«La teologia femminista nella storia»

Giulia Abbate sul libro di Teresa Forcades

Non una, ma tante “scordate”, in questo saggio di suor Teresa Forcades: uno scritto breve e chiaro, direi fulminante. Quasi tutte le donne di cui parla la teologa e medica catalana in questo libro sono intellettuali dimenticate. Volutamente dimenticate!

Lo rileva la scrittrice di fantascienza Joanna Russ, nel suo saggio «Vietato Scrivere»: uno dei modi più efficaci per interdire la partecipazione delle donne al dibattito culturale e per impedire loro di esprimersi è semplicemente quello di ignorarle, con metodo, costanza e volontà. Ignorarne le voci, i lavori, i contenuti, le rivendicazioni.

In questo breve scritto – pubblicato da Nutrimenti edizioni, 2015 – Teresa Forcades ci presenta una galleria di pensatrici “femministe”, ovvero che hanno preso posizione a favore della dignità e della libertà della donna all’interno dei sistemi misogini venuti a crearsi e a cristallizzarsi con la modernità. Questa galleria non è completa, naturalmente, ma prende in considerazione donne che si sono poste problemi profondi come la libertà femminile e l’essere donne, in un quadro teorico-intellettuale che considerasse anche l’aspetto trascendente. Conosciamo pensatrici che si sono misurate direttamente con i grandi filosofi, teologi, professori del loro tempo, creando un dibattito profondo e a volte anche riconosciuto, e poi espunto dai libri di storia non appena possibile. (Alla morte di queste donne, solitamente, e di chi le conosceva direttamente; ma molte di loro hanno avuto il piacere di vedersi “sparite” quando erano già in vita, attraverso schiaccianti meccanismi di potere culturale).

Le donne prese in esame nei capitoli tematici – quelli centrali – sono: Christine De Pizan, suor Isabel de Villena, santa Teresa d’Avila (insieme a lei, le sue discepole Ana de San Bartolomé e Marìa de San José), Maria di Agreda, suor Juana Inés de la Cruz, Maria de Gournay, Bathsua Makin e Anna Maria van Shurmann, Margaret Fell, Mary Astell; abbiamo preziose citazioni di Mo Shan, Rabi’a al-Basri, Lucrezia Marinelli, Ildegarda di Bingen, Moderata Fonte.

Ci sono poi capitoli dedicati alle prime laureate d’Europa, alla querelle des femmes e alla caccia alle streghe.

Significativo che una religiosa, seppure femminista, esprima a questo riguardo considerazioni molto simili a quelle di Silvia Federici e altre, che indicano questo fenomeno come fondativo, identificando le caratteristiche della caccia alle streghe come quelle sostanziali sulle quali la modernità si è andata a costruire, non solo dal punto di vista ideologico, ma anche sociale ed economico.

E leggete qui:

«In un altro passaggio gli autori del Malleus dichiarano che uno dei segnali che caratterizzano le donne che sono state possedute dal demonio è che, contro la legge naturale e la volontà di Dio, riescono a battere i maschi in una discussione razionale».

Il Malleus Maleficarum è un testo inquisitoriale del tardo 1400, zeppo di superstizione, sessuomania e infamie misogine varie, che diventa la base teorica per i roghi successivi facendo da spartiacque fra la ragionevolezza medievale e il furore ossessivo dell’Età Moderna. Molto interessante il procedimento logico, tipico della mentalità scientista che parte dalle conclusioni per piegarvi ogni altra cosa, sulla base del principio di autorità.

I ritratti delle pensatrici non sono sterili paginette edulcorate alla “storie della buonanotte” ma rapide analisi del contributo specifico offerto dalle pensatrici citate, insieme a loro tratti biografici, quando significativi per illustrare il senso del loro lavoro. Prima di essi, Forcades ci propone un paio di capitoli introduttivi, dedicati alla teologia femminista e alla nascita della modernità osservata da una prospettiva ristretta ma significativa: quella dell’esclusione tutta moderna delle donne dal dibattito pubblico.

Praticamente un’occasione mancata, considerando il fatto che: «Le culture e le società premoderne tendevano a pensare che le donne fossero inferiori ai maschi in umanità(…) Con l’avvento della modernità (…) la capacità di ragionare e avere un criterio proprio passò a costituire il nucleo della definizione di persona».

Ma ecco qui: il dibattito anche acceso e la strenua difesa femminile della propria ragione soccombono alla decisione patriarcale che le donne non siano intelligenti, quindi siano comunque “meno persone”.

Tuttavia, sia prima che dopo la fase protomoderna della querelle des femmes ci sono voci di donne che riescono a esprimersi al di là di ogni possibile ostacolo e proibizione patriarcale, portando avanti con ostinazione il filo sottile e insieme spesso della soggettività femminile. Sottile, perché continuamente spezzato e offeso, come le vite delle donne che non si conformano; spesso, perché è inutile cianciare di inferiorità quando poi la realtà dice il contrario.

«Considero decisivo sottolineare la continuità esistente tra il femminismo – che non appare come tale fino alla fine del Diciannovesimo secolo – e l’espressione continuata nel corso della storia di quello che costituisce il suo fondamento e la sua identità, ovvero la contraddizione tra il discorso pubblico sulle donne e l’esperienza personale di ogni donna».

Anche nella teologia è così: non a caso il titolo del secondo capitolo (dopo il primo «Cos’è la teologia femminista?») è «La teologia femminista esiste da quando esiste la teologia patriarcale». Perché dalla notte dei tempi emergono voci, ancora potenti ancorché offese “dalla Storia” (ovvero dal discorso prepotente dei maschi): voci di donne che rifiutano lo stigma di inferiorità e usano gli stessi testi, citati dai patriarchi per sottometterle, per dimostrare che uomo e donna sono uguali agli occhi di Dio, e che lo studio e – come è il caso di van Shurmann – la libertà della donna è un dovere morale, se assumiamo che lo sia il miglioramento della propria anima, la cura del mondo e il canto della bellezza del Creato.

Alle conclusioni, Forcades affida un discorso che tira le somme dal punto di vista storico e chiude in modo un po’ sibillino, lasciando alle nostre mani e alla nostra esperienza campo libero. Le domande cruciali, l’autrice le pone nell’introduzione.

«Sul versante filosofico, la teologia femminista si domanda il perché: perché questa tendenza a far sparire dalla storia i contributi intellettuali delle donne?

La risposta non è facile. Non basta rispondere: “Perché i maschi dominano la storia o il mondo, e non hanno voluto o non hanno potuto difendere o tenere in conto i contributi intellettuali delle donne”. È vero che i maschi dominano la storia e il mondo? Perché? È vero che non hanno voluto o non hanno potuto difendere o tenere conto dei contributi intellettuali delle donne? Perché?

E Dio, che cosa ne dice?».

L’ultima domanda, la più radicale, è forse quella che può portarci più avanti, a patto che la abitiamo – per citare indegnamente la mistica Margherita Porete (*) – senza disgiungere conoscenza e amore. Che è poi l’auspicio finale di Forcades.

Ritrovare le voci femministe, le loro tracce, gli scampoli che di esse si sono salvati, diventa una necessità storica, oggi che ci rendiamo conto che le voci dominanti hanno contribuito, in modi diversi ma anche solo esercitando il loro dominio, a una fase storica come quella in cui siamo: un disastroso collasso sistemico, una devastazione di soggettività (umane, animali, ecologiche, intellettuali, spirituali) vampirizzate dal neoliberismo occidentale, che è la punta di diamante dell’intero processo della modernità.

Una punta di diamante inscritta nella sua nascita, non però nelle stelle: poteva andare in modo diverso. È andata così, e tornare sui nostri passi e ritrovare tutte le parole difformi e soffocate nel silenzio è un valido modo per preparare un futuro diverso.

(*) Margherita Porete, poetessa, teologa e mistica francese, fu messa al rogo nel 1310 a Parigi per aver rifiutato sia di ritrattare le sue idee, sia di presentarsi di fronte al tribunale inquisitoriale per discuterne, quando già era in prigione. Per secoli il suo «Specchio delle anime semplici» ha vagato negli archivi senza attribuzione. Si deve alla storica Romana Guarnieri la riscoperta del testo. Forcades non parla di Margherita Porete in questo saggio, che si concentra sull’aspetto intellettuale del lavoro femminile. La mistica ha altri percorsi, potrei tentare un discorso in tema, una volta o l’altra. Vi va?

NOTA DELLA “BOTTEGA”

Alla domanda di Giulia Abbate – «vi va?» – sarebbe meglio che rispondesse chi sta leggendo ma intanto la redazione della “bottega” fa sapere che … sarebbe felicissima di continuare gli scavi nella memoria perduta. Per inciso vale ricordare che il più pesante attacco organizzato subìto da questo blog nella sua ormai decennale storia avvenne per un articolo su Ivone Gebara, teologa femminista brasiliana. E quando i catto-fascisti si arrabbiano… vuol dire che si è sulla strada giusta.

 

Giulia

12 commenti

  • Ringrazio Giulia Abbate per questo breve ma ottimo post, perché allarga i miei orizzonti sul problema del ruolo cvolto dalle donne nella società. Spero siano in molti a leggerlo.
    Vale in particolare la citazione dal Malleus che varrebbe una più ampia diffusione; citazione che sostanzialmente vuol significare: se dimostri di avere ragione, hai torto, poiché noi, senza aver bisogno di dimostrare alcunché, abbiamo ragione per principio quando sosteniamo che tu hai torto per principio.
    Non lo posso trasferire sul mio blog, perché non trovo il pulsante adatto, ma su facebook si, posso. Per cui provvedo subito.

    • Grazie mille a lei per l’apprezzamento prezioso e la condivisione.
      nota personale: attraverso questo percorso “teologico”anche io sto cercando di “trascendere”, in senso buono: sento la necessità di allargare i miei orizzonti, finora molto materialisti per educazione e abitudine mentale. Per me questo si sta rivelando un bel viaggio 🙂 e spero di riuscire a comunicare almeno l’entusiasmo che provo, a chi legge.
      Care cose e ancora grazie.

  • Mariano Rampini

    Un suggerimento prezioso quello che fornisce Giulia Abbate in questa sua breve recensione/pensiero sulle suggestioni fornite da Forcades. Ma una domanda mi sorge spontanea o, meglio, un dubbio. Accettare per fede un determinato credo non è una forma di accettazione dei vincoli che lo stesso credo, per sua natura, comporta? La fede lascia poco spazio al dubbio. Mentre considerare la donna in modo diverso da come coloro che hanno creato le basi teoriche di quel credo hanno voluto sancire (una regola immutabile a cui, se vuoi credere, non puoi sfuggire) è una sorta di rivolta dell’animo. E una rivolta dell’animo come può conciliarsi con la fede? Quest’ultima – e un mio modestissimo parere – unisce donne e uomini in un unico rispetto di un’idea. Ma se si introducono elementi di diversità non si finirebbe col mettere in discussione le basi stesse della fede? In attesa di un contributo in proposito mi do una risposta da solo: la fede vive nella diversità. Ma è una risposta in cui non credo fino in fondo…

    • Molto interessante, questo commento, grazie!
      Il dubbio lo tovo assolutamente condivisibile. Forse possiamo disgiungere la fede dalla religione, facendo un passo indietro da questa abitudine un po’ illuminista (detto non in senso dispregiativo, mi pare solo che sia l’illuminismo che abbia gettato le basi di questa identificazione: volendo contestare il potere religioso, ha travolto anche l’anelito spirituale, che è ben altro e alla radice non solo della nefasta religione ma temo anche dell’umano).
      Sulla rivolta verso i vincoli: sì, esiste e chiama in causa la religion, strutturando altre modalità di vivere la fede.
      A questo inghippo che segnali credo contribuiscano i testi sacri: alla fine, secondo me, li puoi leggere in qualsiasi modo perché sono “macchine metaforiche” di una complessità enorme, quindi dipende da cosa vi si vuole trovare, non dal testo soltanto. In un certo senso, un po’ estremo, ha “ragione” sia la femminista radicale sia il fondamentalista patriarcale, entrambi possono basarsi sul testo sacro con uguale successo.
      Questa è la ragione per cui sto studiando con grande attenzione la mistica, in particolare quella femminile medievale. Perché l’esperienza mistica si avvicina più alla fede, rispetto alla lettura dei testi sacri che è anche questione religiosa; è un’esperienza iniziatica e incomunicabile, perché unicamente esperienziale e spirituale, quindi non passa per il logos. Quindi non si può pervertire o armonizzare a ciò che si vuole trovare, si può solo prepararsi a che succeda e poi viverla. E però, come sa chiunque abbia una seppur minima pratica meditativa, non è meno vera e valida, quando la si sperimenta. Non è questione di un’idea, ma proprio di un sapere intimo che scaturisce a e in noi.
      C’è forse stato un momento nella storia europea in cui questa mistica avrebbe potuto fare la differenza. Poi ci sono stati i roghi e le persecuzioni ereticali. La mistica cristiana è sopravvissuta in solchi meno sfidanti verso il potere fino al Seicento (usando anche dei testi buddisti senza saperlo!). Poi, proprio con i Lumi, questa tradizione si è seccata, e ora dobbiamo cercare nella storia o in altre culture la strada per questo sapere.
      Un caro saluto e grazie del commento!

      Giulia

    • Pio Russo Krauss

      “La fede lascia poco spazio al dubbio”. Da credente penso esattamente il contrario: che la fede si fonda sul dubbio e vive di dubbi. Senza dubbi c’è solo fanatismo o alienazione religiosa.

  • Giuliano Spagnul

    Le religioni sono state il più efficiente ombrello protettivo per l’attività profana su cui si basa l’esistenza umana. E da qui occorrerebbe partire per una discussione in cui si rischia di fare molta confusione, mischiando fede, spiritualità, mistica, stregoneria, illuminismo, modernità ecc. Oggi grandi studiosi di storia delle religioni, di cui il nostro paese può vantare nomi eccellenti come Angelo Brelich, per fare un solo esempio, sono del tutto dimenticati. Come Luciano Parinetto riguardo alla stregoneria. E comunque “Tremate le streghe son tornate” conferma quanto nel Malleus si voleva portare come prova di complicità col demonio. Occorre essere streghe per sfidare l’uomo sul piano razionale, cioè saper usare la malizia facendo finta di credere che la razionalità sia la base della verità.

    • Salve, Giuliano, grazie per il commento e per i nomi che cita, che tenterò di approfondire : non dovendomi prendere una laurea, procedo con tempi abbastanza tranquilli e una lista del tutto personale e arbitraria ^^ ma se ravvisa qui una confusione tra i termini che io prima di lei ho citato, sarò lieta di leggere una confutazione o eventuali correzioni.
      Relativamente alle streghe, certo, se assumiamo come definizione di “strega” quella del Malleus possiamo chiamare in causa malizia e sfida all’uomo sul piano logico, ma non è quello che intendevano le femministe degli Anni Settanta, credo, o almeno non solo. In generale, definire sé stess* con una parola inventata da qualcuno che ci è nemico non è una buona idea; ma nella comunicazione politica, e a questo ricondurrei quello slogan, può essere una strategia tremendamente efficace per ribaltare il tavolo da gioco.
      Saluti!

      • Giuliano Spagnul

        Velocemente, altrimenti occorrerebbe un saggio, mi sembra che attribuire all’illuminismo la colpa di aver unificato la fede (o dobbiamo chiamarlo anelito spirituale?) con la religione per disfarsi di entrambi con un colpo solo è un po’ azzardato e non capisco su quali basi si possa sostenere. L’alleanza dell’uomo scientifico nascente con l’uomo di fede è la base della modernità; a uscirne a pezzi è tutto l’armamentario simbolico filosofico medievale, ormai incomprensibile alle stesse gerarchie ecclesiastiche. Non so quale peso potrebbe aver avuto la mistica sul piatto della bilancia tra il vecchio mondo magico in agonia e il nuovo incantesimo capitalista nascente. Poi che il termine streghe sia denigrante non saprei, io ho sempre visto, come tutti i maschi del resto, la donna come strega, cioè essere che pensa in modo diverso e che non teme i rischi dell’uscire dal seminato (da ciò che intendiamo per razionale). Se perdona il mio tono sicuramente un po’ arrogante, ma il tema è veramente importante, le vorrei ancora consigliare un libro molto importante al riguardo (anche se forse lo conosce già) Il dio delle donne di Luisa Muraro. Poi se proprio dovesse incuriosirla il mio modesto pensiero ci sono le mie recensioni ai film di Dreyer (Dies Irae, Ordet ecc.) sono in Bottega e basta cliccare Dreyer.

        • Caro Giuliano,
          non mi ritengo a priori nel giusto, tipo i compari del Malleus; ma se affermo quello che affermo è perché ne ho delle ragioni e uno studio, seppur non sistematico e abbastanza silenzioso, di anni (in esso rientrano numerosi testi di Muraro, tra cui quello che cita, grazie!). Tuttavia non ritengo sia questo il luogo per confutazioni e controconfutazioni, dico solo questo: concordo sul fatto che la modernità abbia messo in cantina l’armamentario medievale, concorderà lei con me che le cose non si sono arrestate lì.

          Per la mistica, l’ipotesi che chiama in causa il capitalismo nascente è suggestiva, ma la introduce lei, io non l’avevo in mente, pensavo più che altro al “fare la differenza” nella storia della Chiesa, che a un certo momento è stata fortemente questionata dalla spinta interna di tanti movimenti di fede, e ha reagito con una violenza rovinosa a questa sfida.

          Poi: lei è libero di definire come le pare “la donna”, io da donna (seguendo anche la lezione di Muraro, in questo) sono libera di affermare che la cosa non mi riguarda. Però mantengo il forte dubbio che riguardi “tutti i maschi”.

          Suoi pezzi ne ho letti e ne leggo qui e anche altrove, ad esempio su Effimera. Indovina nel presumere che il suo tono in questa sede non mi piace moltissimo: ciò non toglie che continuerò a leggerla con interesse. A presto e grazie per il confronto.

  • Giuliano Spagnul

    Mi dispiace per il mio tono un po’ ruvido, che io stesso ho definito un po’ arrogante dato che evidenziavo il rischio di una certa confusione nel voler far stare troppe cose in un testo così piccolo. Ho sbagliato io a lasciarmi indurre in tentazione a suggerire approfondimenti in un luogo non appropriato (anche se confesso oggi non so più quali siano i luoghi giusti per farlo). Mi scuso ancora.

    • Un tono ruvido non impedisce che uno scambio sia interessante e positivo, come questo. I consigli di lettura me li sono doverosamente segnati! Grazie e buone cose 🙂

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