Metal Hurlant 5 – Gabbie

 

      «Pinaaaa! Vai dal capo, ti vuole all’imballaggio e al ritorno guarda cos’ha quella maledetta fustella: si è fermata di nuovo».

Il capo… guardalo li, quello stronzo, nel suo ufficio a vetri pronto a impartire ordini. Dio, fa’ che qualche volta cada giù da quel piedistallo del cazzo e che quella stupida penna, che brandisce come un frustino, gli si conficchi nel cuore.
Siamo qui, sempre qui. Siamo bestie in gabbia, pronte ai comandi.
Oggi vado a trovare Giorgio, si è tranciato due dita in quella fustella di merda. Ancora non riesce a riprendersi, non lo avevo mai visto piangere prima d’ora.
Lo ricordo come oggi, quel giorno. Quel venerdì era il compleanno di Rosina, avevamo portato lo spumante e Carla aveva preparato la torta alla crema. Era vietato festeggiare compleanni o altro all’interno della fabbrica, persino nella sala mensa. Ancora oggi è vietato festeggiare e forse anche vivere. Per questo anche se era gennaio avevamo deciso di fregarcene del luogo, del gelo e del tempo che avremmo perso dopo il lavoro.
Nascondemmo la torta e lo spumante sotto una cassetta vuota rivoltata. Fuori c’era un freddo da lupi ma per fare una sorpresa alla nostra amica avremmo scalato anche l’Everest. All’orario d’uscita qualcuno avrebbe fatto perdere un po’ di tempo a Rosina nello spogliatoio e gli altri, subito fuori, avrebbero scartato la torta e preparato i bicchieri per lo spumante. Pregustavamo il divertimento di vedere la gioia e lo stupore sul suo viso stanco quando, uscendo, ci avrebbe trovati ad aspettarla con una torta per lei e tutte le quaranta candeline accese.
Se lo meritava davvero, la Rosina.  E ripensandoci noi tutti meritavamo un poco d’amore.
Una vita di tanta fatica, pochi soldi e nessun rispetto. Ognuno aveva le sue storie, e le sue motivazioni, per dovere stringere i denti e rimanere ancora qui.
A rifletterci bene non siamo altro che schiavi per amore. Chi lo è per amore di una vita da vivere comunque, chi per i figli da crescere, chi per una famiglia di vecchi da mantenere ancora e chi per pagarsi gli studi alla scuola serale.
Come Angelo, eccolo lì, ha sempre gli occhi infossati, la testa vuota di stanchezza e affollata di date da ricordare per i suoi prossimi esami. Noi lo aiutiamo come possiamo, lo copriamo se mangia durante le ore di lavoro e lo svegliamo quando nella pausa pranzo dorme sui cartoni che distende nello spogliatoio per recuperare sonno ed energia. E’ un ragazzo di cuore, Angelo, eppure determinato: lui ha deciso che non finirà la sua vita in fabbrica, non si lascerà ammaestrare come noi.
Quel venerdì non sentivamo la fatica, vivevamo felici l’euforia dell’attesa. Per i corridoi erano strizzatine d’occhio e finta indifferenza per Rosina; che divertimento leggere sul suo viso la delusione, quando nella pausa ricevette i nostri auguri così formali. Qualche battuta forzata sull’età e poi un impietoso silenzio generale. Non le chiedemmo neppure d’offrire il caffè finché quasi a disagio, come a non volere disturbare, ci sussurrò un:
    
     «Oggi, offro io»

Tutto fu bello, fino a quando il capo non arrivò urlando:
   
     «Questa sera straordinario per tutti. Solo Rosina può andare a casa, perché è il suo compleanno».

Ci guardammo tutti in un lampo di delusione: la sorpresa, il compleanno…
    
     «Capo, facciamo prima una pausa di mezz’ora e poi riprendiamo il lavoro».

Urlò Giorgio dalla fustella, e la risposta arrivò impietosa:
    
     «Non se ne parla nemmeno! Chi ha bisogno di una pausa vada a casa e domani non serve che si presenti al lavoro. Ma che avete nella testa, le pigne? Siamo mica ai vostri comodi qui. Qui si lavora!»

E si lavorò anche quella sera.
Rosina tornò a casa triste, quel venerdì, convinta di non essere importante per nessuno di noi.
Giorgio invece lasciò due delle sue dita dentro la fustella, ma non capimmo come e non riuscimmo a vedere molto dopo l’urlo che ci divorò le orecchie e il cuore. 
    
     «Al lavoro, voi! Non è successo nulla di grave, l’ambulanza sta arrivando, Giorgio sta già meglio».

Tutti in gabbia, dannatamente addomesticati.

clelia pierangela pieri

 

 

Clelia

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