Chi pagherà il costo della crisi climatica?

Un futuro di disuguaglianze in Europa.

di Caterina Orsenigo (*)

In Europa il costo della crisi climatica si sta riversando sulle famiglie più povere e sul Sud europeo, aumentando le disuguaglianze.
Ed è destinato a salire.
A spiegarlo è uno studio del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), intitolato “Il costo dei cambiamenti climatici per le famiglie europee” e condotto per lo European Economic and Social Committee (EESC).

I rischi di una transizione classista

Il racconto di un ambientalismo smart, green, per cittadini benestanti è stata forse una delle più efficaci fonti di negazionismo climatico negli scorsi anni.
A questa narrazione hanno spesso fatto seguito politiche che corroboravano i timori delle classi più vulnerabili. Politiche che alimentavano lo spauracchio di un mondo ecologista in cui le disuguaglianze si sarebbero esacerbate. Lo raccontano in qualche modo la rivolta dei trattori, così come il movimento dei gilet jaunes degli scorsi anni in Francia.
I segmenti di popolazione che subiscono le conseguenze di una transizione classista, però, sono gli stessi che pagheranno il prezzo più alto con l’acuirsi della crisi climatica.
Proprio per questo, affrontare la politica redistributiva è fondamentale.

L’impatto sanitario

Nell’introduzione al documento, il presidente dell’EESC Séamus Boland sottolinea proprio questo concetto: «I comportamenti dei cittadini saranno indubbiamente influenzati dal costo della transizione per le famiglie. Per molte di queste il costo dei cambiamenti climatici potrebbe essere proibitivo e costituire un’ulteriore fonte di ansia precostituita nei confronti della transizione».

Il costo della crisi climatica sarà molto sbilanciato

Quel che emerge è che, entro il 2050, il reddito di molte famiglie si ridurrà ulteriormente mentre saliranno le spese sanitarie, alimentari ed energetiche.
Sarà un impatto fortemente differenziato e regressivo: colpirà soprattutto le famiglie già più povere e soprattutto il Sud dell’Unione europea.
La riduzione maggiore del reddito da lavoro si prevede in Grecia (fra -5,2% e -4%), seguita da Francia, Croazia e Ungheria. Invece, il reddito agricolo potrebbe aumentare molto: +5,5% in caso di impatti climatici moderati, +8,6% se saranno gravi.
L’impatto negativo sul reddito monetario riguarderà quasi tutti i Paesi dell’Unione europea, ad eccezione delle regioni orientali.

A cambiare saranno soprattutto i modelli di spesa, la disponibilità e il valore dei beni e la produttività del lavoro. Le spese per la salute, l’alimentazione e l’elettricità aumenteranno nell’Europa meridionale mentre diminuiranno o resteranno costanti nella parte settentrionale e in quella orientale del continente.

Ovviamente, molto dipenderà da quanto si aggraverà la crisi climatica.
L’incremento della spesa sanitaria potrà ad esempio essere dello 0,3% in caso di riscaldamento globale moderato, ma addirittura del 6,2% in caso di riscaldamento grave.
Nel primo scenario riguarderà solo i paesi del Sud (Cipro e Grecia seguite da Spagna, Croazia, Italia e Portogallo). Nel secondo anche le regioni del Nord e dell’Est Europa. Un discorso molto simile vale per la spesa alimentare.

Interessante è invece il caso della spesa per l’energia. Qui infatti è prevista una diminuzione in quasi tutti i Paesi ad eccezione dell’Europa settentrionale, grazie al minor utilizzo di gas. Se però il riscaldamento globale sarà moderato o grave, allora la spesa per l’elettricità aumenterà. Soprattutto per le famiglie povere.

Le soluzioni ci sono: una politica redistributiva contro le disuguaglianze

In sintesi, soprattutto le famiglie che vivono nel Sud dell’Unione subiranno un aumento della spesa per la salute, l’elettricità e il cibo a causa dei cambiamenti climatici.
Ma, vista la contrazione complessiva del reddito, potrebbero non riuscire a farvi fronte.
Il futuro di cui parla lo studio di Cmcc dunque è fatto di disuguaglianze sempre più ampie, con famiglie costrette a limitare le proprie capacità di adattamento e a non poter differenziare i propri consumi, rischiando di scendere sotto la soglia di povertà.

Oltre a presentare i dati, il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) propone delle soluzioni. Parla in particolare di sostegno al reddito da rafforzare e adattare ai segmenti più vulnerabili della popolazione. Ma sarà anche necessario pensare alle politiche di transizione in maniera integrata e orizzontale: agricoltura, energia e salute non vanno trattate come questioni a sé stanti, ma come parte di un unico discorso.

È la visione d’insieme a dover cambiare. Ed è la mitigazione della crisi climatica a poterci proteggere dagli scenari più gravi. Ma, proprio perché sarà necessario modificare profondamente le abitudini e i consumi, il primo passo da fare è agire attraverso misure eque, che diano la possibilità alle famiglie più vulnerabili di affrontare il costo della crisi climatica e adattarsi.
Altrimenti, come sostiene Séamus Boland, le fasce di popolazione che si sentiranno tagliate fuori diventeranno (in qualche modo, comprensibilmente) «promotrici della resistenza» contro la transizione.

(*) Tratto da Valori.
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alexik

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