UE: un disabile su tre a rischio povertà

di Gianluca Cicinelli

Il 28,4% dei disabili nella Ue e il 29,4 in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale. I dati, resi noti da Eurostat, si riferiscono al 2019, un anno prima dell’esplosione della pandemia da Covid. Gli Stati dell’Unione che hanno registrato la più alta percentuale di persone con disabilità a rischio di povertà o esclusione sociale sono: la Bulgaria con il 50,7%, la Lettonia al 42,1%, l’Estonia ha il 40,0%, la Lituania il 39,9% e l’Irlanda che registra 37,8%. Troviamo invece percentuali più basse per la Slovacchia con il 19,2%, la Danimarca al 20,3%, l’Austria al 22,2%, la Finlandia al 22,5% e la Francia con il 22,9%. In sintesi il rapporto ci dice che nella Ue, al 2019, è a rischio povertà una persona con disabilità su tre (nell’età pari o superiore ai 16 anni) rispetto alla media di una persona su cinque, il 18,4%, dei cittadini, senza limitazioni di attività (il 24,1% in Italia).

La situazione non è certamente migliorata nel 2020, su cui non abbiamo ancora dati, e ad autorizzare previsioni pessimistiche è la constatazione che il riferimento della ricerca si ferma al dato economico, non includendo, ad esempio, nelle difficoltà da affrontare per i disabili l’esclusione scolastica, accentuata dalla didattica a distanza con le limitazioni tecniche che comporta per l’accesso al servizio e quelle per accedere alla rete, unito al crollo verticale della rete di sostegno didattico. Sono ancora lontani i tempi in cui verrà considerata fattore economico di povertà, in particolare in proiezione futura, l’esclusione scolastica come limitazione alla possibilità di miglioramento sociale. Già nel 2016 una ricerca curata da Ocse e Inail portava all’attenzione della politica come l’incidenza di povertà aumenta dove il tasso di disabilità e l’indice di soggezione (il dover subire fattori giuridici non dipendenti dalla propria volontà) sono elevati, in combinazione con il livello di istruzione bassa e la presenza di nuclei familiari numerosi.

La ricerca dell’Eurostat dimostra che, indipendentemente dal fatto che esista o meno una limitazione di attività, essere occupati riduce il rischio di povertà ma non basta. Nel 2019 il 9,0% sul totale della popolazione occupata dell’Ue di età pari o superiore a 18 anni era a rischio di povertà, mentre la quota saliva al 16,0% per tutte le persone disabili. Eurostat avverte che comunque l’occupazione non fa scomparire il rischio di povertà. Secondo la ricerca dell’ente nel 2019 il 10,6% degli occupati disabili era  a rischio di povertà. Ad attenuare questa disparità nei Paesi dell’Unione hanno contribuito i trasferimenti sociali, ovvero servizi alla persona, indennità e pensioni. Lo studio mostra senza ombra di dubbio che le persone senza limitazioni di attività sono in media meno esposte al rischio di povertà ed esclusione sociale rispetto a quelle con limitazioni di attività.

C’è però un altro dato meno evidenziato ma correttamente spiegato dall’Eurostat. La popolazione di riferimento coperta dalla ricerca comprende solo i nuclei familiari e i loro membri attuali. Sono escluse quindi da queste statistiche le persone che vivono in famiglie collettive e in istituti. Le cifre di cui abbiamo parlato fin qua sono dunque da ritenersi assolutamente parziali, nonostante facciano emergere con drammaticità un fenomeno nascosto tra le pieghe della questione complessiva povertà, cioè di dimensioni ancora più gravi di quanto possano mostrare i numeri.

ciuoti

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