente che i minorenni fossero giudicati come gli adulti. Poi, nel 2010, la Corte Suprema degli Stati Uniti decretò – in Graham v. Florida – che gli ergastoli per i minori condannati per delitti diversi dall’omicidio erano incostituzionali. Ciò rese idonei alla scarcerazione anticipata 77 reclusi della Florida, fra cui Kenneth. Ma i tribunali della Florida, storicamente favorevoli all’ergastolo per i minorenni, in che modo applicheranno la decisione della corte suprema a un caso di una decina d’anni prima?

Nel cast di «Da 15 anni all’ergastolo…» ci sono gli avvocati difensori che appoggiano la causa di Kenneth. Paolo Annino – capo del progetto “Bambini in prigione” della Florida State University e codirettore del Public Interest Law Center a Tallahassee – ha a lungo sostenuto che gli ergastoli comminati ai minorenni violano il divieto costituzionale alle «punizioni crudeli o inusuali». La sua ricerca fu citata in Graham v. Florida, che aprì le porte a una nuova sentenza per Kenneth e per migliaia di altri. Corinne Koeppen (avvocata agli esordi e tirocinante al Public Interest Law Center) si unisce a Paolo Annino. Insieme lottano per la scarcerazione immediata di Kenneth, asserendo che ha mostrato la riabilitazione e la maturità richiesti dalla decisione della Corte Suprema. Inoltre vogliono dimostrare come Kenneth abbia giocato, durante le rapine, un ruolo molto minore di quello del suo coimputato adulto. L’avvocato Bryan Stevenson, fondatore e direttore esecutivo della Equal Justice Initiative di Montgomery (Alabama) fornisce una prospettiva della lotta decennale per ottenere sentenze eque per i bambini. «Gli Stati Uniti hanno permesso che venisse inflitta la pena di morte ai minori fino al 2005» dice: «quando finalmente persuademmo la Corte Suprema a proibirla, mi fu completamente chiaro che… neppure l’ergastolo senza condizionale sarebbe stato un esito giusto per molti di questi ragazzini».

Altro personaggio chiave nella vicenda di Kenneth è la madre, Stephanie, una donna schiacciata dal senso di colpa che si sforza di convincere la corte che suo figlio merita quell’aiuto che lei non gli ha mai dato. Nonostante non faccia più uso di droghe e sia ora una persona lucida, è stata dedita al crack per 19 anni e, come madre, è stata in gran parte assente dopo la morte del padre del ragazzo. «Io so che il giudice ha un cuore» dice: «ho pregato e chiesto perdono per me e per mio figlio”.

Al centro della storia c’è ovviamente Kenneth, che oggi ha 26 anni, che è sincero riguardo ai suoi crimini. Racconta di aver seguito un percorso di auto-miglioramento e di avere rimorso per quanto ha fatto. Ed è ancora sbalordito per la sua punizione (per quanto possa sembrare strano, Jacques Bethea, l’adulto che aveva organizzato le rapine e impugnato la pistola, ha ricevuto un singolo ergastolo in un processo separato).

All’udienza per la riduzione della pena, Kenneth dice alla corte: «Ho vissuto con pentimento ogni giorno della mia vita… sono stato in carcere per 11 anni e ho approfittato di ogni opportunità disponibile per me in prigione per migliorarmi… non sono più la persona che ero prima. La prima lettera ai Corinzi, capitolo 13, versetto 11, dice: “Quando ero bambino, pensavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l’ho abbandonato”. Io voglio cambiare e chiedere scusa alle mie vittime per quello che ho fatto».

La promessa di Kenneth suscita reazioni differenti. Mentre alcune delle vittime sono inclini a considerare che lui possa tornare libero, altre – insieme al pubblico ministero – difendono la pena della sentenza originale. La dichiarazione di Kenneth che l’adulto lo aveva costretto a cooperare minacciando sua madre, viene respinta, perché lui non aveva parlato da quindicenne al primo processo. E la considerazione che una nuova sentenza terrebbe comunque conto del suo percorso rieducativo, può non essere convincente per questo tribunale della Florida.

«Da 15 anni all’ergastolo…» è un ritratto rivelatore del sistema giudiziario startunitense com’è oggi, una rappresentazione indelebilmente umana dei suoi indirizzi nei confronti dei bambini.

«Pochi di noi si porrebbero la domanda se i nostri figli di 13 o 14 anni abbiano bisogno di essere guidati» dice la regista Nadine Pequeneza: «come genitori riconosciamo che i nostri bambini sono facilmente influenzabili, che possono essere impulsivi e che l’empatia come la crudeltà sono comportamenti che si apprendono. Dato ciò che sappiamo, io rimasi sconvolta quando appresi che bambini di soli 12 anni sono condannati a morire in prigione».

«Quando cominciai a fare ricerche, leggendo articoli, rapporti e studi fatti da individui e gruppi di entrambe le posizioni su questo argomento, scoprii alcune statistiche sconvolgenti: il 60% dei bambini condannati a vita senza condizionale sono alla prima condanna e ogni tredicenne o quattordicenne condannato a vita senza condizionale, per crimini diversi dall’omicidio, è di colore».

«Quando un bambino commette un reato, la rieducazione deve avere la priorità rispetto alla pena? Può un bambino essere processato come un adulto, basandosi su un fatto singolo? I bambini che commettono violenze possono essere rieducati? Mettendo a fuoco la storia di Kenneth, ho pensato di trovare delle risposte».

(*) Traduzione di Massimo Lambertini. Il documentario è uscito il 4 agosto ed è visibile per intero su http://www.pbs.org/pov/15tolife/film_description.php fino ai primi di settembre.

 

Massimo Lambertini

2 commenti

  • Massimo (che ha tradotto il post) mi segnala che dalla stessa pagina citata si può accedere a un’ intervista della regista, Nadine Pequeneza e alla cronologia aggiornata delle vicende giudiziarie di Kenneth Young, unita a quella delle principali sentenze che stanno modificando la giurisprudenza sui minorenni. Altre sezioni, fra cui una per educatori, sono ricche di informazioni e materiali.

  • RIPRENDO DALL’ULTIMO “INTERNAZIONALE” (in edicola) ALCUNE INFORMAZIONI CHE I GRANDI MEDIA “DIMENTICANO” DI DARE QUANDO FRA I NERI SCOPPIANO LE RIVOLTE (COME A FERGUSON)
    1. Tra il 1980 e il 2008, negli Stati Uniti i bianchi sono passati dall’80 al 66 per cento della popolazione, gli ispanici dal 6 al 15 per cento, i neri sono rimasti al 12 per cento.

    2. Entro il 2030 i bianchi saranno la minoranza degli statunitensi sotto i 18 anni ed entro il 2042 saranno la minoranza del totale della popolazione.

    3. Tra i neri, i bambini che vivono in condizioni di povertà sono il 34 per cento, tra gli ispanici il 27, tra gli asiatici l’11, tra i bianchi il 10.

    4. Il tasso di disoccupazione dei neri è il doppio di quello dei bianchi. La ricchezza accumulata dalle famiglie bianche è 6,1 volte maggiore di quella delle famiglie nere. I lavoratori bianchi guadagnano in media il 21,6 per cento in più dei neri.

    5. Più di un maschio nero trentenne su dieci si trova in prigione.

    6. Un nero nato nel 2001 ha il 32 per cento di probabilità di finire in prigione nel corso della vita, un ispanico il 17 per cento, un bianco il 6 per cento.

    7. A parità di reati commessi, le detenzioni a cui sono condannati i neri sono del 20 per cento più lunghe di quelle dei bianchi.

    8. I ragazzi neri di più di 25 anni con un titolo universitario sono passati dal 4 per cento del 1970 al 20 per cento del 2010, quelli con un diploma scolastico sono passati dal 31 per cento del 1970 all’84 per cento del 2010.

    9. Gli studenti neri vengono sospesi o espulsi da scuola tre volte più spesso degli studenti bianchi.

    10. A Ferguson i neri sono il 67 per cento della popolazione, i bianchi sono il 94 per cento degli agenti di polizia della città.

    11. Nel 2012 il 51 per cento degli statunitensi ha dichiarato esplicitamente opinioni razziste nei confronti dei neri, tre punti percentuali in più rispetto al 2008.

    Fonti: 1. National center for education statistics; 2. Population reference bureau; 3. National center for education statistics; 4. Bureau of labor statistics; 5. The sentencing project; 6. Us bureau of justice statistics; 7. Us sentencing commission; 8. Us census bureau; 9. Us education department; 10. Los Angeles Times; 11. Ap.

    GIOVANNI DE MAURO su “Internazionale”, numero 1065, 22 agosto 2014

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