Vite in fuga e il tragico gioco dell’oca

di Maria Rosaria Baldin (*)

«Come le nostre società trattano i migranti, determinerà la possibilità di costruire una società umana fondata sulla parità dei suoi membri nella giustizia, nella democrazia, nella dignità e nella sicurezza».
(Navanethem Pillay, Alta Commissaria ONU per i diritti umani)
«La legge sull’immigrazione è il metro per misurare la democrazia di uno Stato»
(Gaetano Campo, consigliere Corte d’appello di Venezia)

Provo a descrivere brevemente i cambiamenti avvenuti dal 1996 ad oggi nelle migrazioni verso l’Italia, raccontando – anche attraverso 12 esperienze che ho raccolto – le motivazioni che stanno alla base degli sbarchi di profughi.

Mi sono occupata di immigrazione a partire proprio dal ’96, lavorando negli sportelli dedicati dei Comuni vicentini. Nel corso degli anni ho visto la situazione cambiare: mentre la legislazione era sempre più repressiva, i migranti diventavano parte del tessuto sociale e civile delle nostre comunità. Se inizialmente erano una minoranza coloro che avevano la residenza, con il passare del tempo il loro numero è aumentato, dimostrando un radicamento al territorio sempre più consistente. Più avanti sono aumentati i possessori della carta per soggiornanti di lungo periodo (ne hanno diritto solamente coloro che vivono e lavorano in Italia da più di 5 anni, non hanno condanne o processi penali in corso, hanno un lavoro stabile, la residenza e una casa che risponde a precisi e rigidi requisiti). Le persone che venivano nell’ufficio dove lavoravo facevano parte quasi tutte dei cosiddetti “migranti economici”, coloro cioè che partono in cerca di migliori condizioni di vita.Copertina libro

Con il passare degli anni però è cambiata la “tipologia”: se da un lato gli immigrati hanno iniziato ad andarsene dall’Italia a causa della crisi economica, dall’altro sono iniziati gli arrivi di profughi a causa della “nota instabilità” di alcuni Paesi africani e non solo.

Nel 2013 ho supervisionato la raccolta di 12 storie di vita di migranti fuggiti dalla guerra in Libia nel 2011 e seguiti dalla Caritas di Vittorio Veneto (Treviso) che ha deciso di rendere pubbliche quelle storie per dare un volto e un nome a persone altrimenti destinate a restare ignote.

Provo a riassumervi qualcosa di quello che i cosiddetti profughi ci hanno detto di sé e della loro vita.

«Provate a pensare di dover fuggire improvvisamente perché i vostri genitori sono stati uccisi… oppure perché qualcuno ha fatto saltare in aria la vostra bottega, o, ancora, perché siete oppositori del regime… scegliete voi. Dovete andare in Libia. Siete fortunati, trovate parenti che vi aiutano, che hanno soldi da prestarvi – devono ovviamente indebitarsi per farlo – e che voi darete ai passeurs.Migranti nel deserto

Dovrete attraversare il deserto, bere la vostra pipì per sperare di sopravvivere, andare avanti senza aiutare i compagni che stanno male perché l’autista non vi aspetterà e ripartirà subito, vedrete chi è passato prima di voi e ha lasciato le sue ossa a seccare al sole. Alla fine però arriverete in Libia, vivi – siete stati fortunati!

Riuscirete faticosamente a rifarvi una vita – non felice, non ricca, ma dignitosa.

Poi però, nel 2011, scoppia la guerra anche in Libia. Dovete fuggire di nuovo. Stavolta andate per mare – senza neppure sapere dove vi portano: magari vi hanno costretto, legato, bendato e caricato sulla barca; o l’hanno fatto come ritorsione nei confronti della Francia che ha iniziato a bombardare la Libia, o vi hanno obbligato con le pistole, impedendovi qualsiasi movimento o parola, non importa, importa solo che dovete fare il viaggio in mare. Senza cibo, né acqua, senza giubbotti salvagente perché non avevate i soldi, senza cellulare per chiamare qualcuno perché ve l’hanno sequestrato prima della partenza, senza null’altro che i vestiti che indossate, ammassati, compressi, terrorizzati. Anche qui vedete altri morire in mare, come prima nel deserto ma, alla fine, voi arrivate a Migranti LampedusaLampedusa: ora siete in un posto sicuro e senza guerra; siete di nuovo fortunati. Vi caricano in corriera senza dirvi dove né perché. Arrivate in provincia di Treviso e aspettate un anno e mezzo per sapere qualcosa dei vostri documenti, per sapere se potrete lavorare, andare in un altro Paese, cercare i parenti, finché, il 24 dicembre 2012, vi consegnano il tanto sospirato permesso di soggiorno. Dopo solo una settimana, però, vi dicono che “l’emergenza Nord-Africa è finita” e vi consegnano 500 euro dicendovi che vi dovrete arrangiare a trovare un altro alloggio, un lavoro e tutto quello di cui avete bisogno».

E qui ricomincia l’odissea, in un gioco dell’oca infinito che vede i profughi rimandati continuamente indietro a dover ripartire daccapo. Nessuno di questi 12 ha ottenuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra e neppure la protezione sussidiaria, ma soltanto un permesso di soggiorno rinnovabile di anno in anno in base alla discrezionalità della questura. Questo non perché “si tratta di clandestini”, come qualcuno continua a sostenere, ma perché la normativa vigente è estremamente restrittiva e le commissioni territoriali poco disposte a rilasciare l’asilo politico.

(*) Oggi la “bottega” dalle 7 in poi ospita solo post legati alla guerra (non dichiarata) dell’Occidente a migranti e profughi. Chiediamo a chi ci legge di aiutarci prossimamente ad approfondire i temi che affrontiamo oggi; anche raccontando le storie di chi viene accolto e di chi viene respinto, di chi è dalla parte dei migranti e dei profughi e per questo viene “intimidito”(esemplare la vicenda di Radio Onda D’urto a Brescia), di chi nelle istituzioni alimenta il razzismo dei fascioleghisti ma anche le voci di molte/i che si oppongono a ogni razzismo e fascismo.

Maria Rosaria Baldin
Sono nata a Sandrigo, paese in provincia di Vicenza dove vivo.
 Nonostante un diploma di contabilità, mi sono sempre interessata più alla letteratura che alla matematica. 
Seguo da sempre le tematiche ambientali, le problematiche legate agli squilibri nord-sud del mondo, al consumo critico e consapevole, alla difesa dei diritti dei più deboli e alla costruzione della pace. Per quindici anni ho lavorato negli sportelli immigrazione della provincia di Vicenza. Nel 2009 la casa editrice La Meridiana ha raccolto la mia esperienza nel libro “Avanti il prossimo”. Dal 2009 gestisco il blog La Bottega delle Storie; inoltre collaboro con riviste e siti online. Organizzo percorsi di scrittura autobiografica e di raccolta di storie di vita. Mi sento in continua ricerca e penso che la spirale, con il suo percorso circolare aperto, lo rappresenti molto bene.

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