Cambiamento climatico e geoingegneria: terza…

… e ultima riflessione di Aldo Zanchetta che si muove fra tecnoscienze, follie, automatismi e ignoranza incoraggiata.

 

 

Ed ecco qua, colti da una nuova brama di dominio totale su una natura sempre concepita come recalcitrante e selvaggia. In questo grande delirio che chiamiamo umilmente geoingegneria, è la Terra intera che intendono abbracciare. Per guarire dagli incubi del passato, propongono di aumentare ulteriormente la dose di megalomania necessaria alla sopravvivenza in questa clinica per pazienti dai nervi fragili che è divenuto il mondo. (Bruno Latour. La sfida di Gaia)

Ho iniziato queste note sul cambiamento climatico indicando sei possibili “modellazioni” esplicative accennando poi a una settima che riprenderò qui. Ho anche invitato a una riflessione sulla scienza attuale Invitando alla lettura di una lettera di Einstein e narrando un’esperienza personale. Nei due precedenti scritti mi sono soffermato sulle due prime modellazioni indicate, quella “ufficiale” dell’IPCC e quella del gruppo di scienziati che fanno capo alla Clintel, Climate Intelligence Foundation. I sostenitori della prima sono assertori della causa antropica, quelli della seconda di una causa naturale avente origine nel complesso del sistema solare. La prima delle due viene sviluppata in base a “modelli” matematici: i suoi punti deboli sono costituiti dal fatto che alcuni risultati dei calcoli discordano dai dati reali verificati sperimentalmente, nonché da quello che alcuni importanti fenomeni climatici quali il ciclo delle acque e la formazione delle nuvole sono ancora in gran parte sconosciuti e quindi non modellabili matematicamente. Una ulteriore critica è di essere basata su un solo parametro (la temperatura dell’aria misurata a una altezza di 10 metri dal suolo e di avere accentrato tutta l’attenzione su un solo gas generatore di effetto serra, la CO2. La seconda (Clintel) si basa su dati storici statistici e su una serie di dati reali ma necessita di ulteriori riscontri basati su come evolveranno le cose. Le altre 4 modellazioni chiamano in causa le azioni dell’uomo quindi si rifanno a cause antropiche.

Credo necessario ribadire la distinzione fra il fenomeno del riscaldamento globale, di natura lenta nel tempo e con valore ad oggi della variazione della temperatura di circa 1 °C avvenuta in 150 anni e i fenomeni meteorologici, di breve durata e con variazioni di temperatura anche forti (vedi le “bombe di calore”). Purtroppo, anche a causa dell’informazione spettacolistica dei media, questa distinzione non viene tenuta presente nelle normali discussioni.

Voglio anche chiarire un’altra cosa: è apparso chiaro come chi scrive valorizzi la seconda narrazione rispetto alla prima. Le due comportano delle scelte operative diverse. La prima enfatizza l’urgenza di operazioni di “mitigazione” della produzione dell’extra quantità di CO2 presente nell’atmosfera per giungere al ripristino della situazione pre-industriale; la seconda, pur riconoscendo i danni ambientali dovuti alla produzione di energia tramite combustibili fossili, ne sostiene la sostituzione diluibile nel tempo riducendo i traumi economici e sociali derivanti da una rapida sostituzione. I suoi sostenitori non credono alla possibilità di giungere alla sostituzione di questi tramite tecnologie “pulite” quali i pannelli solari, le pale eoliche o idrauliche e simili se non in parte assai ridotta e sono fautori dell’energia nucleare ritenuta “pulita”. Soluzione che più sommessamente viene ritenuta inevitabile anche dai sostenitori della prima tanto da averla inclusa recentemente nella categoria delle tecnologie pulite.1 Personalmente non condivido queste conclusioni e sono in posizione critica dell’attuale modello energivoro di civiltà. La discussione sarebbe ampia ma esula dagli obiettivi di questi scritti.

In tutte e sei le modellazioni lo scenario in cui il riscaldamento climatico avviene è l’atmosfera ed è il momento di conoscerla meglio per capire le altre quattro modellazioni di cui tratteremo.

La struttura dell’atmosfera terrestre

<<Se si cerca di descrivere la Terra e gli strati che la proteggono bisogna figurarsi che il pianeta corre attraverso lo spazio a un’incredibile velocità, cioè 107.280 chilometri all’ora, compiendo un’orbita ellittica intorno al Sole. Oltre a muoversi a questa incredibile velocità, la Terra compie un giro sul proprio asse una volta al giorno. Questi moti fanno sì che gli strati dell’atmosfera non si trovino in ogni momento alla medesima distanza tutt’intorno al globo: il lato della terra che è avanti avrà un’atmosfera più sottile, che sarà trascinata indietro verso il lato posteriore; gli strati atmosferici generalmente si trovano più vicini tra loro in corrispondenza dei poli magnetici, e più lontani fra loro all’Equatore. L’atmosfera viene inoltre influenzata da modificazioni sul Sole, sulla Luna e nel cosmo. Nelle seguenti descrizioni presento delle indicazioni di misure che sono valide approssimativamente per le zone temperate settentrionali.>>2

Come si vede nella figura (da Wikipedia) nell’atmosfera si distinguono i seguenti strati:

La troposfera, quello più vicino alla terra, ha un’altezza media di circa 10 km. La temperatura si abbassa andando dal basso verso l’alto, iniziando poi a innalzarsi. 10 km è l’altezza a cui in genere volano gli aeroplani civili.3 Nella troposfera circolano, lungo uno strato sottile situato a 3 km di altezza, delle grandi masse di vapore acqueo simili a fiumi, 5 nell’emisfero nord e cinque in quello sud ed è attraverso questi che la Terra porta acqua da una zona all’altra del globo, ad es. dalle foreste pluviali tropicali alle zone temperate. Essi hanno grande influenza sul clima e la Bertell annota: <<Secondo alcune congetture, manovre che interferiscano con questi fiumi possono scatenare inondazioni o indurre siccità.>>

La stratosfera si estende dai detti 10 km fino a circa 50 km di altezza e diventa sempre più calda andando verso l’alto. A un’altezza di circa 25 km c’è uno strato di ozono, ovvero ossigeno la cui molecola è formata da tre atomi anziché da due. L’ozono è velenoso per gli esseri viventi (e dannoso per le coltivazioni) ma a queste altezze è provvidenziale perché trattiene le radiazioni ultraviolette che provengono dal Sole e che sono cancerogene. L’ozono è presente in quantità minime anche a livello della troposfera, in particolare ove è presente lo smog.4 Ad un’alezza intorno ai 10 km ci sono sottili fasce di venti a alta velocità che girano attorno alla terra, chiamate jet stream (correnti a getto).

La mesosfera. Man mano che si sale la temperatura cresce ancora fino a un picco definito stratopausa. Qui inizia la mesosfera in cui la temperatura inizia invece a calare fino a un valore minimo che è situato a 80 km di altezza (mesopausa).

La ionosfera ha inizio a questa altezza. In realtà essa è divisa in due strati. Il primo è molto caldo, fra 80 e 100 km di altezza (termosfera), con temperature fra i 300 e i 1700 °C. Sopra c’è la esosfera che va dai 100 ai 600 km di altezza e nella quale la temperatura cala progressivamente. E’ in questo strato che viene messa in orbita la maggior parte dei satelliti per comunicazioni. La ionosfera, come dice il nome, è elettricamente carica e quindi capace di condurre elettricità mentre la terra e gli strati inferiori dell’atmosfera sono elettricamente neutri. Oggi la ionosfera viene anche divisa in tre regioni separate non in funzione della temperatura ma del grado di ionizzazione. La ionizzazione è causata dai raggi solari e come osserva la Bertell la ionosfera <<è uno degli strati protettivi più importanti che ricopre la Terra schermandoci così da particelle solari e cosmiche dannose>>.

Alcune altre informazioni: Nella zona della ionosfera ad una altezza di 160 km ci sono di nuovo due “fiumi” assai grandi di corrente elettrica continua denominati elettrojet, che si abbassano un po’ in corrispondenza dei due poli, nord e sud., dove si muovono particelle cariche elettricamente.5

Al di là della ionosfera c’è la magnetosfera dove il movimento degli ioni è ancora controllato dalla forza magnetica della terra e sopra ad essa c’è un campo dove invece viene controllato dal campo del Sole. Al suo interno esistono delle gigantesche linee di forza magnetiche che corrono fra i poli magnetici e che vengono chiamate fasce di Van Allen, scoperte nel 1958. Esse hanno una distanza dalla Terra che va dai 6.500 km di quella inferiore ai 51.500 km di quella più esterna. A causa dei moti di rotazione e di oscillazione della Terra, la fascia più interna scende fini a 200 km in corrispondenza dell’Atlantico meridionale.

Fasce di Van Allen e linee di forza magnetiche

Vento solare: questo è il nome dato alla corrente di particelle cariche ad alta energia emesse dal Sole, vento che ha massima intensità durante le macchie solari (violente esplosioni che creano protuberanze sulla superficie del Sole) cui abbiamo accennato nel secondo scritto. Le particelle che arrivano sulla terra provenienti al Sole o dal cosmo vengono catturate dalle fasce di Van Allen e quando le fasce vengono disturbate da tempeste elettromagnetiche esse possono raggiungere l’atmosfera superiore della Terra nella zona dei Poli dando origine allo spettacolo dell’aurora boreale (emisfero nord) e aurora australe (emisfero sud). Aurore boreali sono state generate artificialmente durante esperimenti condotti con l’impianto HAARP.

Quindi l’atmosfera non è quello strato omogeneo di “aria” che si è portati a immaginare guardando il cielo azzurro in una giornata priva di nuvole. Data questa struttura complessa e delicata ora descritta il deprecato buon senso suggerirebbe che sconvolgere uno o più di questi strati dovrebbe essere fatto con una certa attenzione, anche perché non è ancora completamente chiaro come il tutto funziona. Ma come è noto il buon senso non ha valore scientifico.

Secondo la terza modellazione prospettata, le cause del cambiamento climatico in corso potrebbero essere dovute alle oltre 2.000 bombe atomiche sperimentali esplose dal 1945 al 1963° livello del suolo, nel sottosuolo ma anche nell’atmosfera, e la cui potenza -e quindi i cui effetti- era centinaia di volte superiore a quella di Hiroshima e di Nagasaki. A questo vanno aggiunti gli effetti dei razzi vettori che le hanno portate in alto nell’atmosfera e di quelle centinaia –anzi ormai migliaia- di razzi lanciati da allora per i più diversi scopi; degli altrettanto numerosi satelliti artificiali ruotanti nella stratosfera; delle centinaia di migliaia di bombe esplose nel corso delle continue guerre, in particolare oggi nella guerra in Ucraina e infine, per fare il “buon peso”, il diluvio delle radiazioni elettromagnetiche (3G, 4G, 5G, ormai anche 6G e, annunciate, 7G) che a loro volta perturbano l’atmosfera.6

L’argomento è stato trattato ampiamente dalla Bertell nel libro già citato. Essa svolse importanti incarichi a livello internazionale anche per conto delle Nazioni Unite ed era a conoscenza degli esperimenti di manipolazione del clima condotti da governi e organizzazioni militari ma indirizzò la sua attenzione anche alle “normali” attività di una società tecnologicamente avanzata.7 Per inciso, nel libro essa fa anche una rassegna dei sistemi d’arma militari già acquisiti in quegli anni e oggi ampiamente più avanzati ma che consigliamo di non leggere a chi ha un sistema nervoso un po’ compromesso.

Esplosioni nucleari nell’atmosfera

Oltre a quelle terrestri o nel sottosuolo, una serie di esplosioni nucleari vennero effettuate nell’atmosfera fra il 1946 e il 1956 dalle potenze nucleari dell’epoca (Stati Uniti: 86; Unione Sovietica: 15; Gran Bretagna: 9) e ciò ad altezze via via maggiori fino addirittura alla ionosfera, e questo prima ancora di avere una precisa conoscenza di questi strati, anzi in certi casi vennero programmate anche per verificare alcune ipotesi. Così furono danneggiate le fasce di Van Allen e venne causato il primo buco nell’ozono, oltre a ridurre fino al 1963 del 4% lo spessore del suo strato.8

Nel 1958 venne decretata una moratoria delle esplosioni in atmosfera ma esse proseguirono nella ionosfera, accompagnate da altri esperimenti di cui vale la pena ricordarne almeno il seguente: il lancio in una orbita ionosferica di 350.000 milioni di aghi di rame (sì, 350 mila milioni) della lunghezza da 2 a 4 cm al fine di migliorare le trasmissioni radio. Sui risultati però scese il silenzio e non se ne è saputo più nulla, almeno fino a quando la Bertell terminò la stesura del suo libro (2001). Non saprei dire se essi sono stati resi noti più recentemente ma questa comunque fu la prima esperienza di porre in orbita aghi metallici, oggi proseguita con particolati di altri metalli e per scopi differenti, come dirò fra poco.

La Bertell nel libro commenta: <<Noi abbiamo permesso che si facessero esplodere bombe nucleari nel cielo prima ancora di sapere che cosa esattamente sia il cielo e quale protezione dia alla biosfera della Terra, e abbiamo esposto la popolazione della Terra alle radiazioni, prima ancora che chiunque sapesse quanto possano essere pericolose.>>

È accertato come varie popolazioni sottoposte a questi esperimenti abbiano sofferto gravi conseguenze per la loro salute, come ad es. gli Inuit (esquimesi) del Canada nord-occidentale che videro crescere vistosamente la mortalità per tumori. Con la stessa leggerezza si procede oggi con molti esprimenti della geoingegneria.9

L’esplorazione dello spazio

La Bertell nel corso di 27 dense pagine del libro traccia la storia dei vari progetti realizzati nello spazio fino al 1997 dando conto delle conseguenze e delle “sorprese” derivate da questa “esplorazione” che certamente ha permesso di migliorare le conoscenze sulla struttura dell’atmosfera ma ha anche avuto dei costi anche umani. Essa ha posto l’attenzione non solo sulle esplosioni nucleari ma anche sugli effetti del numero di lanci di razzi per questo o altri scopi, di potenza via via crescente, azionati da combustibili chimici prima e nucleari poi.

Fra il 1967 e il 1973 furono lanciati 13 razzi Saturno 5, ciascuno dei quali richiede <<3,45 milioni di Kg (sic!) di propellente solo per sollevarsi. Dopodiché consuma 12.700 kg di propellente al secondo per circa 150 secondi per dare al veicolo una seconda spinta, necessaria affinché raggiunga l’altezza e la velocità richieste.>> In un lancio del 1973, a causa di un errore di funzionamento nel razzo vettore Saturno 5 […] il secondo booster del razzo andò a fuoco a una grande altezza, insolita, cioè oltre 300 kilometri. Questo guasto si verificò sopra l’Atlantico meridionale, dove le fasce di Van Allen si piegano verso la Terra. <<L’incendio generò un “un grande buco ionosferico”. […] Questa fu una sorpresa per gli scienziati i quali pensavano –o per meglio dire, avevano dato per scontato- che fra i gas di scarico del razzo e la ionosfera non si sarebbe verificata nessuna reazione.>> L’incidente mostrò la possibilità di aprire buchi nell’ozono in territorio nemico. Così nel 1981, la missione dello Space-Lab 3 della NASA <<fece una serie di sorvoli sopra una rete di 5 osservatori posizionati a terra”, per studiare che cosa accadeva alla ionosfera quando lo Shuttle vi immetteva i gas prodotti dal funzionamento del Sistema di Manovra Orbitale (OMS) e si scoprì che si potevano aprire buchi sui quali si iniziò a fare esperimenti.>>10

IL PROGETTO HAARP

Uno dei progetti più oscuri della geoingegneria militare satunitense è il progetto HAARP, High-frquency Active Auroral Research Programme, che ufficialmente è destinato allo studio delle aurore boreali, ragione per cui è stato qualificato come progetto civile ma in realtà esso è nato finanziato e cogestito dal Laboratorio di ricerca dell’Aereonautica militare e dall’Ente ufficiale di ricerca della Marina statunitensi. Il progetto era localizzato in una ex base della United States Air Force. Il progetto ha avuto varie vicende e oggi sembra essere passato nelle mani di una istituzione civile e precisamente l’Università dell’Alaska.

Il progetto HAARP nacque con lo scopo di <<generare onde a frequenza estremamente bassa (onde ELF) per la comunicazione con sommergibili in immersione, [ … ] generare lenti ionosferiche per focalizzare grandi quantità di energie ad alte frequenze (HF), in modo tale da avere uno strumento per scatenare processi ionosferici che potenzialmente fossero utilizzabili per scopi del Dipartimento della Difesa [ … ]>>

Da notare che le frequenze estremamente basse, in conformità degli studi dello scienziato serbo Nikola Tesla, sono in grado di generare terremoti a distanza e altri fenomeni (Vedi Bertell pp.111-136).

Il buco nell’ozono

Chi non è giovanissimo forse ricorda le preoccupazioni suscitate dal buco nell’ozono che si era formato negli anni ’80 sopra l’Antartide e le cui cause furono individuate nell’accumularsi sopra i poli dei gas CFC (fluorocarbonati) emessi dalle bombolette spray e dal gas freon dei circuiti dei frigoriferi.11 Il cloro in essi contenuti era alla base della eliminazione dell’ozono. Come detto, lo stato di ozono serve a trattenere i raggi ultravioletti provenienti dal sole, che altrimenti sarebbero cancerogeni. Il rumore mediatico fu grande e la paura degli effetti portò alla firma di un accordo internazionale per la cessazione dell’uso di questi gas e la loro sostituzione con equivalenti non clorurati (Protocollo di Montreal,1989). Così fu possibile qualche anno dopo annunciare che il buco, che nell’estensione massima era divenuto grande come l’Antartide, si stava riducendo e si sarebbe completamente azzerato nel 2040. Ma così non sembra.12

Del buco nell’ozono con tutta probabilità si tornerà a parlare vivacemente da qui a tre mesi quando a Dubai, la capitale degli Emirati Arabi Riuniti, dal 30 novembre al 12 dicembre prossimi si terrà la 28 COP e dove gli scienziati dell’Accademia Russa delle Scienze presenteranno una nuova ipotesi sul riscaldamento climatico. Da quel poco di notizie in più che ho letto da quando ne ho precedentemente accennato la causa sarebbe da attribuire a fenomeni naturali legati alla dinamica dei moti dei corpi costituenti il sistema solare che provocherebbero però un effetto diverso da quelli già qui presi in esame, e precisamente la liberazione di idrogeno naturale «causata dalle forze gravitazionali alternate della luna e del sole, che provocano buchi nello strato di ozono. Il conseguente rialzo delle temperature e la mescolanza di ozono e idrogeno sono le principali cause degli incendi di foreste e steppe»13 nonché delle “bombe di calore”. Le notizie che ho ad oggi sono tuttavia troppo scarse per discuterne qui. Presto se ne dovrebbe sapere di più. Una previsione però si può fare: provenendo l’ipotesi dall’Accademia Russa delle Scienze, e ponendosi in alternativa alla teoria dell’IPCC, questo scatenerà una nuova spaccatura internazionale: una guerra fredda sul piano scientifico.

La geoingegneria

Gli interventi tecnici intrapresi dall’uomo per influenzare il clima hanno preso il nome di geoingegneria, una controversa neo-tecnoscienza oggi in voga. Secondo Wikipedia con <<il termine geoingegneria si designa l’applicazione delle conoscenze relative alle scienze geologiche all’ingegneria (geologia applicata), intesa come lo studio dell’influenza che alcuni fattori geologici possono avere su un’opera di ingegneria. Si tratta di una sovrapposizione di diversi ambiti ingegneristici e geologici: geologia applicata, ingegneria geotecnica, ingegneria ambientale.>> Per la Bertell più sinteticamente e realisticamente <<La geoingegneria è definita come ingegneria ambientale su scala planetaria della nostra atmosfera: cioè, manipolare il nostro tempo, i nostri oceani e il nostro pianeta stesso>>. In questo campo gli Stati Uniti sono gli ideatori dei progetti più avanzate ed occorre notare che più volte i responsabili politici dell’Unione europea hanno chiesto una valutazione internazionale dei rischi comportati dai questi progetti, ma non hanno mai ricevuto risposte soddisfacenti.

La geoingegneria militare

La prima volta che ho sentito parlare esplicitamente degli interessi militari circa la possibilità di intervenire tecnologicamente sul clima è stato nel corso di una conferenza del generale Mini tenuta in Lunigiana una venticinquina di anni or sono in occasione di un incontro di movimenti sociali. Già ne avevo letto o sentito parlare ma non in modo così assertivo (e sconcertante) come ne parlò lui. Lessi anni dopo un suo ampio articolo pubblicato sulla rivista di geopolitica Limes dal titolo <<Owning the Weather: La guerra ambientale globale è già cominciata>>14

In realtà il problema era stato affrontato già assai prima a livello internazionale a seguito di quanto accaduto nel corso della guerra al Vietnam e nel 1977 in sede Nazioni Unite era stata firmata a Ginevra una Convenzione (ENMOD), firmata anche da Stati Uniti e Russia e ratificata dall’Assemblea Generale che sanciva il “divieto di uso militare o di qualsiasi altro uso ostile delle tecniche di modifica ambientale con effetti diffusi, di lunga durata o gravi”. La Convenzione ha definito “tecniche di modificazione ambientale” tutte quelle tecniche mirate a cambiare – attraverso la manipolazione deliberata di processi naturali – la dinamica, la composizione o la struttura della terra, compreso il suo biota, la litosfera, l’idrosfera e l’atmosfera o dello spazio esterno”.15 La sostanza della Convenzione del 1977 è stata riaffermata, però in termini molto generali, nella Convenzione quadro sui cambiamenti climatici (UNFCCC) firmata al Vertice della Terra del 1992 a Rio de Janeiro.

Ma a parte questa occasione, da 31 anni l’argomento non è stato più affrontato in nessun consesso internazionale né mai sollevato nei successivi vertici climatici dell’UNFCCC perché non fa parte del dibattito sul cambiamento climatico dovuto all’effetto serra.

In un documento disponibile sul sito Global Research16 si legge:

La geoingegneria militare è una macro-tecnologia per influenzare e cambiare i processi planetari e allo stesso tempo una micro-tecnologia per influenzare i nostri corpi e le nostre menti, una tecnologia di controllo mentale. Ma la geoingegneria militare non è solo tenuta nascosta al pubblico. [-..] Nel frattempo, la vera geoingegneria sta tuttavia, trasformando violentemente il pianeta per uso militare contro di noi e se stessa. Ciò significa che Madre Terra viene “armata” , cercando di trasformarla in una gigantesca macchina da guerra.

Sempre su questo testo di Global Research c’è una confessione “ufficiale” sull’impiego dell’atmosfera terrestre come arma di guerra:

La modifica del clima] offre al combattente una vasta gamma di possibili opzioni per sconfiggere o condizionare un avversario […]. La modifica del clima diventerà parte della sicurezza nazionale e internazionale e potrebbe essere fatta unilateralmente […] Potrebbe avere applicazioni offensive e difensive e persino essere utilizzate per scopi di deterrenza. La capacità di generare precipitazioni, nebbia e tempeste sulla terra o di modificare la meteorologia spaziale […] e la produzione di tempo artificiale fanno tutte parte di un insieme integrato di tecnologie [militari]”. (US Air Force, documento AF 2025 Final Report)

La geoingegneria civile

Abbiamo detto all’inizio che questa può avere due scopi: modificare il clima per favorire certe coltivazioni o combattere la siccità o, oggi soprattutto, attenuare il riscaldamento climatico. Questo se le cause del riscaldamento sono quelle sostenute dall’IPCC, e cioè l’effetto serra causato dai gas serra, CO2, CH4 (metano)17, vapor d’acqua in primo luogo. Il tema è ampio come pure la casistica. Basterebbe ricordare che nel 2012 erano stati depositati 300 brevetti di geoingegneria climatica e che questi oggi sono più di 170018. Ovviamente il sistema migliore sarebbe quello di riportare la quantità di questi gas serra al valore che avevano prima dello sviluppo industriale quando, secondo questa lettura, non esisteva il problema del riscaldamento climatico. Il gas responsabile è stato stabilito essere la CO2 e pertanto l’obiettivo dell’IPCC è di arrivare a emissioni zero di questo gas entro il 2050.

Se invece ci si orienta a ridurre la quantità presente oggi nell’atmosfera e tenendo conto che nuove quantità si aggiungeranno, anche se in modo decrescente, da qui al 2050, uno dei metodi ipotizzati che suscita grande interesse è la cattura delle quantità eccedenti di anidride carbonica per poi imprigionarlo in cavità del terreno, ad es..quelle createsi per l’estrazione degli idrocarburi.

Altra soluzione sarebbe quella di ridurre l’irraggiamento solare che giunge sulla terra “sbiancando” le nuvole in modo che riflettano fuori dal sistema terrestre una parte della radiazione solare. Uno dei primi progetti di questo tipo venne sponsorizzato da Bill Gates che intorno al 2010 finanziò con 300.000 dollari un progetto di sbiancamento delle nuvole marine immettendovi strisce argentate (Silver Lining Projet). In questa tipologia di progetti rientra quello di inquinare intenzionalmente gli strati superiori dell’atmosfera con zolfo o particolato di alluminio di dimensioni nanometriche avente alta riflettività, anche questo per riflettere verso l’esterno le radiazioni solari in arrivo.19 Un altro progetto ancora che ha riscosso attenzione è stato quello della “fertilizzazione degli oceani” disseminandoli di ossidi di ferro per accrescere la produzione di alghe verdi assorbenti la CO2.

E ancora, aumentare la capacità di assorbimento da parte delle estese zone umide esistenti sul pianeta. Queste ultime agiscono nei riguardi di questo gas come delle immense spugne assorbenti ma in realtà si sta assistendo alla loro progressiva distruzione. Infine un’altra soluzione, questa più ragionevole, è aumentare la quantità di CO2 assorbita dagli alberi grazie alla funzione clorofilliana aumentandone il numero sul pianeta. Ne parlo fra poco.

La CO2 può essere vista anche attraverso i suoi effetti benefici dato che nelle zone temperate la più alta temperatura unita alla maggior quantità di CO2 presente oggi nell’atmosfera favorisce l’ampliamento delle zone verdi. Per contro è stato osservato che la maggior quantità di questo gas inspessisce le foglie20 ostacolando la funzione clorofilliana. Valutare quindi i pro e i contro esaminando singoli fenomeni senza un’analisi complessiva rischia di essere dispersivo e contraddittorio. Addentrarsi in queste problematiche non è semplice e richiederebbe molto spazio anche per esaminare le retroazioni positive e negative indotte da molti di questi processi.

Una notizia quasi fresca di giornata21 è relativa al progetto SRM (Modifica della radiazione solare) approvato nel giugno scorso dal presidente Joe Biden22 e che viene gestito con l’ausilio di un nuovo supercalcolatore denominato Derecho, avente una velocità di calcolo molto superiore ai precedenti impiegati, con il quale verrà studiato in particolare <<come gli aerosol prodotti dall’uomo, che possono essere utilizzati per deviare la luce solare, potrebbero influenzare i modelli di pioggia.>>. Come già detto i calcolatori, per “super” che siano, forniscono risultati in base ai dati che vengono immessi e se questi non sono corretti così sarà per i risultati: la conoscenza dei fenomeni climatici, ci ripetiamo, è lungi dall’essere chiarita in alcuni meccanismi fondamentali.

Riscaldamento climatico e dissesto ambientale

Resta da esaminare la relazione fra riscaldamento climatico e dissesto ambientale, che attribuisce al secondo la causa del primo. È certo che esista una relazione fra stato dell’ambiente e clima, quello locale però. Tradizionalmente si parla infatti di “clima mediterraneo”, “clima tropicale” etc. Ma abbiamo anche visto che per definizione il “cambiamento climatico” di cui si sta parlando è una variazione di lungo periodo della temperatura media globale del pianeta Terra. Così il problema è oggi affrontato come fenomeno globale per il quale vanno trovate soluzioni globali. Forse questo non è il modo corretto per affrontare il problema.

L’investigazione del passato, almeno degli ultimi 10.000 anni, ci dice che questo cambiamento climatico ha un’entità di + o – 2°C rispetto a un valore medio preso come riferimento. Certo, anche se piccola questa variazione ha la sua influenza: i ghiacciai si erano ritirati e poi si sono nuovamente estesi per poi iniziare oggi a ritirarsi di nuovo; la Groenlandia divenne coltivabile e poi non più, e così via. Questi fatti richiedono un riassestamento delle attività umane che però non è certo drammatico e non mette in crisi la prosecuzione della vita sulla Terra.

Il problema vero, più drammatico, sono invece gli sconvolgimenti che il “nostro” modello di civiltà ha prodotto nell’ultima fase storica, detta della Modernità, frutto della separazione dell’homo sapiens dalla natura, vista come oggetto a lui esterno e fonte inesauribile di risorse. Ne è derivata la crescita della capacità tecnica che ha esaltato la sua mente, facendole credere che ogni cosa che viene immaginata sia possibile farla, anzi necessario; che alle sue potenzialità non c’è limite. Ivan llich, studioso critico radicale della Modernità, aveva detto: <<quello che mi preoccupa non è ciò che la tecnica fa ma quello che essa dice alla mente dell’uomo.>>

La natura come “risorsa”

Negli anni fra il 2003 e il 2009 ho presenziato a tre vertici amerindi di Abya Yala23. Soprattutto nel secondo rimasi stupito della lucidità con cui si parlò e si rifiutò l’idea della natura vista come “risorsa”, una irrazionale “credenza” occidentale. Fra l’uno e l’altro ho compiuto altri viaggi in quell’area e partecipato ad altri incontri che hanno poco a poco modificato la mia idea di “progresso” di fronte alle distruzioni portate avanti da questo nostro mito. Uno dei risultati è l’odierna distruzione delle grandi foreste equatoriali ad un ritmo ancor più veloce che in passato e che erano state mantenute in vita grazie alle culture dei loro abitanti. In quegli anni assistenti al delirante dibattito sul fatto che si dovevano costituire delle “riserve” naturali spopolandole dei loro abitanti visti come pericolosi disturbatori.

Chi scrive vive nella piana di Lucca, uno dei principali poli cartari esistenti, e assiste con forte malessere al traffico giornaliero di TIR che fanno la spola dal porto di Livorno trasportando carichi di cellulosa colà sbarcati e aventi origine dalla distruzione delle foreste amazzoniche e questo, fra l’altro, per rendere “più soffice” la carta detta “igienica” impiegata al termine di delicate operazioni corporali quotidiane.

All’università ho avuto un compagno di corso molto brillante negli studi e anche socialmente impegnato, sensibile ai problemi ecologici. Venti anni dopo lo ritrovai al vertice di una delle grandi corporation brasiliane produttrici di cellulosa, proprietaria di un impianto di trasformazione del legname in cellulosa istallato su una gigantesca chiatta che navigava lentamente lungo il Rio delle Amazzoni seguita a terra da squadre di boscaioli che disboscavano instancabilmente per alimentare i “bollitori” istallati sulla chiatta. Recentemente ho appreso che due delle cartiere divoratrici di cellulosa presenti nel “polo” pretendono di acquistare un volto ecologico finanziando progetti di riforestazione in Amazzonia. Se qualcuno dei lettori conosce il magnifico libro di Jean Giono L’uomo che piantava gli alberi24. -che andrebbe letto a tappeto nelle scuole- starà sorridendo amaramente.

I più avveduti dei lettori di queste note sapranno cosa sono i progetti REDD+ che, detto sinteticamente, concedono il diritto di generare CO2 in cambio del finanziamento di progetti di rimboschimento in paesi terzi e tali da garantire una equivalenza fra la CO2. generata e quella assorbita dai nuovi alberi. Un atteggiamento responsabile, no? È dei giorni scorsi la notizia che ho letto sul web (da anni non compro e non leggo i giornali). Una ricerca effettuata da un gruppo di ricercatori inglesi e olandesi su 26 progetti REDD+ in atto, rivela come essi siano in realtà truffaldini. Questi progetti di riforestazione finanziata avrebbero dovuto compensare la produzione di 89 milioni di tonnellate di CO2 ma in realtà ne hanno compensati solo 5,4 cioè il 94% in meno.25 Però la brava massaia che compra il latte M… al supermercato, leggendo sul contenitore; “Questa confezione in cartone (plastificato, aggiungo io) è una buona scelta” e, subito sotto, con caratteri cubitali: “PIU’ PIANTE MENO CO2”, è convinta di contribuire a “salvare il pianeta”.

L’amico e maestro Gustavo Esteva non era uno scienziato ma un buon “animale politico” consapevole e battagliero. In un articolo scritto in occasione della pandemia dal titolo Il giorno dopo – Abbiamo perso il terreno sotto i piedi diceva:

L’invenzione dell’ecologia globale in occasione del Vertice sulla terra di Rio, nel 1992, mise il problema di occuparsi di questa nelle mani dei governi e delle corporation che sono la principale causa della distruzione ambientale. Esso venne così sottratto al vigoroso movimento ecologista impegnato in azioni concrete “rasoterra”, le cui crescenti mobilitazioni avevano portato alla convocazione del Vertice. Questa invenzione dell’ecologia globale, una delle forme della “globalizzazione”, preparò poco a poco la gente ad accettare la realtà dei “problemi globali” e quindi della necessità di “rimedi pure globali”, che evidentemente non potevano essere opera delle persone comuni, cioè della maggioranza della gente. “Salvare il pianeta” apparve come una rivendicazione sensata, che poteva essere affrontata e risolta solo dall’alto.

È evidente che trasferire il problema ecologico al livello “globale”, in mano ai governi e alle grandi Istituzioni tipo le Nazioni Unite, significa politicizzarlo, come ho già detto nel primo scritto. Decriptare le ragioni e gli obbiettivi politici che stanno dietro ai grandi dibattiti tecno-scientifici è un problema che non ho affrontato e me ne dolgo. Lo farò in altra occasione, quando potrò documentare meglio quello che penso. Ma una cosa mi amareggia e voglio dirla subito: la progressiva subordinazione del pensiero della maggioranza delle persone alle “ragioni” del capitale e più in generale a quelle di chi comanda, anche nel campo di quella che era chiamata la “sinistra”, dove sarebbe stato necessario praticare quella che l’amico ecologista messicano Armando Bartra chiama “una purga da cavallo”26. È un fenomeno che ha radici lontane e meriterebbe una riflessione più approfondita.

La mia conclusione: occorre togliere il terreno sotto i piedi ai “globalizzatori” prima che sia troppo tardi, recuperando consapevolezza e senso della realtà. Dietro la disputa climatica di quelli “in alto” c’è un nuovo modello di dominazione del mondo. Per fortuna è in recupero una certa dose di spirito critico, un pugno combattivo di scienziati che sta pensando realisticamente in modo “vecchio” ma nuovo nel contesto attuale, tornando all’analisi del e sul territorio, consapevole della complessità della rete della vita.

Un’altra narrazione è possibile. Alcuni spunti

*Ridurre le variazioni climatiche al rapporto tra effetto serra dovuto all’anidride carbonica ed aumento della temperatura media della superficie terrestre comporta una semplificazione che finisce con l’occultare la diversità delle influenze dell’animale uomo sul clima nonché le conseguenze stesse della variabilità naturale sul lungo periodo. Per la verità, nessuno è in grado d’esperire l’effetto dell’aumento di un mezzo grado centigrado nella temperatura media della Terra entro la fine del secolo. Come scrive Gordon Bonan del National Center for Atmospheric Research, il mutamento della superficie boschiva di una determinata regione influenza il clima locale in misura più che doppia rispetto all’inquinamento atmosferico provocato dall’anidride carbonica. Del resto se si esamina, senza preconcetti ideologici, la letteratura sull’argomento emerge, con bella evidenza, come la modificazione nell’uso antropico del terreno o nella sua manutenzione -segnatamente per via dell’espansione e dell’intensificazione dell’attività agricola- abbia avuto un impatto di tutto rilievo su scala locale e regionale, e questo perfino quando il loro effetto medio globale risulti trascurabile o addirittura nullo. Si stima che la superficie terrestre totale coltivata a cereali sia cresciuta, tra il 1700 e il 2000, da 300 a 1530 milioni di ettari; mentre la superficie destinata a pascolo è aumentata in quello stesso lasso di tempo di oltre dieci volte.27

Clima. Una nuova storia. Di fatto ci troviamo di fronte a una gravissima crisi climatica. Tuttavia, la minaccia principale non è il riscaldamento in sé; è quello che potremmo chiamare «squilibrio climatico». Questo squilibrio è causato principalmente dal degrado degli ecosistemi in tutto il mondo: il prosciugamento delle zone umide, il taglio delle foreste, l’aratura del terreno e l’erosione del suolo, la decimazione dei pesci, la distruzione degli habitat, l’avvelenamento dell’aria, del suolo e dell’acqua con sostanze chimiche, lo sbarramento dei fiumi, lo sterminio dei predatori, e così via. Perturbando il ciclo del carbonio, il ciclo dell’acqua e altri misteriosi processi di Gaia, queste attività degradano la resilienza dell’ecosfera, rendendola incapace di far fronte ai gas serra aggiuntivi emessi attraverso l’attività umana. (…) La teoria climatica standard dà il primato al forzante radiativo della CO2 come causa del cambiamento cli­ma­ti­co, relegando il degrado dell’ecosistema in una posizione secondaria. Nella teoria climatica standard, il forzante radiativo (l’effetto serra) riscalda l’atmosfera solo di poco più di 1 grado Celsius per ogni raddoppio di anidride carbonica. Di per sé, questo dà pochi motivi di allarme. Ciò che è allarmante è la potenziale amplificazione di tale riscaldamento attraverso una serie di retroazioni positive. Sosterrò che queste ultime dipendono dai processi biologici molto più di quanto non sia stato notato. Quando i sistemi biologici sono degradati, perdono la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici e di mantenere condizioni stabili in cui poter prosperare.

*[…] (è) molto difficile dire che per me la terra e il suolo sono ancora la stessa cosa. Voglio poter baciare il suolo su cui mi trovo, poterlo toccare. La terra che non è nient’altro che una fotografia scattata da un’Hasselblad che orbita su un satellite è la negazione della terra […] La terra è qualcosa che puoi annusare, che puoi assaporare. Io non vivo su un pianeta.>> E ancora: <<Nella nostra società l’ecologia è diventata un’importante istituzione educativa, un’importante influenza formativa, un importante fornitore di concetti chiave attraverso i quali possiamo parlare di ciò che è rilevante per la sopravvivenza e giustificare come amore per la natura una vicinanza puramente intellettuale alle piante, agli alberi o ai prati […] Celebrare il presente e celebrare utilizzando il meno possibile, perché è bello, e non perché è utile per salvare il mondo>>28.

VERITÀ E SCIENZA OGGI

Lo scritto si allunga e per non eccedere procedo stringatamente verso la fine con una riflessione sul ruolo che oggi gioca la scienza nella nostra società. Essa è assurta a religione laica e guai a mettere in dubbio le sue verità. Si viene “scomunicati”. Colui che esprime dubbi viene esposto al pubblico dileggio come “terrapiattista” e contro di lui è stata creata una nuova figura di “nemico dell’umanità” (sic!), quella del “negazionista”, che ha fatto presa su una consistente parte dell’opinione pubblica acriticamente schierata col “potere”, come già era apparso evidente in occasione dell’ultima pandemia.

Le “verità” scientifiche annunciate dai media con rulli di tamburo sono in buona percentuale false o deformate o appena ancora al semplice stato di ipotesi. In occasione della recente pandemia la più stimata rivista medica, The Lancet, pubblicò un servizio “Peer-Reviewed sul fatto che il 50% delle notizie sui “promettenti” successi della biologia molecolare fossero falsi. Forse doveva farsi perdonare due passi falsi relativi alla idrossiclorochina e alla ivermectina.

Del resto siamo entrati nell’epoca del “digitalocene” ovvero della “post-verità”, come ci avvertono alcuni analisti della AI (Intelligenza Artificiale). Epoca in cui già viviamo, con le nostre protesi artificiali del PC e dello smartphone. Definizione questa che preferisco a quella di “antropocene” perché più aderente alla realtà.

Come si manipolino i fatti lo ho appena ricordato. La scienza di oggi è la tecno-scienza di cui parla Einstein nella lettera ricordata e quella liquidata da Ivan Illich, questo pensatore in buona parte ancora incompreso, che chiudeva un lungo dialogo con David Cayley facendo il punto sul discorso ecologico (1992) con queste parole:

Nel 1992 non sono davvero più interessato alle teorie scientifiche. Erano molto interessanti negli anni Sessanta e ancora più interessanti quando studiavo le scienze finanziabile, e in Germana riguarda solo compiti per i quali possono essere creati ruoli nell’amministrazione pubblica. Voglio dire: smettiamola di appellarci alla scienza. Quello che c’è di sbagliato in Gaia è che questi vogliono essere scientifici. Che differenza ci sia fra questo tipo di scienza e la religione, io non lo so.29

Aldo Zanchetta – settembre 2023

P.S. Non ho inteso fare un documento conforme ai canoni delle documentazioni scientifiche anche se ho fatto ampio uso di note. Ho ricordato qua e là qualche amico personale (Gustavo, Giovanni, Ivan) per sottolineare quanto gli amici abbiano contato e contino nella mia vita. È solo nel sedersi assieme attorno ad una tavola conviviale per discutere guardandoci negli occhi e dove non siano assenti un piatto fumante di spaghetti e un fiasco di vino “dignitoso” (Illich) che si costruisce il saper vivere, arte che l’uomo moderno di cultura occidentale o occidentalizzante ha perduto. Un grazie a chi ha fatto qualche commento, positivo o negativo che sia stato, a queste mie note, aperte a modifiche e a correzioni ove opportuno.

Le precedenti puntate sono state pubblicate in Bottega.

Catastrofe climatica: un dibattito scomposto (20 agosto 2023)

Catastrofe climatica: un dibattito scomposto/2 (27 agosto 2023)

c’è stata anche una replica di Giorgio Ferrari, cfr Catastrofe climatica: risposta a Zanchetta

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

2 commenti

  • Lei è un vecchio uomo polarizzato alla Antonio Di Pietro nonostante i suoi tentativi di buona illustrazione di alcuni aspetti dei Cambiamenti Climatici (in questo articolo!); bravo complimenti, si merita un bel “7+” direbbe un certa classe di professori alla Albertini e in genere del CNR. Clintel è gestito da un piccolo gruppo di “professori” (si fa per dire!) molto presuntuosi che vogliono solo mettersi in mostra come Albertini. Anche l’Accademia dei Lincei ha negato il confronto con Clintel proprio per la loro semplice ed elementare presunzione. Ma soprattutto a Clintel e il suo Presidente Italiano manca la capacità di vedere il problema climatico con approccio per sistema, che è il più avanzato di tutti e che invece viene quasi sempre impiegato e usato da IPCC. Le consiglio di continuare a studiare meglio il problema del CC e RG. Forse farà carriera con Clintel!!Cordiali saluti PRof. Giuseppe Quartieri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *