Danzando per la rivoluzione

Comunicato delle giovani donne di «Trama di Terre» (Imola): letto in piazza il 14 febbraio per «One Billion Rising Revolution» (*)

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«One billion rising» è una campagna proposta da Eve Ensler, l’autrice de «I monologhi della vagina», per spingere più di un miliardo di persone a manifestare danzando in tutte le piazze principali del mondo, per rivendicare il diritto di ogni donna di vivere la propria vita senza violenza e senza paura. Si è scelto proprio il giorno di San Valentino per consentire anche agli uomini di compiere un vero atto d’amore e di rispetto insieme alle proprie compagne, invece dei classici fiori e cioccolatini. Tutti insieme nelle piazze di 207 nazioni aderenti alla manifestazione si danza in segno di ribellione ad una società che non ci consente la rivendicazione sul nostro corpo! Le donne che subiscono violenza sono un miliardo, ma un miliardo di donne che danzano sono una rivoluzione!

Noi giovani donne di «Trama» ci siamo incontrate per la prima volta il 25 novembre, data simbolica in quanto giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Abbiamo scelto per i nostri incontri settimanali il centro interculturale delle donne di «Trama di Terre». Questo luogo di imola ci ha offerto la possibilità di sentirci protette da una realtà esterna che non ci appartiene e non ci lascia spazio. Durante questi mesi ci siamo incontrate per discutere delle nostre esigenze e perplessità più intime che questa società fortemente patriarcale continua a ignorare, sotto un alone di vergogna e omertà. A «Trama di Terre» siamo libere di essere noi stesse, non ci vergogniamo del nostro corpo, non abbiamo paura del “diverso” e la consapevolezza della necessità di dialogo è alla base dei nostri rapporti. Durante i vari incontri sono state scelte varie tematiche da affrontare rispettando la volontà di ognuna di noi, quali: il corpo, l’alimentazione e il disagio di essere donne adolescenti, l’influenza dei mass-media nella discriminazione della figura femminile. Il bello di questo gruppo di giovani donne è l’autogestione, non esiste una gerarchia: ognuna di noi gestisce gli incontri in base alla tematica che la rispecchia di più. Da un mese a questa parte il nostro interesse si è concentrato sull’organizzazione del «ONE BILLION RISING REVOLUTION». Noi giovani donne di «Trama» aderiamo a questa manifestazione che si svolge a livello internazionale perché sentiamo il bisogno di scendere in piazza per far valere i nostri diritti con la nostra forza e autodeterminazione. Tutto questo attraverso la danza che da sempre accomuna tutti i popoli del mondo e ci fa sentire appartenenti a un’unica realtà.

La «Rivoluzione di One Billion Rising 2015» è il proseguimento delle prime due fasi della nostra campagna contro la violenza sulle donne: «One billion rising» e «One billion rising per la giustizia». Abbiamo danzato. Abbiamo preteso giustizia. Ora pretendiamo cambiamenti.

In questi anni abbiamo maturato una grande consapevolezza: non è possibile eliminare la violenza contro le donne senza risorse, senza fondi e senza convenzioni riservate ai centri antiviolenza. È per questo motivo che ci trovate qui, in questa piazza, per ricordare a chi gestisce il denaro pubblico che così non si può continuare, così noi non ci stiamo. C’è un centro antiviolenza a pochi metri da qui, dove lavorano donne competenti e determinate. Sappiamo che il Centro non può vantare di avere una Convenzione con il Comune di Imola. Perché? Perché tutte e tutti si indignano e condannano a gran voce la violenza contro le donne ma ci lasciate sole tutti i giorni, tranne il 25 novembre? Per quale motivo? La vita delle donne vale più di una prima pagina nel giornale.

Vogliamo azioni concrete, da parte di tutte/i e in particolare delle istituzioni pubbliche, volte a scardinare la cultura misogina che alimenta quella mentalità maschilista, patriarcale e spesso occulta, che noi riteniamo totalmente responsabile della mancanza di rispetto per le donne. Quanta disumanità nel non voler vedere il nostro immenso lavoro, quello pagato e quello non pagato, il lavoro di cura e riproduttivo, il genio, la creatività, il ruolo multiforme delle donne.

Chiediamo che la parola femminicidio non venga più sottovalutata, svilita, criticata. Perché racconta di un fenomeno che ancora in troppi negano e perché, per molti, alcune delle donne uccise o violate, in fondo in fondo, qualche sbaglio lo avevano fatto. Ci viene in mente il deplorevole e vergognoso modo in cui sono state descritte Greta e Vanessa, le due ragazze rapite in Siria, per fortuna ritornate sane e salve ma che agli occhi dell’opinione pubblica sono state descritte come due “sprovvedute” perché hanno messo a rischio la propria vita per dare sostegno alle popolazioni vittime di guerra. La reazione sarebbe stata la stessa se fossero stati due uomini? Probabilmente no, sarebbero stati accolti come eroi, così come sono stati descritti quei due marò che hanno ucciso dei pescatori indiani.

In quanto donne siamo stanche di vedere come vengano continuamente messi in discussione i nostri diritti per la scelta e l’autodeterminazione. Ancora ci sconvolge la recente vicenda spagnola, in cui il Consiglio dei ministri di Madrid (IL GOVERNO RAJOY) aveva formulato e tentato di fare approvare una proposta di legge che avrebbe reso l’aborto non più un diritto, ma un reato depenalizzato in alcune circostanze (come per lo stupro o il pericolo di vita per la madre). Le donne spagnole sono scese in piazza al grido di #MiBomboEsMio, “la mia pancia è mia”. Grazie alla loro lotta, il governo si è trovato costretto a ritirare quell’assurda proposta di legge.

Anche nel nostro Paese, la crociata dell’integralismo religioso, specie cattolico (come avvenuto anche qui a Imola tramite l’appello dei «Giuristi per la vita») continua a propagandare un modello sociale e famigliare gerarchicamente organizzato che riduce la donna al ruolo di madre e di moglie e che nega l’esistenza delle differenze sessuali e di genere, negando ogni diritto – dal matrimonio all’adozione dei figli – a tutto il mondo LGBTQ (lesbiche, gay, bisex, trans, queer).

Nel clima oscurantista italiano, così come a Imola, le donne vedono i propri diritti negati dall’ostruzionismo degli “obiettori di coscienza” persino nelle strutture sanitarie pubbliche. E’ spesso difficile farsi prescrivere medicinali contraccettivi, come la pillola, oppure riuscire a reperirli (in concreto: se il farmacista è obiettore, anche se ho la ricetta, non mi fornisce la pillola). Troppo spesso capita che una donna, già in grande difficoltà emotiva, debba subire una qualche predica moralista da parte dell’obiettore anti-abortista di turno. Non è accettabile.

Un altro caso ormai noto nel nostro Paese è quello delle cosiddette “sentinelle in piedi”, che manifestano contro il diritto all’aborto, con il sostegno e sempre più evidenti e tollerate infiltrazioni da parte di partiti e organizzazioni neofasciste come Forza Nuova. L’ultima notizia che ci ha davvero colpito in questi giorni, è stata quella relativa alle dichiarazioni del vescovo di Ferrara, che ha avuto il coraggio, e l’ignoranza, di sostenere che “La crisi economica è colpa dell’aborto”.

E in tutto ciò continuiamo a pensare a tutte le donne disoccupate, cassaintegrate, sotto sfratto che vivono situazioni di estrema difficoltà e che quotidianamente sono costrette a lottare.

Pensiamo alle donne stuprate e uccise, violate, importunate, molestate, insultate ogni giorno.

Pensiamo alle donne migranti, spesso vittime di doppia discriminazione.

Pensiamo alle donne combattenti kurde che hanno liberato Kobane dall’Isis, e a tutta la regione del Rojava ispirata all’autogestione democratica.

La politica neoliberista del governo Renzi non lascia alcuno spazio alla costruzione di un progetto nazionale di contrasto alla violenza maschile sulle donne. «Chiediamo al governo di riaprire i Tavoli perché possano terminare il loro lavoro per sostanziare con misure effettive il “Piano nazionale antiviolenza” che dovrebbe essere stabile e continuativo, rivisto periodicamente, e non certo “straordinario” perché la violenza maschile è pane quotidiano per le donne!» (così il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna). Chiediamo dunque ancora, anche alla nostra città, di costruire una politica seria e concreta di prevenzione e contrasto alla violenza, tramite un tavolo permanente e soprattutto una convenzione con il centro antiviolenza di «Trama di Terre».

Chiediamo cambiamenti concreti e quotidiani, piccoli e grandi, anche a voi, giovani e meno giovani, donne e uomini.

Pretendiamo rispetto per ogni donna, che si tratti di figlia, sorella, moglie, collega, prostituta, vicina, migrante o sconosciuta; vogliamo rispetto, pari dignità e inclusione sociale, mai più violenza e sopraffazione.
Invitiamo in particolare voi, ragazze e giovani donne, a partecipare ai nostri incontri settimanali a «Trama di Terre» e a diventare parte di questo grande cambiamento.
E ora invitiamo tutti voi, donne e uomini, a rompere le catene danzando insieme a noi!

(*) Ripreso da http://www.tramaditerre.org/. La foto è di Matilde Ciolli. Per contatti: centrointerculturaledelledonne@tramaditerre.org

 

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