Bisogna saper perdere

articoli, video, immagini di Massimo Cacciari, Donatella Di Cesare, Raniero La Valle, Carlo Rovelli, Michele Santoro, Marco Tarquinio, Domenico De Masi, John Mearsheimer, Francesco Masala, Alessandro Marescotti, Robert F. Kennedy Jr, Douglas McGregor, Ennio Remondino, Pasquale Pugliese, Manlio Dinucci, Piero Orteca, Sascha Picciotto, Stefano Orsi, Alastair Crooke, Jesus Lopez Almejo, Vauro

Appello all’Europa: scenda in campo per costringere i governi a cambiare politica

Gli ultimi avvenimenti dimostrano quali formidabili pericoli il mondo possa correre in seguito a un’esplosione “anarchica” dell’impero russo. Migliaia di sistemi d’arma micidiali possono finire nelle mani di gruppi politici e para-militari assolutamente irresponsabili. Uno scenario di questo genere dovrebbe spingere ogni autorità ragionevole, al di là della discussione e della ricerca sulle cause che ci hanno condotto a questo punto, ad assumere tutte le iniziative possibili per un cessate il fuoco, per una tregua, per l’avvio di serie trattative. Che significa ostinarsi per la “vittoria”? Che significa “vittoria”? La continuazione del massacro bellico in terra ucraina sino, appunto, alla dissoluzione sic et simpliciter della Federazione Russa?
Grandi Paesi, come India, Brasile, Indonesia si sono espressi per una equa soluzione del conflitto rimanendo del tutto inascoltati. Il Papa e la Chiesa insistono anche invano da tempo perché parlino finalmente politica e e diplomazia e, con la missione promossa in queste settimane, hanno osato dare un esempio. Questa è la via che anche la nostra Costituzione esige senza mezzi termini. Non solo in essa non esiste traccia di un concetto di “guerra giusta”, ma, comunque si voglia interpretare e in che limiti il nostro “ripudio” della guerra, ciò che è certo è che il dettato costituzionale obbliga chi ci governa a privilegiare sempre e comunque la via della trattativa. Che si fa in questo senso? Quali atti ha assunto il nostro Governo per promuovere iniziative già sperimentate in altri teatri di guerra, come l’invio di forze internazionali di interposizione?
Noi riteniamo, inoltre, che un Governo sia costituzionalmente tenuto ad agire per l’interesse nazionale. Quale interesse ha il nostro Paese a che si continui una guerra, si continui in massacri e devastazioni, che calpestano ogni diritto umano? Nessuna persona dotata del ben dell’intelletto può ritenere altro che idiota propaganda i paragoni con la guerra mondiale delle democrazie contro il nazi-fascismo. L’interesse europeo, economico, politico, culturale è che la guerra finisca, che la Federazione russa mantenga la sua stabilità, che i rapporti economico-culturali con essa possano riprendere. Interesse nazionale è che i fondi per l’aumento delle spese militari possano essere utilizzati per sostenere le strutture già in crisi del nostro Stato sociale. Stiamo assistendo a un vergognoso aumento di queste spese in tutto il mondo, a un vero e proprio riarmo tedesco, mentre crollano gli investimenti in scuola, sanità, servizi. Anche questo è palesemente contrario a spirito e lettera della Costituzione. E’ necessario che un grande movimento di popolo costringa i governi europei a un drastico mutamento di rotta.
Questo appello è stato sottoscritto da:
Massimo Cacciari
Donatella Di Cesare
Raniero La Valle
Carlo Rovelli
Michele Santoro
Marco Tarquinio

da qui

 

Il buio che ci sta davanti: dove è diretta la guerra in Ucraina – John Mearsheimer

Questo recentissimo articolo di John Mearsheimer, che traduciamo e pubblichiamo (su italiaeilmondo.com), raccoglie gli argomenti fondamentali degli interventi pubblici recenti e prossimi del grande studioso americano. Difficile sopravvalutarne l’importanza. In esso si ritrovano, corredati da un ampio apparato di note e documenti, gli elementi essenziali della situazione in Ucraina, e dei suoi prossimi, probabili sviluppi. Come d’uso, Mearsheimer li esprime con la massima semplicità e chiarezza, in uno sforzo di obiettività e perspicuità che gli fa onore.

Buona lettura,

Roberto Buffagni

 
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Il buio che ci sta davanti: dove è diretta la guerra in Ucraina

Questo articolo esamina la probabile traiettoria futura della guerra in Ucraina.[1] Affronterò due questioni principali.

Primo: è possibile un accordo di pace significativo? La mia risposta è no. Siamo in una guerra in cui entrambe le parti – l’Ucraina e l’Occidente da una parte e la Russia dall’altra – si vedono come una minaccia esistenziale che deve essere sconfitta. Dati gli obiettivi massimalisti di entrambe le parti, è quasi impossibile raggiungere un trattato di pace praticabile. Inoltre, le due parti hanno divergenze inconciliabili per quanto riguarda il territorio e il rapporto dell’Ucraina con l’Occidente. Il miglior risultato possibile è un conflitto congelato che potrebbe facilmente trasformarsi in una guerra calda. Il peggiore esito possibile è una guerra nucleare, che è improbabile ma non si può escludere.

In secondo luogo, qual è la parte che probabilmente vincerà la guerra? La Russia alla fine vincerà la guerra, anche se non sconfiggerà in modo decisivo l’Ucraina. In altre parole, non conquisterà tutta l’Ucraina, ciò che sarebbe necessario per raggiungere tre degli obiettivi di Mosca: rovesciare il regime, smilitarizzare il Paese e tagliare i legami di sicurezza di Kiev con l’Occidente. Ma finirà per annettere un’ampia porzione di territorio ucraino, trasformando l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale. In altre parole, la Russia otterrà una brutta vittoria.

Prima di affrontare direttamente questi temi, sono necessarie tre considerazioni preliminari. Innanzitutto, sto cercando di prevedere il futuro, cosa non facile da fare, visto che viviamo in un mondo incerto. Pertanto, non sto sostenendo di avere la verità; infatti, alcune delle mie affermazioni potrebbero essere smentite. Inoltre, non sto dicendo ciò che vorrei che accadesse. Non sto facendo il tifo per una parte o per l’altra. Sto semplicemente dicendo ciò che penso accadrà con il procedere della guerra. Infine, non sto giustificando il comportamento russo o le azioni di nessuno degli Stati coinvolti nel conflitto. Sto solo spiegando le loro azioni.

Ora passiamo alla sostanza.

 

Dove siamo oggi

Per capire dove sta andando la guerra in Ucraina, è necessario innanzitutto valutare la situazione attuale. È importante sapere come i tre attori principali – Russia, Ucraina e Occidente – pensano alle minacce che li circondano e concepiscono i loro obiettivi. Quando parliamo di Occidente, tuttavia, ci riferiamo soprattutto agli Stati Uniti, poiché gli alleati europei prendono ordini da Washington, quando si tratta di Ucraina. È inoltre essenziale comprendere l’attuale situazione sul campo di battaglia. Cominciamo con le minacce che circondano la Russia e i suoi obiettivi.

 

Le minacce secondo la Russia

È chiaro sin dall’aprile 2008 che i leader russi considerano una minaccia esistenziale gli sforzi dell’Occidente per far entrare l’Ucraina nella NATO e farne un bastione occidentale ai confini della Russia. In effetti, il Presidente Putin e i suoi luogotenenti lo hanno ripetutamente sottolineato nei mesi precedenti l’invasione russa, quando stava diventando chiaro che l’Ucraina era quasi un membro de facto della NATO.[2] Dall’inizio della guerra, il 24 febbraio 2022, l’Occidente ha aggiunto un ulteriore livello a questa minaccia esistenziale, adottando una nuova serie di obiettivi che i leader russi non possono fare a meno di considerare estremamente minacciosi. Di seguito dirò di più sugli obiettivi occidentali, ma è sufficiente dire che l’Occidente è determinato a sconfiggere la Russia e ad espellerla dai ranghi delle grandi potenze, se non a provocare un cambiamento di regime o addirittura a innescare una disgregazione della Russia analoga a quella dell’Unione Sovietica nel 1991.

In un importante discorso pronunciato lo scorso febbraio (2023), Putin ha sottolineato che l’Occidente è una minaccia mortale per la Russia. “Durante gli anni che hanno seguito la dissoluzione dell’Unione Sovietica“, ha detto, “l’Occidente non ha mai smesso di cercare di incendiare gli Stati post-sovietici e, soprattutto, di finire la Russia in quanto maggiore porzione sopravvissuta dell’estensione storica del nostro Stato. Hanno incoraggiato i terroristi internazionali ad aggredirci, hanno provocato conflitti regionali lungo il perimetro dei nostri confini, hanno ignorato i nostri interessi e hanno cercato di contenere e sopprimere la nostra economia“. Ha poi sottolineato che “l’élite occidentale non fa mistero del suo obiettivo, che è, cito, ‘la sconfitta strategica della Russia’. Cosa significa questo per noi? Significa che hanno intenzione di finirci una volta per tutte“. Putin ha poi aggiunto che: “questo rappresenta una minaccia esistenziale per il nostro Paese“.[3] I leader russi vedono anche il regime di Kiev come una minaccia per la Russia, non solo perché è strettamente alleato con l’Occidente, ma anche perché lo considerano figlio delle forze fasciste ucraine che hanno combattuto a fianco della Germania nazista contro l’Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale.[4]

 

Gli obiettivi della Russia

La Russia deve vincere questa guerra, poiché ritiene di dover affrontare una minaccia alla propria sopravvivenza. Ma che aspetto ha la vittoria? Il risultato ideale, prima dell’inizio della guerra nel febbraio 2022, era trasformare l’Ucraina in uno Stato neutrale e risolvere la guerra civile nel Donbass, che opponeva il governo ucraino ai russi etnici e ai russofoni che volevano una maggiore autonomia, se non l’indipendenza, per la loro regione. Sembra che questi obiettivi fossero ancora realistici durante il primo mese di guerra, e sono stati infatti alla base dei negoziati di Istanbul tra Kiev e Mosca nel marzo 2022.[5] Se all’epoca i russi avessero raggiunto questi obiettivi, l’attuale guerra sarebbe stata evitata o sarebbe finita rapidamente.

Ma un accordo che soddisfi gli obiettivi della Russia non è più possibile. L’Ucraina e la NATO sono legate a doppio filo per il prossimo futuro e nessuna delle due è disposta ad accettare la neutralità ucraina. Inoltre, il regime di Kiev è un anatema per i leader russi, che lo vogliono eliminare. Essi parlano non solo di “de-nazificare” l’Ucraina, ma anche di “smilitarizzarla”, due obiettivi che presumibilmente richiederebbero la conquista di tutta l’Ucraina, la costrizione alla resa delle sue forze militari e l’insediamento di un regime amichevole a Kiev[6].

Una vittoria decisiva di questo tipo non è probabile per una serie di ragioni. L’esercito russo non è abbastanza numeroso per un compito del genere, che richiederebbe probabilmente almeno due milioni di uomini.[7] In effetti, l’attuale esercito russo ha difficoltà a conquistare tutto il Donbass. Inoltre, l’Occidente farebbe di tutto per impedire alla Russia di conquistare tutta l’Ucraina. Infine, i russi finirebbero per occupare enormi quantità di territorio densamente popolato da ucraini etnici che detestano i russi e si opporrebbero ferocemente all’occupazione. Cercare di conquistare tutta l’Ucraina e piegarla alla volontà di Mosca finirebbe sicuramente in un disastro.

A parte la retorica sulla de-nazificazione e la smilitarizzazione dell’Ucraina, gli obiettivi concreti della Russia prevedono la conquista e l’annessione di un’ampia porzione di territorio ucraino, trasformando al contempo l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale. In questo modo, la capacità dell’Ucraina di condurre una guerra contro la Russia sarebbe notevolmente ridotta ed è improbabile che essa si qualifichi per l’adesione all’UE o alla NATO. Inoltre, un’Ucraina distrutta sarebbe particolarmente vulnerabile alle interferenze russe nella sua politica interna. In breve, l’Ucraina non sarebbe un bastione occidentale al confine con la Russia.

Che aspetto avrebbe questo stato disfunzionale? Mosca ha ufficialmente annesso la Crimea e altri quattro oblast’ ucraini – Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe – che insieme rappresentano circa il 23% del territorio totale dell’Ucraina prima dello scoppio della crisi nel febbraio 2014. I leader russi hanno sottolineato di non avere alcuna intenzione di cedere quel territorio, che in parte non è ancora controllato dalla Russia. In effetti, c’è motivo di pensare che la Russia annetterà altro territorio ucraino, se avrà la capacità militare di farlo a un costo ragionevole. È difficile, tuttavia, dire quanto ulteriore territorio ucraino Mosca cercherà di annettere, come chiarisce Putin stesso[8].

È probabile che il pensiero russo sia influenzato da tre calcoli. Mosca ha un forte incentivo a conquistare e annettere permanentemente il territorio ucraino che è densamente popolato da etnie russe e russofone. Vorrà proteggerli dal governo ucraino – che è diventato ostile a tutto ciò che è russo – e assicurarsi che in Ucraina non ci sia una guerra civile come quella che ha avuto luogo nel Donbass tra il febbraio 2014 e il febbraio 2022. Allo stesso tempo, la Russia vorrà evitare di controllare un territorio largamente popolato da ucraini di etnia ostile, il che pone limiti significativi a un’ulteriore espansione russa. Infine, per trasformare l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale bisognerà che Mosca si appropri di notevoli quantità di territorio ucraino, in modo da essere ben posizionata per arrecare danni significativi alla sua economia. Il controllo di tutte le coste ucraine lungo il Mar Nero, ad esempio, darebbe a Mosca una notevole influenza economica su Kiev.

Questi tre calcoli suggeriscono che la Russia probabilmente tenterà di annettere i quattro oblast’ – Dnipropetrovsk, Kharkiv, Mykolaiv e Odessa – che si trovano immediatamente a ovest dei quattro oblast’ che ha già annesso – Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe. Se ciò accadesse, la Russia controllerebbe circa il 43% del territorio ucraino prima del 2014.[9] Dmitri Trenin, uno dei principali strateghi russi, ritiene che i leader russi cercherebbero di conquistare ancora più territorio ucraino, spingendosi a ovest nell’Ucraina settentrionale fino al fiume Dnieper e prendendo la parte di Kiev che si trova sulla sponda orientale del fiume. Scrive che “un passo logico successivo“, dopo aver preso tutta l’Ucraina da Kharkiv a Odessa, “sarebbe quello di espandere il controllo russo a tutta l’Ucraina a est del fiume Dnieper, compresa la parte di Kiev che si trova sulla sponda orientale del fiume. Se ciò accadesse, lo Stato ucraino si ridurrebbe fino a comprendere solo le regioni centrali e occidentali del Paese“.[10]

 

Le minacce secondo l’Occidente

Può sembrare difficile da credere oggi, ma prima dello scoppio della crisi ucraina nel febbraio 2014, i leader occidentali non vedevano la Russia come una minaccia per la sicurezza. I leader della NATO, ad esempio, al vertice dell’Alleanza del 2010 a Lisbona, parlavano con il presidente russo di “una nuova fase di cooperazione verso un vero partenariato strategico”.[11] Non sorprende che l’espansione della NATO prima del 2014 non fosse giustificata in termini di contenimento di una Russia pericolosa. In realtà, è stata la debolezza russa a permettere all’Occidente di far passare a Mosca le prime due tranche di espansione della NATO, nel 1999 e nel 2004, e poi a permettere all’amministrazione di George W. Bush di pensare, nel 2008, che fosse possibile costringere la Russia ad accettare l’ingresso nell’alleanza di Georgia e Ucraina. Ma questa ipotesi si è rivelata sbagliata e quando nel 2014 è scoppiata la crisi ucraina, l’Occidente ha improvvisamente iniziato a dipingere la Russia come un nemico pericoloso che doveva essere contenuto, se non indebolito[12].

Dall’inizio della guerra nel febbraio 2022, la percezione dell’Occidente nei confronti della Russia si è costantemente inasprita fino al punto in cui Mosca sembra essere vista come una minaccia esistenziale. Gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO sono profondamente coinvolti nella guerra dell’Ucraina contro la Russia. In realtà, fanno praticamente tutto tranne premere il grilletto o i comandi per l’invio dei missili.[13] Inoltre, hanno chiarito il loro impegno inequivocabile a vincere la guerra e a mantenere la sovranità dell’Ucraina. Pertanto, perdere la guerra avrebbe conseguenze enormemente negative per Washington e per la NATO. La reputazione di competenza e affidabilità dell’America ne risulterebbe gravemente danneggiata, con ripercussioni sul modo in cui i suoi alleati e i suoi avversari – in particolare la Cina – si rapporterebbero con gli Stati Uniti. Inoltre, quasi tutti i Paesi europei che fanno parte della NATO ritengono che l’alleanza sia un ombrello di sicurezza insostituibile. Pertanto, la possibilità che la NATO venga gravemente danneggiata – forse addirittura distrutta – se la Russia vince in Ucraina è motivo di profonda preoccupazione tra i suoi membri.

Inoltre, i leader occidentali dipingono spesso la guerra in Ucraina come parte integrante di una più ampia lotta globale tra autocrazia e democrazia, in una prospettiva intrinsecamente manichea. Inoltre, si dice che il futuro del sacrosanto ordine internazionale basato sulle regole dipenda dalla vittoria contro la Russia. Come ha detto Re Carlo lo scorso marzo (2023), “la sicurezza dell’Europa e i nostri valori democratici sono minacciati“.[14] Allo stesso modo, una risoluzione introdotta nel Congresso degli Stati Uniti in aprile dichiara: “Gli interessi degli Stati Uniti, la sicurezza europea e la causa della pace internazionale dipendono dalla… vittoria ucraina“.[15] Un recente articolo del Washington Post illustra il modo in cui l’Occidente tratta la Russia come una minaccia esistenziale: “I leader degli oltre 50 altri Paesi che sostengono l’Ucraina hanno definito il loro sostegno come parte di una battaglia apocalittica per il futuro della democrazia e dello Stato di diritto internazionale contro l’autocrazia e l’aggressione, che l’Occidente non può permettersi di perdere“.[16]

 

Gli obiettivi dell’Occidente

Come dovrebbe essere chiaro, l’Occidente è fermamente impegnato a sconfiggere la Russia. Il Presidente Biden ha ripetutamente affermato che gli Stati Uniti sono in questa guerra per vincere. “L’Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia“. Deve finire con un “fallimento strategico“. Washington, ha sottolineato, resterà in lotta “per tutto il tempo necessario“.[17] In particolare, l’obiettivo è sconfiggere l’esercito russo in Ucraina – cancellando le sue conquiste territoriali – e paralizzare l’ economia russa con sanzioni letali. In caso di successo, la Russia verrebbe estromessa dai ranghi delle grandi potenze, indebolendola al punto da non poter più minacciare di invadere l’Ucraina.[18] I leader occidentali hanno altri obiettivi, tra cui il cambio di regime a Mosca, la messa in stato d’accusa di Putin come criminale di guerra e l’eventuale smembramento della Russia in Stati più piccoli[19].

Al contempo, l’Occidente rimane impegnato a far entrare l’Ucraina nella NATO, anche se c’è disaccordo all’interno dell’alleanza su quando e come ciò avverrà.[20] Jens Stoltenberg, segretario generale dell’alleanza, ha dichiarato in una conferenza stampa a Kiev in aprile (2023) che “la posizione della NATO rimane invariata” e che ” l’Ucraina diventerà un membro dell’alleanza“. Allo stesso tempo, ha sottolineato che “il primo passo verso un’eventuale adesione dell’Ucraina alla NATO è garantire che l’Ucraina prevalga, ed è per questo che gli Stati Uniti e i loro partner hanno fornito un sostegno senza precedenti all’Ucraina“.[21] Dati questi obiettivi, è chiaro perché la Russia veda l’Occidente come una minaccia esistenziale.

 

Minacce e obiettivi dell’Ucraina

Non c’è dubbio che l’Ucraina si trovi di fronte a una minaccia esistenziale, dato che la Russia è intenzionata a smembrarla e ad assicurarsi che il nuovo Stato superstite non solo sia economicamente debole, ma non sia nemmeno un membro de facto o de jure della NATO. Non c’è dubbio, inoltre, che Kiev condivida l’obiettivo dell’Occidente di sconfiggere e indebolire seriamente la Russia, in modo da poter riconquistare il territorio perduto e tenerlo per sempre sotto il controllo ucraino. Come ha detto di recente il Presidente Zelensky al Presidente Xi Jinping, “non ci può essere una pace basata su compromessi territoriali“.[22] I leader ucraini restano, com’è naturale, fermamente impegnati ad aderire all’UE e alla NATO e a rendere l’Ucraina parte integrante dell’Occidente[23].

In sintesi, i tre attori principali della guerra in Ucraina credono tutti di dover affrontare una minaccia esistenziale, il che significa che ognuno di loro pensa di dover vincere la guerra o subire terribili conseguenze.

Il campo di battaglia oggi

Passando agli eventi sul campo di battaglia, la guerra si è evoluta in una guerra di logoramento in cui ogni parte è principalmente interessata a dissanguare l’altra, facendola arrendere. Naturalmente, entrambe le parti si preoccupano anche di catturare territorio, ma questo obiettivo è di secondaria importanza rispetto al logoramento dell’avversario.

L’esercito ucraino ha avuto il sopravvento nella seconda metà del 2022, il che gli ha permesso di riprendere territorio dalla Russia nelle regioni di Kharkiv e Kherson. Ma la Russia ha risposto a queste sconfitte mobilitando altri 300.000 uomini, riorganizzando l’esercito, accorciando le linee del fronte e imparando dai propri errori.[24] I combattimenti del 2023 si sono svolti nell’Ucraina orientale, principalmente nelle regioni di Donetsk e Zaporozhe. I russi hanno avuto la meglio, quest’anno, soprattutto perché hanno un vantaggio sostanziale nell’artiglieria, che è l’arma più importante nella guerra di logoramento.

Il vantaggio di Mosca è stato evidente nella battaglia per Bakhmut, che si è conclusa con la conquista della città da parte dei russi a fine maggio (2023). Sebbene le forze russe abbiano impiegato dieci mesi per prendere il controllo di Bakhmut, hanno inflitto enormi perdite alle forze ucraine con la loro artiglieria.[25] Poco dopo, il 4 giugno, l’Ucraina ha lanciato la sua tanto attesa controffensiva in diverse località delle regioni di Donetsk e Zaporozhe. L’obiettivo è penetrare nelle prime linee di difesa della Russia, sferrare un colpo sconvolgente alle forze russe e riprendersi una parte sostanziale del territorio ucraino ora sotto il controllo russo. In sostanza, l’obiettivo è duplicare i successi dell’Ucraina a Kharkiv e Kherson nel 2022.

Finora l’esercito ucraino ha fatto pochi progressi nel raggiungere questi obiettivi ed è invece impantanato in battaglie di logoramento mortali con le forze russe. Nel 2022, l’Ucraina ha avuto successo nelle campagne di Kharkiv e Kherson perché il suo esercito combatteva contro forze russe in inferiorità numerica, con una densità di presenza sul territorio troppo scarsa. Oggi non è così: L’Ucraina sta attaccando linee di difesa russe ben preparate. Ma anche se le forze ucraine dovessero sfondare queste linee difensive, le truppe russe stabilizzerebbero rapidamente il fronte e le battaglie di logoramento continuerebbero.[26] Gli ucraini sono in svantaggio in questi scontri perché i russi hanno un significativo vantaggio nella potenza di fuoco.

Dove siamo diretti

Permettetemi di cambiare marcia e di allontanarmi dal presente per parlare del futuro, iniziando da come gli eventi sul campo di battaglia potrebbero svolgersi in futuro. Come ho già detto, credo che la Russia vincerà la guerra, il che significa che finirà per conquistare e annettere un consistente territorio ucraino, lasciando l’Ucraina come uno stato disfunzionale. Se ho ragione, questa sarà una grave sconfitta per l’Ucraina e per l’Occidente.

C’è tuttavia un lato positivo in questo risultato: una vittoria russa riduce notevolmente la minaccia di una guerra nucleare, poiché è più probabile che si verifichi un’escalation nucleare se le forze ucraine ottengono vittorie sul campo di battaglia e minacciano di riprendersi tutti o la maggior parte dei territori che Kiev ha perso a favore di Mosca. È sicuro che i leader russi penserebbero seriamente di usare le armi nucleari per salvare la situazione. Naturalmente, se mi sbaglio sulla direzione della guerra e l’esercito ucraino prende il sopravvento e inizia a spingere le forze russe verso est, la probabilità di un uso del nucleare aumenterebbe in modo significativo, il che non significa che sarebbe una certezza.

Su cosa si basa la mia affermazione che i russi probabilmente vinceranno la guerra?

La guerra in Ucraina, come ho sottolineato, è una guerra di logoramento in cui la cattura e il mantenimento del territorio sono di secondaria importanza. L’obiettivo della guerra di logoramento è logorare le forze della controparte fino al punto in cui questa abbandona la battaglia o è talmente indebolita da non poter più difendere il territorio conteso.[27] Chi vince una guerra di logoramento è in gran parte funzione di tre fattori: il rapporto tra la determinazione delle due parti, l’equilibrio demografico tra di esse e la correlazione del numero di caduti. I russi hanno un vantaggio decisivo nella dimensione della popolazione e un netto vantaggio nella correlazione del numero di caduti; le due parti sono equamente bilanciate in quanto a determinazione.

Consideriamo l’equilibrio della determinazione. Come si è detto, sia la Russia che l’Ucraina ritengono di dover affrontare una minaccia esistenziale e, naturalmente, entrambe le parti sono pienamente impegnate a vincere la guerra. Pertanto, è difficile vedere una differenza significativa nella loro determinazione. Per quanto riguarda le dimensioni della popolazione, la Russia aveva un vantaggio di circa 3,5:1 prima dell’inizio della guerra nel febbraio 2022. Da allora, il rapporto si è notevolmente spostato a favore della Russia. Circa otto milioni di ucraini sono fuggiti dal Paese, sottraendo popolazione all’Ucraina. Circa tre milioni di questi emigranti sono andati in Russia, aggiungendosi alla sua popolazione. Inoltre, ci sono probabilmente altri quattro milioni di cittadini ucraini che vivono nei territori ora controllati dalla Russia, spostando ulteriormente lo squilibrio demografico a favore della Russia. Mettendo insieme questi numeri, la Russia ha un vantaggio di circa 5:1 in termini di popolazione[28].

Infine, c’è la correlazione del numero di caduti, questione controversa sin dall’inizio della guerra nel febbraio 2022. Il senso comune in Ucraina e in Occidente è che i livelli di caduti da entrambe le parti siano all’incirca uguali o che i russi abbiano subito più vittime degli ucraini. Il capo del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa ucraino, Oleksiy Danilov, arriva a sostenere che i russi hanno perso 7,5 soldati per ogni soldato ucraino nella battaglia per Bakhmut.[29] Queste affermazioni sono sbagliate. Le forze ucraine hanno sicuramente subito perdite molto maggiori rispetto ai loro avversari russi, per un motivo: la Russia ha molta più artiglieria dell’Ucraina.

Nella guerra di logoramento, l’artiglieria è l’arma più importante sul campo di battaglia. Nell’esercito americano, l’artiglieria è ampiamente conosciuta come “la regina delle battaglie”, perché è la principale responsabile dell’uccisione e del ferimento dei soldati in combattimento.[30] Pertanto, il rapporto tra artiglierie conta enormemente in una guerra di logoramento. Secondo quasi tutti i dati, i russi hanno un vantaggio nell’artiglieria compreso tra 5:1 e 10:1, il che pone l’esercito ucraino in una posizione di svantaggio significativo sul campo di battaglia.[31] Coeteris paribus, ci si aspetterebbe che la correlazione tra i caduti si avvicini alla correlazione tra artiglierie. Pertanto, correlazione tra i caduti dell’ordine di 2:1 a favore della Russia è una stima prudente.[32]

Una possibile sfida alla mia analisi è sostenere che la Russia è l’aggressore in questa guerra, e l’aggressore soffre invariabilmente livelli di perdite molto più alti rispetto al difensore, soprattutto se le forze attaccanti sono impegnate in ampi assalti frontali, che spesso si dice siano il modus operandi delle forze armate russe.[33] Dopo tutto, l’aggressore è allo scoperto e in movimento, mentre il difensore combatte principalmente da posizioni fisse che forniscono una copertura sostanziale. Questa logica è alla base della famosa regola empirica del 3:1, secondo la quale una forza attaccante ha bisogno di un numero di soldati almeno triplo rispetto a quello del difensore per vincere una battaglia.[34] Ma questa linea di argomentazione presenta dei problemi quando viene applicata alla guerra in Ucraina.

In primo luogo, non sono solo i russi ad aver avviato campagne offensive nel corso della guerra.[35] Infatti, gli ucraini hanno lanciato due grandi offensive lo scorso anno che hanno portato a vittorie ampiamente annunciate: l’offensiva di Kharkiv nel settembre 2022 e l’offensiva di Kherson tra agosto e novembre 2022. Sebbene gli ucraini abbiano ottenuto sostanziali guadagni territoriali in entrambe le campagne, l’artiglieria russa ha inflitto pesanti perdite alle forze attaccanti. Il 4 giugno gli ucraini hanno appena iniziato un’altra grande offensiva contro forze russe più numerose e molto più preparate di quelle contro cui hanno combattuto a Kharkiv e Kherson.

In secondo luogo, la distinzione tra attaccanti e difensori in una grande battaglia non è solitamente in bianco e nero. Quando un esercito attacca un altro esercito, il difensore lancia invariabilmente contrattacchi. In altre parole, il difensore passa all’attacco e l’attaccante alla difesa. Nel corso di una battaglia prolungata, è probabile che ogni schieramento finisca per attaccare e contrattaccare e per difendere posizioni fisse. Questo tira e molla spiega perché i rapporti di scambio di perdite nelle battaglie della Guerra Civile americana e della Prima Guerra Mondiale sono spesso più o meno uguali, non favorevoli all’esercito che ha iniziato sulla difensiva. In effetti, l’esercito che sferra il primo colpo a volte subisce meno perdite dell’esercito bersaglio.[36] In breve, la difesa di solito implica molto attacco.

Dai resoconti giornalistici ucraini e occidentali emerge chiaramente che le forze ucraine lanciano spesso contrattacchi contro le forze russe. Si consideri questo resoconto del Washington Post sui combattimenti dell’inizio di quest’anno a Bakhmut: “C’è questo movimento fluido in corso”, ha detto un primo tenente ucraino… Gli attacchi russi lungo il fronte permettono alle loro forze di avanzare di qualche centinaio di metri prima di essere respinte ore dopo. È difficile distinguere esattamente dove si trovi la linea del fronte perché si muove come una gelatina”, ha detto. “[37] Dato l’enorme vantaggio della Russia in termini di artiglieria, sembra ragionevole supporre che la correlazione dei caduti, in questi contrattacchi ucraini, favorisca i russi, probabilmente in modo asimmetrico.

In terzo luogo, i russi non stanno impiegando – almeno non spesso – assalti frontali su larga scala che mirano ad avanzare rapidamente e a catturare il territorio, ma esporrebbero le forze attaccanti al fuoco incessante dei difensori ucraini. Come ha spiegato il generale Sergej Surovikin nell’ottobre del 2022, quando era al comando delle forze russe in Ucraina, “abbiamo una strategia diversa… Risparmiamo ogni soldato e continuiamo a schiacciare il nemico che avanza“.[38] In effetti, le truppe russe hanno adottato tattiche intelligenti che riducono il livello di caduti.[39] La loro tattica preferita non è lanciare attacchi frontali su larga scala che mirano a conquistare rapidamente il territorio, ma che esporrebbero le forze d’attacco al fuoco feroce dei difensori ucraini. La loro tattica preferita è quella di lanciare attacchi di sondaggio contro le posizioni fisse ucraine con piccole unità di fanteria, che inducono le forze ucraine ad attaccarle con mortai e artiglieria.[40] Questa risposta permette ai russi di determinare dove si trovano i difensori ucraini e la loro artiglieria. I russi sfruttano quindi il loro grande vantaggio in termini di artiglieria per colpire gli avversari. In seguito, unità di fanteria russa avanzano nuovamente e, quando incontrano una seria resistenza ucraina, ripetono il procedimento. Queste tattiche spiegano perché la Russia sta facendo lenti progressi nella conquista del territorio ucraino.

Si potrebbe pensare che l’Occidente possa fare molto per pareggiare la correlazione dei caduti. fornendo all’Ucraina molti più tubi e proiettili di artiglieria, eliminando così il significativo vantaggio della Russia in quest’arma di importanza critica. Tuttavia, questo non accadrà presto, semplicemente perché né gli Stati Uniti né i loro alleati hanno la capacità industriale necessaria per produrre in massa tubi e proiettili d’artiglieria per l’Ucraina; e neppure possono aumentare la loro capacità industriale rapidamente.[41] Il meglio che l’Occidente possa fare – almeno per il prossimo anno – è mantenere l’attuale squilibrio di artiglieria tra Russia e Ucraina, ma anche questo sarà un compito difficile.

L’Ucraina può fare poco per rimediare al problema, perché la sua capacità di produrre armi è limitata. È quasi completamente dipendente dall’Occidente, non solo per l’artiglieria, ma per ogni tipo di sistema d’arma importante. La Russia, d’altra parte, aveva una formidabile capacità di produrre armi durante la guerra, che è stata incrementata dall’inizio dei combattimenti. Putin ha recentemente dichiarato: “La nostra industria della difesa sta guadagnando slancio ogni giorno. Nell’ultimo anno abbiamo aumentato la produzione militare di 2,7 volte. La nostra produzione delle armi più critiche è aumentata di dieci volte e continua ad aumentare. Gli impianti lavorano su due o tre turni e alcuni sono impegnati 24 ore su 24[42]. In breve, dato il triste stato della base industriale ucraina, l’Ucraina non è in grado di condurre una guerra di logoramento da sola. Può farlo solo con il sostegno dell’Occidente. Ma anche in questo caso, è destinata a perdere.

C’è stato un recente sviluppo che aumenta ulteriormente il vantaggio della Russia nella potenza di fuoco rispetto all’Ucraina. Per il primo anno di guerra, la potenza aerea russa ha avuto poca influenza su ciò che è accaduto nella guerra di terra, soprattutto perché le difese aeree dell’Ucraina erano abbastanza efficaci da tenere gli aerei russi lontani dalla maggior parte dei campi di battaglia. Ma i russi hanno seriamente indebolito le difese aeree dell’Ucraina, il che ora permette alle forze aeree russe di colpire le forze di terra ucraine sulle linee del fronte, o direttamente dietro di esse.[43] Inoltre, la Russia ha sviluppato la capacità di equipaggiare un suo enorme arsenale di bombe da 500 kg con kit di guida che le rendono particolarmente letali.[44]

In sintesi, la correlazione tra caduti e feriti continuerà a favorire i russi nel prossimo futuro, il che è molto importante in una guerra di logoramento. Inoltre, la Russia è in una posizione migliore per condurre una guerra di logoramento perché la sua popolazione è molto più numerosa di quella ucraina. L’unica speranza di Kiev di vincere la guerra è che la determinazione di Mosca crolli, ma ciò è improbabile, dato che i leader russi vedono l’Occidente come un pericolo esistenziale.

 

Prospettive di un accordo di pace negoziato

Un coro crescente di voci in tutto il mondo chiede a tutte le parti in causa nella guerra ucraina di abbracciare la diplomazia e negoziare un accordo di pace duraturo. Tuttavia, questo non accadrà. Ci sono troppi ostacoli formidabili per porre fine alla guerra in tempi brevi, tanto meno per trovare un accordo che produca una pace duratura. Il miglior risultato possibile è un conflitto congelato, in cui entrambe le parti continuano a cercare opportunità per indebolire l’altra parte e in cui il pericolo di nuovi scontri è sempre presente.

A livello più generale, la pace non è possibile perché ogni parte vede l’altra come una minaccia mortale che deve essere sconfitta sul campo di battaglia. In queste circostanze non c’è quasi spazio per il compromesso con l’altra parte. Ci sono anche due punti specifici di disputa tra le parti in guerra che sono irrisolvibili. Uno riguarda il territorio, l’altro la neutralità ucraina.[45] Quasi tutti gli ucraini sono profondamente impegnati a recuperare tutto il territorio perduto, compresa la Crimea.[46] Chi può biasimarli? Ma la Russia ha ufficialmente annesso la Crimea, Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe ed è fermamente intenzionata a mantenere questo territorio. In realtà, c’è motivo di pensare che Mosca annetterà altro territorio ucraino, se ne avrà la possibilità.

L’altro nodo gordiano riguarda le relazioni dell’Ucraina con l’Occidente. Per comprensibili ragioni, l’Ucraina vuole una garanzia di sicurezza una volta terminata la guerra, che solo l’Occidente può fornire. Ciò significa l’adesione di fatto o di diritto alla NATO, poiché nessun altro Paese può proteggere l’Ucraina. Quasi tutti i leader russi, tuttavia, chiedono un’Ucraina neutrale, il che significa nessun legame militare con l’Occidente e quindi nessun ombrello di sicurezza per Kiev. Non c’è modo di far quadrare il cerchio.

Ci sono altri due ostacoli alla pace: il nazionalismo, che ora si è trasformato in ipernazionalismo, e la totale mancanza di fiducia da parte russa.

Il nazionalismo è una forza potente in Ucraina da oltre un secolo e l’antagonismo verso la Russia è stato a lungo uno dei suoi elementi centrali. Lo scoppio dell’attuale conflitto, il 22 febbraio 2014, ha alimentato questa ostilità, spingendo il parlamento ucraino ad approvare, il giorno successivo, una legge che limitava l’uso del russo e di altre lingue minoritarie, una mossa che ha contribuito a far precipitare la guerra civile nel Donbass.[47] L’annessione della Crimea da parte della Russia, poco dopo, ha peggiorato una situazione già difficile. Contrariamente al senso comune dell’Occidente, Putin aveva capito che l’Ucraina era una nazione separata dalla Russia e che il conflitto tra l’etnia russa e russofona che viveva nel Donbass e il governo ucraino riguardava la “questione nazionale“.[48] L’invasione russa dell’Ucraina, che ha contribuito a far precipitare la guerra civile nel Donbass, è stata un’azione che ha contribuito a peggiorare la situazione.

L’invasione russa dell’Ucraina, che mette direttamente i due Paesi l’uno contro l’altro in una guerra prolungata e sanguinosa, ha trasformato il nazionalismo in ipernazionalismo da entrambe le parti. Il disprezzo e l’odio nei confronti dell’”altro” soffocano le società russa e ucraina, creando potenti incentivi per eliminare questa minaccia, se necessario con la violenza. Gli esempi abbondano. Un importante settimanale di Kiev sostiene che famosi autori russi come Mikhail Lermontov, Fëdor Dostoevskij, Leone Tolstoj e Boris Pasternak sono “assassini, saccheggiatori, ignoranti“.[49] La cultura russa, dice un importante scrittore ucraino, rappresenta “la barbarie, l’omicidio e la distruzione“….. Questo è il destino della cultura del nemico [50].

Prevedibilmente, il governo ucraino è impegnato nella “de-russificazione” o “decolonizzazione“, che comporta l’eliminazione dalle biblioteche dei libri di autori russi, la ridenominazione di strade con nomi legati alla Russia, l’abbattimento di statue di personaggi come Caterina la Grande, la messa al bando della musica russa prodotta dopo il 1991, la rottura dei legami tra la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa ortodossa russa e la riduzione al minimo dell’uso della lingua russa. Forse l’atteggiamento dell’Ucraina nei confronti della Russia è riassunto al meglio dal commento di Zelensky: “Non perdoneremo. Non dimenticheremo“.[51]

Passando al lato russo della medaglia, Anatol Lieven riferisce che “ogni giorno sulla TV russa si possono vedere insulti etnici pieni di odio rivolti agli ucraini“.[52] Non sorprende che i russi stiano lavorando per russificare e cancellare la cultura ucraina nelle aree che Mosca ha annesso. Queste misure includono il rilascio di passaporti russi, la modifica dei programmi scolastici, la sostituzione della grivna ucraina con il rublo russo, l’eliminazione di biblioteche e musei e la ridenominazione di città e paesi.[53] Bakhmut, ad esempio, è diventata Artemovsk e la lingua ucraina non viene più insegnata nelle scuole della regione di Donetsk.[54] A quanto pare, anche i russi non perdonano né dimenticano.

L’aumento dell’ipernazionalismo è prevedibile in tempo di guerra, non solo perché i governi si affidano pesantemente al nazionalismo per motivare la popolazione a sostenere il proprio Paese fino in fondo, ma anche perché la morte e la distruzione che derivano dalla guerra – soprattutto dalle guerre prolungate – spingono ogni parte a disumanizzare e odiare l’altro. Nel caso dell’Ucraina, l’aspro conflitto sull’identità nazionale getta benzina sul fuoco.

L’ipernazionalismo rende naturalmente più difficile la cooperazione tra le parti e dà alla Russia un motivo per impadronirsi di un territorio pieno di etnie russe e russofone. Presumibilmente, molti di loro preferirebbero vivere sotto il controllo russo, data l’ostilità del governo ucraino verso tutto ciò che è russo. Nel processo di annessione di queste terre, è probabile che i russi espellano un gran numero di ucraini etnici, soprattutto per il timore che si ribellino al dominio russo se rimangono. Questi sviluppi alimenteranno ulteriormente l’odio tra russi e ucraini, rendendo praticamente impossibile un compromesso sul territorio.

C’è un’ultima ragione per cui un accordo di pace duraturo non è fattibile. I leader russi non si fidano né dell’Ucraina né dell’Occidente per negoziare in buona fede, il che non significa che i leader ucraini e occidentali si fidino delle loro controparti russe. La mancanza di fiducia è evidente da tutte le parti, ma è particolarmente acuta da parte di Mosca a causa di una recente serie di rivelazioni.

La fonte del problema è ciò che è accaduto durante i negoziati per l’accordo di Minsk II del 2015, che costituiva un quadro per la chiusura del conflitto nel Donbass. Il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno avuto un ruolo centrale nella definizione di tale quadro, sebbene si siano ampiamente consultati sia con Putin che con il presidente ucraino Petro Poroshenko. Queste quattro persone sono state anche le protagoniste dei successivi negoziati. Non c’è dubbio che Putin si sia impegnato a far funzionare Minsk. Ma Hollande, Merkel e Poroshenko – così come Zelensky – hanno tutti chiarito che non erano interessati all’attuazione di Minsk, ma di averla vista invece come un’opportunità per far guadagnare tempo all’Ucraina per costruire le proprie forze armate in modo da poter affrontare l’insurrezione nel Donbass. Come ha detto la Merkel a “Die Zeit”, si trattava di “un tentativo di dare all’Ucraina il tempo… di diventare più forte“.[55] Allo stesso modo, Poroshenko ha detto: “Il nostro obiettivo era fermare la minaccia, o almeno ritardare la guerra – per assicurarci otto anni per ripristinare la crescita economica e creare potenti forze armate“.[56]

Poco dopo l’intervista rilasciata dalla Merkel a Die Zeit nel dicembre 2022, Putin ha dichiarato in una conferenza stampa: “Pensavo che gli altri partecipanti a questo accordo fossero almeno onesti, ma no, si è scoperto che anche loro ci stavano mentendo e volevano solo rifornire l’Ucraina di armi e prepararla a un conflitto militare“. Ha poi aggiunto che l’essere stato ingannato dall’Occidente gli ha fatto perdere l’opportunità di risolvere il problema dell’Ucraina in circostanze più favorevoli per la Russia: “A quanto pare, ci siamo orientati troppo tardi, ad essere onesti. Forse avremmo dovuto iniziare tutto questo [l’operazione militare] prima, ma speravamo solo di poterlo risolvere nel quadro degli accordi di Minsk“. Ha poi chiarito che la doppiezza dell’Occidente complicherà i futuri negoziati: “La fiducia è già quasi a zero, ma dopo queste dichiarazioni, come possiamo negoziare? Su cosa? Possiamo fare accordi con qualcuno e dove sono le garanzie? “[57].

In sintesi, non c’è quasi nessuna possibilità che la guerra in Ucraina si concluda con un accordo di pace significativo. È invece probabile che la guerra si trascini per almeno un altro anno e che alla fine si trasformi in un conflitto congelato che potrebbe ritornare a essere una guerra guerreggiata.

 

 

Le conseguenze

L’assenza di un accordo di pace praticabile avrà una serie di terribili conseguenze. Le relazioni tra Russia e Occidente, ad esempio, rimarranno probabilmente profondamente ostili e pericolose nel prossimo futuro. Ciascuna delle due parti continuerà a demonizzare l’altra e a lavorare sodo per massimizzare la quantità di dolore e di problemi causati al rivale. Questa situazione prevarrà certamente se i combattimenti continueranno; ma anche se la guerra si trasformerà in un conflitto congelato, è improbabile che il livello di ostilità tra le due parti cambi molto.

Mosca cercherà di sfruttare le fratture esistenti tra i Paesi europei, lavorando al contempo per indebolire le relazioni transatlantiche e le istituzioni europee chiave come l’UE e la NATO. Visti i danni che la guerra ha causato e continua a causare all’economia europea, visto il crescente disincanto in Europa di fronte alla prospettiva di una guerra infinita in Ucraina e viste le differenze tra Europa e Stati Uniti riguardo al commercio con la Cina, i leader russi dovrebbero trovare terreno fertile per causare problemi in Occidente.[58] Questa ingerenza rafforzerà naturalmente la russofobia in Europa e negli Stati Uniti, peggiorando una situazione già di per sé negativa.

L’Occidente, da parte sua, manterrà le sanzioni su Mosca e ridurrà al minimo i rapporti economici tra le due parti, il tutto allo scopo di danneggiare l’economia russa. Inoltre, collaborerà sicuramente con l’Ucraina per contribuire a generare insurrezioni nei territori che la Russia ha sottratto all’Ucraina. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti e i loro alleati continueranno a perseguire una politica di contenimento a muso duro nei confronti della Russia, che molti ritengono sarà rafforzata dall’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO e dal dispiegamento di forze significative della NATO nell’Europa orientale.[59] Naturalmente, l’Occidente continuerà a impegnarsi per far entrare Georgia e Ucraina nella NATO, anche se è improbabile che ciò accada. Infine, le élites statunitensi ed europee manterranno sicuramente il loro entusiasmo per la promozione di un cambio di regime a Mosca, per poi processare Putin per le azioni della Russia in Ucraina.

Le relazioni tra la Russia e l’Occidente non solo rimarranno avvelenate in futuro, ma saranno anche pericolose, in quanto ci sarà la possibilità sempre presente di un’escalation nucleare o di una guerra tra grandi potenze tra la Russia e gli Stati Uniti[60].

 

La distruzione dell’Ucraina

L’Ucraina si trovava in gravi difficoltà economiche e demografiche prima dell’inizio della guerra dello scorso anno.[61] La devastazione inflitta all’Ucraina dall’invasione russa è orribile. Analizzando gli eventi del primo anno di guerra, la Banca Mondiale dichiara che l’invasione “ha richiesto un tributo inimmaginabile alla popolazione ucraina e all’economia del Paese, con una contrazione dell’attività pari a uno sconcertante 29,2% nel 2022“. Non sorprende che Kiev abbia bisogno di massicce iniezioni di aiuti stranieri solo per mantenere in funzione il governo, per tacere della guerra. Inoltre, la Banca Mondiale stima che i danni superino i 135 miliardi di dollari e che saranno necessari circa 411 miliardi di dollari per ricostruire l’Ucraina. La povertà, si legge, “è aumentata dal 5,5% nel 2021 al 24,1% nel 2022, spingendo 7,1 milioni di persone in più nella povertà e annullando 15 anni di progressi“.[62] Le città sono state distrutte, circa 8 milioni di ucraini sono fuggiti dal Paese e circa 7 milioni sono sfollati interni. Le Nazioni Unite hanno confermato 8.490 morti tra i civili, anche se ritengono che il numero reale sia “considerevolmente più alto“.[63] Sicuramente l’Ucraina ha subito oltre 100.000 caduti sul campo di battaglia.

Il futuro dell’Ucraina appare estremamente cupo. La guerra non mostra segni di cessazione a breve, il che significa più distruzione di infrastrutture e abitazioni, più distruzione di città e paesi, più morti civili e militari e più danni all’economia. Non solo l’Ucraina rischia di perdere ancora più territorio a favore della Russia, ma secondo la Commissione Europea, “la guerra ha avviato l’Ucraina su un percorso di declino demografico irreversibile“.[64] A peggiorare le cose, i russi faranno gli straordinari per mantenere la nuova Ucraina economicamente debole e politicamente instabile. Il conflitto in corso rischia anche di alimentare la corruzione, che da tempo è un problema acuto, e di rafforzare ulteriormente i gruppi estremisti in Ucraina. È difficile immaginare che Kiev possa mai soddisfare i criteri necessari per entrare nell’UE o nella NATO.

 

La politica degli Stati Uniti verso la Cina

La guerra in Ucraina sta ostacolando lo sforzo degli Stati Uniti di contenere la Cina, che è di fondamentale importanza per la sicurezza americana, dal momento che la Cina è un concorrente alla pari, mentre la Russia non lo è.[65] In effetti, la logica dell’equilibrio di potenza dice che gli Stati Uniti dovrebbero essere alleati con la Russia contro la Cina e rivolgere tutta la loro attenzione sull’Asia orientale. Invece, la guerra in Ucraina ha avvicinato Pechino e Mosca, fornendo alla Cina un potente incentivo per assicurarsi che la Russia non venga sconfitta e che gli Stati Uniti rimangano bloccati in Europa, ostacolando i loro sforzi di riorientamento verso l’Asia orientale.

 

Conclusione

Dovrebbe essere ormai evidente che la guerra in Ucraina è un enorme disastro che difficilmente finirà presto e che, quando finirà, il risultato non sarà una pace duratura. È necessario spendere qualche parola su come l’Occidente sia finito in questa terribile situazione.

Il senso comune sulle origini della guerra è che Putin abbia lanciato un attacco non provocato il 24 febbraio 2022, motivato dal suo grande piano di creare una grande Russia. L’Ucraina, si dice, era il primo Paese che intendeva conquistare e annettere, ma non l’ultimo. Come ho detto in numerose occasioni, non ci sono prove a sostegno di questa linea di argomentazione, anzi ci sono prove considerevoli che la contraddicono direttamente.[66] Sebbene non ci siano dubbi che la Russia abbia invaso l’Ucraina, la causa ultima della guerra è stata la decisione dell’Occidente – e qui stiamo parlando principalmente degli Stati Uniti – di fare dell’Ucraina un bastione occidentale al confine con la Russia. L’elemento chiave di questa strategia era l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, una mossa che non solo Putin, ma l’intero establishment della politica estera russa, vedeva come una minaccia esistenziale da eliminare.

Spesso si dimentica che numerosi politici e strateghi americani ed europei si sono opposti all’espansione della NATO fin dall’inizio, perché avevano capito che i russi l’avrebbero vista come una minaccia e che questa politica avrebbe portato al disastro. L’elenco degli oppositori comprende George Kennan, il Segretario alla Difesa del Presidente Clinton, William Perry, e il suo Capo dello Stato Maggiore, il Generale John Shalikashvili, Paul Nitze, Robert Gates, Robert McNamara, Richard Pipes e Jack Matlock, per citarne solo alcuni.[67] Al vertice NATO di Bucarest dell’aprile 2008, sia il Presidente francese Nicolas Sarkozy che il Cancelliere tedesco Angela Merkel si sono opposti al piano del Presidente George W. Bush di far entrare l’Ucraina nell’alleanza. La Merkel ha in seguito dichiarato che la sua opposizione si basava sulla convinzione che Putin l’avrebbe interpretata come una “dichiarazione di guerra“.[68]

Naturalmente, gli oppositori dell’espansione della NATO avevano ragione, ma hanno perso la battaglia e la NATO ha marciato verso est, provocando alla fine una guerra preventiva da parte dei russi. Se gli Stati Uniti e i loro alleati non si fossero mossi per far entrare l’Ucraina nella NATO nell’aprile 2008, o se fossero stati disposti ad assecondare le preoccupazioni di Mosca in materia di sicurezza dopo lo scoppio della crisi ucraina nel febbraio 2014, probabilmente oggi non ci sarebbe alcuna guerra in Ucraina e i suoi confini avrebbero l’aspetto che avevano quando ottenne l’indipendenza nel 1991. L’Occidente ha commesso un errore colossale, per il quale, insieme a molti altri, non ha ancora finito di pagare.

NOTE…

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La madre dei criminali di guerra è sempre incinta – Francesco Masala

dice Pedro Nessuno Sanchez, presidente spagnolo del Consiglio dell’Ue, al Parlamento di Kiev, la bugia diplomatica dovuta: «Solo l’Ucraina può stabilire termini e tempi per i negoziati di pace».

Lo dice Ursula van der Pfizer Leyen, essi tutti lo dicono, e lo diranno anche alla prossima riunione della Nato.

il punto è che quando, nella primavera del 2022, l’Ucraina e la Russia stavano per firmare un accordo di pace (lo dicono anche turchi e israeliani) arrivò a Kiev, in nome e per conto della Nato, nessuno se ne lamentò, Boris Happy Hour Johnson per impedire quell’accordo a tutti i costi, convincendo Volodymyr Tangente Zelensky.

se quel mancato accordo ha provocato, come lo ha provocato, centinaia di migliaia di soldati morti, e la controffensiva più inutile del mondo sta provocando altre (inutili) decine di migliaia di morti, allora la Nato, che ha impedito all’Ucraina termini e tempi per i negoziati di pace, quell’organizzazione necrofila, tecnicamente, è composta da criminali di guerra. Saranno tutti in posa a Vilnius, nella foto ricordo prima che la Corte Penale Internazionale dell’Aja li prenda uno a uno.

Volodymyr Tangente Zelensky continua a parlare di colpi di scena, si sa, è un attore, da parte dei russi o della Nato, torri gemelle imbottite di tritolo, già fatto, bombardamento di Dresda, già fatto, un paio di bombette atomiche in Giappone, già fatto, Bucha, già fatto, Boris Happy Hour Johnson ha iniziato a scommettere in qualche bet point a Londra, chi vivrà vedrà.

 

 

Guardatevi intorno: migliaia di morti per una controffensiva impantanata fra le mine – Alessandro Marescotti

Il fanatismo può far breccia anche fra i sostenitori delle cause giuste. Per la fine della guerra in Ucraina occorre sostenete l’unica cosa sensata: un referendum che faccia decidere alle popolazioni il loro futuro. Usando la matita, non la canna del fucile.

 

Ho letto qui l’appello della “società civile” ucraina di critica a noi pacifisti.

Con tutto il rispetto per questi esponenti della “società civile” ucraina, voglio però far osservare che nell’attuale momento la guerra è nella fase della controffensiva ucraina per la riconquista del Donbass e della Crimea, non della resistenza per difendere Kiev dall’avanzata dei carri armati di Putin. Una controffensiva estremamente cruenta. Sia militarmente sia umanamente. E’ un pantano di mine. I risultati? Avanzate limitate a qualche palmo di terra.

Ho studiato la storia.

Questa è pura follia.

Le vostre parole le ho già lette tante altre volte in tante altre guerre. Nel mio studio della storia ho capito che anche le cause giuste possono degenerare se la violenza e la guerra divengono il loro cuore. Il fanatismo può far breccia anche fra i sostenitori delle cause giuste. Ed è bene evitare ogni “oltranzismo giusto”, perché anche le giuste cause possono trasformarsi in mostruose prove di sangue che sfigurano le persone, deformano il loro animo e le rendono irriconoscibili. Ogni giorno di questa guerra porta una quantità di lutti e di sofferenze che solo un insensato spirito nazionalistico può invitare a sopportare.

Stop.

Cari amici della società civile ucraina: stop.

Guardatevi intorno: questa carneficina non ha più senso.

Non tutti sono d’accordo con voi.

Non invocate la continuazione della guerra.

Sostenete invece l’unica cosa sensata: un referendum serio e garantito da osservatori internazionali. Un referendum che faccia decidere alle popolazioni il loro futuro. Usando la matita, non la canna del fucile.

Un referendum in cui chi vince lascia larga autonomia, linguistica e culturale, a chi perde.

Io credo in un futuro in cui abbiano diritto di vincere anche i più deboli, anche quelli che non sanno o non possono o non vogliono usare i fucili. Anche quelli che non sanno o non vogliono squartare gli altri.

E questo si può ottenere solo invocando il principio su cui si è costruita la storia moderna: il rispetto della libera volontà popolare.

 

Note:

Appello del segretario del Movimento Pacifista Ucraino, Yurii Sheliazhenko

Buona festa della Costituzione dell’Ucraina, amici, società civile pacifica!

In qualità di leader del Movimento Pacifista Ucraino, voglio sottolineare che il nostro obiettivo è realizzare il diritto alla pace, e a questo proposito gli articoli della Costituzione sono particolarmente importanti per noi.

Ricordiamo che la Costituzione dell’Ucraina prevede la sicurezza umana, i diritti e le libertà nell’articolo 3, il divieto delle basi militari straniere nell’articolo 17, la politica estera pacifica nell’articolo 18, l’uguaglianza indipendentemente dal linguaggio e dalle convinzioni nell’articolo 24, il diritto ad un rifiuto coscienzioso del servizio militare nell’articolo 35, e del divieto di incitamento alla guerra e ai nemici nell’articolo 37°.

Non dimentichiamo anche che la Costituzione dell’Ucraina prevede lo Stato di diritto nell’articolo 8 e il rispetto degli accordi internazionali nell’articolo 9, e questo è lo Statuto dell’ONU che prevede la risoluzione pacifica dei conflitti internazionali, e il Patto internazionale sui diritti civili e politici che protegge il diritto dell’essere umano di rifiutare di uccidere anche in tempo di guerra.

Esercitiamo il nostro diritto alla pace senza violenza e odio!

Fonte: https://www.facebook.com/ludstvo/posts/pfbid08YLxBgcpNmtjaNSK3UnhoN8kxwya53uboqt8uhwvbkEogooiaxxprh8XsBJjSydNl

da qui

 

 

L’ultimo Kennedy, Robert F. Jr, si candida alla Casa Bianca vantandosi di aver mandato il figlio a combattere in Ucraina – Andrea Puccio

Robert F. Kennedy Jr, nipote dell’ex presidente statunitense John F. Kennedy, nel discorso in cui annunciava la sua candidatura alle prossime elezioni per la presidenza degli Stati Uniti nel 2024 per il Partito Democratico ha affermato che uno dei suoi figli ha combattuto in Ucraina.

Durante il suo discorso Robert F. Kennedy Jr. ha affermato che l’interferenza degli Stati Uniti nelle vicende ucraine risponde alla “compassione per il popolo ucraino” che, secondo lui, “è stato brutalizzato e invaso illegalmente”. “Mio stesso figlio Connor, di cui sono molto orgoglioso, si è unito a una legione straniera e ha combattuto in Ucraina durante l’offensiva di Kharkov”, ha rivelato.

Quindi secondo il candidato democratico uno dei suoi figli è un mercenario, infatti la supposta legione straniera da lui menzionata non è altra che una guarnigione di mercenari, ma si sa, quando occorre giustificare alcuni comportamenti, l’uso delle parole può variare.

Secondo lui, come “inizialmente” ha indicato il governo degli Stati Uniti, “l’obiettivo era umanitario e questa è una buona ragione per essere lì”. “Siamo in Ucraina per le giuste ragioni”, ha sottolineato escludendo che l’appoggio statunitense alle forze armate di Kiev sia invece quello di una guerra contro la Russia.

Infine, Kennedy sottolinea, in modo assolutamente ipocrita, che mentre gli Stati Uniti hanno fornito miliardi di dollari al conflitto ucraino, più della metà degli americani sta combattendo una “guerra” contro la povertà e la fame. “Stiamo affamando gli americani e stiamo tagliando loro il tipo di aiuto che avremmo dovuto dare loro e che, invece, stiamo spendendo per essere i poliziotti del mondo”.

In precedenza aveva però affermato che è giusto che il suo paese partecipi alla difesa dell’Ucraina, forse pensava che questo sarebbe stato gratis? Le solite ipocrisie statunitensi.

da qui

 

 

dice Douglas McGregor:

“Non credo che arriveremo alle elezioni del 2024. Le cose a Washington esploderanno prima di allora.
La nostra condizione economica è molto fragile e si ritorcerà contro di noi in modo molto spiacevole. Non so esattamente come accadrà. Potremmo trovarci in una situazione in cui tutte le banche sono chiuse per 2-3 settimane e nessuno può accedervi. Penso anche che il livello di violenza e criminalità nelle nostre città sia così alto che si riverserà su altri settori della società e le persone che normalmente pensano di poter vivere lontano dal problema cominceranno a esserne colpite.

Guardo a come stanno andando le cose in Ucraina e penso che l’Ucraina perderà in modo catastrofico, sarà un collasso totale e avrà un impatto anche qui [negli Stati Uniti]. Perché tutti diranno: “Aspetta un attimo, ci hai detto che l’Ucraina sta vincendo. Ci hai detto che la Russia è un mito con gli steroidi.

Tutte queste cose si uniranno, impedendoci di raggiungere lo status quo e di avere un’altra elezione”.

da qui

 

 

Controffensiva, la Cia a Kiev, l’Ue, e la guerra da finire entro l’anno – Ennio Remondino

«Volevo che il primo atto della presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue fosse in Ucraina insieme a Zelensky». Il premier spagnolo Sanchez è personaggio simpatico e comunicativo e su Twitter allega un video del suo arrivo nella capitale ucraina. Poi al Parlamento di Kiev, la bugia diplomatica dovuta: «Solo l’Ucraina può stabilire termini e tempi per i negoziati di pace. Altri paesi stanno proponendo piani di pace. Il loro contributo è molto apprezzato, ma, allo stesso tempo, non possiamo accettarlo completamente». Il dovuto distinguo tra aggressore ed aggredito, e poi … la frustrante attesa di decisioni altrui, che non sono esattamente quelle ucraine. Il sostegno alla candidatura di Kiev nella Nato, anche se sia lui che Zelensky sanno non si potrà fare a guerra in corso, ed esce la promessa di riserva un ‘Consiglio NATO-Ucraina’…

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L’efficacia della resistenza civile – Pasquale Pugliese

In un tempo nel quale non solo la guerra è tornata perfino in Europa, ma il bellicismo – ossia l’ideologia della guerra – ha assunto un’inedita centralità mediatica e politica nella storia repubblicana del nostro Paese, la traduzione in italiano dell’importante lavoro sulla resistenza civile della ricercatrice statunitense Erica Chenoweth Come risolvere i conflitti. Senza armi e senza odio con la resistenza civile (2023) – grazie all’impegno di Angela Dogliotti del Centro studi Sereno Regis di Torino e delle Edizioni Sonda – rappresenta una contro-narrazione rispetto alla vulgata della inevitabilità dell’esito violento dei conflitti. Una vera e propria decostruzione di un mito. Questo volume è uno degli esiti dello studio ultra decennale, svolto insieme a Maria Stephan, sulla quantità ed efficacia delle lotte nonviolente nel mondo dal 1900 ai giorni nostri, una mappa sistematica e ragionata dell’evoluzione della nonviolenza nei conflitti degli ultimi 120 anni, i cui frutti ribaltano secoli di pensiero dominante, anche storiografico, secondo il quale solo “quando c’è guerra c’è storia” (Anna Bravo, La conta dei salvati, 2013).

“La vita quotidiana – scrive Erica Chenoweth – è piena di innumerevoli racconti, film, miti e altri desiderata culturali che glorificano la violenza. E questa costante esaltazione della violenza serve anche a cancellare la straordinaria storia umana della resistenza civile e dei movimenti popolari che nel corso dei millenni hanno portato avanti battaglie nonviolente”.

Intanto la definizione pragmatica – come nello stile dei ricercatori statunitensi, a cominciare dallo storico lavoro di Gene Sharp The politics of nonviolent action (1973) – di resistenza civile:

“la resistenza civile – scrive Erica Chenoweth – è un metodo di azione diretta in cui persone disarmate utilizzano diversi metodi coordinati, non istituzionali per promuovere il cambiamento senza fare fisicamente del male o minacciare di fare fisicamente del male all’avversario”.

Ciò significa che la resistenza civile è un metodo attivo di gestione dei conflitti sociali e politici, che viene agita da cittadini che intenzionalmente rinunciano all’uso della violenza – non perché siano necessariamente (e capitinianamente, potremmo aggiungere) persuasi della superiorità morale della nonviolenza, ma perché la violenza è per lo più inefficace – e fanno uso di varie tecniche di disobbedienza civile – scioperi, proteste, manifestazioni, boicottaggi, costruzione di istituzioni alternative e molte altre raccontate nel documentati volume – nei confronti di leggi ingiuste, regimi oppressivi, occupazioni militari.

Poi i dati. Tra il 1900 e il 2019 sono state censite 627 campagne di lotta di massa, violente e nonviolente: 303 di queste sono state prevalentemente di carattere violento, 324 invece si sono affidate alla resistenza civile nonviolenta, di cui 96 solo nel decennio 2010-2019. Ebbene, mentre solo il 26 per cento delle lotte armate hanno avuto successo, hanno raggiunto i propri obiettivi oltre il 50 per cento di quelle nonviolente.

“Si tratta di una percentuale sbalorditiva che invalida l’opinione diffusa secondo cui l’azione nonviolenta è debole e inefficace mentre l’azione violenta è forte ed efficace”,

commenta Chenoweth, che elenca in appendice tutte le campagne degli ultimi 120 anni di storia, con i loro rispettivi esiti. Pur con la consapevolezza che le trasformazioni sociali e politiche non sono risultati che si ottengono una volta per tutte, ma è necessario l’impegno di più generazioni affinché siano consolidati, Chenoweth illustra i principali fattori di successo delle lotte nonviolente: la partecipazione, più ampia e diversificata è la base dei partecipanti a una campagna di resistenza civile più è probabile che abbia successo (empiricamente si è visto che la massa critica è l’attivazione del 3,5 per cento dei cittadini); le defezioni avversarie, la capacità di un movimento di far passare dalla propria parte i sostenitori del potere; la varietà delle tattiche, sono più efficaci le lotte che si esprimono attraverso una diversificazione delle azioni; infine, l’autodisciplina e la resilienza di fronte alla repressione

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Ucraina, via libera Usa alle bombe a grappolo? – Piero Orteca

Denuncia in casa Usa

Il titolo del Wall Street Journal, che ha dedicato un lungo report allo spinoso argomento, non ammette repliche: «L’Amministrazione Biden sta spingendo legislatori e alleati a mettere da parte le preoccupazioni sui diritti umani, perché le scorte di munizioni regolari sono finite». La Casa Bianca non ci fa una gran figura, a far pensare che, le sue prediche sul diritto internazionale, dipendono anche dai fondi di magazzino. Quando si svuotano, allora ‘le norme si interpretano’, secondo le esigenze. Ma, al di là della caduta di stile democratico, la vicenda, sostengono alcuni analisti, può solo significare che la situazione, sul campo di battaglia, non va bene come si vuole fare credere.

La fretta di chiudere

L’Occidente sta alzando decisamente la soglia dell’impegno militare, fornendo all’Ucraina armi letali, tecnologicamente sempre più avanzate. Esiste una linea rossa? Sicuramente si, anche se nessuno, ci pare di capire, la conosce di preciso. Intanto, sulla questione delle ‘bombe a grappolo’, gli Stati Uniti rischiano grosso. Stanno dando un alibi, ai russi, per usare a loro volta armi bandite dalle convenzioni internazionali. È un’escalation che rischia di scappare di mano. Biden lo sa e finora era stato nettamente contrario a infrangere le regole. La questione era già stata posta sul tavolo del Presidente a gennaio e, in quell’occasione, il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, aveva detto di escludere l’uso di questo tipo di proiettili, «che causavano preoccupazioni al governo americano».

Emergenza tattica

Ora, secondo il Wall Street Journal, una probabile emergenza tattica (e strategica) sul campo sta facendo fare marcia indietro. Mostrando crepe evidenti, tra le varie scuole di pensiero esistenti dentro l’Amministrazione. Antony Blinken, il Segretario di Stato, per esempio, fino all’altro giorno era fieramente contrario alla possibilità di utilizzare le bombe in questione. Sa bene che, politicamente parlando, questa mossa potrebbe essere un boomerang. Gli ucraini, però, insistono, e Lloyd Austin, il Segretario alla Difesa, la pensa come loro. Anche se, come riporta, il WSJ, le simulazioni fatte riguardano l’utilizzo contro gli assembramenti di truppe nemiche che attaccano. Cioè, il contrario di quello che si sta verificando ora, periodo in cui i russi sono saldamente al coperto e non si muovono. A meno che non intendano utilizzarle ‘a pioggia’, sulle trincee.

Bersaglio umano

In ogni caso, è bene sottolinearlo, queste munizioni servono principalmente contro bersagli umani. Se parliamo di ‘letalità, probabilmente il gradino ulteriore di escalation, ci porta alle ‘superbombe’. O alle armi nucleari tattiche. Capito perché gli americani (e Biden) non erano così convinti di usarle? Comunque, gli Stati Uniti non hanno firmato nessuna convenzione internazionale sull’utilizzo di queste armi, come Russia, Cina e la stessa Ucraina. L’ordine esecutivo di Biden probabilmente non basterà. Il Presidente dovrà cercare l’aiuto (e anche l’assicurazione politica) da parte del Congresso. Dove, per dirla francamente, c’è molta perplessità…

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La “grande bufala” del partito della guerra e l’interlocutore (immaginario) dagli Usa – Alastair Crooke

 per Strategic Culture

[Traduzione a cura di: Nora Hoppe]

 

Il Presidente Putin ha dichiarato di essere aperto, in qualsiasi momento, a colloqui con un interlocutore americano.

Perché allora nessuno si è fatto avanti? Perché, quando tra l’opinione pubblica americana cresce l’ansia per il fatto che la guerra in Ucraina sembra destinata a un’escalation permanente e si teme che “Joe Biden e i ‘guerrafondai del Congresso’ stiano conducendo gli Stati Uniti a un ‘olocausto nucleare'”? Questo è stato il duro monito dell’ex candidata alla presidenza, Tulsi Gabbard, nel seguitissimo show di Tucker Carlson.

L’urgenza di fermare lo scivolamento verso l’escalation è chiara: mentre lo spazio di manovra politico si riduce continuamente, lo slancio dei neoconservatori di Washington e di Bruxelles per sferrare un attacco fatale alla Russia non si esaurisce. Al contrario, in vista del vertice NATO si parla piuttosto di prepararsi a una “guerra lunga”.

Urgenza? Sì. Sembra così semplice – basta iniziare a parlare. Ma visto dalla prospettiva di un ipotetico mediatore statunitense, il compito è tutt’altro.

L’opinione pubblica occidentale non è stata condizionata ad aspettarsi la possibilità che emerga una Russia più forte. Al contrario, ha sopportato che gli “esperti” occidentali sbeffeggiassero le forze armate russe, denigrassero la leadership russa come incompetente e presentassero alle loro TV gli “orrori” dell'”invasione” russa.

Si tratta – a dir poco – di un ambiente molto sfavorevole per qualsiasi interlocutore che voglia “avventurarsi”. Il dottor Kissinger (un anno fa a Davos) è stato “stroncato” quando ha suggerito cautamente che l’Ucraina potrebbe dover cedere un territorio alla Russia.

Quale sarebbe la missione? Beh, è chiaro che si tratterebbe di trovare quella “rampa d’uscita” a cui alludeva Kissinger. Ma il primo problema sarebbe come inquadrare la missione di un potenziale mediatore dal punto di vista di un’opinione pubblica statunitense che ha vissuto un anno di propaganda (in gran parte delirante) e in gran parte ostile nei confronti di Mosca (il partner di dialogo previsto).

Quando Putin parla di “un interlocutore americano”, deve intendere qualcuno che abbia credibilità all’interno della più ampia sfera statunitense – e un qualche mandato di autorità (per quanto nebuloso). In passato, il senatore George Mitchell ha svolto questo ruolo per due volte (nei conflitti israelo-palestinese e irlandese). Naturalmente ci sono stati anche altri mediatori.

Quali erano le qualità particolari del senatore Mitchell? Innanzitutto, aveva la reputazione di convincere entrambe le parti in conflitto che era in grado di vedere e capire la loro posizione; che non era ostaggio delle circostanze immediate, ma che era in grado di assimilare anche il lungo corso della storia. L’empatia era essenziale, ma il suo compito era comunque quello di dissotterrare la struttura sottostante al conflitto – e di trovarci una “soluzione”.

Il nostro ipotetico negoziatore dovrebbe considerare come inquadrare la sua missione in modo da ottenere il sostegno di almeno una parte della struttura di potere degli Stati Uniti. Ma ecco il primo problema: il conflitto – per l’opinione pubblica occidentale – è stato deliberatamente inquadrato in un’ottica binaria e ultra-umanitaria: “La Russia – senza essere provocata – ha invaso uno Stato sovrano e ha commesso atrocità sul suo popolo.”

La scelta della narrazione nasconde il più grande scopo geopolitico di distruggere qualsiasi prospettiva di creazione di un Heartland eurasiatico che possa minacciare la supremazia degli Stati Uniti. È di nuovo il manuale della guerra del Kosovo: un ipocrita “intervento umanitario” per “salvare” il popolo kosovaro dal massacro e dalla tirannia.

L’approccio “Realista” – che espone razionalmente i “fatti” del conflitto – non funziona più da alcuni anni: In Siria, in particolare, il “partito della guerra” ha capito che una singola foto di una bambina che muore tra le braccia di sua madre ha avuto la meglio su qualsiasi spiegazione razionale del conflitto e ha oscurato tutte le vie d’uscita. È stata usata in modo spietato per eliminare qualsiasi comprensione alternativa. Tirare le “corde del cuore” occidentali prevale invariabilmente sui fatti.

Questo è sempre l'”incubo”: Mentre i “colloqui” procedono, un’atrocità – un bombardamento di un autobus, civili che giacciono sanguinanti per strada – spazza via la ragione e la sostituisce con la cruda emozione.

Inquadrare la missione di un ipotetico interlocutore statunitense non è quindi facile. Gli architetti del conflitto ucraino – dopo aver inquadrato il conflitto come una missione umanitaria – si pongono la domanda: come arrivare al risultato politico desiderato? Come bypassare (o superare/ri-inquadrare) la questione umanitaria?

Sfidare l’assalto propagandistico senza precedenti è inutile. Il “partito della guerra” scoprirà sempre una nuova atrocità (e se non ce n’è una a portata di mano, ci sono sempre i produttori e i direttori delle compagnie televisive pronti a procurarlo)…

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De Masi: “La vigliaccheria è mandare armi: così sono massacri fatti per procura” (intervista di Salvatore Cannavò)

“Ho visto un’intervista del professor De Masi, filosofo del Movimento 5 Stelle, che diceva che è meglio vivere sotto una dittatura piuttosto che morire. Voi capite bene come questa sorta di esegesi della vigliaccheria di fatto faccia strage di secoli di civiltà europea”.

Giorgia Meloni chiama in causa, in Parlamento, un normale cittadino come il professor Domenico De Masi, sociologo apprezzato e oggi direttore della Scuola del Fatto. “Non sono il guru dei 5 Stelle – risponde De Masi –, sono demasiano, ho le mie idee e le scrivo. Vigliacco è attaccare una persona assente che non può difendersi”

Meloni le rimprovera di aver privilegiato le dittature.

Se il detto di Orazio, dulce et decorum est pro patria mori, “dolce e decoroso è morire per la patria”, sia vero o no va chiesto alle centinaia di migliaia di ucraini che sono morti o feriti per la patria e ai milioni che sono dovuti scappare. Alla guerra si poteva rispondere con la guerriglia ipotizzando che un nemico troppo forte si poteva attaccare con una guerriglia molto più intelligente. La guerriglia poi consente alla diplomazia di agire meglio.

Come spiega un attacco così netto?

Se c’è un punto chiaro di discrimine tra destra e sinistra è il rapporto con la guerra. È una differenza permanente, anche se nella Prima guerra mondiale una parte di socialisti aderì alla guerra. Non c’è nulla di male che la destra sia guerrafondaia, ma è doveroso che la sinistra sia dalla parte avversa.

La sua non è un’esegesi della vigliaccheria?

Non si tratta di una scelta tra coraggio e vigliaccheria, ma tra intelligenza e idiozia. Nel Risorgimento, quando c’era lo spirito patriottico, i Paesi non mandavano armi, ma uomini armati. La vigliaccheria è mandare armi per far massacrare le persone per procura.

da qui

 

Redazione
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