Ariane Lavrilleux libera, grazie alla mobilitazione
dopo 39 ore di fermo di polizia Ariane Lavrilleux è libera, a Marsiglia
La giornalista francese Ariane Lavrilleux in custodia cautelare per la sua inchiesta sull’operazione Sirli in Egitto – Alekos Prete
La giornalista del quotidiano investigativo Disclose, Ariane Lavrilleux, collaboratrice di RFI, è stata arrestata martedì 19 settembre. All’origine del suo arresto le rivelazioni della sua inchiesta del 2021 sull’operazione militare Sirli in Egitto e sui suoi legami con le forze armate francesi.
“Sono sconvolta e preoccupata per l’escalation degli attacchi alla libertà d’informazione e per le misure coercitive adottate contro la giornalista di Disclose”, ha dichiarato Virginie Marquet, avvocato di Ariane Lavrilleux e dei media investigativi. “Questa perquisizione rischia di ledere gravemente la riservatezza delle fonti dei giornalisti, che posso legittimamente temere sia stata completamente violata da questa mattina. Disclose proteggerà i giornalisti che hanno rivelato solo informazioni di interesse pubblico”, ha aggiunto.
L’operazione, affidata alla DGSI, nasce da un’indagine giudiziaria in corso dal luglio 2022 aperta dalla procura di Parigi e che anticipa di poche settimane gli Stati Generali dell’informazione voluti dall’Eliseo. Intanto France.tv, l’azienda che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo in Francia, ha pubblicato l’inchiesta integrale sul proprio sito. “È un affare di Stato – si legge su France.tv -denunciato da un informatore che non poteva più tacere. Rivela come la Francia avrebbe fornito a un regime autoritario, l’Egitto, informazioni utilizzate per commettere crimini, il tutto in nome di un interesse commerciale più alto: la vendita di armi”.
Numerosi organi di stampa e giornalisti, nonché Reporter Senza Frontiere (RSF), hanno espresso la loro indignazione sui social network, definendo l’operazione di polizia un “ostacolo inaccettabile alla libertà di informazione”. Secondo Pierre Isnard-Dupuy, portavoce del collettivo di giornalisti indipendenti Presse-Papiers: “Informare non può essere un reato. È una libertà fondamentale e questo non riguarda solo i giornalisti, ma tutti i cittadini, la salute della nostra democrazia”.
Intervenuta con un comunicato anche la Federazione Internazionale della Stampa: “L’IFJ l’EFJ e i loro affiliati francesi si uniscono a Disclose nel denunciare l’intervento della DGSI come “un altro inaccettabile episodio di intimidazione”. Le federazioni condannano un’operazione chiaramente mirata a identificare le fonti che hanno permesso di rivelare la complicità della Francia nei crimini di Stato in Egitto . “Il governo francese, che ha appena scandalosamente modificato il progetto di regolamento europeo EMFA per legalizzare lo spionaggio dei giornalisti, è il segno di una politica ostile alla stampa e al diritto di accesso dei cittadini all’informazione. Chiediamo il rilascio immediato di Ariane Lavrilleux e la cancellazione di ogni accusa contro di lei”, ha dichiarato martedì il segretario generale dell’EFJ Ricardo Gutiérrez .
Arianne Lavrilleux è stata liberata grazie all’immediata mobilitazione
Dopo quasi 40 ore, il fermo di polizia della giornalista Ariane Lavrilleux è stata revocato mercoledì sera. La marsigliese ha annunciato sul suo account X: “Sono libera, grazie mille per il vostro sostegno!”
Immediatamente dopo il suo fermo giornalisti e persone comuni si erano radunate per protestare contro l’evidente intimidazione di una giornalista scomoda, sottolineando il tema della libertà di stampa.
Martedì mattina, la sua casa di Marsiglia era stata perquisita a lungo da agenti della DGSI (agenzia di intelligence nazionale francese). “Viene trattata come una criminale quando tutto ciò che ha fatto è il suo lavoro”, ha dichiarato indignato Disclose, media per il quale ha pubblicato una serie di inchieste sul coinvolgimento dello stato francese nell’esecuzione di civili sotto la dittatura del generale Al Sissi in Egitto e sulla vendita di armi ed equipaggiamenti militari a Paesi come Russia, Libia e Arabia Saudita.
Francia-Egitto, lo sporco gioco dei Servizi e l’intimidazione dell’informazione – Enrico Campofreda
Non potendo prendersela coi suggeritori occulti – la fonte dei cosiddetti Egypt papers, ultimo, penultimo o terz’ultimo capitolo delle notizie segretissime desegretate per mano di ‘informatori’ – gli agenti della Direzione generali dei servizi interni francesi hanno assediato Arianne Lavrilleux, la giornalista che aveva firmato un lavoro collettivo d’inchiesta pubblicato dalla testata investigativa Disclose. Un’inchiesta ‘vecchia’ di due anni che aveva svelato e denunciato i contorni oscuri dell’operazione Sirli, intreccio affaristico d’Intelligence fra Egitto e Francia con presunte finalità antiterroristiche avvenuta nel 2016.
( vedi inchiesta https://egypt-papers.disclose.ngo/en/ )
Così Lavrilleux s’è ritrovata l’abitazione di Marsiglia stipata di agenti che l’hanno bloccata e interrogata un giorno intero chiedendole quel che un cronista deontologicamente non può fare: rivelare la fonte della documentazione ottenuta. Tutto avviene con estremo ritardo, come detto l’inchiesta è del 2021, e non crediamo proprio che la reazione poliziesca sia stata rallentata da questioni di pandemia. Dunque? Se non si tratta d’un anticipato volatone securitario a favore di un’opinione pubblica sempre più conservatrice affacciata alle europee, visto che le presidenziali di Francia sono lontane un quadriennio sebbene i sondaggi sorridano a Marie Le Pen, l’aria coercitiva mossa dal presidente Macron è il comune denominatore con cui moderati centristi ed estrema destra s’inseguano, in vari casi col contributo dei sedicenti progressisti. Accade in tutto il vecchio continente.
Dunque è l’aria coercitiva che gira su se stessa e tende a orientare l’opinione pubblica con alibi giustificativi ipernazionali: barriera al terrorismo, sicurezza patria, difesa d’identità e valori col reale intento di limitare e bloccare la controinformazione Quella che dribbla le verità ufficiali cercando altre verità tenute nascoste per ragion di Stato. Proprio quest’ultima ha accompagnato l’operazione poliziesca contro la collaboratrice di Disclose, rea di avere raccolto, selezionato, riassunto centinaia di documenti ottenuti dalla presidenza dell’Eliseo (all’epoca retto dal socialista Hollande), dal Ministero della Difesa e dalla Communauté française de renseignement. Quei documenti evidenziano che la collaborazione fra l’Egitto del generale Al-Sisi e la Francia repubblicana, oltre alla già nota fornitura più o meno miliardaria di aerei da caccia e fregate d’assalto, consisteva in operazioni segrete da effettuarsi nel Sahel contro le formazioni jihadiste locali. Però Il Cairo spostò sui confini libici almeno una ventina di questi attacchi, indirizzandoli contro i commerci più o meno leciti compiuti da carovane beduine, colpendo insomma gente comune.
Gli “Egypt papers” dicono anche altro: il sistema repressivo di Al Sisi, quello che in contemporanea, siamo nel 2016, si sfuriò anche sul corpo di Giulio Regeni, non era organizzato tutto in proprio. Grazie al partenariato con Agenzie amiche dei Paesi del vecchio continente, i mukhabarat del Cairo potevano spiare i connazionali all’estero e in casa. E dunque, il governo del socialista Hollande aiutò le smanie repressive del generale-presidente, gli fornì suggerimenti e supporti tecnici per l’ampliamento del lager-carcerario, che vede tuttora detenuti sessantamila cittadini e scomparsi quasi una decina di migliaia, per piazzare i propri Rafale sulle piste del grande Paese arabo. Alla faccia de la liberté, che il successore all’Eliseo, ormai inquilino dal 2017, ama a suo modo, sicuramente non a favore dell’informazione alternativa all’ufficialità di ministeri e Servizi. Se in quei Palazzi normalmente si trama (pensiamo alla strage di Ustica del 1980), ma si trama pure a sfavore di chi governa la nazione – la manina che ha dispensato le carte a Disclose non è quella di Arianne Lavrilleux che al più le ha raccolte, selezionate, divulgate – qual è lo scopo dell’accanimento contro chi mette il proprio lavoro al servizio dei cittadini?
VENTE D’ARMES : L’ÉTAT FRANÇAIS TRAQUE NOS SOURCES
Après 39 heures de garde à vue, notre journaliste Ariane Lavrilleux a retrouvé la liberté. Les services de renseignement intérieur lui reprochent d’avoir signé, pour Disclose, une série d’articles basés sur des informations « confidentiel-défense ». Une procédure d’exception dont le seul but est de traquer nos sources.
https://disclose.ngo/fr/investigations/vente-darmes-letat-francais-traque-nos-sources