Dossier fs 40 – Aldani 4

Chiudiamo la giornata con l’interessante risposta di Aldani. Un Aldani a tratti amareggiato, ma comunque indomabile. Una delle rare volte in cui sono andato a trovarlo mi ha parlato della sua immensa solitudine, autoconfinato com’era in un luogo dove poteva pure praticare i suoi innocui hobby (il bicchiere di vino, la partita a carte, il parlare breve e semplice della gente del nord);

ma non parlare con qualcuno su materie qualcosa che esulassero dalla semplicità del modello di vita locale. Di un libro, un film inpegnato, un grande conpositore di musica classica…
Di questo suo senso di isolamente mi ha parlato, ritengo, per motivi che vanno oltre l’amicizia e la recipra stima che pure esistevano (e che dl 2000 in poi si erano rinsaldati). Me ne parlava in quanto anche io avevo vagheggiato il sogno di un eremo, di seppellirmi nel paese natale, Grotteria, e dimenticarmi del resto del mondo, sperando che il resto del mondo avrebbe finito con il dimenticarsi di me. Agognavo alla semplicità, senza voler prendere atto del semplicismo che può esservi in agguato dietro.
Questo disastroso passaggio Lino lo aveva sperimentato. Sperimentando per di più la precarietà delle amicizie dichiarate e l’aleatorietà di ogni dovere di gratitudine.
Mauro Antonio Miglieruolo
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Caro Miglieruolo,
innanzi tutto, grazie della lunghissima e particolareggiata lettera che hai voluto inviarmi. Non accade spesso, dopo la pubblicazione di un lavoro, vedersi oggetto di un’analisi tanto scrupolosa quanto disinteressata. La cosa fa piacere, soprattutto perché è la prova palmare che quanto si è scritto è stato preso in considerazione.
Tu sei una dello pochissime persone che mi hanno scritto (mi riferisco all’ambito della sf). Mi ha scritto una bellissima e lunga lettera Viano, mi ha scritto Catani, Cersosimo, la Rinonapoli e Prosperi (quest’ultimo perché da me sollecitato ad inviarmi una sua foto per un articolo su Futuro che sto scrivendo per Robot). Nessun altro. Tieni presente che l’editore aveva, per contratto, 100 copie a disposizione per omaggi-recensione. Io gli ho fornito un elenco di 65 nominativi, tra i quali purtroppo non ho potuto inserire né il tuo né quello di Viano in quanto voi due in genere non recensite (a voi avrei dovuto pensare io personalmente : avevo infatti acquistato in partenza 40 copie, ma poi soltanto l’estero me ne ha bruciate oltre la metà e subito sono rimasto sprovvisto, costretto a scontentare anche i parenti più stretti e gli amici più vicini). Tanto per fare un esempio, Cremaschi non mi ha scritto, non mi hanno scritto Sandrelli, Gasparini, Malaguti, Valla e i molti altri che il libro lo hanno ricevuto, ma l’educazione d’inviarmi due righe di ringraziamento non l’hanno avvertita. Leggerezza ? Meschinità ? Imbarazzo di dover di dire cose spiacevoli ? Si tratta, comunque, perlopiù di gente che non ha il coraggio delle proprie opinioni, non ha cioè il coraggio di renderle pubbliche, ma è pronta a farti la forca in chiacchiere di corridoio. Così, Montanari mi ha riferito che al Festival di Trieste non appena lui si allontanava dal cenacolo, Sandrelli giudicava il mio libro uno “schifo”, e Gasparini lo definiva “orripilante”. Dal canto suo, Curtoni, da buon amico, m’informava che subito dopo la pubblicazione della recensione su Robot, Cremaschi si è precipitato a telefonargli tutte le sue rimostranze (sic) insomma la rivista non avrebbe dovuto pubblicare una recensione firmata da un dilettante, tanto sciocco da avere scambiato per valido un romanzo che è “uno squallido esempio di neo-realismo bolso”. Cremaschi non sapeva che la recensione l’aveva scritta lo stessa Curtoni, ma che non l’aveva firmata per due motivi : 1) evitare che i lettori tipo Paolo Lanzotti di Mestre l’accusassero ancora una volta di favorire gli amici; 2) consentire a Tamagni che deve iscriversi all’Albo, di avere un pezzo in più da presentare alla Commissione.
Poi, salta fuori Tuttolibri n° 88, ed io mi ritrovo nell’elenco dei libri necessari per una biblioteca fondamentale. E dovrei credere, stando a quello che Valla ha raccontato a Montanari, che a votare il mio libro è stato proprio il Cremaschi, quando invece so benissimo che è stato lui stesso a schiaffare il libro in lista, di prepotenza. Anche Valla è un gran furbo: il mio libro non gli è piaciuto affatto altrimenti lo avrebbe recensito a parte, ma visto che in un modo o nell’altro era doveroso indicare almeno un volume della Celt, ha indicato il mio (cioè il più recente, l’autore meno conosciuto, l’ab uno disco omnes per squalificare una collana che gli fa concorrenza). Poi… ma è meglio che smetta con queste chiacchiere da lavandaia anche perché l’ambiente è marcio fino all’osso, c’è una gran confusione, e il passatempo preferito sembra sia quello di assassinare il collega. Tu devi spiegarmi per quale motivo Cremaschi non ha voluto darmi la lista degli indirizzi dei critici, nonostante gliel’avessi richiesta con mesi d’anticipo e sollecitata varie volte per telefono. Alla fine mi ha detto che avrebbe fatto qualcosa, ma nulla mi ha mandato e così mi sono dovuto arrangiare da solo. Sai chi mi dato gli indiriz

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zi? La Rinonapoliì. Ma ormai era tardi. Peccato, perché erano 102 nominativi abbastanza importanti. Ma la cosa spassosa è questa, che inviandomi l’elenco (avuto a sua volta e a suo tempo da Cremaschi) mi ha caldamente pregato di non dirlo a nessuno altrimenti l’amico si sarebbe inalberato! Chiudo e passo a commentare i tuoi commenti.
Hai ragione, nel romanzo il senso del futuro manca del tutto. Anche l’impianto sociologico è poco attendibile (o lo è soltanto per certi rispetti). È vero, ho fatto del neorealismo, e riconosco che questo modulo mal si accorda con la realtà fabulatoria della sf. Riconosco inoltre che per una tematica esistenziale non è necessario (anzi è controproducente usare il modulo fantascientifico). Insomma, le tue affermazioni sono tutt’altro che campate in aria e occorrerebbero giorni e giorni di serrato dialogo per sviscerare tutto quel che c’è sotto o implicito.
Comunque, vorrei tentare una messa a punto fin d’ora. Ma prima è necessaria una digressione anche se potrà apparirti scontata.
Dunque : ti sarai accorto anche tu che la sf, il genere letterario che a prima vista sembrerebbe consentire il massimo di libertà, è in realtà un genere difficilissimo, carico d’insidie e di limitazioni. Ci si può sbizzarrire nello spazio e nel tempo, negli universi paralleli, con le tecnologie più audaci e con le conclusioni più inverosimili. Tutto sembra lecito, ma, al dunque, tutto diventa illecito o perlomeno gratuito. Finché ci si pone il solo obiettivo di svagare e divertire il lettore, la sf è il terreno ideale. Non appena ci si propone di fare letteratura, il terreno si trasforma in un campo minato, o se preferisci in una sabbia mobile che inghiotte ogni buona intenzione. Il fatto è che si ottiene letteratura a patto che si scriva di ciò che si conosce per personale esperienza o per felice intuito, ma pur sempre intuito di qualcosa che all’esperienza è legato. Ora, quando si parla dello spazio esterno, del futuro ecc, si mettono sulla parta delle mere estrapolazioni dove si dà per scontata, dogmaticamente, la mentalità che abbiamo oggi come qualcosa di eternamente valido, qualcosa di metastorico e di metaspaziale. Gli espedienti per sfuggire alla contraddizione sono noti e arcisfruttati : la falla temporale, l’ibernazione, l’effetto Einstein e così via. (E già è molto quando si ricorre a simili espedienti, poiché moltissimi non sentono nemmeno questo bisogno, semplicemente chiedono al lettore di abiurare da ogni senso critico e pretendono fin dall’inizio una completa sospensione della credibilità, diversamente la storiella non andrebbe in porto, storiella che è poi sempre la stessa, anche perché il pubblico, come un bambino, ama sentirsi ripetere sempre la stessa favola). Ad ogni modo, espedienti o meno, quel che si ottiene è letteratura d’intrattenimento, e fanno bene i critici a considerarla un sottoprodotto. (Del resto, quanta produzione del mainstream è cacca, fumetto, stereotipo!)
I1 problema, dicevo, è quello di fare letteratura tentando di rimanere nell’ambito della fantascienza, non per approfittare di certi vantaggi che il ghetto può offrire, ma perché sinceramente si è dell’avviso che per esprimere determinate idee sia giocoforza trasferire l’azione in un futuro anche se a breve scadenza.
Avevo dunque da esprimere alcune idee, e penso di esservi in parte riuscito. Mi si potrebbe obiettare che il modulo fantascientifico non era necessario e che forse mi ha nuociuto. Può darsi. La verità è che ho sentito la necessità di spostare la prospettiva in avanti di venti anni. La tesi del libro non è l’alienazione della megalopoli. Quella è scontata. La tesi che intendo dimostrare è che tra non molto verrà meno anche l’alternativa della campagna. Oggi è di moda parlare male degli agglomerati urbani. Ma questi signori che parlano male della città non sono capaci di [nota del curatore: la lettera si interrompe su questo dì e riprende con la seguente confessione:]

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Qui, alla cartella 3, mi fermo: non sono più capace di continuare, mi rendo conto che rispondere punto per punto alla tua lettera occorrerebbero decine e decine di pagine. Scusami, ma preferisco parlarne a voce, nel corso d’un colloquio che prima o poi dovrà pur concretarsi.
È meglio ch’io passi a cose più urgenti. Dunque: un mese fa ho ricevuto la visita di Jean-Pierre Fontana, un autore francese che è anche critico introdotto. Mi ha accennato alla possibilità d’un’antologia della sf italiana da pubblicare in Francia. Ieri ho ricevuto conferma, ha già in mano il contratto. Figurerò anch’io come curatore ed ho quindi cominciato a selezionare i testi. Gli autori saranno circa venti, con un racconto a testa, di più non è possibile. Di tuo ho scelto “Circe”, sempre che tu non abbia nulla in contrario. L’editore è il più grosso ed. francese. Titolo provvisorio: “Le libro d’or de la sf italienne”. Tiratura iniziale: 25 mila copie. Compenso per gli autori: circa lire 6.000 a cartella.
Dammi il tuo benestare, e a suo tempo, tra qualche mese, riceverai regolare impegnativa da parte dell’editore.
Jugoslavia. Non ho saputo più nulla nemmeno io, almeno personalmente. Ma Montanari, che a Trieste ha incontrato Zivkovic, mi ha riferito che il lavoro procede, il nostro amico slavo gli ha detto di avere tra l’altro già iniziato la traduzione del mio romanzo e tutto il resto, confermandogli la tariffa di lire 10.000 a cartella. Il che io non credo, non posso pensare che la J. paghi più della Francia. Tra l’altro questi signori sono piuttosto restii a intavolare trattative precise. Speriamo bene.
Ho letto su Galassia il tuo racconto. Bene. È un racconto satirico, non umoristico. Mi secca maledettamente che sullo stesso numero compaia il mio articolo di critica. Spero che i lettori non commettano equivoci.
Cremaschi sull’Unità e Gilda Musa su Paese Sera hanno pubblicato recensione del mio libro. Viva l’ipocrisia! Ho venduto il mio romanzo anche in Germania, alla Heine Verlag di Monaco. Invece, in Inghilterra e in USA ha fatto fiasco: troppo italiano e troppe le difficoltà di traduzione.
Spedisci una copia del tuo romanzo “Come ladro di notte” a questo indirizzo : Editions Calmann-Levy, 3, Rue Auber, PARIS – IX. Accompagna con una lettera dove spieghi che sei venuto a conoscenza di un corto loro interesse per la sf italiana. Spiega che i diritti per l’estero sono i tuoi. Se ti risponderanno picche, proveremo altrove.
Null’altro per il momento. Scusami se interrompo, ma mi sento stanco, con un mucchio di cose da fare. Con tuo comodo, mi farai pervenire una cartella con le tue notizie biobibliografiche. Fammi inoltre sapere se in Francia è già stato tradotto qualcosa di tuo e dove.
Ciao e stammi bene
Lino Aldani

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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