Disertori della crescita – Paolo Bosca

Abbandonare il modello dominante per tornare a immaginare delle alternative: l’invito alla “biforcazione” dei laureandi dell’AgroParisTech (ripreso da iltascabile.com)

e anche un articolo su Les Soulèvements de la Terre (ripreso da Comune-info)

 

Al termine del loro percorso di studi presso AgroParisTech, una delle più prestigiose istituzioni di formazione agrotecnica d’Europa, i laureandi 2022 hanno tenuto il loro discorso di fronte alla platea radunata per il graduation day. Si è trattato di un discorso a più voci, in cui gli studenti hanno preso una posizione comune che ha assunto la forma di un appello: biforquer, biforcare. Biforcare significa per loro prendere un’altra strada rispetto a quella per cui sono stati formati, “rifiutare la scelta che gli si offre”, per dirla con il linguaggio degli undercommonsnegare l’esistenza di un solo modello di agricoltura per contribuire attivamente alla costruzione di un modello agricolo in cui la vita va di pari passo con il lavoro, l’attivismo, l’ecologia.

Nella prima parte del loro intervento gli studenti criticano l’intero sistema di potere dominante, che si estende ben oltre il campo dell’agroindustria. Fanno riferimento alle promesse della green economy, del mercato e della crescita, accusandole di produrre un modello di vita basato sul lavoro alienato, precario e ricattatorio. Biforcare, affermano, è smettere di prestare le proprie energie a questo sistema, superandone i valori e i giudizi. È un appello radicale, specialmente perché proviene dalle punte di diamante di un’istituzione che, come recita il sito, mira a formare i “talenti di un pianeta sostenibile”.

Malgrado gli sia stato dedicato solo qualche trafiletto sui giornali europei, il video ha raggiunto quasi un milione di visualizzazioni. Alla fine uno dopo l’altro gli studenti si alternano al microfono per dichiarare dove li ha condotti per ora la biforcazione: c’è chi ha cominciato a fare l’agricoltore in un paese, chi sta imparando a produrre miele, chi lavora per i diritti della terra contro l’accaparramento edilizio, chi fa il panettiere. Mestieri umili che “deludono le aspettative”, ma sono il risultato di una scelta consapevole che può aiutare a rileggere almeno tre questioni fondamentali del presente.

Prima, la Great Resignation, cioè l’abbandono da parte di fette sempre più grandi della popolazione di posti di lavoro salariato senza apparente motivo, senza avanzamenti di carriera o successive certezze; in secondo luogo il fenomeno del neo-ruralismo, cioè il ritorno di sempre più persone spesso giovani a una vita rurale, fatta di lavoro agricolo svolto in aree non urbane; infine, la crisi della partecipazione politica, con percentuali sempre minori di votanti e un disinteresse diffuso verso l’attività democratica.

Biforcare significa prendere un’altra strada rispetto a quella per cui sono stati formati, negare l’esistenza di un solo modello di agricoltura.

Tutti e tre questi fenomeni sottintendono una domanda fondamentale riguardo alla fiducia in quelle che sono state le parole d’ordine della modernità. Il progresso, la scienza e la tecnica come soluzioni universali, l’agroindustria stessa, ma anche la cultura dominante, il sistema di produzione di merci e immagini, il denaro come fonte di sostentamento, la risoluzione proposta attualmente alle emergenze naturali. “L’innovazione tecnologica e le startup non salveranno nulla se non il capitalismo”, afferma uno dei laureati dell’APT.

Si tratta di una sfiducia così profonda nei confronti del modello attuale  da investire “tutto l’essere”, ogni aspetto della realtà, afferma Bifo nel capitolo finale del suo ultimo libro, DisertateBifo non è nuovo alle provocazioni rivoluzionarie, ma per la prima volta sembra trovarsi alle strette con le potenzialità dell’agire politico, che non sembra più in grado di rispondere alle problematiche poste dal cambiamento climatico e dal capitalismo avanzato. “La storia umana è giunta al punto in cui non è più data la possibilità di azione volontaria efficace”, sostiene nelle prime pagine. E allora l’unica via è disertare, lasciare il campo di battaglia, rifiutare la guerra insieme ai valori di tutte le parti coinvolte per fuggire verso un luogo dove cominciare a ricostruire.

Infatti, secondo Bifo, non tutto è perduto. Proprio quando sembra che di fronte non ci siano altro che macerie tornano ad affacciarsi tra le righe del filosofo – e nelle parole dei giovani agroecologi – parole scomparse da tempo, come gioia, grazia, erotismo, partecipazione. Le parole chiave di Disertate sono affermative: empatia, sensibilità, attenzione all’altro e amore di sé sono i punti di partenza per la progettualità libera dei disertori, l’unica capace di rianimare la forza del desiderio che sembra aver abbandonato da tempo il campo sociale. Se la diserzione è così profonda da riguardare tutto l’essere, allora un ruolo chiave, sostiene Bifo, ce l’ha l’immaginazione, l’unica facoltà in grado di trovare nuove vie dove non sembra esserci nulla, in un gioco continuo di creazione di nuovi elementi e interpretazione dello stato di cose. L’immaginazione è una facoltà attiva e creatrice. La biforcazione degli studenti dell’APT è un possibile risultato della capacità di immaginare una strada ulteriore rispetto a quella visibile.

È ora di prendere sul serio l’ipotesi che dietro la perdita di attrattiva da parte di molti dei valori sui quali si fonda la società da almeno mezzo secolo non ci sia una misteriosa epidemia di depressione da curare, ma al contrario la presa di coscienza da parte dei “malati”, che è il primo passo verso la guarigione. La radicalità delle idee di biforcazione e diserzione sta nel fatto che differenti aspetti del mondo contemporaneo vengano letti in modo unitario, rendendo il rifiuto efficacemente rivolto verso un destinatario preciso, anche se multiforme: l’intero sistema di norme, pratiche e valori nel quale viviamo immersi. Un sistema che ha perso di solidità, finendo per esercitare minore attrattiva.

Dietro la perdita di attrattiva di molti dei valori sui quali si fonda la società potrebbe non esserci un’epidemia di depressione, ma una presa di coscienza.

La scelta radicale degli studenti dell’APT non è un sacrificio. Nonostante la formazione di altissimo livello si può scegliere un mestiere umile. Lavorare la terra non significa abbandonare il proprio sapere, ma metterlo al suo massimo frutto per cercare gratificazioni differenti. Siamo abituati a pensare che il percorso che passa dalla formazione scolastica conduca alla professione in modo lineare. “Nella sua attuale occupazione, quanto le sono state utili le competenze acquisite durante il percorso di studi?” è una tra le prime domande di qualsiasi indagine sui lavoratori neodiplomati o neolaureati. Un lavoro è tanto più confacente quanto più si approssima alle previsioni del corso di studi. E tanto più il percorso di studi è lungo e complesso, quanto più ci si auspica che il lavoro cui conduce sia specializzato, prestigioso, ben pagato e d’alto profilo all’interno del sistema sociale. In questo contesto è chiaro che nessuna delle biforcazioni è accettabile.

Tuttavia è proprio il percorso di studi che ha portato questi studenti a ipotizzarne la possibilità, perché esiste un altro senso dello studio, oltre alla sua conversione in posizione sociale. Sapere è qualcosa di più di acquisire competenze tecniche da mettere a frutto. Conoscere meglio il mondo permette di farsi un’idea chiara su come posizionarsi al meglio al suo interno. Quando il sistema non è più accettabile, occorre disfarsene, biforcare. Lo afferma ironicamente uno degli studenti, quando descrive cosa vede all’orizzonte se proseguisse seguendo la via che gli viene prospettata: “a voi che siete seduti su una scrivania, e cercate la libertà fuori dalla finestra; voi che prendete il TGV tutti i week end in cerca di un benessere che non arriva; a chi è frustrato perché sperava di cambiare da dentro un sistema che non accenna a mutare: non siete i soli a pensare che ci sia qualcosa che non va. Perché c’è qualcosa che non va. […] Se avete paura di abbandonare il sentiero, pensate a questo: che vita volete? Un capo cinico, un salario che permetta di prendere spesso l’aereo, un mutuo trentennale per una casa suburbana, cinque settimane di vacanza, un’auto elettrica, un fairphone, una carta fedeltà al supermercato green e poi un burnout a quarant’anni? Non perdiamo il nostro tempo.”

È chiaro che questo racconto non rappresenta il futuro di chiunque scelga di cercare la propria strada tra quelle offerte, o di trovare un posto all’interno del sistema dominante. Ma la questione è che le garanzie offerte dal modello dominante si sono ristrette, il ventaglio di possibilità è meno ampio e per entrare a farne parte è necessario cedere sempre un pezzetto in più. Biforcare, in quest’ottica, è tutt’altro che irrazionale. Si tratta di un semplice bilancio costi-benefici. Certo, cambiano i criteri del bilancio: costi e benefici non si misurano solo sulle entrate di denaro, sul prestigio sociale o sugli agi materiali. Si tratta di costruire il progetto di un altro modo di vivere, e sulla base di esso compiere le proprie scelte. Anche qui il discorso dei laureati dell’APT cerca di non frammentare un fenomeno complesso: gli studenti si rifiutano di separare vita privata e lavoro, riconoscimento e salute, economia ed ecologia. La vita è un tutt’uno fatto di giorni e notti, biforcare significa cercare un equilibrio ecologico, un differente modo di vita.

La biforcazione degli studenti dell’APT è nata proprio da incontri con persone che incarnano diversi modi di vivere: non promesse, non progetti, ma esistenze concrete. Nell’appendice etnografica che chiude il suo ultimo libro Essere natura, Andrea Staid ha intervistato persone che per vari motivi hanno disertato in questo senso. Li ha chiamati “Disertori della crescita” perché si sono affrancati più possibile da valori fondamentali del sistema dominante, uno su tutti la crescita, che sia professionale, economica, urbana o personale. Molti di loro provengono da ottimi percorsi d’istruzione e lavoro, hanno fatto parte della macchina sociale e infine hanno scelto di biforcare.

Le garanzie offerte dal modello dominante si sono ristrette, il ventaglio di possibilità è meno ampio e per entrare a farne parte è necessario cedere sempre un pezzetto in più.

Staid non racconta di vite romanticamente immerse nella natura e nell’ozio. I protagonisti della sua etnografia non testimoniano abbondanza né vite facili, perché le stesse promesse di abbondanza e comfort fanno parte del panorama desolante a cui serve cercare un’alternativa.Uno degli intervistati di Essere natura dice “è solo dal vissuto del qui e ora che si può produrre un cambiamento. Per me questa è la possibilità di una vita ecologica radicale che va contro quel tipo di civilizzazione che oggi consideriamo l’unica possibile: faccio fatica pensare una politica ecologica che non sia la vita stessa.”

Spesso oggi è una qualche forma di incontro con la natura a scatenare la critica radicale nei confronti del sistema dominante. Sperimentare l’ecologia profonda nella vita di altre persone è un primo passo per rendersi conto che un altro modo di vita c’è. Il punto centrale di ogni pensiero ecologico, afferma Staid è la presa d’atto che come esseri umani siamo parte della natura, obbediamo e rispondiamo alle sue regole come ogni altro organismo e, dagli altri organismi, abbiamo molto da imparare su come impostare un futuro vivibile e sensato. Solo facendo propria questa eco-logica è possibile rimanere nel mondo.

La natura infatti offre continuamente esempi di eco-logica, un modello radicalmente opposto a quello a cui siamo abituati. Quest’ultimo infatti separa, frammenta, disunisce per sfruttare singole risorse e poi, quando qualcosa si rompe, lo trasforma in una “sfida” o un’ “occasione” da risolvere con premura da parte di chi ne ha l’expertise. Si traccia il confine di un “cantiere” su cui lavorare finché non torna tutto a posto. Biforcare significa anche rifiutare di lavorare in questi cantieri, boicottare la lottizzazione. La natura al contrario insegna l’interconnessione, l’interpolazione, il mescolamento, la sistematicità, la conservazione. “Ecologia” indica questo percepire interconnesso che sa vedere il piccolo nel grande e il grande nel piccolo, che sente e partecipa al flusso di annodamento e snodamento in cui appaiono quelle che chiamiamo “cose” o “oggetti” o “esseri umani” e che sono tutt’altro che autonomi. Allo stesso modo cambiamento climatico, crisi economiche, calo della biodiversità, non sono né questioni isolate né “oggetti”, ma al pari di ogni altra cosa del mondo vivono in una rete incredibilmente ampia di relazioni.

L’abitudine a percepire, più che singoli fenomeni, i sistemi di cui essi fanno parte consente una “presa” critica particolarmente efficace sulla varietà di aspetti che compongono il “sistema dominante” rispetto a cui gli studenti intendono biforcarsi. Parlare di “sistema” crea sempre un certo imbarazzo. È una parola poco precisa, naïf. Ma guardando da una prospettiva ecologica alla molteplicità di “issues” a cui assistiamo oggi sotto il profilo ecologico diventa sensato parlare di “sistema” per nominare un insieme coerente, anche se non perimetrabile, di pratiche, valori e dispositivi che agiscono coerentemente per generare tutta una serie di effetti. Un esempio, tratto dal discorso degli studenti APT: non ha senso cercare di rendere l’agrobusiness sostenibile, dal momento che l’agrobusiness stesso si fonda su un’idea non sostenibile del territorio e delle risorse, guidata unicamente dal denaro come fine ultimo. Risolvere il problema implica addentrarsi eco-logicamente nei gangli del sistema dominante facendo propria la lezione della natura. In una logica della terra il consumismo, l’urbanizzazione, la precarizzazione del lavoro, la specializzazione e la privatizzazione dei saperi, l’economia di mercato, l’agroindustria sono legate da un’unità profonda, proprio come accade in un ecosistema.

La natura offre continuamente esempi di eco-logica, un modello radicalmente opposto a quello a cui siamo abituati.

In ognuno dei tre esempi che abbiamo citato (Il discorso di laurea ad APT, Disertate Essere natura) è implicato il lavoro agricolo. Il mondo rurale, inteso anche nei termini di autoproduzione del proprio sostentamento, è all’origine di molte delle biforcazioni contemporanee. È il “terreno” dove queste finiscono per condurre. Nel caso degli studenti è evidente: come abbiamo detto all’inizio ciascuno di loro si è inserito in un contesto dove pratica agricoltura o allevamento di piccola scala. Lo stesso vale per i Disertori di Essere natura: molti di essi hanno scelto aree rurali e mestieri “umili”. Anche in Bifo però c’è un chiaro riferimento al tema della produzione agricola come punto fondamentale della diserzione. La fine del secondo e il terzo dei principi in cui si articola la strategia della diserzione suonano così: “Dedicate le vostre energie alla cura, alla trasmissione del sapere, alla ricerca, all’autosufficienza alimentare. Rompete ogni rapporto con l’economia. Non consumare più niente che non sia prodotto dalle comunità di autoproduzione. Boicottate la circolazione delle merci.”

Garantirsi la possibilità di mangiare fuori dal sistema è il primo passo. Oggi la stragrande maggioranza delle persone si garantisce le necessità di base (cibo, tetto) grazie al denaro. Sono almeno decenni che facciamo lavori che non hanno alcun legame con le nostre necessità di base per ricevere il denaro con cui soddisfarle. Tuttavia il denaro, così come la tecnologia e la scienza, non è “né apolitico, né neutro”, afferma uno degli studenti. Fluttua, si muove, si accumula e si distribuisce secondo dinamiche sistemiche di cui nessuno ha il comando, nemmeno il sistema capitalistico stesso, che non può fare altro se non assicurare i propri cittadini dai rischi più gravi. Bifo cita la distinzione fatta sul New York Times da Ross Douthat tra practicals virtuals. I primi sono tutti coloro che lavorano, vivono e producono beni o processi nel mondo materiale. Sono practicals i camionisti, gli agricoltori, i netturbini, i pescatori. I secondi sono coloro che vivono grazie ai proventi di un lavoro che non appartiene né agisce immediatamente sul mondo materiale, ma che trae il proprio valore da elementi virtuali. Questa distinzione rispecchia un preciso modello di mondo che sottintende una precisa gerarchia tra i lavori teorici e astratti, quelli più prestigiosi, e quelli pratici, umili e meno d’avanguardia. Abbiamo già detto che questa gerarchia fa parte di un sistema di valori che la biforcazione mette in discussione. Questo non solo perché spesso la scelta di fare un mestiere pratico viene presa da chi ha un’alta formazione, ma soprattutto perché nella prospettiva di queste persone il lavoro pratico produce al contempo una varietà di valori “virtuali” di pari pregio, produce una nuova cultura. Produrre biodiversità è una questione, se non virtuale, sicuramente teorica, così come contribuire allo sviluppo di dinamiche virtuose di mutuo appoggio in contesti svantaggiati, o riabitare luoghi dismessi, combattere l’accaparramento di terre.

La questione del sostentamento era centrale anche in Marx, e la sua teoria della frattura metabolica è il punto centrale di gran parte della sua ecologia. Le pagine del Capitale dedicate alla “rottura dell’interazione metabolica tra uomo e terra” sono state fondamentali per attualizzare gli scritti del filosofo tedesco alla luce dei problemi ambientali. John Bellamy Foster scrive nel 1999 un articolo che rilegge il marxismo come qualcosa di più di una filosofia solo antropo- e tecno-centrica, e lo fa proprio rileggendo le righe dedicate alla metabolic rift. Marx osserva una frattura nel rapporto tra uomo e terra, che sarebbe la conseguenza di due fenomeni interconnessi. Il primo è l’aumento rapido del numero di terre in affitto che l’agroindustria capitalista sottraeva alla produzione medio-piccola, costringendo gli abitanti a spostarsi in massa verso le città industriali. Il secondo è lo sviluppo dell’industria dei fertilizzanti che provocò una rivoluzione nella scienza dei suoli, consentendo uno sfruttamento delle risorse del terreno tale da rendere immediatamente evidenti gli effetti negativi sull’ecosistema. Questi due processi compongono quella che è stata chiamata la Seconda Rivoluzione Agricola e accadono tra il 1815 e il 1850. Rifondare un rapporto produttivo e metabolico con terra è l’unico modo per ricomporre questa frattura, nata proprio dalla perdita di circolarità tra uso, abitazione, consumo, fertilizzazione. Le biforcazioni e le diserzioni di cui parliamo rifiutano ambedue le cause del metabolic rift, implicando una continuità tra ciò che accadeva all’epoca di Marx e ciò che accade oggi, e soprattutto tra i timori del filosofo tedesco e quelli di coloro che oggi si impegnano a fronteggiare gli effetti estremi di quella frattura.

Sappiamo che uno dei problemi del rapporto che oggi abbiamo con le emergenze climatiche è la sensazione di non poter fare nulla. La sensazione di inadeguatezza della volontà individuale, del sistema politico, scientifico ed economico nei confronti delle problematiche causate dal cambiamento climatico è il punto di partenza per capire anche i comportamenti politici delle persone. Il discorso degli studenti di APT è chiaro su questo: biforcare è un atto politico anche e soprattutto nella misura in cui rifiuta ogni tradizionale azione politica. La partecipazione democratica delle generazioni più giovani (e non solo) è in calo a livelli drammatici. Forse oggi, sostiene Bifo, nel momento della diserzione, non è più tempo di cercare di convincere i generali a interrompere la battaglia, non si cerca nemmeno il sollevamento di massa. Abbandonare e basta, “nulla di eroico” afferma il pensatore bolognese. Solo sopravvivenza e, forse, desiderio che va oltre le alternative presenti. Anche quando non è solitaria, la diserzione rimane al confine del campo politico, anche se è tutt’altro che priva di progettualità. La progettualità che traspare dal discorso degli studenti di APT quando dichiarano i primi approdi delle loro biforcazione, o quella dei disertori di Staid, fa pensare più all’azione diretta che al processo politico partecipativo.

La sensazione di inadeguatezza della volontà individuale, del sistema politico, scientifico ed economico nei confronti del cambiamento climatico è il punto di partenza per capire anche i comportamenti politici delle persone.

L’azione diretta è un insieme di pratiche d’azione tipico di movimenti eversivi, talvolta di matrice anarchica, che consiste in azioni di disobbedienza civile volte a interrompere o a danneggiare direttamente processi di potere ai quali ci si vuole opporre. Due esempi noti di azione diretta sono stati il boicottaggio da parte del movimento no-global della conferenza OMC di Seattle, nel 1999, o del G8 di Genova, nel 2001. Agire direttamente significa bypassare il dialogo, bloccare l’azione, lavorare senza mediatori sul piano dei processi in corso. Biforcare, rifiutare un intero sistema di valori e di alternative offerte da uno status quo per costruire su altre basi un rizoma di pratiche etiche profondamente radicate nella vita individuale è qualcosa di simile ad un’azione diretta rivolta contro il sistema stesso.

C’è un ultimo aspetto a cui vale la pena accennare per capire la portata del discorso degli studenti dell’APT: il tema della località. Tutti gli esempi che abbiamo portato tendono a dare attenzione alla località, a dimensioni spaziali ridotte e tendenzialmente marginali rispetto ai grandi centri. Questo, da un lato, perché dinamiche come quelle descritte dagli studenti sono attuabili più facilmente lontano dagli epicentri politico-economici, che richiedono agli abitanti molto più denaro e, di conseguenza, lasciano meno spazio all’azione non conforme ai modelli di produzione del valore; dall’altro perché il legame con il luogo che si abita è fondamentale per ogni ecologia.

Il localismo, in questi casi, mostra l’altra faccia rispetto al marketing territoriale al quale siamo abituati. Si tratta di riposizionarsi su un piano concreto fatto di una certa aria, un certo panorama, certe risorse botaniche, biologiche, atmosferiche, inserirsi all’interno di una rete complessa. È difficile che questo accada su un piano globale, sicuramente non sul piano globalizzato dello spazio asettico su cui ci si muove solo grazie al navigatore satellitare perché non si conosce nulla. Chi diserta cerca una terra sicura dove continuare a vivere al di là della guerra da cui è fuggito. Rispetto a una situazione di conflitto in cui la volontà, nelle parole di Bifo, non ha più alcuna forza d’azione, il tentativo di allontanarsi è anche una logica conseguenza del desiderio di agire. Dopo la diserzione ciò che si può costruire è un villaggio, un contesto ridotto, fatto di legami intersoggettivi diretti, non una città.

La critica che viene fatta solitamente a chi sostiene che la biforcazione sia un’alternativa reale è che non si può tornare indietro. Non si può immaginare un futuro in cui si prescinda dalle conquiste che la tecnologia e l’economia hanno raggiunto nell’ultimo secolo. È chiaro che ad un primo sguardo tutte le biforcazioni che abbiamo citato appaiono come un passo indietro rispetto a molti aspetti del progresso, la ricostruzione di un modo di vita pre-capitalistico (e non post-). Ma è impossibile prevedere sia la portata, sia le ricadute sul breve-medio termine di processi minoritari e ancora a uno stato embrionale. Non si può affermare se, come e quanto avranno la forza di imporsi nel campo sociale, né quali saranno le loro conseguenze. Anche quando si sviluppano correnti che possono sembrare passatiste o regressiste, il loro scopo appartiene comunque al futuro, perché nascono nel seno della contemporaneità, e possono attingere alla memoria come a una risorsa: ricordare come si è vissuto nel corso della storia, conservare saperi tradizionali, significa avere un più ampio bagaglio di informazioni con cui guardare all’avvenire come qualcosa di non completamente dato. Ciò che si rifiuta non è il futuro, il miglioramento delle proprie condizioni o l’idea stessa di crescita; ma l’appiattimento di tutti e tre questi elementi sul piano bidimensionale della stretta contemporaneità, sull’idea che in fondo ci potrà essere solo ciò che c’è.

Ciò che si rifiuta non è il futuro, il miglioramento delle proprie condizioni o l’idea stessa di crescita ma il loro appiattimento sull’idea che in fondo ci potrà essere solo ciò che già c’è.

Ciò di cui gli studenti sono alla ricerca biforcando i loro percorsi è una vita che si confaccia maggiormente alle forme del loro desiderio. La vita non è mai dietro, ma ci attrae sempre verso l’ignoto. Forse il problema sono le parole. Come qualificare questo desiderio di fare un passo a lato rispetto al progresso comunemente inteso? Sono già state coniate alcune parole importanti: decrescita, diserzione, anticapitalismo, ma mi sembra di poter dire che si tratta di parole inadeguate perché contengono una negazione. Insieme, compongono una specie di teologia negativa che lascia poco spazio all’immaginazione. Biforcare indica qualcosa di diverso. Significa semplicemente dividere in due, rendere possibile uno scarto rispetto a qualcosa, aprire un nuovo campo di possibilità. In questo senso il discorso degli studenti di Agro Paris Tech è un vero e proprio manifesto.

da qui

 

 

 

Perché Soulèvements fa così paura – lundimatin

 Stando alle dichiarazioni del ministro dell’Interno Gérald Darmanin, lo scioglimento di Soulèvements de la Terre sarebbe giustificato dagli «eventi inqualificabili» che si sono verificati a Sainte-Soline e «dall’estrema violenza di gruppuscoli che sono nel mirino dei servizi di intelligence da molti anni».[1] Tuttavia, un rapporto del Service central du renseignement territorial in riferimento a Soulèvements de la Terre getta una luce completamente diversa su questo annuncio. Leggendo infatti questa nota confidenziale sorprendentemente elogiativa si capisce che al di là del pretesto della violenza, se il ministro cerca di sciogliere il movimento, è perché ha successo!

In che senso ha successo? Il nocciolo della questione è questo: attraverso una serie di analisi elogiative che fanno riferimento alla capacità di federarsi, di uscire dal letargo politico e di avere un impatto reale sui progetti distruttivi per l’ambiente, ci viene spiegato in otto pagine che il problema fondamentale con questo movimento è che invece di fare la sua bella contestazione entro i limiti stabiliti riesce ad incidere in campo politico. Ciò che il governo indica, facendo seguire a questa nota di intelligence un tentativo di scioglimento, è che per lui, d’ora in poi, qualsiasi opposizione efficace che intralci le sue politiche – e quelle delle lobby finanziarie e industriali che lo sostengono – deve scomparire. Sciogliere tutta l’opposizione, anche se ciò significa farlo in un bagno di sangue prima di raggiungere i meandri dei tribunali.

Al di là di questa trasparente visione delle motivazioni del governo, il compitino scritto da un sociologo di polizia sfidato dalla vivacità del suo soggetto risulta tuttavia falsato dalla manifesta incapacità di percepire il movimento per quello che realmente è. Invariabilmente, tutto ciò che è effervescenza, rete, coalizione viene ridotto – per meglio incriminarlo in seguito – alla supervisione di un gruppo dirigente. Soprattutto, è necessario dare l’impressione che le persone e i gruppi che agiscono siano guidati solo da motivazioni fredde e strumentali e che vogliano opportunisticamente dirottare la causa ecologista e contadina verso una ricerca puramente astratta di motivi di scontro e violenza. Ma come stupirsi che dei funzionari, che scrivono dalle loro scrivanie al servizio di un governo che si ostina a distruggere terre coltivabili, foreste, fattorie, fiumi ecc., non riescano a capire e ad afferrare quel che viene difeso e costruito, i legami, la solidarietà e le gioie che ne derivano? Non sorprende nemmeno che gli autori del rapporto riducano tutto il fermento politico locale e decentralizzato, a cui Soulèvements de la Terre fa da eco e da catalizzatore, al rigido assetto verticistico che è il solo che conoscono.

Al di là della povertà delle loro analisi, è chiaro che se negli ultimi due anni folle crescenti non si sono accontentate di marciare ma hanno cercato gesti diretti per bloccare cantieri, per impedire il saccheggio dell’acqua o dei terreni, è perché si avverte un’urgenza vitale di agire. Tentativo di dissoluzione o meno, repressione brutale o meno, questo senso di urgenza non potrà che aumentare finché i decisori politici continueranno a promuovere infrastrutture che incarnano una violenza ecologica e sociale che molte persone hanno ormai scelto di affrontare.

Il 30 marzo, il quotidiano “Le Monde” ha pubblicato un articolo intitolato Nous sommes les Soulèvements de la Terre in cui decine di attori/trici, artisti/e, parlamentari e scrittori/trici hanno rivendicato di far parte del movimento. Attualmente conta più di 20.000 firme.

 

Soulèvements de la Terre e la radicalità delle lotte ecologiste. Il rapporto dell’intelligence

Riassunto: creato all’inizio del 2021 da membri dell’ultra-sinistra dell’ex-ZAD di Notre-Dame-des-Landes, Soulèvements de la Terre (SLT) ha dato nuova vita a nuove dinamiche nelle lotte ecologiste e imposto modalità di azione più offensive.

  • Dalla sua creazione, SLT è stato coinvolto in una ventina di azioni nel quadro di un programma incentrato sulla difesa della “terra produttrice di cibo”, sulla lotta contro la “cementificazione” e sulla protezione dell’acqua; il programma è suddiviso in diverse Stagioni e Atti (la quarta stagione è iniziata nel settembre 2022).
  • Mostrando la volontà di federarsi al di là degli ambiti di protesta dell’ultra-sinistra, questo movimento ha saputo incarnare il concetto di trasversalità delle lotte, riunendo associazioni, sindacati e movimenti ambientalisti attorno a lotte comuni.
  • Il nocciolo duro di SLT, inizialmente composto da strateghi dell’ultra-sinistra, si è gradualmente allargato fino a includere attivisti di collettivi ambientalisti come Extinction Rebellion.
  • Il movimento SLT ha svolto un ruolo importante nella diffusione e nell’accettazione di modalità operative più offensive. In particolare, è all’origine del concetto di “disarmo” che, collocando le azioni di sabotaggio all’interno di una logica difensiva dei beni comuni minacciati, ha ingegnosamente convinto gli attivisti solitamente impegnati in azioni di disobbedienza civile a passare alla “resistenza civile”.
  • SLT è anche all’origine dell’adozione di un nuovo tipo di azione collettiva violenta, ispirata a quella dell’ultra-sinistra: attivisti travisati, con tute bianche o blu, che formano un White bloc o un Blue bloc e non esitano ad affrontare le forze dell’ordine per commettere i loro atti di violenza (deturpazioni, intrusioni, sabotaggi…).
  • SLT, grazie alla sua inventiva, al suo livello organizzativo, alla sua forza di influenza, alla sua capacità di mobilitazione e di dare copertura nazionale e mediatica alle lotte locali a cui prende parte, appare oggi come uno dei principali attori della protesta ecologista radicale, capace di trasmettere alle nuove generazioni metodi operativi offensivi, talvolta sviluppati nella clandestinità.

 

  1. Modalità operative di Soulèvements de la Terre, un movimento federativo impegnato in lotte ecologiste locali

Il movimento Soulèvements de la Terre, costruito sul rifiuto del sistema neoliberista e capitalista (ritenuto responsabile della crisi sociale, ecologica e sanitaria), è stato creato e strutturato nel gennaio 2021 attorno a uno zoccolo duro di attivisti, tutti provenienti dall’ex-ZAD di Notre-Dame-des-Landes [Nome e Cognome di otto attivisti/e], desiderosi di esportare in altri territori le esperienze e le strategie messe in campo localmente durante la lotta contro il progetto aeroportuale.

Il manifesto che illustra gli obiettivi di questo movimento è stato firmato da un centinaio di collettivi, associazioni e personalità, a conferma della volontà di costituire un fronte comune (estrema-sinistra, sindacati agricoli, collettivi ambientalisti, residenti ecc.) in grado di trascendere le appartenenze originarie e le differenti strategie (legali, cittadiniste, occupazioni o azioni più offensive) in una logica di trasversalità delle lotte, per federare il maggior numero possibile di attivisti e gruppi di diversa estrazione ideologica.

 

  1. Espansione a una prima cerchia di attivisti dei collettivi ambientalisti

Attorno a questo zoccolo duro di attivisti di ultra-sinistra, forti della loro esperienza zadista, questo movimento ha rapidamente attratto attivisti ambientalisti, fin dalla fine della prima Stagione, dopo l’azione del Grand Péril Express[2]. Il lavoro di intelligence ha permesso di identificare molti attivisti già noti.

Nome Cognome incarna perfettamente il profilo tipico degli attivisti ambientalisti che SLT è riuscito a sedurre. Come attivista di Extinction Rebellion (XR) ha partecipato a Parigi a diverse azioni di disobbedienza civile non violenta, prima di unirsi a SLT desiderando andare oltre il solo quadro delle azioni condotte da XR, ritenute insufficienti e senza effetto. Oggi, residente presso l’ex-ZAD di Notre-Dame-des-Landes, fa parte del gruppo dirigente del movimento ed è attiva nel promuoverlo sia in Francia che all’estero. Sulla sua scia, molti attivisti ecologisti progressivamente disillusi dalle manifestazioni e dalle azioni di disobbedienza civile, giudicate “sterili”, sono propensi a radicalizzarsi e ad aderire a SLT. È il caso di Nome Cognome, un’altra attivista del gruppo XR Parigi/Île-de-France, che ha preso gradualmente le distanze dal gruppo ambientalista per diventare pienamente coinvolta nelle azioni più offensive e impegnate proposte dal movimento SLT, apparendo al fianco di Nome Cognome durante l’azione Grand Péril Express e il successivo debriefing.

Anche il profilo di Nome Cognome illustra questo tipo di percorso. Dopo un periodo nell’ex-ZAD di Notre-Dame-des-Landes nell’estate 2018, ha fondato il collettivo interfacoltà Désobéissance écoloParis, prima di unirsi al gruppo Extinction Rebellion di La Rochelle e di assumere la posizione di portavoce nazionale del movimento Youth for Climate (YFC) in Francia. Dapprima coinvolta nel movimento SLT per conto del collettivo YFC, firmatario della campagna, si è presto impegnata in prima persona diventando responsabile della comunicazione SLT.

 

  1. Sincretismo militante: un modello di sinergia tra movimento di massa e radicalismo

Questo ventaglio molto ampio di attivisti, attratti dalla retorica e dall’azione diretta di SLT si è messo in mostra durante la manifestazione del 29 e 30 settembre 2022 contro la costruzione di una retenue de substitution [maga-bacino artificiale] a Sainte-Soline; manifestazione in cui sono coesistiti tre cortei (bianco, verde, rosso), ognuno dei quali ha accettato, rispettato e sfruttato la diversità dei profili presenti e delle modalità di azione.

Il corteo bianco (con un ruolo protettivo e pacificatore) era composto principalmente da un pubblico di famiglie, rappresentanti politici e giornalisti. Il corteo verde (riferimento simbolico all’ecologia) era composto da attivisti provenienti principalmente dai collettivi XR, Greenpeace e Bassines Non Merci. Il corteo rosso (riferimento al simbolismo antifascista) raggruppava gli elementi più violenti del movimento di ultra-sinistra (vestiti di nero secondo i codici del Black bloc) e gli attivisti SLT (in tuta blu).

Per le organizzazioni ambientaliste, che numericamente costituiscono il contingente più importante di questa alleanza informale, questa trasversalità delle lotte si è imposta come una necessità, anche se implica un avvicinamento ai gruppi più radicali. La necessità di concentrarsi sui punti in comune e sugli obiettivi ha infatti prevalso sulle differenze. Alcuni attivisti ecologisti, stanchi delle manifestazioni di sensibilizzazione, hanno potuto soddisfare la loro ricerca di azione diretta aderendo a questa campagna. D’altra parte, la pluralità delle tattiche del movimento ha offerto un’ampia gamma di modalità operative ad attivisti e gruppi di diversa estrazione ideologica.

SLT è così riuscito ad attrarre un gran numero di persone e a riunire, nelle stesse azioni, individui con profili e metodi molto diversi, articolando le pratiche militanti in modo da renderle complementari:

  • I membri della Confédération paysanne, tra cui il loro portavoce, hanno sostenuto il movimento fin dalla sua creazione, conferendo legittimità e competenza tecnica, in particolare nel denunciare i “danni” del modello agroindustriale difeso dalla Fédération nationale des syndicats d’exploitants sgricoles. La presenza della Confédération paysanne ha permesso al movimento di decostruire la «narrazione dominante che voleva fare di questa lotta una battaglia tra ecologisti e agricoltori».
  • Gli antifa, pur non essendo fino ad allora molto coinvolti nella lotta contro i progetti ritenuti “inutili”, erano presenti al fianco di SLT già dall’azione intitolata Bye Bye Bayer! Ciao Monsanto!, il 5 marzo 2022. Hanno portato il loro know-how, soprattutto nelle situazioni di confronto con la polizia
  • I rappresentanti politici, tra i quali alcuni in carica, hanno partecipato indossando le loro sciarpe tricolori alla manifestazione di Sainte-Soline, sebbene fosse vietata, il che ha dato legittimità alla lotta e ha contribuito a portarla nel dibattito pubblico.

Secondo Nicolas Haeringer, del movimento per la giustizia climatica, la lotta contro i mega-bacini artificiali è una forma di sincretismo, perché «attinge ai gesti e agli immaginari che hanno costellato le battaglie degli ultimi anni»: «lo spontaneismo dei Gilets Jaunes, la resistenza delle ZAD, la disobbedienza della Confédération paysanne, le grandi convergenze del Social forum, i convogli di Ende Gelände [movimenti contro le miniere di carbone]».

 

L’impegno di SLT nelle lotte ecologiste locali

Un comitato di SLT organizza regolarmente incontri nell’ex-ZAD di Notre-Dame-des-Landes e nel quartiere libero di Lentillères a Digione con i collettivi locali che desiderano aderire al loro movimento. I dossier selezionati beneficiano del sostegno logistico, umano, finanziario e organizzativo del movimento. Il sostegno di SLT a una lotta locale le conferisce generalmente nuova visibilità e nuovo slancio. Ne è un perfetto esempio la copertura mediatica ricevuta dalla lotta contro i bacini artificiali nelle paludi di Poitevin, guidata dal 2017 a livello locale dal collettivo Bassines Non Merci. Secondo un principio di reciprocità, ogni organizzazione e collettivo sostenuto di SLT si impegna a sostenere altre lotte in cui SLT è coinvolto, ampliando in questo modo il numero di manifestanti e portando a una grande mobilità di attivisti in tutto il paese.

Il movimento è sostenuto finanziariamente dall’associazione Pour la Défense des Terres, creata da Nome Cognome e Nome Cognome (entrambi co-presidenti fino ad agosto 2022) e domiciliata presso l’ex-ZAD di Notre-Dame-des-Landes. Il flusso di cassa generato dall’associazione permette al movimento di beneficiare di entrate regolari e consistenti, necessarie per sostenere la lotta, organizzare eventi festivi e creare solide campagne di comunicazione. SLT riesce a ricevere diverse migliaia di euro ogni mese, principalmente da donazioni attraverso la piattaforma HelloAsso. Le associazioni locali coinvolte nelle lotte in cui SLT è impegnato beneficiano direttamente di questo sostegno finanziario.

 

Una sequenza tematica scandita da Stagioni

Dalla sua creazione, SLT si è impegnato in una ventina di azioni, suddivise in diverse Stagioni e Atti, nell’ambito di programmi incentrati sulla lotta contro l’artificializzazione del suolo (difesa della “terra produttrice di cibo”, “lotta contro la cementificazione”) e sulla tutela dei beni comuni, tra cui l’acqua, che è diventata una delle questioni principali per i movimenti di protesta.

  • La Stagione 1 (dal 27 marzo al 17 luglio 2021) si è strutturata in cinque Atti che hanno preso di mira le industrie considerate più tossiche (cemento, pesticidi e industria fitosanitaria) e si è conclusa con la campagna Grand Péril Express, svoltasi dal 29 giugno al 4 luglio nella regione dell’Île-de-France, che ha portato all’occupazione e al sabotaggio di diversi siti dei gruppi Lafarge e Eqlom da parte di individui in parte travisati e con tute bianche. Per molti attivisti ecologisti, questa azione ha segnato un passo avanti rispetto al modus operandi tradizionalmente accettato.
  • Anche la Stagione 2 (dal 22 settembre 2021 al 26 marzo 2022), incentrata sul tema del land grabbinge dell’avvelenamento delle terre da parte del sistema agroindustriale, si è suddivisa in cinque Atti. Questa stagione è stata caratterizzata da tre azioni offensive contro i progetti di bacini artificiali nel territorio paludoso del Marais Poitevin (Atti 1, 2 e 5). Durante la Primavera Maraîchin, dal 26 marzo 2022, trecento elementi radicali vestiti con tute blu, in un corteo di cinquemila manifestanti, hanno attaccato violentemente le forze dell’ordine. Durante l’azione Bye Bye Bayer! Ciao Monsanto! (Atto 4) del 5 marzo 2022, con l’obiettivo di assediare la sede centrale di Bayer Francia, duecentocinquanta persone vestite di bianco e travisate hanno cercato di entrare nella sede Bayer a Villefranche-sur-Saône.
  • La Stagione 3 (dal 2 aprile al 28 agosto 2022) si è articolata in sei Atti volti a «ribadire il concetto», ovvero a ritornare sui luoghi delle lotte precedenti con il motto: «non ci sono alternative tra la fine del mondo e la fine del loro mondo». Il momento culminante di questa stagione è stato il Grand Charivari del 14 e 15 maggio 2022 nel comune di Pertuis, dove sono stati commessi diversi atti di violenza contro l’azienda Pellec (appartenente al sindaco di Pertuis e coinvolta nella costruzione della contestata Zona di attività economica), la polizia e le banche.
  • La stagione 4 si è aperta il 29 settembre con un’azione di denuncia dei progetti di cave di sabbia a Saint-Colomban. Tuttavia, la stagione è stata veramente lanciata con la manifestazione Pas une bassine de plus [Non un bacino di più], in opposizione al progetto di costruzione di un nuovo bacino artificiale a Sainte-Soline, nel fine settimana del 29 e 30 ottobre. Questa manifestazione, altamente offensiva, che ha ricevuto un’ampia copertura mediatica, ha riunito quasi cinquemila persone, tra cui trecento attivisti radicali che hanno commesso sabotaggi e violenze contro la polizia.

 

La diffusione di modalità operative offensive proprie dell’ultra-sinistra

Il “disarmo”: teorizzazione dell’eco-sabotaggio da parte di SLT

Gli strateghi di SLT sono riusciti ingegnosamente, attraverso il concetto di “disarmo”, a far accettare la pratica dell’eco-sabotaggio a una massa di attivisti dapprima votati alle azioni di disobbedienza civile. Lungi dall’essere oggetto di un consenso generale, i danni commessi contro le imprese Lafarge e Eqiom nella regione dell’Île-de-France durante l’azione Grand Péril Express, descritti in termini di “disarmo”, avevano dato luogo a numerose discussioni interne tra gli attivisti ambientalisti, sollecitate in particolare da quelli del collettivo Extinction Rebellion. SLT si è preoccupato di distinguere il concetto del “sabotaggio” – che designa la pratica di «compromettere e danneggiare» senza dire nulla sull’«intenzione che vi sta dietro» – da quello del “disarmo”, che significa «rendere inutilizzabili le armi», evidenziando quindi «la necessità di distruggere le armi che distruggono il pianeta e quindi di impedire ulteriori violenze».

Ancorando queste azioni a una logica difensiva, i leader di SLT sono riusciti a normalizzare l’uso del sabotaggio, portando la maggioranza degli attivisti ad accettare, come minimo, la necessità di far coesistere diverse modalità di azione. A riprova della capacità di influenza di SLT, il termine “disarmo” è ormai utilizzato da diversi collettivi che non esitano più a rivendicare il superamento di una certa soglia, reso necessario dall’atteggiamento delle autorità pubbliche.

Il ricorso alle azioni dirette clandestine

Così come l’ultra-sinistra ha invocato il ritorno all’azione diretta nella primavera del 2020 e ha dato vita a un’ondata di azioni contro le reti di comunicazione, SLT ha diffuso questo modus operandi e ispirato numerosi atti di sabotaggio clandestino. La lotta contro i mega-bacini è emblematica dell’integrazione di questa nuova modalità di azione nella protesta ecologista. Oltre agli atti di sabotaggio compiuti durante le manifestazioni nel Marais Poitevin, dal settembre 2021 sono stati registrati diciotto atti di danneggiamento (o tentativi di danneggiamento) clandestino di bacini idrici (taglio di rivestimenti, compromissione delle tubature per l’irrigazione ecc). Nell’ottobre 2021 un video di rivendicazione pubblicato dal sito web LundiMatin e ripreso di SLT invitava gli attivisti a intraprendere azioni di “disarmo” e forniva un tutorial per «smantellare selvaggiamente» un bacino. In continuità con le azioni di sabotaggio condotte nell’agosto 2022 contro due bacini, nel fine settimana del 3 e 4 settembre è stato sventato un tentativo di azione clandestina coordinata contro il SEV17 di Mauzé-le-Mignon, che vedeva la partecipazione di una trentina di persone dell’ex ZAD di Notre-Dame-des-Landes.

L’appropriazione del Black bloc da parte delle lotte ecologiste: creazione del White bloc e del Blue bloc

Ispirandosi al modus operandi dell’ultra-sinistra, SLT ha riprodotto nelle lotte ecologiste le caratteristiche del Black bloc: un raduno effimero, anonimo e decentralizzato di individui, organizzato per attaccare, spesso in modo violento, i simboli dello Stato e del capitalismo e che spesso conduce a scontri con la polizia. L’azione Grand Péril Express del 3 luglio 2021 è stata la prima volta in cui attivisti ambientalisti travisati e vestiti di bianco hanno commesso atti di danneggiamento. Da allora, mentre l’azione a viso scoperto era sempre stata una caratteristica consolidata delle azioni ambientaliste, la maggior parte degli attivisti presenti alle azioni di SLT agisce coperta, indossando tute o camici bianchi. Alcuni attivisti non esitano a indossare un passamontagna per garantirsi l’anonimato. L’uso permanente del passamontagna è stato praticato da un centinaio di attivisti presenti nell’accampamento fin dal giorno precedente la mobilitazione di Sainte Soline del 29 e 30 ottobre. Questo modo di agire si è diffuso anche tra i militanti di XR, del collettivo Bretagne contre les fermes usines, del Bloc Lorrain…

L’apparizione di questi White bloc o Blue bloc ha dato luogo all’emergere di comportamenti ostili o addirittura violenti nei confronti della polizia: militanti determinati, ben equipaggiati (con maschere antigas, ombrelli, berretti e tute) e armati (pietre, mortai, molotov) non esitano più ad affrontare le forze dell’ordine.

Sei azioni di SLT, dal marzo 2021, sono state accompagnate da attacchi violenti contro la polizia. Si osserva quindi un graduale aumento del livello di violenza. La recente mobilitazione a Sainte-Soline ha rappresentato il punto più alto, con un gran numero di feriti tra i poliziotti. Sebbene la polizia sia stata attaccata anche in altre occasioni (Bye Bye Bayer! Ciao Monsanto! e Grand Charivari), le mobilitazioni contro i mega-bacini hanno portato agli scontri più violenti; questo già nella manifestazione del 22 settembre 2021 a Mauzé-sur-le-Mignon, quando duecento persone sono entrate nel cantiere di un bacino artificiale e hanno danneggiato gli escavatori, ferendo tre gendarmi che cercavano di respingerli.

Il 6 novembre 2021, sempre a Mauzé-sur-le-Mignon, la polizia è stata presa di mira da fumogeni e lanci di pietre, sassi e bocce che hanno ferito due gendarmi, uno dei quali alla testa. Nuovi scontri con la polizia si sono verificati anche durante la Primavera Maraîchin dal 25 al 27 marzo a La Rochénard, quando vari oggetti (fuochi d’artificio, bottiglie molotov, pietre) sono stati lanciati contro la polizia da trecento individui. Infine, durante la recente manifestazione del 29 e 30 settembre 2022 a Sainte-Soline, sessantuno gendarmi sono rimasti feriti durante violenti scontri con trecento attivisti travisati (petardi, lancio di bocce, bottiglie molotov ecc.).

 

Azioni integrate in un’elaborata strategia operativa

Il monitoraggio dell’intelligence sul funzionamento di SLT e sulle modalità operative messe in atto dai loro leader rivela una strategia ben collaudata e organizzata, basata sull’esperienza zadista della lotta condotta a suo tempo presso Notre-Dame-des-Landes, che ora si rivolge opportunisticamente a un gran numero di persone in un contesto favorevole alle lotte ecologiste.

Una forte capacità organizzativa: tra know-how e inventiva

Le azioni di SLT sono elaborate con cura e segretezza da organizzatori che hanno dimostrato, in diverse occasioni, la loro capacità di portare a termine azioni riuscendo a sorprendere consistenti dispositivi di polizia. Nella manifestazione del 6 novembre 2021, gli attivisti hanno preso d’assalto un bacino di fronte alla polizia sorpresa, dopo che gli attivisti che si stavano dirigendo in corteo verso la SEV17 hanno deviato il percorso verso il bacino di Cramchaban, raggiungendolo a piedi attraverso i corsi d’acqua. Sulla stessa linea, l’ultimatum intitolato Bye Bye Bayer! Ciao Monsanto! che indicava la sede centrale della Bayer come obiettivo di una mobilitazione il 5 marzo era in parte un’esca per la polizia. Infatti, come anticipato da questo servizio, un altro sito dell’azienda nella regione di Lione, lo stabilimento di Villefranche-sur-Saône, era stato oggetto di un tentativo di intrusione in mattinata da parte di duecentocinquanta attivisti mascherati con tute da lavoro.

SLT mette in campo importanti capacità logistiche per assicurare il successo delle sue azioni, sia prima (in particolare attraverso meticolosi sopralluoghi) che durante le manifestazioni. Per le azioni più elaborate viene allestito un vero e proprio quartier generale operativo, che consente il coordinamento tattico, con tanto di briefing (sulle manovre, su come comportarsi in caso di fermo di polizia ecc.), uso di walkie-talkie, distribuzione di mappe, supporto aereo di un drone per orientare gli attivisti in tempo reale in base al posizionamento delle forze dell’ordine e presenza di “segnalatori” nei cortei per dirigere i Black block. Ai membri di SLT viene anche offerta una formazione sulla sicurezza digitale.

La diversità dei profili presenti nelle azioni orchestrate di SLT permette anche la trasmissione di metodi operativi, offensivi e clandestini, alle nuove generazioni di attivisti. In questa logica, il giorno prima della manifestazione del 29 ottobre a Sainte-Soline, una cinquantina di militanti sono stati addestrati a metodi operativi dei Black bloc all’interno di una grande tenda presente nell’accampamento (simulazioni di ferite, uso di un telone rinforzato, simulazioni di inversione di marcia con scontri…).

Una comunicazione perfettamente controllata per diffondere l’ideologia dell’ultra-sinistra

Abili comunicatori, i leader di SLT hanno perfettamente compreso l’importanza dei media per legittimare e democratizzare la loro lotta agli occhi del maggior numero di persone, al fine di vincere la battaglia d’opinione. Riflettendo il loro obiettivo federativo, queste campagne di comunicazione sono rivolte sia agli attivisti che al pubblico in generale e sono un tassello nella loro molteplicità di tattiche.

Approfittando del rilancio nei media alternativi vicini al movimento di ultra-sinistra (come LundiMatin) e alla sfera ambientalista (ad esempio Reporterre), SLT è riuscito a riunire per le stesse azioni individualità dell’ultra-sinistra, antifa, zadiste, ecologisti tradizionali ed ecologisti più radicali. Per poter fare questo ha prodotto e trasmesso video accattivanti che riprendevano sia gli aspetti festosi che quelli offensivi delle sue azioni, nonché parodie umoristiche, ha organizzato carovane in tutto il paese, è andato direttamente a incontrare gli attivisti locali e ha aumentato i contatti e gli scambi con tutte le frange della protesta sociale. Inoltre, fin dall’inizio, il movimento si è circondato di personalità intellettuali e accademiche (tra le quali l’antropologo Philippe Descola, l’autore e disegnatore di fumetti Alessandro Pignocchi, gli scrittori Alain Damasio e Corinne Morel-Darleux, lo storico-ricercatore Christophe Bonneuil…) che contribuiscono alla diffusione dei messaggi di SLT sui media nazionali.

Già il 24 novembre 2021, sul sito web del quotidiano “Le Monde” è stato pubblicato un articolo di opinione contro i mega-bacini scritto da Julien Le Guet, Nicolas Girod e Lotta Nouqui, firmato da duecentoquaranta personalità. La retorica difensiva sviluppata di SLT per servire la propria causa è perfettamente sfruttata a fini comunicativi. SLT si presenta come protettore della natura («Siamo la natura che si difende») e cerca di dare legittimità all’uso di azioni offensive e violente. Per farlo, utilizza concetti come “disarmo”, autodifesa contro la «violenza istituzionale» che impone progetti ritenuti «ecocidi» o, più recentemente, il concetto di «eco-resistenza» in contrapposizione a quello di eco-terrorismo utilizzato nei suoi confronti dal ministro dell’Interno dopo la manifestazione di Sainte-Soline.

Di fatto, SLT è riuscito a fare della protesta contro i mega-bacini una vera e propria questione sociale, oggi al centro delle cronache mediatiche e della protesta (SLT, d’altra parte, mette in campo azioni radicali che, alimentando le controversie, garantiscono copertura mediatica).

 

Commento

SLT è stato determinante nell’innalzare il livello delle proteste e nel fornire l’ala radicale impegnata nelle lotte ecologiste, spostando così la finestra di Overton: azioni considerate troppo estreme la prima volta diventano, per abitudine, meno violente agli occhi degli attivisti, e azioni che non hanno ottenuto il sostegno della maggioranza della popolazione finiscono per apparire meno radicali di quanto in effetti sono. La forte influenza di questo movimento innovativo – recentemente considerato un «modello di successo da seguire» in un post di Cerveaux Non Disponibles dal titolo Interesse comune e diversità di tattiche – continuerà a radicalizzare le lotte ambientali che hanno già avuto un’accelerazione negli ultimi mesi. Sulla base di questo successo, si potrebbero creare sedi locali dei SLT in tutto il paese.

 

L’unico scioglimento che deve essere discusso seriamente oggi è lo scioglimento di questo governo!

di Soulèvements de la Terre

L’annuncio di una procedura di scioglimento del movimento Soulèvements de la Terre è un vile tentativo del ministro dell’Interno di distogliere l’attenzione dalla violenza omicida che ha scatenato contro i manifestanti a Sainte-Soline. È un altro tentativo di soffocare un movimento politico unificante, che egli considera un affronto. Dopo il brutale attacco di sabato per ferire i corpi, ecco che segue il corrispettivo politico-giudiziario.

Per quanto ci riguarda e per il momento, la nostra preoccupazione è quella di sostenere le decine di feriti/e gravi, due dei quali sono ancora oggi tra la vita e la morte. Insieme a Bassines Non Merci e alla Confédération paysanne chiamiamo a raccolta giovedì alle 19.00 davanti alle prefetture di tutta la Francia, per i/le feriti/e di Sainte-Soline e del movimento per le pensioni, e per la fine della violenza poliziesca. In contrasto con le smentite del governo, continuiamo a raccogliere prove che l’arrivo delle ambulanze, sabato, è stato deliberatamente ostacolato dalla polizia. Versione corroborata da un’inchiesta di Médiapart e da decine di testimonianze di medici, rappresentanti istituzionali, osservatori della Ligue des Droits de l’Homme e sindacalisti della Confédération Paysanne presenti sul posto.[3]

Dopo aver detto il contrario per diversi giorni, lo stesso ministro Gerald Darmanin ha ammesso un «uso proibito» dei lancialacrimogeni da parte dei gendarmi questo sabato a Sainte-Soline.[4]

Per quanto riguarda la pretesa di «far scomparire Soulèvements de la Terre», siamo piuttosto curiosi di vedere cosa rappresenterebbe lo “scioglimento” di una coalizione che riunisce decine di collettivi locali, aziende agricole, sezioni sindacali e ONG in tutto il paese. Contrariamente da quanto diranno le ricostruzioni fantasiose dell’intelligence per additare alcune figure di spicco da mettere alla gogna, Soulèvements de la Terre non si limita affatto a un gruppo circoscritto ma rappresenta, dopo due anni di esistenza, una grande rete stabilmente presente in diverse regioni. Ma forse, nella sua attuale impennata autoritaria, il governo si sta davvero preparando a “sciogliere” una buona parte dell’opposizione ecologista, contadina e sindacale del paese. Poiché questa opposizione ha il torto di affrontare il governo nelle strade e nelle campagne, governo il cui regime politico sembra essersi ridotto all’uso del manganello.

L’anno scorso, lo stesso Gerald Darmanin aveva annunciato lo scioglimento dei media Nantes Révoltée e del GALE (Groupe Antifa Lyon et Environs). Due manovre che sono rapidamente fallite, visto il sostegno dell’opinione pubblica e l’inconsistenza giuridica della procedura. Nantes Révoltée non ha mai ricevuto alcuna comunicazione in seguito all’annuncio e lo scioglimento del GALE è stato sospeso e respinto dal Consiglio di stato.[5]

Al di là della cortina di fumo sulle rivelazioni riguardanti i modi in cui ha organizzato i crimini di Sante-Soline, quello che il governo sta cercando di fare attaccando Soulèvements de la Terre è distruggere una speranza collettiva in campo politico. Per coloro che non possono più sopportare di assistere all’inazione del governo sul cambiamento climatico, al suo sostegno nascosto alle lobby industriali responsabili dell’ecocidio e al palese peggioramento della crisi ecologica, Soulèvements de la Terre ha contribuito a dare una possibilità. Se negli ultimi due anni folle crescenti non si sono accontentate di sfilare ma hanno cercato gesti diretti per rallentare concretamente alcuni cantieri, per impedire il saccheggio dell’acqua o della terra, è perché c’è un’urgenza vitale di agire. E, tentativo di scioglimento o meno, repressione brutale o meno, questo senso di urgenza non potrà che aumentare finché continueremo a promuovere in questo paese infrastrutture che incarnano una violenza ambientale e sociale oggi non più tollerabile.

Il 7 gennaio, dopo le precedenti minacce di scioglimento, in meno di quarantotto ore più di tremila personalità politiche, sindacalisti/e, rappresentanti eletti/e, scienziati/e, artisti/e ecc. hanno firmato un appello a sostegno di Soulèvements de la Terre.[6] Hanno dichiarato:

«Si comprende bene visto i recenti tour de force effettuati, tra l’altro in suo nome, per la difesa concreta della terra e dell’acqua, che Soulèvements de la Terre sia un colpevole ideale. […]

Tuttavia, noi firmatari di questo appello, non crediamo a questa favola e sappiamo di cosa stiamo parlando. Avendo partecipato ad alcune manifestazioni, avendone organizzate altre, avendo firmato appelli e articoli, ospitato riunioni, partecipato alla logistica di questo o quell’accampamento o a manifestazioni vietate, essendoci a volte gioiosamente dotati di taglierini, martelli e forbici per qualcosa di diverso dal fai-da-te, avendo a volte semplicemente sorriso all’idea del loro possibile utilizzo… sappiamo che non c’è bisogno di un comitato centrale o di una cerchia di strateghi/e esperti/e per riconoscere l’assoluta urgenza della situazione e il criminale attendismo di chi ha il potere di fermare la macchina.

Sappiamo anche che non abbiamo paura di quelle persone vestite in tute bianche o blu, che ora ci mostrano in televisione dopo anni di sordità del governo alle lotte ambientaliste. E non possiamo dar loro torto quando li sentiamo dire che le loro azioni di “disarmo” sono una parte essenziale di qualsiasi strategia coerente per rallentare, arrestare o fermare i progetti che cementificano i suoli, si appropriano delle terre o avvelenano i fiumi. Ancora di più: a volte vorremmo farne parte, se ne avessimo la possibilità e se i nostri doveri, la nostra salute o le nostre situazioni familiari non ci imponessero di essere altrove. Perché i loro gesti, la loro precisione, la loro gioiosa determinazione ci parlano infinitamente di più delle smorfie del ministro dell’Interno quando versa lacrime di coccodrillo per le barriere rotte di un cantiere, per la chiusura temporanea di un sito industriale altamente inquinante o per i danni economici subiti da questa o quell’altra multinazionale ecocida.

Stiamo già assistendo alla pioggia di convocazioni, incriminazioni, pestaggi, processi agli attivisti di Bassines Non Merci, della Confédération paysanne o di Soulèvements de la Terre, a manifestanti che talvolta sono stati prelevati dai loro letti d’ospedale per essere presi in custodia dalla polizia. […]

E lo vediamo arrivare, visto che ci viene detto anche sulle pagine dei giornali, che la semplice partecipazione a queste manifestazioni, a queste riunioni, a questi raduni, sarà presto non solo illegale ma considerata riprovevole. Eppure questi gesti e il cambiamento sociale che indicano, sono di quei momenti che disegnano un futuro possibile.

Quindi, da tutti i luoghi in cui ci troviamo, siamo pronti a essere solidali, a dire che anche noi ne facciamo parte, anche se solo col pensiero. E che chi vede l’ombra della repressione oscurare la propria parte di cielo non sarà solo/a, perché anche noi saremo lì. […]»

L’unico scioglimento che deve essere discusso seriamente oggi è lo scioglimento di questo governo!

 

[1] Si veda (più in basso, tradotto dopo il presente articolo) la risposta di Soulèvements de la Terre a questo annuncio: L’unico scioglimento che deve essere discusso seriamente oggi è lo scioglimento di questo governo!

[2] Campagna di denuncia del grave impatto ecologico del progetto Grand Paris Express: linea metropolitana lunga duecento chilometri e capace di collegare quasi tutti i comuni della Île-de-France.

[3] Link agli articoli: <bit.ly/3TYC8gW>; < bit.ly/3lRKCKh>.

[4] Link: <bit.ly/40EyjjC>.

[5] Link: <bit.ly/3nsTJ4g>; <bit.ly/3nDJeeH>.

[6] Link: <bit.ly/40TJ41c>.

Tradotto da Le rapport complet des renseignements français qui fait l’éloge des Soulèvements de la Terre (lundi.am)

da qui

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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