Bussi, Carlotto, Rinaldi, Robecchi, Savatteri…

… Thompson e Verde

7 recensioni (giallo-noir) di Valerio Calzolaio

Massimo Carlotto

«Il Francese»

Mondadori

212 pagine, 17 euro

Veneto, Nord Italia. Almeno un paio d’anni fa, abbastanza prima della pandemia comunque. È primavera a Padova e il 46enne Toni Zanchetta sta accompagnando la 23enne Claire da un cliente di Arezzo, in un hotel vicino all’autostrada. Verso l’una la lascia all’ingresso del parcheggio in una zona non coperta da telecamere, deve urgentemente raggiungere l’altra sua 34enne escort Valérie, alle prese con un direttore di filiale di banca dalla forte propensione all’autolesionismo; subito dopo dovrebbe occuparsi di altri impicci simili. Tuttavia, lo chiama il portiere dell’hotel, il cliente è incazzato perché Claire non si è presentata. Va nell’appartamento che lei divide con una studentessa, la quale non ne sa nulla. La stanza sembra in ordine, i soldi nascosti ci sono, non trova indizi e si preoccupa davvero: capisce che quando i genitori non avranno più notizie della loro Serena Perin, la doppia vita di Claire verrà fuori e gli sbirri andranno a cercarlo. Nell’ambiente tutti sanno che Toni è un pessimo violento magnaccia, riconvertitosi come Il Francese, un macrò ora cortese per gestire la maison, un’agenzia di dodici affascinanti prostitute, ognuna con un personaggio creato e costruito con cura (da lui) per una clientela con alte esigenze, diversificate e strane, disposta a spendere cifre notevoli, del cui ammontare elegantemente si tiene (solo) la metà, facendole sentire in apparenza più socie di un’impresa che sfruttate… pur se affrancarsi dovrebbe loro costare duecentomila euro, molto complicato. Toni avvisa Angela, la ricca raffinata donna sposata cui è legato da anni, che è meglio (per lei) troncare. Settimane dopo arriva la polizia, il commissario Franca Ardizzone vuole incastrarlo e se la sta prendendo comoda. Una gang serba gli propone un alibi se cede loro tutti gli affari, ragazze e contatti. La vicenda s’ingarbuglia, la criminalità è organizzata, incombono concorrenze vendette spiate omicidi.

Massimo Carlotto (Padova, 1956) conferma di essere un Maestro internazionale del noir. Parla ancora di noi, della nostra quieta provincia metropolitana e della connessa dimensione criminale, questa volta soprattutto della fiorente crudele industria della prostituzione. Il sesso, in vario modo, riguarda ogni animale e ogni sapiens: fra gli umani non è mai solo un fatto privato o individuale, influisce sulla relazione specifica e su ogni relazione emotiva, determina fenomeni e gerarchie sociali, può inevitabilmente essere venduto e comprato. La narrazione è in terza fissa al passato (la vicenda occupa due anni), sempre e solo sul Francese (da cui il titolo). In tutti i garbati colloqui con le sue “protette” emerge, in forme meno o più consapevoli, quanto sia un autentico schiavista, un proprietario di corpi, un altro prodotto della cultura patriarcale (capace di ricatti, stupri, botte con una racchetta da tennis). In particolare, è Fabrizia Isabelle Masiero, ancora magnifica e solitaria per l’amputazione del braccio sinistro dovuta a un sarcoma, a sbattergli in faccia la realtà: le era stato vicino solo perché sperava tornasse a lavorare per lui (“la puttana monca era una chicca”), le prostitute dovrebbero tenersi il novanta per cento del guadagno e dovrebbero essere libere di gestirsi: offrire sesso a pagamento (sex workers) non il proprio corpo. Il romanzo, invece, non intende offrire schemi sociologici o soluzioni consolatorie. Carlotto, dopo un’intensa verifica di dati e testimonianze sul territorio (da giornalista investigativo), con eccelso stile come sempre, mostra il fariseismo bigotta dell’ideologia prevalente nel nordest (la terra del nero e dei maghi dell’evasione, con la magia del contante), viviseziona l’anatomia diffusa delle ipocrisie sociali, opera chirurgicamente su fratture e contraddizioni reali, segnala implicitamente come ogni forma di violenza e sopraffazione chiami altre violenze ottuse e sfruttamenti implacabili. Ci si aggrappa spesso a cognac e grappa. A Lorella piacciono gli Stadio, lo confessa al Francese al loro primo (pagato ma dolce) incontro.

 

Nicola Verde

«Il profumo dello stramonio. Il richiamo della strega. Storie sarde del mistero»

La Lepre edizioni

236 pagine, 16 euro

Sardegna. Ultimi decenni. L’ottimo scrittore d’adozione romana Nicola Verde (Soccivo, Caserta, 1951) raccoglie nel volume “Il profumo dello stramonio” una quindicina di brevi racconti (genericamente noir), scritti in anni diversi e lontani, perlopiù già pubblicati e qualcuno anche premiato, tutti in vario modo dedicati al fantastico contesto sociale e ambientale della Sardegna, a lui caro. Non si tratta di una semplice antologia, piuttosto forse di un “anto-romanzo”, così prova a definirlo l’autore stesso. Infatti, d’accordo con l’editore, Verde ha cercato di legare tutte le narrazioni con “il richiamo del sangue”, un racconto cornice per il prologo, undici intermezzi, l’epilogo, conseguentemente “limando” i testi originali: un maresciallo dei carabinieri molto anziano narra in prima persona di quando chiese di trasferirsi da Roma sull’isola, a Bonela, e di come sono poi per lui emerse le vicende dei vari racconti del mistero, fra mito e realtà, fra popoli antichi e leggende moderne.

 

Gaetano Savatteri

«I colpevoli sono matti. Quattro indagini a Màkari»

Sellerio

278 pagine, 15 euro

Sicilia. Ultimo decennio. Sono finora usciti 3 romanzi e 8 racconti lunghi dell’ottimo giornalista e scrittore siciliano Gaetano Savatteri (Milano, 1964) con protagonisti il pigro disincantato disoccupato di successo Saverio Lamanna (che narra in prima), l’amico e compagno d’avventura Peppe Piccionello, la tendenzialmente fidanzata magnifica Suleima, il vicequestore Randone in “zona Màkari” (San Vito Lo Capo, Trapani, Mondello, Valle dei Templi). Dal 7 al 21 febbraio 2022 in prima visione su Rai 1 la seconda stagione, una fiction sull’autofiction come suggerisce lo stesso autore, con attori televisivi ispirati a esilaranti personaggi letterari, genere commedia gialla. La raccolta dei primi racconti è stata pubblicata un anno fa, in contemporanea con la prima stagione. Le vicende poliziesche sono l’occasione per una sarabanda di situazioni comiche e dialoghi scoppiettanti: “I colpevoli sono matti” è il secondo racconto e dà il titolo al volume di piacevolissima rilettura.

 

Patrizia Rinaldi

«Blanca e le niñas viejas»

Edizioni e/o

240 pagine, 17 euro

Napoli. Un inverno prima della pandemia (o dopo). La poliziotta poco più che 45enne Blanca Occhiuzzi è ipovedente, vede solo ombre. Lavora al Commissariato di Pozzuoli, il capo è Vincenzo Martusciello; con lui, con il benestante affascinante collega ispettore Liguori (suo fidanzato di fatto, più o meno segreto) e con l’agente scelto Giuseppe Carità s’intendono in quasi tutti i sensi, nonostante ovvie differenti modalità investigative, quella di Blanca instancabile e selvatica, capace di tradurre in parole sensazioni e sentimenti che nessuno capisce. Il primo pomeriggio del 18 febbraio arriva in commissariato l’amica Maria Aguilar: a Pozzuoli hanno ucciso le due donne con le quali ha per molto tempo condiviso la passione del tango, Carminia e Berenice, certo in là con gli anni, sempre appassitamente belle ed eleganti. Sta seguendo il caso il commissario di Pianura, il lento logorroico Bini, non è semplice inserirsi nelle indagini. I due corpi erano stati rinvenuti nella palestra di una periferica scuola malmessa, sgozzate e agghindate per una messinscena in un arco unico con le teste unite, scarpe da ballo in perfetta simmetria con i piedi, schiene incise. Il custode della scuola accenna a un bimbo che potrebbe aver visto qualcosa. Compare inoltre un Uomo Giovane argentino che vaga da settimane per le strade di Napoli alla ricerca di vendetta o poesia e che trova La Creola. C’è infine un possibile indiziato, il ricco possidente quasi cinquantenne Saverio Leopoldi Bignone, innamorato di Carminia, amante di entrambe. Forse tutto ruota attorno al tango milonguero, ad amori affetti odi gelosie interessi sesso che accompagnano la magnifica danza. Blanca chiede l’iscrizione alla scuola, si fida dell’ignoto, conosce il maestro Jorge e altri protagonisti, s’immerge negli otto passi della salida, pur se anche la parallela vaga angosciante pista del ragazzino può probabilmente portare lontano.

Il recente arrivo della serie televisiva di successo (con Maria Chiara Giannetta) è addirittura tardivo rispetto alla progressiva matura evoluzione della pastosa colta scrittura della filosofa, educatrice e scrittrice Patrizia Rinaldi (Napoli, 1960), in varie terze al passato e rara prima (iniziale e conclusiva) al presente. Siamo alla quinta ottima avventura della protagonista, la prima nel 2009, poi le altre senza fretta (2012, 2014, 2019). Blanca perse amata sorella maggiore e gran parte della vista in un incidente domestico quando aveva 13 anni, da tempo è madre adottiva dell’universitaria e conflittuale Ninì, oltre che padrona del cane Guaio pure recentemente adottato. Il titolo fa riferimento a quelle due “ragazze vecchie” uccise, uno scempio contro chi avrebbe voluto solo vivere un altro po’ in mezzo a persone che trovavano divertente e appagante intrattenersi con la loro vecchizia, per il tramite del tango, perfetto coprotagonista. Gli strumenti del principio sono pianoforte, flauto, violino; le figure non sono mai copia, tendono alla perfetta improvvisazione; la discriminante per la sala sono la caminada e il boleo, poi il diverso posizionamento di coppie e solitari, la mirada; le priorità risultano studio e merito più di età e censo. La conoscenza non può essere solo funzionale a ciò che si vuole dimostrare o al riscatto sociale che si intende raggiungere. Segnalo Nisida, isola carcere (minorile), mirabile nel paesaggio a pagina 39 e 128. Le leggiadre gambe danzanti sono in copertina, potrebbero illustrare anche varie canzoni di Paolo Conte. Ovviamente la vera e propria colonna sonora fa aleggiare di continuo musiche note di Astor Piazzolla e Carlos Gardel (del quale Blanca attende Perfidia), se non che la brava professoressa canta a mezza voce Bread and Roses, il pane e le rose.

 

Michel Bussi

«Nulla ti cancella»

traduzione di Alberto Bracci Testasecca

Edizioni e/o

460 pagine per 16,50 euro

21 giugno 2010. Saint-Jean-de-Luz, costa basca, Pirenei Atlantici. La 40enne Maddi Libéri è un medico generico, una donna razionale, ferocemente indipendente, visceralmente libera, bionda benestante, per scelta una madre single. Vive con il biondo figlio, proprio quel giorno Esteban compirà dieci anni. Prima che lei cominci a visitare i pazienti e che lui vada a scuola, ancora una volta corrono in spiaggia a farsi un bagno. Quella mattina il mare sembra troppo mosso, come nelle altre occasioni intanto che lei si riavvia a preparare la colazione, lui riceve un euro per prendere la baguette. Ma Esteban non arriva a casa, già dopo mezz’ora Maddi inizia a cercarlo, per strada, fra le onde, in mezzo a chi sta sulla sabbia, al forno, poi da polizia, pompieri, soccorso marittimo, almeno venti persone scrutano tracce. Non se ne saprà più nulla. Un mese dopo le ricerche ufficiali vengono abbandonate, Maddi decide di andare lontano, apre uno studio a Étretat in Normandia, si rifà una vita. Dieci anni dopo né la moneta né Esteban sono stati più ritrovati, nonostante lei non abbia mai perso la speranza, convinta che sia stato rapito. Il 21 giugno 2020 Maddi torna in vacanza (quasi in pellegrinaggio) sulla stessa spiaggia, con Gabriel, ammalianti occhi scuri, capelli bruni, l’unico ad aver accettato tutto il suo dolore, i cambi d’amore, le lacrime, le paure, l’isolamento. Appare un bambino che sembra proprio identico a Esteban, stesso costume, stessa postura, sempre circa dieci anni, si chiama Tom. Che sta accadendo? Coincidenza? Sosia? Reincarnazione? Trappola? Casting? Allucinazione? La 50enne Maddi decide di trasferirsi a Murol in Alvernia, paesino natio di Tom. Chissà perché, si è subito convinta che lui sia in pericolo e forse non ha torto. Comunque ci sono un mistero e nuovi turbinanti guai e omicidi da affrontare.

Il magnifico scrittore Michel Bussi (Louviers, 1965), professore universitario di Rouen (Normandia) e direttore di ricerca al Cnrs francese, ha pubblicato dal 2006 quindici divertenti corpose avventure, tutte senza protagonisti seriali, ambientate in originali ecosistemi biodiversi, non solo della sua regione, appartenenti al genere policier o noir (oltre recentemente a una trilogia per ragazzi di ogni età). Le trame sono rocambolesche, scientificamente e modernamente elaborate. La narrazione alterna la prima della protagonista alla terza varia sui personaggi, qui con meno efficacia del solito. L’autore ha spiegato che gli piace “portare il lettore sull’orlo del precipizio, mollarlo e riacchiapparlo all’ultimo momento”. Questa volta gli riesce meno bene, c’è poco di indimenticabile. Le quattro parti seguono l’unalome, il ciclo delle reincarnazioni delle anime: infantile, bambina, giovane, matura. Anche la relativa fontana avrà un ruolo, tanto più che nella vita reale s’incontrano e scontrano anime infantili e anime mature, e gli opposti possono anche intendersi alla grande. Tre prove irrefutabili dimostrano una reincarnazione: le voglie sul corpo, la xenoglossia, le fobie: scopriamo qualcosa sull’apifobia in particolare. Segnalo la diffusa presenza mondiale di Baby Hatches a pag. 194-95, in ogni regione le si chiama come si vuole (almeno dieci nomi diversi anche in Italia, cento significati, mille aneddoti). Si conferma che i vini vulcanici sono ottimi per svariati abbinamenti (per poi abbandonarsi ai liquori montani). Hegoak è l’inno basco, Esteban e Tom hanno in comune anche la predisposizione per la lira-chitarra.

 

Alessandro Robecchi

«Una piccola questione di cuore»

Sellerio

372 pagine, 15 euro

Milano. Giugno 2022. Da Oscar Falcone e Agatina Cirrielli alla Sistemi Integrati (agenzia investigativa non ufficiale) arriva il 22enne Stefano Dessì, con i nervi a pezzi. Chiamano anche il mitico Carlo Monterossi (che ha sempre bisogno di veder vivere le vite degli altri) e il ragazzino spiega che dovrebbero ritrovargli la 39enne Ana Petrescu, la sua donna di origine rumena, italiana da sempre (nel 2000, da giovanissima, si era sposata e aveva ottenuto il passaporto, per poi divorziare quasi subito). Si tratta di una piccola questione di cuore: si amano ma lei è dovuta scomparire (dal 4 giugno, pochi giorni prima), probabilmente per chiudere l’esistenza di prima e per paura di qualcosa che poteva ostacolare i propositi di vita definitivamente in comune. La foto mostra una donna alta e splendida, capelli neri e occhi intelligenti. Lui vive da solo, è ricco e autonomo, studia e si diverte; il padre Michele è un potente avvocato e lavora perlopiù a Roma, lo mantiene alla grande; la madre ex modella è lontana, nessun problema economico. I tre amici sodali cominciano a indagare, ognuno a suo modo. C’è da evitare che se ne occupi la polizia e, del resto, nel frattempo, in Questura sono tutti affaccendati, fra gli altri Carella (a parte il quasi amore con una maestra) dietro a una storia di grande spaccio, Ghezzi (a parte il prossimo matrimonio del fido subalterno Sannucci) in soccorso di una moglie malmenata che non vuol fare denuncia. Ana la conoscono bene in tanti come Anna Carioti (cognome da sposata), padrona assente di tanti esercizi autonomi (negozio di unghie, istituto di bellezza, centro massaggi) intestati a una ultraottantenne. Su di lei si raccontano storie oscure di trucchi fantasiosi e affari, forse criminali. Comunque la rintracciano e vengono coinvolti in una vicenda dalla quale non sarà facile uscire innamorati e vivi.

Il giornalista (spesso argutamente radicale e satirico), autore televisivo (con Crozza dal 2007) e affermato scrittore Alessandro Robecchi (Milano, 1960) continua l’ottima serie metropolitana d’alta qualità, inventando ogni volta notevoli romanzi con differenti impasti culturali storici sociali, densi e appassionanti, emotivamente tesi e ben stesi, ormai sempre più ritmati con matura sapienza. Siamo alla nona avventura della divertente raffinata epopea monterossiana (2014-2022), giunta qualche mese fa anche in televisione (protagonista il bravo attore Fabrizio Bentivoglio): ogni romanzo costituisce una storia assestante, con accenti specifici sui vari personaggi, autonomi obiettivo letterario e ingegno artistico. La narrazione è in terza varia, allegramente tragicamente “noir”. Anche se l’ironico Monterossi e il ruvido Carella si odiano, le faccende dell’amore, dei piccoli amori e dei veri cuori (nel titolo) s’insinuano in tutti gli anfratti: una coppia adulta nel garage, forse pure e cieche nelle canzoni (non solo di Dylan), in frasi e gesti di un marito episodicamente (?) violento o della Rosa moglie di Ghezzi o dei futuri sposi, nei programmi televisivi della Grande Fabbrica della Merda (la Tivù Commerciale), incredibilmente fra Ana e Stefano. Insomma Carlo continua a rifletterci sopra, a valutarne tutti i tipi, pure quello svogliato, il tran-tran, l’amore non detto di chi si ama da decenni e non vuole nemmeno più pensarci, oppure certe passioni così intense da sembrare una malattia. E Bianca (non è amore fra loro, vero?) a luglio compirà 37 anni, l’orologio biologico ticchetta. Così, tutte le indagini a un certo punto s’incrociano, investigatori privati e pubblici devono collaborare per trovare un gioiello antico e ridurre il numero dei criminali attivi o almeno delle morti drammatiche. Un bianco siciliano può rimetterti al mondo, a fine serata il solito whisky per tutti. Qualche volta è Bianca a scegliere la musica, quella sera il Köln Concert di Keith Jarrett.

 

Jim Thompson

«Bad Boy»

traduzione di Federica Angelini (orig. 1953; prima edizione italiana, Einaudi 2001)

HarperCollins edizioni

298 pagine, 15 euro

Anadarko, Oklahoma, 27 settembre 1906. Vi nacque quel giorno il grandissimo mitico scrittore James Myers Jim Thompson, morto nel 1977 senza il pieno successo e la fama che meritava. Aveva pubblicato otto dei trenta romanzi complessivi (ispirati ad esperienze accadutegli, fra avventura e noir), quando nel 1953 – neppure 50enne . decise che già valeva la pena raccontare la vita vissuta, girovaga picaresca pittoresca quasi quanto la sua narrativa: l’avvincente “Bad Boy” ne è il notevole risultato letterario. Il padre di Thompson era stato sceriffo di Caddo County, si candidò per una carica statale nel 1906 ma fu sconfitto. Rinunciò all’incarico di sceriffo a causa di voci di appropriazione indebita e la famiglia si trasferì progressivamente in Texas, con ulteriori continui spostamenti e lavori (imprenditore, avvocato, contabile, rappresentante). Jim si mise timidamente alla ricerca di una propria autonomia (facchino, operaio, tuttofare, vigilante) in compagnia di rari amici e molto whisky.

 

Redazione
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