Breviario 8 – I conti con il dio folle

di Mauro Antonio Miglieruolo: in due versioni leggermente diverse perchè va a capire se dio è saggio o pazzo…

I post che seguono differiscono per pochi significativi particolari. Sono stati scritti in tempi diversi seguendo la traccia lieve di un pensiero che non danza, il tango della follia divina. Data la brevità ho ritenuto di proporli ambedue, uno di seguito all’altro. Per esplicitare il vago lontano sospetto che sia il tentativo di un pazzo di comunicare a sé stesso la propria prorompente pazzia.

Breviario 8 – Dio ride

Dio non è saggio, dio è pazzo. D’una pazzia totale e insanabile. Guarda al creato e ride, incredulo di sé stesso, delle sue creatura.

La sua è una risata totale, insanabile, continua. È questa risata che muove galassie, buchi neri, nebulose e quasar e pulsar, nane bianche, giganti azzurre e giganti rosse. Tutto l’universo ne è scosso. Dio ride e l’universo sa di dover continuare.

La vita esiste in ragione di questa risata che scuote ogni cosa, impedisce alla materia di addormentarsi, impone alle Particelle Sue di porre attenzione. Alle cariche di energia, alle distanze, ai salti quantici ecc.

Tra Dio e i Cosmi esiste una compenetrazione (consustanzialità?) che impone di pensare il Tutto come nulla, la vibrazione immane di una immane risata. Impone di credere alla follia, la creatura nel simile del creatore.

Cosicché tutti noi siamo scossi dalla stessa risata perpetua, perenne che tiene in agitazioni soli e galassie.

Noi folli che si credono saggi e – qualunque cosa siamo – agiamo sempre nell’ambito della follia.

Post scriptum: guardate a quel senile presidente il cui cognome infausto è caratterizzato dalla medesima lettera che ha preceduto i cognomi di tanti che si sono abbattuti sull’Umanità con il medesimo impatto distruttivo di cavallette, terremoti e incendi: la B di Blair, Berlusconi, Bush…

Breviario 8 bis – Dio ride (variante)

Dio non è saggio, dio è pazzo. D’una pazzia totale e insanabile. La sua risata omerica riecheggia nel creato.

Dio…

Si rende conto di ciò che ha commesso e ride, incredulo di sé, di quel che è riuscito a combinare; ride delle sue creature, di quello che riescono a comporre. Le quali non guardano e non ridono. Chiudono gli occhi per continuare a organizzarne di ogni sorta e in questo modo poter continuare a illudersi di avere un ruolo e poter essere utili a Dio.

Dio…

La sua è una risata totale, insanabile, continua. È questa risata che muove galassie, buchi neri, nebulose e quasar e pulsar, e nane bianche, e giganti azzurre e giganti rosse… ecchecazzo! Non aveva altro da fare Dio per combinare tutto questo Amba Aradam di particelle, sub particelle, bosoni, scuregge di ciuccio e non so cos’altro ancora?

Dio…

Ride: tutto l’universo è scosso dall’immensa sua risata. La vita esiste in ragione di questa risata che scuote ogni cosa, impedisce ai Soli di addormentarsi, con conseguenza inenarrabili (non ci sarebbe più nessuno a narrare, ove succedesse).

Dio…

Carico di energia, carica di energia. L’energia della risata, ogni cosa. Ma è stanco. Dopo miliardi di anni vorrebbe smettere. Ma non può, soli, galassie, ammassi di galassie continuano a vorticare e a esplodere per dare spazio alla vita. Spazio alla sua follia. Grande, perpetua, perenne.

Dio…

È questa la nostra fortuna: è troppo pazzo per poter smettere. Perciò tutto continua. E anche noi continuiamo. Come finti savi, ma continuiamo.

(*) Avete presente quel vecchio film «Cinque pezzi facili»? Ecco, il nostro Mauro Antonio ci ha regalato… 10 pezzi facili. Evviva. Uno ogni sabato. E se poi saranno di più – almeno 15 comunica la sfera di cristallo Zot – chi si lamenterà potrebbe ricevere a casa l’Opera Omnia di Veltroni, così si impara.

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

4 commenti

  • Mariano Rampini

    Mauro carissimo: è un’idea affascinante e ammetto che immaginare un dio pazzo è atto di fede nella follia dell’universo. Però poi mi arresto e mi rendo conto che l’universo non è folle. Se lo fosse noi stessi saremmo tutti folli. Ma come si può definire l’idea di pazzia senza contrapporla a un’idea di sanità? Qual è il metro di paragone che permette di distinguere – e quindi di definire – la follia dalla sanità mentale. Cioè, immaginare un dio folle è esso stesso un atto folle perché se Dio stesso – il creatore di tutto – non avesse creato anche la sanità mentale come potrebbe sapere di essere folle? Oppure è appannaggio della divinità essere saggia e folle allo stesso tempo? Dio mio! Devi sapere che nel mio percorso di studi (Liceo Classico Giulio Cesare di Roma, diploma nel 1972) ho avuto la sfortuna di incappare in un periodo di carenza di insegnanti di storia e filosofia. Il titolare della cattedra che avrebbe dovuto seguirci dal 1° liceo fino alla maturità, morì. E venne sostituito ogni anno (sic) da supplenti che trovarono utile ricominciare daccapo il programma. Finendo così col creare un vero e proprio “buco” culturale un po’ in tutta la classe. Capirai quindi che il mio approccio alle questioni filosofiche può apparire ingenuo e forse un po’ svagato vista la mia scarsa preparazione in materia. Però non so sfuggire al fascino di una discussione sul “chi siamo, dove andiamo, perché lo facciamo” anche se so di trovarmi in acque profonde, forse anche troppo profonde per le mie conoscenze raccogliticce…

  • Carissimo Mariano, mi faccio forza e rispondo, anche se con enorme ritardo al tuo commento. DEVO rispondere (nonostante il tempo trascorso) perché tocca una questione fondamentale della politica e dell’ideologia.
    Là dove confessi: “Capirai quindi che il mio approccio alle questioni filosofiche può apparire ingenuo e forse un po’ svagato vista la mia scarsa preparazione in materia.” potresti essere giustificato a farlo al cospetto di un qualsiasi professore di filosofia, pur bravo, ma tutto compreso nell’esercizio acritico delle sue funzioni.
    Di fronte hai invece un altrettanto “svagato” quanto a preparazione scolastica, dunque un tuo simile che trova nella tua osservazione l’utilità di ricordarmi i limiti entro i quali io stesso mi muovo. Limiti però dei quali mi sento autorizzato a non tenere conto (spero tu faccia lo stesso) in conseguenza di tre solide ragioni (ideologiche e filosofiche nello stesso tempo) che mi affretto a enunciare:

    1 In quanto ogni uomo è filosofo, portatore di una filosofia con uguale dignitità rispetto tutte le altre (sarà la prassi poi a stabilirne i limiti, i frutti che è in grado di produrre: sarà nella prassi che verrà corretta, non attraverso le parole di un angusto, anche se non svagato, professore di filosofia
    2 Ambedue siamo stati partecipi di un vasto movimento (anche se con esperienze differenti) nel quale abbiamo potuto sperimentare e in parte modificare e auspico pure allargare i nostri orizzonti filosofici
    3 Nelle nostra prassi siamo venuti a contatto con la nuove classe egemone, quindi con nuove visioni del mondo, una nuova sensibilità e gerarchie di punti di vista; contatti che hanno modificato noi stessi prima ancora che le nostre idee.
    Ti ringrazio dell’opportunità che mi hai fornito per queste precisazioni.

  • Giuseppe Scuto

    Perchè questa continuità tenace nel pubblicare sciocchezze? Mah?
    Hai bisogno di un dio?
    Leggi Feuerbach e Marx, poi mangiati un gelato e vattene a nuotare nel tuo bel mare, Ciao

  • Anzitutto il ringraziamento. Ringraziare in quanto all’IO, questa frustate veloci e inaspettate, fanno tanto, ma tanto bene. Fanno bene anche all’aspirante scrittore, destinato probabilmente a restare nella limitata condizione di apprendista. Beh, speriamo di no.
    Della rudezza non mi lamtento. Non è sufficente a deprezzare la volontà di schiettezza insita nel commento .
    Quanto al contenuto non nascondo la mia perplessità. La sensazione è che tu non abbia letto con sufficiente attenzione quanto ho scritto. Perché non ti interessa andare alla radice dei due brani? Perché bloccato da una reazione fobica alla ripetizione della parola “Dio”? Non so. So solo che non hai ritenuto di chiedere conto e spiegazioni, ciocè in realtà non vuoi sapere altro di ciò che sai. Pertanto mi fermo qui, per non abusare ulteriormente di ciò che hai scritto.
    P.S. Feuerbach, Marx? qualcosa ho letto. In ogni caso non basta citarli (anche quando lo si fa in esteso) per concludere una conversazione. Non mi sarebbe bastata anche la citazione e l’argomentazione della citazione. I classici del maxismo non sono la nuova bibbia con la quale mettere a tacere chiunque si differenzi. Per di più qui fa gioco la fantasia, il lavoro di stravolgimento (quando mi riesce) della realtà. Mi dispiace che tu non sia in questo. Il timore è che tu, uguale a tanti compagni, rimanga nello spazio di chi crede che la letteratura, sia pure d’evasione, sia perdita di tempo. Non lo è. È lotta di classe nell’ideologia. Che in un primo momento vede il terreno diviso tra chi si accomoda sulla poltrona della realtà, del già detto e stradetto; e chi tenta di inoltrarsi, affrontando a viso aperto il pericolo di dire sciocchezze, per approdare a pensieri nuovi, a valori embrionalmente nuovi, a descrizioni inedite della realtà, sperando di individuare qualcosa che risulti non omologabile.
    Un lavoro improbo, credemi. Nel quale il pericolo degli inciampi è continuo. E non potrebbe essere che sia inciampato e caduto proprio nel post che commenti? Potrebbe essere, potrebbe essere…
    Ma non è che, cadendo, esca dal terrono della lotta ideologica di classe. Anche la caduta e chissà quante altre ci saranno, fa parte di questa perpettua lotta per il predominio nella società. Per l’egemonia. Bisogna metterlo in conto il fallimento. Affrontare a viso aperto. Me, comunque, non mi troverai mai dalla parte dei carnefici.

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