Zehra Dogan: «Avremo anche giorni migliori»

Opere dalle carceri turche, una mostra a Brescia fino al 6 gennaio

di Benigno Moi

Il 16 novembre scorso è stata inaugurata a Brescia la prima mostra italiana delle opere di Zehra Dogan, l’artista e giornalista curda che ha passato oltre 31 mesi nelle carceri turche con l’accusa di essere una sostenitrice del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan fondato da Ocalan (a sua volta in carcere dal 1999). Il fatto scatenante che portò all’arresto fu la realizzazione di un dipinto che denunciava il massacro delle popolazioni curde nella Turchia sudorientale.

(in bottega se n’è parlato quiquiqui e qui ecc.)

La mostra – curata da Elettra Stamboulis per il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei, con la collaborazione del Web magazine Kedistan, che ha curato il salvataggio e il trasporto delle opere – sarà visibile al Museo di Santa Giulia sino al 6 gennaio 2020. (https://www.bresciamusei.com/nsantagiulia.asp?nm=176&t=Informazioni).

Zehra Dogan, nata a Diyarbakyr (Amed in curdo), nel1989, oltre che essere un’artista brillante e originale, è anche una giornalista e attivista della causa curda, fondatrice e direttrice di Jinha, un’agenzia di stampa femminista, composta da sole donne.

Nel 2016, dopo il feroce bombardamento e l’invasione della città curda Nusaybin da parte dell’esercito turco, Zehran Dogan realizza ad acquerello un dipinto che, rielaborando una foto dell’invasione, denuncia la mostruosità dell’intervento repressivo di Ankara. L’opera, diffusa via web (da questo fatto deriva l’accusa di propaganda pro PKK) mostra la città distrutta e fumante su cui incombono le bandiere turche, con i tank in primo piano che diventano allegoricamente mostri famelici che divorano la popolazione.

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Nel febbraio del 2017, pur decadendo le accuse più gravi, Dogan viene condannata a 2 anni, 9 mesi e 12 giorni di carcere.

Carcere che non la doma e dove continua a dipingere nonostante le gravi restrizioni cui è costretta, utilizzando ciò che può procurarsi nella sua cella e nelle sue condizioni – dal sangue mestruale agli avanzi di cibo – usando dita e capelli, e riuscendo a far uscire all’esterno le foto dei lavori tramite il compagno Onur Erdem.

 

In suo favore, soprattutto dopo che Banksy le dedica un enorme murale di 20 metri a New York, cresce una campagna internazionale per chiederne la liberazione, denunciando ancora la terribile condizione dei detenuti politici curdi in Turchia, che portò tantissimi prigionieri a lunghissimi scioperi della fame, a cominciare dalla deputata del HDP (Partito Democratico dei Popoli) e co-Presidente dell’associazione della società civile DTK (Congresso Democratico dei Popoli), Leyla Güven. (in Bottega se ne parla qui……)

Zehra Dogan viene scarcerata il 24 febbraio 2019 e continua le sue battaglie nell’esilio in Europa.

Nel maggio di quest’anno la Tate Modern di Londra le organizza una perfomance che consolida le sue doti artistiche, e ora la mostra di Brescia, organizzata all’interno del terzo Festival della Pace, che costituisce la «prima mostra di impianto critico curatoriale dedicato all’opera della Dogan», facendo «luce sulla sua poetica, affrontandone le tematiche e i motivi ricorrenti, evidenziandone la complessità linguistica e mostrando l’ampia gamma di supporti e tecniche utilizzate per produrre opere d’arte: oggetti inconsueti, estremamente fragili, ma di grande potenza espressiva» (dalla presentazione della mostra).

http://www.costruirelapace.it/evento/avremo-anche-giorni-migliori-zehra-dogan-opere-dalle-carceri-turche/

VIDEO:

https://www.giornaledibrescia.it/tempo-libero/a-brescia-la-prima-italiana-dell-artista-e-attivista-zehra-dogan-1.3425958

https://www.giornaledibrescia.it/tempo-libero/zehra-dogan-l-arte-libera-oltre-le-sbarre-dell-ingiustizia-1.3427265

https://www.finestresullarte.info/flash-news/5249n_avremo-anche-giorni-migliori-zehra-dogan-mostra-brescia.php

 

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