Boia di Stato: l’Iran dei tragici record

Un articolo ripreso dal notiziario del comitato Paul Rougeau. A seguire segnalazione del nuovo «Atlante» sulla pena capitale, presentazione e sommario del numero 302 con le indicazioni per iscriversi e/o sostenere le campagne.

nella foto Hassan Firouzi

SIAMO SOMMERSI DALLE TERRIBILI NOTIZIE CHE ARRIVANO DALL’IRAN

È davvero impossibile riportare tutto quanto sta accadendo in Iran, una nazione governata col terrore. Ci limitiamo a fornire alcune delle notizie più importanti.

Iniziamo leggendo il Rapporto sulla pena di morte in Iran nel 2022, pubblicato dalla Iranian Human Rights Society il 1° gennaio 2023.

Secondo questo rapporto, nel 2022 sono state messe a morte almeno 623 persone, 273 in più rispetto al 2021, soprattutto per crimini legati alla droga o per omicidio. Di queste, 608 erano uomini e 15 donne, e tra tutte almeno 12 erano prigionieri politici, 2 dei quali furono impiccati in pubblico. Tra i giustiziati c’erano anche 5 minorenni. Le province più colpite sono state il Baluchistan e Alborz.

Le proteste contro il regime iniziate il 18 settembre 2022, a seguito della morte della 22enne Jina Mahsa Amini (1), uccisa dai poliziotti mentre era in loro custodia con l’accusa di non aver indossato il velo in modo appropriato, sono ancora in atto. Per fermare questa ribellione, in 100 giorni sono state arrestate decine di migliaia di persone, molte sono state torturate, e moltissime sono state uccise in modo sommario o condannate a morte. Sono stati anche uccisi e torturati molti atleti iraniani che sostenevano pacificamente le proteste, a cui è stato sparato senza neppure subire un processo.

Anche molti giornalisti, uomini e donne, sono stati arrestati, in particolare ricordiamo l’editor delle notizie politiche per il giornale indipendente Etemad Online, Mehdi Beyk, catturato dopo che aveva intervistato i familiari di molti dei ribelli che erano stati arrestati. Ovviamente gli fu subito confiscato il cellulare e il computer.

Tanti giovani sono stati giustiziati in relazione alle proteste. Descriviamo qualche caso a modello di tantissimi altri.

  • Mohammad Mehdi Karami, un campione di karate di 22 anni, è stato impiccato il 7 gennaio,

appena 65 giorni dopo il suo arresto. Fonti hanno detto alla BBC Persian che gli furono concessi meno di 15 minuti per difendersi in tribunale. Era stato accusato del reato capitale di “corruzione sulla Terra” e processato davanti a un tribunale rivoluzionario a Karaj il 30 novembre insieme ad altre 16 persone, tra cui tre minorenni, anch’essi accusati di coinvolgimento nell’omicidio. I giornalisti e i membri della famiglia dell’imputato non possono essere in tribunale, quindi l’unica finestra su ciò che accade dietro le porte chiuse è il filmato pesantemente modificato rilasciato dalla magistratura. In uno di questi video, Karami appare visibilmente angosciato mentre “confessa” di aver colpito il membro Basij sulla testa con un sasso. Il suo avvocato d’ufficio non contesta questo e, invece, chiede perdono al giudice. Karami poi dice di essere stato “ingannato” e si siede. “Papà, ci hanno dato il verdetto. La mia è la pena di morte. Non dire niente alla mamma”, ha raccontato il padre di Karami, ricordando la sua ultima telefonata e ribadendo l’innocenza del figlio. Successivamente, un gruppo di attivisti dell’opposizione ha pubblicato un account sui social media in cui afferma che Karami era stato torturato. Aveva detto alla sua famiglia durante un incontro in prigione di essere stato picchiato fino a fargli perdere i sensi dalle guardie. Queste avevano pensato che fosse morto e avevano scaricato il suo corpo in una zona remota, ma mentre se ne andavano si erano resi conto che era ancora vivo. Karami aveva anche detto alla sua famiglia che gli agenti di sicurezza gli avevano “toccato i genitali ogni giorno e minacciato di violentarlo” durante gli interrogatori. La famiglia ha quindi cercato di assumere uno dei più importanti avvocati per i diritti umani dell’Iran, Mohammad Hossein Aghasi. “Karami mi ha chiamato dalla prigione tre volte e mi ha chiesto di rappresentarlo. Anche i suoi genitori mi hanno esortato a rappresentare il loro figlio”, ha detto Aghasi. Il signor Aghasi ha scritto al tribunale locale e poi alla Corte Suprema. In ogni fase, le sue lettere sono state ignorate o respinte. E anche il ricorso contro la decisione della Corte Suprema è stato escluso da un giudice.

  • Secondo le notizie che circolano sui social, Zahra Nabizadeh, una donna incinta rapita nella città di Mahabad circa 3 settimane fa, ha ricevuto una condanna a morte ed è in attesa di esecuzione. Zahra Nabizadeh è stata rapita la sera del 25 dicembre 2022 dalle forze di sicurezza del regime clericale senza mandato di arresto e portata in un luogo segreto. Era incinta di 6 mesi al momento del suo arresto. Gli interrogatori l’hanno presa a calci nell’addome, tanto forte che la donna ha subito un aborto spontaneo sotto tortura e attualmente sta soffrendo di gravi emorragie.

Hassan Firouzi, di 34 anni, è stato arrestato nel novembre 2022 e condannato alla pena di morte da eseguire appena si sarà rimesso dalle ferite subite in carcere, perché per una perversa e tragica ironia si deve essere “sani”, almeno in apparenza, per morire nella “guerra contro Dio”. Non gli è stata concessa alcuna assistenza legale ed è stato condannato dopo un processo sommario alla pena capitale. Il 16 gennaio 2023, prima di essere riportato dall’ospedale in prigione senza le necessarie cure, Hassan ha lanciato un appello al popolo iraniano. “Chiedo una sola cosa al popolo iraniano: fate qualcosa perché io possa vedere mia figlia per l’ultima volta. Che io firmi o meno la confessione mi uccideranno. Il mio unico desiderio è di vedere per l’ultima volta mia figlia prima che uccidano me. Dopo 10 anni, Dio finalmente ci ha dato una bambina e io ho potuto vederla solo per 18 giorni prima di essere arrestato”. Rapporti del 23 gennaio scorso di attivisti iraniani per i diritti umani indicano che Hassan, a causa delle gravi lesioni riportate durante l’interrogatorio e l’assenza di cure mediche, sia entrato in coma. Durante gli interrogatori sarebbe stato duramente picchiato con una sedia e l’assenza di cure avrebbe determinato una grave emorragia con perdita della funzionalità di un rene.

Buona parte del mondo è inorridita per le notizie e i video che arrivano dall’Iran e molte autorità politiche hanno manifestato la loro condanna.

Il ministro degli esteri inglese, James Cleverly, ha condannato l’esecuzione di due ribelli in Iran e ha spronato il governo iraniano a “porre immediatamente fine alla violenza contro il suo popolo”. “L’Inghilterra si oppone fortemente alla pena di morte in ogni caso.” Il Primo Ministro inglese Rishi Sunak ha poi condannato in particolare la ‘barbara’ esecuzione del 61enne Alireza Akbari, un Anglo-Iraniano, che era stato arrestato nel 2019 con l’accusa di “corruzione sulla terra e spionaggio per i servizi segreti del governo britannico”, secondo quanto comunicato da un’agenzia giornalistica iraniana. Non è stata neppure data notizia della data esatta dell’esecuzione.

Il Canada ha annunciato un inasprimento delle sanzioni a causa “della brutale repressione delle voci coraggiose iraniane”, come affermato dal Ministro degli Esteri Melanie Joly.

Il Consigliere della Casa Bianca per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, ha condannato le azioni del governo iraniano e ha dichiarato che gli Stati Uniti “continueranno a imporre dazi e conseguenze per questa ragione.”

L’Unione Europea e molte nazioni europee (Austria, Belgio, Danimarca, Inghilterra, Francia, Germania, Olanda e Norvegia) hanno convocato i diplomatici iraniani presenti nei loro Paesi protestando per le esecuzioni.

Le Nazioni Unite si sono anche espresse con forza contro l’Iran. L’ufficio del capo dei diritti umani Volker Turk, ha rilasciato una lunga dichiarazione, in cui, fra le altre affermazioni, dice: “I procedimenti penali e la pena di morte vengono utilizzati dal governo iraniano per punire le persone che partecipano alle proteste e per incutere timore nella popolazione in modo da reprimere il dissenso, in violazione del diritto internazionale sui diritti umani. … Tali uccisioni rappresentano omicidi di stato… Ribadisco ancora una volta la mia richiesta al governo dell’Iran di rispettare la vita e la voce del suo popolo, di attuare immediatamente una moratoria sulla pena di morte e di fermare le esecuzioni.”

Il 19 gennaio il Parlamento Europeo ha pubblicato la risoluzione che mette l’Iran nella lista dei Paesi terroristi. La reazione del popolo iraniano è stata di gioia: molte persone sono scese in strada cantando e inneggiando alla decisione, auspicando che questa risoluzione possa aiutare il governo iraniano a cambiare radicalmente rotta, perché essa implica una serie di sanzioni durissime nei confronti del regime. La risposta è arrivata dallo stato maggiore delle forze armate del regime. I commenti consistono in alcune minacce nel caso in cui l’UE seguisse la decisione di etichettare l’IRGC (Islamic Revolutionary Guard Corps) come un gruppo terroristico.

Secondo lo stato maggiore, ciò “influirebbe sulla sicurezza, sulla tranquillità e sulla pace regionali e globali, e il Parlamento europeo dovrebbe stare attento alle sue conseguenze”. La dichiarazione sembrava anche presentare una giustificazione per possibili azioni future in Europa. Queste minacce indicano ulteriormente la necessità di proscrivere rapidamente l’IRGC e aumentare la pressione sul regime.

Anche la voce di Papa Francesco si è fatta sentire. Il pontefice ha tenuto il suo discorso annuale agli ambasciatori accreditati in Vaticano, e ha sottolineato le aree di maggiore preoccupazione della Santa Sede. In questa occasione ha ribadito il diritto fondamentale alla vita, e ha detto: “il diritto alla vita è anche minacciato in quei luoghi dove la pena di morte continua ad essere applicata, come nel caso dell’Iran in questi giorni, a seguito delle recenti dimostrazioni che chiedevano un maggiore rispetto della dignità delle donne. La pena di morte non può essere applicata per una presunta forma di giustizia di uno stato, perché non costituisce un deterrente e non rende giustizia alle vittime, ma alimenta soltanto la sete di vendetta.” Il Papa ha aggiunto: “E’ mia speranza che [in Iran] si arrivi a una soluzione concreta nel minor tempo possibile, al fine di garantire un futuro più sicuro.”

La risposta dell’Iran a tutte le proteste e alle condanne dal mondo è stata di inasprire ulteriormente l’uso della pena di morte: il 7 gennaio il regime ha fatto impiccare altri due giovani ribelli, Mohammad Mehdi Karami and Mohammad Hosseini. Erano stati arrestati un mese fa e torturati per ottenere false confessioni. Gli Iraniani che anelano alla libertà sono scesi ancora in strada, all’interno del Paese e all’estero, urlando la loro esasperazione e inneggiando a questi due giovani e agli altri 750 martiri che sono stati uccisi in vari modi durante le proteste.

Casomai quanto avviene non bastasse quanto a cieca crudeltà, il politico conservatore ed ex diplomatico Javad Larijani ha espresso in questi giorni il suo sostegno alla lapidazione nei casi di adulterio, dicendo che è una delle ottime leggi islamiche, che protegge “i valori della famiglia”. Ha dichiarato: “La lapidazione è un mezzo legale molto importante di deterrenza, che protegge il contratto matrimoniale delle famiglie”. Le vittime della lapidazione vengono messe in una fossa piena di sabbia lasciando fuori solo la testa e le spalle, poi le pietre vengono scagliate contro di lei. Un medico reclutato per sovrintendere l’esecuzione fa interrompere il lancio periodicamente per verificare se la vittima è morta. Se è ancora viva, la lapidazione riprende fino a ucciderla.

Questo avviene in caso di adulterio, e quasi sempre riguarda le donne. Invece, il 18 gennaio scorso, un uomo è stato condannato a soli 8 anni di carcere per aver decapitato la moglie 17enne. Questa pena così lieve è stata giustificata dal fatto che genitori della ragazza hanno “perdonato” l’uomo! La giovane era stata data in moglie al suo carnefice quando aveva 12 anni e aveva partorito un figlio a 14 anni.

Finora oltre 60 persone sono state giustiziate dall’inizio di gennaio (alcune senza che venisse neppure ufficializzata la loro accusa). Se il ritmo di esecuzioni non dovesse diminuire, questo nuovo anno si chiuderebbe con un totale di morti ancora più elevato del 2022.

E queste sono solo le morti conseguenti a una condanna alla pena capitale, molte altre persone sono state uccise e torturate direttamente dalla polizia. Tra le varie forme di tortura usate per estorcere confessioni, vi sono scariche elettriche, percosse, abusi sessuali, ghiaccio tenuto sui testicoli per giorni consecutivi, percosse sulla pianta dei piedi, isolamento totale per oltre un mese in celle infestate da topi e scarafaggi.

NOTA 1: vedi il numero 298

ATLANTE DELLA PENA DI MORTE NEL MONDO

Paesi mantenitori della pena di morte in colore rosso

Paesi abolizionisti per tutti i reati in blu

Paesi abolizionisti per i crimini ordinari in color avana

Paesi abolizionisti in pratica in verde

FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

numero 302 – gennaio 2023 (*)il sommario è riportato sotto.

Subito dopo la chiusura di questo numero in Texas è stata portata a temine la preannunciata esecuzione di Wesley Lynn Ruiz. Ne parleremo nel prossimo numero.

Anche questa volta molto spazio è dedicato all’Iran, il Paese che usa in modo frenetico e ingiusto la pena di morte.

Vi ricordo la pagina Facebook Amici e sostenitori del Comitato Paul Rougeau contro la pena di morte. Nella pagina trovate articoli scritti da organizzazioni abolizioniste in tutto il mondo, nonché appelli che potete firmare e diffondere, condividendoli.

Giuseppe Lodoli per il Comitato Paul Rougeau

SOMMARIO

Siamo sommersi dalle terribili notizie che arrivano dall’Iran                   

Scott James Eizember giustiziato in Oklahoma

Amber McLaughlin messa a morte il 3 gennaio in Missouri        

Giustiziato in Texas Robert Fratta che fece uccidere sua moglie 30 anni fa

Atlante della pena di morte nel mondo

(*) Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 31 gennaio 2023 . Gli articoli comparsi nei numeri precedenti del Foglio di Collegamento, ai quali rimandano le note in calce ad alcuni articoli di questo numero, si trovano nel nostro sito www.comitatopaulrougeau.org

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