Diverso parere su Oppenheimer e la bomba degli USA

di Giorgio Ferrari

Dubito che questo ultimo intervento – cfr H come Hiroshima, Oppenheimer e lingue biforcute – di cui non condivido nulla, se non il giudizio su Christopher Nolan. sia attribuibile a Vincenzo Miliucci (*).

Non so se chi lo ha scritto abbia visto il film (io non l’ho visto) e se la trama del film, a sua volta, abbia qualche corrispondenza con il profilo di Oppenheimer che si evince da questo testo, ma limitandomi alle cose che vi sono scritte, lo ritengo diseducativo e fuorviante.

Ci sono due eventi nella storia della II guerra mondiale che hanno segnato dei punti limite nella storia dell’umanità: i lager nazisti e l’uso della bomba atomica da parte degli Stati Uniti.

Del primo è stato detto e scritto praticamente tutto, risultandone una condanna definitiva in quanto rappresentazione del male assoluto.

Del secondo persiste invece una sorta di sospensione di giudizio (da parte degli storici e da una larga schiera di intellettuali) che va lentamente risolvendosi in una assoluzione per mancanza di prove o, secondo il diritto penale americano, per l’esistenza di ragionevoli dubbi.

Perchè? Cosa c’è che impedisce di emettere, nei confronti del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, un verdetto analogo a quello applicato ai lager nazisti? Forse perchè gli ebrei uccisi sono molto di più dei giapponesi? O forse perchè a questi ultimi la morte è giunta istantaneamente, risparmiando loro quelle sofferenze che invece furono inflitte agli ebrei?

Non credo che siano questi i distinguo sufficienti ad impedire il pronunciamento di un giudizio, anche perchè sofferenze atroci ci furono eccome per i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.

Trattandosi di “strategie di annientamento” viene da chiedersi -cinicamente – se non siano le “tecniche” impiegate a fare la differenza.

Nel primo caso, quello dei lager, la tecnologia impiegata era rudimentale e improntata alla massima economicità (c’è ampia documentazione di fonte nazista che testimonia dell’applicazione di questo criterio).

Nel secondo caso si tratta di tecnologia sofisticata -il massimo della conoscenza scientifica per quei tempi – caratterizzata dalla rapidità di esecuzione.

Eticamente parlando, qual’è la più condannabile? Concepire un ordigno di quella potenza distruttiva, realizzarlo e poi impiegarlo contro la popolazione civile è eticamente meno criticabile delle camere a gas?

Io non ho risposte a questi interrogativi e solo a pormeli mi faccio del male; ma bisogna pur mettere le mani nel dolore se si vuole raggiungere quella serenità di giudizio su Hiroshima e Nagasaki che, per altri versi, si è raggiunta per i crimini del nazismo: ma questo evidentemente non lo si vuole, se ancora oggi, nel celebrare il 78 anniversario di Hiroshima, il segretario dell’ONU Gutierrez non nomina gli Stati Uniti come autori del fatto.

Se oggi disponiamo di tutti gli elementi per farci un opinione sul nazismo e sul fascismo (prima ancora di giudicarli) lo dobbiamo a quel viaggio nel dolore e nella vergogna che i sopravvissuti ai campi di sterminio ci hanno tramandato (Primo Levi, Hanna Arendt e molti altri); un viaggio che ci ha disvelato l’enigma del male che covava in quelle ideologie e che, come ammoniva Levi, non è mai del tutto sconfitto.

E’ in base alle loro testimonianze che oggi conosciamo la banalità del male e possiamo dare del nazismo un giudizio sereno, scevro da ridondanti verbalismi di condanna, ma fermo e lucido come ce lo ha trasmesso Hanna Arendt: la banalità del male si accompagna a uomini altrettanto banali come Adolf Heichmann il cui processo fu un atto di grande civiltà.

Ma perchè, allora, Heichmann sì e Oppenheimer no? Perchè il primo va al patibolo e al secondo si danno onorificenze?

Per le circostanze in cui si trovò ad operare, diranno le anime belle, sempre pronte a trovare per alcuni scuse più grandi dei loro stessi peccati. Eccola la parola magica che fa la differenza, tra Hiroshima e i lager, tra Heichmann e Oppenheimer al quale si dedica un film interlocutoriamente riabilitativo secondo la tendenza holliwodiana della “drammatizzazione” di certi personaggi storici.

Nel testo in questione non c’è solo l’elogio dell’ambiguità dello scienziato Oppenheimer, chiamato ad assolvere un compito grandioso e terrificante, ma anche il suo tormento di uomo apparentemente in bilico tra bene e male. Di cosa fosse tormentato non è chiaro nel testo, bisognerà attendere il film.

Anche uno dei due piloti dell’Enola gay, il B 29 che trasportava la bomba di Hiroshima fu tormentato dai rimorsi dopo che ebbe appreso degli effetti causati dalla bomba che che aveva sganciato. Voleva essere processato, si riteneva responsabile di tutte quelle morti e a nulla valsero le rassicurazioni di chi gli diceva che aveva solo obbedito agli ordini.

Due tormenti divisi da una enorme differenza, perchè mentre il pilota ignorava che tipo di ordigno stava per sganciare (per lui era una missione di volo come le altre), Oppenheimer ne conosceva ogni dettaglio, in quanto capo del Progetto Manhattan. Carica, funzione e scopi da cui lui non si è mai dissociato come del resto avvenne per tutti i partecipanti al progetto, escluso uno: Klaus Emil Fuchs.

Fu lui a passare i disegni della bomba americana ai russi consentendo loro di realizzarla appena 4 anni dopo il bombardamento di Hiroshima. Al processo celebrato in Inghilterra, dove fu condannato per spionaggio, sostenne di averlo fatto perchè, vista l’impossibilità di fermare il progetto Manhattan, ritenne che il possesso di una simile arma nelle mani di un solo paese, avrebbe consentito un dominio esclusivo sul resto del mondo con conseguenze imprevedibili per l’umanità.

Me le immagino di nuovo le anime belle a mettere in dubbio l’eticità di questa scelta sostenendo che se proprio voleva bilanciare lo strapotere degli USA, perchè passare le informazioni all’Unione sovietica?

E a chi doveva passarle, care anime belle, alla Francia o all’Inghilterra che avevano blandito Hitler in tutti modi con la loro politica di appeasement verso il nazismo? No, li passò all’unico paese che fin dall’inizio si rese conto del pericolo rappresento dal nazismo e si battè coerentemente per la sua sconfitta pagandone il prezzo più alto. Questi erano i fatti, e pazienza se si trattava di un paese comunista: Fuchs non lo era essendo, peraltro,figlio di un pastore protestante.

Perchè non fare un film su di lui?

Troppo scomodo, evidentemente, dovendosi porre mano a tutta la mostruosità del progetto Manhattan che è anche una storia di false coscienze, come ben spiega il libro gli “Apprendisti Stregoni” di Robert Jungk. Eccettuati Niel Bohr e Hans Bethe, tutte le menti dell’epoca (compresi Fermi ed Einstein, che poi tardivamente si ravvide) appoggiavano o giustificavano la bomba con la motivazione che bisognava ottenerla prima dei nazisti: questa fu la prima circostanza portata a giustificazione del progetto Manhattam.

La seconda circostanza fu resa nota al mondo dopo che la bomba venne sganciata su Hiroshima e consisteva nel fatto che così facendo si sarebbe posto rapidamente fine alla guerra risparmiando migliaia di vite americane. E Nagasaki? Perchè bombardarla?

A parte la ormai concorde valutazione di molti storici circa il fatto che il Giappone era allo stremo e prossimo alla resa, come si può eticamente sostenere questa giustificazione? E’ come se oggi la Russia sganciasse una atomica su Kiev sostenendo che così si risparmierebbe la vita a migliaia di russi.

Il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki è il primo vero atto di legittimazione delle strategie di annientamento e di scardinamento di ogni principio umanitario, per cui ogni mezzo è lecito pur annientare il proprio nemico.

Fin dagli anni ’70, in assoluta solitudine, Dario Paccino scriveva di Hiroshima quanto si legge nel richiamo a Vincenzo Apicella e cioè che si trattò di una sperimentazione e di un messaggio alla Unione Sovietica quale futuro destinatario del medesimo trattamento. Tutto ciò che nel tempo si è accumulato sulla questione a difesa dell’uso della bomba, rappresenta un tentativo posticcio di rimediare ad un crimine che non ha giustificazioni, costruendo una post-verità su Hiroshima senza mai citare, peraltro, l’assolutamente inutile, crudele e cinico bis di Nagasaki.

Infine voglio segnalare una vera e propria bestialità (anzi due) contenuta nel testo in questione.

La prima è l’accostamento tra Prometeo e Oppenheimer in quanto, quest’ultimo, portatore del “fuoco” dell’energia atomica, cosa che, semmai, andrebbe attribuita ad Enrico Fermi che fu il primo a realizzare la fissione nucleare.

La seconda e più importante è che Prometeo voleva donare agli umani il fuoco della conoscenza per liberarli dalla tirannia degli dei, mentre ciò che Oppenheimer reca in dono all’umanità è uno strumento di dominio e di sterminio, in ciò somigliando molto di più all’Angelo dell’Apocalisse che a Prometeo.

Non mi stancherò mai di ripetere che la storia dell’energia nucleare è, innanzitutto, la storia di un arma dove per anni non c’è stato assolutamente posto per qualsivoglia sviluppo pacifico di questa forma di energia. Dall’esperimento di Fermi (1942) in poi il governo degli USA ha posto sotto il controllo militare (attraverso l’AEC, Atomic Energy Commision) tutto il settore nucleare, anche privato, finalizzando ricerche e sperimentazioni all’impiego militare di questa energia, sia come arma di distruzione, sia come mezzo di propulsione di navi militari. Dow Chemical, Union Carbide, Dupont, Westinghouse ed altre grandi corporation americane hanno lavorato tutte per l’AEC e per lo sviluppo militare dell’energia nucleare. E’ solo nel 1953, quando Eishenower pronuncia il suo discorso all’ONU, che non a caso si intitolava “Atoms for peace”, che tutto il know how accumulato dall’AEC viene desecretato e messo a disposizione dell’industria privata per scopi pacifici (il primo reattore americano ad entrare in funzione è Shippingport nel 1958, cioè 16 anni dopo la pila di Fermi)i, ma con fortissime limitazioni per quanto riguardava la fornitura di uranio arricchito verso i paesi esteri anche se “alleati”. Per questo in Francia ed Inghilterra viene sviluppata la tecnologia dei reattori ad uranio naturale e gas, fino a quando poi questi paesi si doteranno di impianti di arricchimento dell’uranio che è sempre stato ed è tutt’ora un materiale strategico.

Questo è il contesto storico in cui si muove Robert Oppenheimer. Del quale si può dire, scrivere e sceneggiare ciò che si vuole, ma senza ignorare i fatti che sinteticamente ho richiamato.

Cristopher Nolan è un bravo regista e gli americani, senza dubbio, sanno fare i film; ma io sono di quella generazione che quando da piccolo andava al cinema, vedeva John Waine capeggiare una schiera di bravi americani che uccidevano, prima i cattivi musi rossi e poi gli sporchi musi gialli.

Certo non tutta l’America è così, come non sono solo questi i film di Holliwood, ma per quanto gli americani si spossano sentire assolti del loro passato recente e remoto, attendo serenamente che si risolva il processo a loro carico per crimini contro l’umanità, con l’aggravante dell’odio razziale, per aver sterminato i nativi d’America e aver tentato di sterminare i giapponesi mediante l’uso della bomba atomica.

(*) In effetti come poi precisato la redazione della “bottega” ignorava, al momento del “lancio”, se quello fosse un testo di Vincenzo Miliucci o solo un suo collage; non avendo un suo telefono… glielo abbiamo chiesto per posta e lui non ci ha risposto subito; così stavamo commettendo un errore (o una pigrizia) attribuendo tutto a lui. In ogni modo poi Vincenzo ci ha avvisati e correggiamo; noi qui siamo contente/i se c’è da “restituire” qualcosa a qualcuno. Ci piaaaaaaaace il «free common» ma è anche giusto attribuire meriti e responsabilità ad autori-autrici, citandoli sempre.

LE PRIME DUE IMMAGINI si riferiscono al testo teatrale «In der Sache J. Robert Oppenheimer – Schauspiel, frei nach den Dokumenten» di Heinar Kipphardt che fu rappresentato in Germania nel 1964 e poi anche in molti altri Paesi; l’edizione italiana «Sul Caso di J. Robert Oppenheimer» uscì da Einaudi, prefazione e traduzione di Luigi Lunari.

LA TERZA IMMAGINE rimanda al libro «“Il” pilota di Hiroshima

ovvero: la coscienza al bando» (del 1961, più volte riedito in italiano): una corrispondenza fra Günther Anders e Claude Eatherly che pilotò l’Enola Gay. In “bottega” cfr Ricordando Claude Eatherly, il pilota di Hiroshima ma anche Gunther Anders: «Essere o non essere»

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3 commenti

  • Mario Agostinelli

    Riflessioni appropriatissime , documentate, con un tratto di originalità che troppo spersso viene elusa.
    La mia generazione è stata abituata, a tutti i livelli di apprendimento – non solo scolastico – a focalizzare solo sullo spaventoso eccidio degli ebrei l’elemento di criminale disumanità della seconda guerra mondiale. La decisione meditata e razionale di avvertire, con la distruzione totale di popolazioni che abitavano territori nemici, che la supremazia era attestata dalle morti e dalla distruzione irreversibile di territori urbani, ha aperto una fase nuova in cui la minaccia di sopraffazione dura nel tempo e impedisce la riproduzione, oltre che la sopravvivenza. La fisica di allora era ben consapevole di questo dramma, che, da allora, sarebbe stato riproducibile attraverso la strategia degli eserciti e dal possesso di armamenti, non solo dalla criminale follia del nazifascismo. La distruzione di Nagasaky e Hiroshima assumeva una parvenza “democratica” e inseribile come modello nella strategia bellica dei più forti. Oggi siamo di fronte a questo mostruoso passaggio.

  • Mariano Rampini

    Perché non citare nel “mucchio” anche l’Alternativa Oppenheimer di Robert J. Sawyer? Non ho visto il film né tantomeno ho letto il libro da cui è tratto. Mi scuserete per questa mia mancanza. Eppure il libro di Sawyer mi ha intrigato al punto da pensare che Nolan avesse tratto il suo film proprio da quel lavoro. Interessante a questo proposito il commento del “nostro” Sawyer in proposito https://www.nuove-vie.it/oppenheimer-il-film/ E torno quindi sulla questione che è stata affrontata anche in alcuni documentari sulla guerra del Pacifico dove viene affrontata la questione dei suicidi di massa avvenuti nel corso della ferocissima battaglia (inutile come tante altre?) di Okinawa. Un avvenimento che parve utile a giustificare l’utilizzo delle armi nucleari (giustamente: ne sarebbe bastata una!) e che in qualche modo coinvolge tutte le parti degli alleati. Qui il discorso potrebbe diventare lungo e noioso, coinvolgere sforzi diplomatici (condotti con criterio, tenendo conto dell’animus che albergava nella mente della controparte giapponese?), tattiche di guerra e via dicendo. Quello che resta sono le macerie della cupola della fiera commerciale della prefettura di Hiroshima: un’immagine che andrebbe proposta nelle scuole al pari di quella dei cancelli di Auschwitz. Perché è la follia umana, la nostra capacità distruttiva a essere messa in discussione. Sono le ragioni che spingono a conquistare e uccidere per un palmo di terra che non serve poi a nessuno se non a coloro che ci vivono sopra. Sempre che sopravvivano. La stessa parola “guerra” sta a indicare uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse ed è quello più umano perché guidato dalla ragione (?) dell’uomo che intende volontariamente distruggere altri uomini. Ma in nome di cosa? Della patria? Non è sufficiente quella che già si ha? Dell’onore? Quello di uccidere altri soldati e con loro civili inermi? Se si esce dalla retorica del “distruttore di mondi” (da sola questa frase avrebbe dovuto indurre Oppenheimer a scatenare su se stesso e sugli altri che come lui avevano lavorato al progetto Manatthan, il fuoco atomico) o, comunque, da ogni retorica (anche questo termine che ha acquisito significati sinistri nel corso del tempo), resta solo una considerazione. Che la morte indotta da un uomo sull’altro non ha mai una giustificazione. Soprattutto se a ordinarla è qualcosa di indefinibile come il Potere. Questo sì un termine terribile e spaventoso…

  • Giuseppe Luigi Bruzzone

    Non ho visto il film, ma ritengo non sia questo il tema importante, dal mio punto di vista. Personalmente ringrazierei il regista perché indirettamente ha sollevato un problema non risolto ancora oggi: nucleare si , nucleare no. La realtà di oggi, storia, nell’ interesse di tutti gli umani e della natura e dell’ ambiente in cui viviamo, direbbe nucleare no. Si dovrebbe guidare tutti la nostra esistenza sul Pianeta che chiamiamo Terra. Vogliamo ancora un processo tipo Norimberga, dopo una guerra nucleare che riguarderebbe anche chi non è in guerra ? Sarebbe una cosa seria ed esemplare no ?

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