Alberta, Alberto, il carcere
Strani incroci. E io mi diverto, per una volta, a fare il vigile (dirigere il traffico insomma).
Tre strade. La prima si chiama Alberta Bigagli, ha 85 anni, fiorentina e si sente: fa un mucchio di cose, poesie a esempio e una rivista – «Voce viva» («viaggio nei sentieri nascosti del linguaggio espressivo») – dove fra l’altro parla del suo «amico» Fernando Caro che è stato a lungo in un «braccio della morte» dove è diventato poeta e pittore. Il carcere è uno dei luoghi, dei mondi anzi, che Alberta frequenta. Ne ha parlato qualche giorno fa a Roma presentando la sua opera poetica «Dopo la terra» (Passigli editore) e io lì l’ho scoperta, nel senso che prima non la conoscevo.
La seconda strada si chiama Alberto De Angelis, 53 anni, romano verace. Appena l’ho incrociato (8 anni fa) mi ero già messo in cammino – senza saperlo – per diventarne amico, testimone di nozze e persino coinquilino quando qualche lavoraccio mi fagocita a Roma. Alberto adesso lavora con le immagini ma ha anche scritto un libro molto bello (l’ho letto mentre lo finiva; spero che presto troverà l’editore giusto) sulle sue esperienze da carcerato. Il cuore di Alberto è spropositato: non un problema medico ma generosità oltre ogni saggezza, oltre ogni follia.
La terza strada è il carcere, maschile al singolare e chissà perché femminile al plurale: una di quelle eccezioni che fanno ammattire chi studia l’italiano. In carcere io ci sono stato 13 giorni da detenuto «politico», tornandoci due volte per «colloqui» e in una quindicina di occasioni su invito (da giornalista più che altro). Molti anni fa per un’inchiesta sul lavoro in galera parlai con detenute e detenuti di Firenze dove oggi ci sono due galere ma sia la vecchia che la nuova fanno schifo.
La prigione di Firenze è il punto dove (ma loro ancora non lo sanno) ho deciso di fare incontrare Alberta e Alberto. Intanto li preparo qui in blog.
C’è una poesia di Alberta che mi pare un buon biglietto da visita per l’incontro; è tratta da «Il sentimento della storia»). Si intitola «Stop all’alienazione» e riprende – o parafrasa se vi piace parlar complesso – lo «stop alla guerra» del poeta operaio Ferruccio Brugnaro con i versi «non abbiate paura che sia tardi». Eccola.
Non abbiate paura che sia presto
non parlate mai più solamente
per convenzione e per decoro.
L’indifferenza e il sospetto
si stanno inoculando ed invadono
i gesti dell’uomo
il suo pensare e sentire.
Non abbiate paura che sia presto.
L’esasperato culto del potere
sta regalando false libertà
compra ai mercati altamente manageriali
violenti e mascherati
le nostre potenzialità di vita.
L’analisi creativa nasce abortita.
Non abbiate paura che sia presto.
Sconfiggere la nuova pigrizia.
Solo un fare alienato si incontra
un asmatico vivere fra noi
e dichiarati esorcismi di morte.
Non abbiate paura che sia presto.
Date voce all’impulso dell’innocenza
ed entrate con nuda parola
con lo sguardo diretto
nei luoghi del castigo del dolore
della sana ignoranza.
Qui c’è un link – http://www.youtube.com/watch?v=7F739LaA2ro (per sentirla… in un altro modo) – per chi vuole «sentirla» in un altro modo.
E ora cè una poesia di Alberto che mi pare un buon biglietto da visita per l’incontro; non è tratta da nessuna raccolta perché lui ha scritto pochissimi versi. Però c’è una premessa, cioè quel che mi scrisse quando me la spedì: «caro Daniele, tempo fa lessi un articolo sugli immigrati annegati dopo che la barca si rovesciò. La notizia mi scosse e decisi di scrivere una storia. Quando iniziai le prime righe mi chiesi se era rispettoso farlo e quale motivo mi spingeva. Buttai quel che avevo scritto e ci pensai un mese. Poi una sera sentii che la mia coscienza era tranquilla, non scrissi piu una storia, ma una poesia, si intitola Teste nere» (chiarisco, per chi non è religioso, che la compieta è la preghiera della sera o che chiude un ciclo). Eccola.
In una notte clandestina
si rovesciarono i destini
di chi conobbe la fatica
Dissero e non dissero
guardarono non piansero
subirono
L’onda canta spiritual
agli occhi delle stelle
la compieta della vita
Di recente Alberto ha letto (sulla rivista «Fuori binario» di Firenze) una poesia uscita dalla sexione femminile di Sollicciano, il nuovo carcere fiorentino, e ne ha volto fare un’opera. Potete vederla qui sotto.
Ecco le tre – o più strade dell’incontro. In blog. Poi dal vivo … chissà.
raramente emozioni cosi immense.
mia terra tonda, mia terra profonda
http://www.youtube.com/watch?v=PLnrj1VAWhc
La poesia di Alberta ( ma la poesia in generale ) non ha bisogno di una così stentorea declamazione.
Ha suono fermo e leggero, percuote l’anima carezzando.
Sergio Ciulli
credo che dipenda dalla poesia ma ovviamente la mia opinione vale uno (db)