«Caccia al nero»

Daniele Barbieri racconta di un libro più o meno Fininvest ma accenna anche a “sparite-“sparate” e mamma Rai (ahi-Rai, che dolor)

Premessa personale ma necessaria. Nella redazione dove lavoravo, tanti anni fa, entra un diavolo: corna e coda, chiaro? Chiede se qualcuna/o vuol «vendere l’anima». Su 30 presenti ridono in 3-4 («fratello, arrivi tardi») e 2 si indignano mentre gli altri e le altre si girano dall’altra parte, come sempre: le 3 scimmiette. Sostituite corna e coda con blazer o maglioncino e funziona così: magari un’anima alla volta…

Se non ci credete leggetevi questo libro non firmato ma sottotitolato «confessioni di un insider della tv populista» a subito chiarire che a dar la caccia ai neri (e ancor più agli zingari o – in questa fase – a chi prende il reddito di cittadinanza) non sono rozzi nazisti ma un “raffinato” giornalismo armato di «manganelli catodici».

Il racconto è vivace. Gli zingari da sputtanare arrivano alla seconda pagina. Il meccanismo è chiarissimo: «gridare», montare i fatti sulla solita tesi (se i fatti la smentiscono… eliminarli), «musica tensiva» e una rigida scaletta di “ospiti” o presunti esperti che sanno cosa devono sbraitare al momento giusto. Se poi (o prima) servisse esiste «un metodo infallibile: inventare le notizie». C’è persino il guru – «un pezzo grosso» riconoscibile dalla dettagliata descrizione – che esclama: «ricordati! Il giornale è come una donna: te lo devi scopare ogni giorno».

Lavorando nella dorata fabbrica che ogni giorno tira merda contro i poveri per conto dei ricchi il giornalista in questione cerca di giustificarsi: «in fondo dove sta il confine fra vero e falso?»; oppure riflette, mentre si flette, che sotto il capitalismo tutti sono pagati dai padroni e dunque anche gli intellettuali (presunti) si vendono ma «con lo stesso grado emotivo di un operaio menre aziona la pressa»… Il protagonista si ubriaca persino per dimenticare che tira fuori il suo peggio. Ma resta lì.

A complicare per un po’ la routine arriva il Covid. Tutte le redazioni di destra e presunta sinistra si ritroveranno insieme contro “il comune nemico” che minaccia l’umanità? Sì, per qualche giorno ma poi inizia la gestione politica del nuovo mostro che ha tante brutte facce ma due sole gambe: paura e ignoranza. Il giornalismo torna al suo gioco più vecchio e facile: «perchè mentire quando puoi selezionare le verità che ti piacciono di più?».

Il protagonista di questa degradazione sa di essere «pusillanime» ma ogni giorno sprofonda di più. Non racconterò il finale ma già sapete che l’happy end funzionava forse a Hollywood.

Il piccolo collettivo che ha scritto questo libro ha fatto un buon lavoro: dovrebbero leggerlo soprattutto quelle persone che guardano solo la tv (un ossimoro dunque) ma se qualche insegnante lo desse come esercizio in classe potrebbe essere una bella lezione di come il giornalismo ci inganna ogni giorno.

Ovviamente c’è chi ha scavato più a fondo. Penso a «Faccia di turco» di Günter Wallraff che uscì tanti anni fa in Germania (e ovviamente fu reso invisibile). Però un sospetto mi assale a libro chiuso: scrivendo dei tanti mascalzoni gli anonimi autori usano una cascata di espressioni del tipo «unticcio di sudore», «nazivegani», «pance gonfie da bevitori di birra», «culo basso, capelli radi», «faccia sfigata da vecchio topo di videoteca». E se c’è «un mulatto che portava i dread come Bob Marley» il protagonista chiarisce: «gli volli subito bene». Non è che a forza di ingoiare stereotipi … anche questi così “critici” con i colleghi sono rimasti intossicati?

Ma occhieggiate anche il PS.

«Caccia al nero»

autore ignoto

Chiarelettere

14 euro, 2022

PS: Chi passa dalla “bottega” da molti anni avrà probabilmente letto qualcuna delle mie “sparite-sparate… No? beh, attrverso i TAG date un’occhiata e ne riparliqmo magari; anche perchè merda a tonnellate sulle tv “private” certo ma anche sulla Rai (eccetera) per coerenza bisogna tirare una gran torta di merda. Salvo rare eccezioni, si sa

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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