Amianto a San Lazzaro, Comune ex virtuoso

di Vito Totire (*)

Cominciamo a dare informazioni sulle tubazioni in amianto per l’ acqua “potabile”. Il 20 aprile abbiamo contattato il comune di San Lazzaro per avere lumi sul fibrocemento in via Val dei Fiori (un capannone e una tettoia).

I quesiti erano:

  1. si tratta di cemento-amianto?
  2. se sì: il sito è censito?
  3. se sì: come si intende procedere per la bonifica?

Un quesito generale è poi: San Lazzaro, rispetto al tema amianto, ha esaurito la sua spinta propulsiva? Fu infatti fra i primi Comuni italiani a disporre il censimento capillare dell’amianto. La proposta in verità era nostra; ma – come disse Lucio Anneo Seneca – «le idee migliori sono proprietà di tutti». Purtroppo la “spinta propulsiva” non incluse la nostra proposta di allargare il censimento all’amianto underground; nei primi anni si arrivò a censire 104.000 mq di cemento amianto. Pur nella consapevolezza che i dati non fossero esaustivi e che vi era stato un certo numero di non responders (soggetti che non hanno ottemperato all’obbligo di autonotifica).

Il sito di via Val dei fiori è tra questi? Lo vedremo.

Intanto cresce la preoccupazione per l’amianto nell’acqua “potabile”. Le rassicurazioni telefoniche della Ausl non bastano. Abbiamo dunque chiesto, per avere un indicatore proxy, quali siano stati i siti di intervento su tubazioni in cemento-amianto rotte. Da decenni andiamo dicendo che il rilascio di amianto da queste tubazioni non è continuo (tipo il goccia a goccia delle flebo) ma è un rilascio a poussées, vale a dire a zaffate che molto verosimilmente precedono l’evento definitivo della rottura la quale a sua volta determina poi il “fontanazzo” in strada. La mappa delle rotture è dunque un interessante indicatore proxy di rischio/vulnerabilità. La Ausl ha risposto al nostro quesito. I siti 2016 in cui si sono verificate rotture sono stati: via Marzabotto (4.2.2016); ancora via Marzabotto 8 (24.2.2016); via Mirandola 6 (15.4); via Mirandola di sopra (20.4); via Croara 74 (11.8); via XXV aprile (23.9); via Castel de Britti (2.10). Fra l’altro Castel de’ Britti non ha una bella storia in quanto a rifiuti anche di amianto…

La Ausl ha riferito anche le date e il numero di metri di tubazione asportati. Questi dati confermano quello che già sapevamo: l’amianto c’è.

Che fare?

Monitorare? Accontentarsi delle rassicurazioni telefoniche della Ausl?

Basta mollare la assurda pretesa dell’obbligo di bere l’acqua “del sindaco” (quale infelicissima definizione).

Piuttosto noi diciamo:

  1. concludere il censimento dell’amianto e delineare le prospettive e i tempi che ci separano dalla dichiarazione di San Lazzaro città asbetos free!
  2. bonificare anche l’amianto underground

Temporeggiare danneggia gravemente la salute. San Lazzaro storicamente è un luogo significativo nelle vicende umane che riguardano la sanità pubblica. Infatti i Lazzaretti furono la cruenta e crudele risposta all’esigenza di preservare le persone sane dal contagio; una scelta crudele perché segregava esseri umani.

Nel nostro caso segregare l’amianto non comporta le stesse sofferenze ma solo costi economici, che tuttavia migliorerebbero la speranza di salute e di vita della popolazione. Che aspettiamo per liberarci dalla “peste moderna” che è l’amianto?

Fra l’altro è strano che con tanti politici rottamatori proprio su una sostanza cancerogena come l’amianto si fermi la rottamazione…

Bologna, 4.5.2017

(*) Vito Totire è presidente AEA, l’Associazione esposti amianto e rischi per la salute

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