17 aprile: le trivelle in mare fanno male

Dati choc nel rapporto di Greenpeace, i silenzi del ministero e un controllore «sul libro paga del controllato»

di Fabrizio Salvatori (*)

NoTriv-QuestoNonE

Sostanze chimiche inquinanti e pericolose, con un forte impatto sull’ambiente e sugli esseri viventi. Ecco cosa si trova abitualmente nei sedimenti e nelle cozze che vivono in prossimità di piattaforme offshore presenti in Adriatico. E spesso in concentrazioni che eccedono i parametri di legge.
Non lascia spazio a dubbi il rapporto «Trivelle fuorilegge» realizzato da Greenpeace, in cui, per la prima volta, vengono resi pubblici i dati ministeriali relativi all’inquinamento generato da oltre trenta trivelle operanti nei nostri mari. Secondo l’associazione ambientalista la contaminazione è «»ben oltre i limiti previsti per almeno una sostanza chimica pericolosa nei tre quarti dei sedimenti marini vicini alle piattaforme», il 76% nel 2012, il 73,5% nel 2013 e il 79% nel 2014. Ancora: i parametri ambientali sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% dei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Anche nelle cozze la presenza di sostanze inquinanti ha mostrato evidenti criticità».
Come spiega il responsabile “campagna Inquinamento” di Greenpeace, Giuseppe Ungherese, emerge una «contaminazione grave e diffusa», le trivelle non rispettano i limiti fissati dalla legge, per cui sono illegali. «Ci sono contaminazioni preoccupanti da idrocarburi policiclici aromatici e metalli pesanti» ribadisce Ungherese e infatti vicino alle piattaforme si «trovano abitualmente sostanze associate a numerose patologie gravi, tra cui il cancro». Eppure il ministero competente non fa nulla.
Lo scorso luglio Greenpeace aveva chiesto i dati di monitoraggio delle piattaforme presenti nei mari italiani. E il ministero dell’Ambiente ha fornito soltanto quelli di 34 impianti, relativi agli anni 2012-2014, dislocati davanti alle coste di Emilia-Romagna, Marche e Abruzzo. Delle altre 100 e più piattaforme operanti nulla, per cui «o il ministero non dispone di informazioni in merito, e dunque questi impianti operano senza piani di monitoraggio, oppure ha deciso di non consegnare a Greenpeace tutta la documentazione in suo possesso».
Dunque, attacca Ungheresi, a un quadro ambientale critico si aggiunge la «scarsa trasparenza del ministero» senza dimenticare che i monitoraggi sono stati eseguiti da Ispra (Istituto superiore per la Protezione e la ricerca ambientale) che è vigilato dallo stesso ministero, su committenza di Eni, proprietaria delle piattaforme oggetto di indagine. Insomma «il controllore è a libro paga del controllato» conclude Greepeace ribadendo che «chi estrae idrocarburi nei nostri mari inquina, e lo fa oltre i limiti imposti dalla legge senza apparentemente incorrere in sanzioni o in divieti». Per cui il 17 aprile occorre partecipare al referendum e votare Si’ «per fermare chi svende e deturpa l’Italia»

 

BREVE NOTA

  «Vi ricordate quel 18 aprile?» era una vecchia (del 1948, altri tempi) canzone popolare. In questo 2016 … ci ricordiamo del 17 aprile? Il referendum è importante e qui in “bottega” abbiamo deciso di parlarne ogni giorno, l’opposto insomma di ciò che fanno i “media di regime” (cioè quasi tutti). Invitando a votare «sì» contro la «dittatura del petrolierato», contro chi vuole giocare con le nostre vite. Aiutateci mandando alla “bottega” informazioni, storie, vignette, immagini… Noi posteremo tutto. Ma bisogna che ognuna/o faccia la sua parte, si informi e informi, racconti in giro cosa accadrà se il 17 aprile non si raggiunge il quorum – il piano di Renzi e dei suoi tanti fans è quello – o se si perde il referendum (in teoria possibile, praticamente impossibile).

(*) ripreso da http://www.controlacrisi.org che si presenta così: «il quotidiano on line che libera l’informazione».

 

 

Redazione
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