E’ morto Giuseppe Casarrubea, rappresentante della Sicilia migliore.

Un ricordo di Domenico Stimolo

giuseppeCasarrubea

Nella serata di domenica 7 giugno, colpito a morte da un male incurabile, è scomparso Giuseppe Casarrubea, 69 anni, di Partinico (Palermo). Consci di questa gravissima perdita, un grande dolore attanaglia i suoi estimatori e tutti i cittadini democratici che considerano fondamentale la valorizzazione della memoria civile in quanto strumento prioritario dello sviluppo delle coscienze e della coesione sociale.

Con passione e dignità ha sempre cercato di onorare la memoria del padre (Giuseppe, anche lui) rimasto ucciso assieme a Vincenzo Lo Jacono nell’attacco portato da mafiosi alla sede del Pci (anche sito della Camera del Lavoro) il 22 giugno 1947 a Partinico. Quel giorno altre tre persone rimasero ferite. Dagli assalitori furono sparati 41 colpi di mitra Beretta e lanciate bombe a mano.

Ex dirigente della scuola G. B. Grassi di Partinico, storico puntiglioso, ricercatore eccelso, sempre pronto a scavare, da talpa caparbia, negli archivi italiani e internazionali (in tribunali e fra documenti non più sottoposti a “segretazione”). Fu uomo libero, scevro da condizionamenti e da “cordate”. Per molti versi un “bastian contrario”, pensante, razionale, brillante. Sosteneva le sue valutazioni con chiara lucidità e appropriate inattaccabili documentazioni, senza fronzoli accademici.

Studioso massimo del bandito Salvatore Giuliano, degli intrecci torbidi e degli anni violenti che caratterizzarono la storia siciliana/italiana dalla fine del 1945: la nuova “Resistenza” di larga parte del popolo siciliano contro il latifondismo e la mafia, per il riscatto sociale e la conquista di una vera democrazia. Tanti i martiri, sindacalisti e non, vilmente uccisi.

Nella ricostruzione di eventi rilevanti e “controversi” della storia italiana degli ultimi settanta anni, aveva lungamente scavato nell’intreccio politico-mafioso, con particolare attenzione ai connubi fra servizi segreti e reti fasciste.

Moltissimi i libri pubblicati, a partire dal 1974. Fra i tanti in particolare si ricordano: «I fasci contadini e le origini delle sezioni socialiste della provincia di Palermo» (1978), «Intellettuali e potere in Sicilia. Eretici, riformisti e giacobini nel secolo dei lumi» (1983), «Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato» (1997), «Salvatore Giuliano. Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti» (2001), «Storia segreta della Sicilia. Dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra» (2005), «Stati Uniti, eversione nera e guerra al comunismo in Italia 1943-1947» (2007), «Tango Connection. L’oro nazifascista, l’America Latina e la guerra al comunismo in Italia. 1943-1947» (2007), «Lupara nera. La guerra segreta alla democrazia in Italia: 1943-1947» (nel 2009), «Operazione Husky» (2013), «La scomparsa di Salvatore Giuliano. Indagine su un fantasma eccellente» (2013) e «Piantare uomini. Danilo Dolci sul filo della memoria» (2014).

Nel corso di molti anni aveva intrecciato una rilevante collaborazione con Nicola Tranfaglia e Mario J. Cereghino.

Pur ricoverato in ospedale non aveva smarrito la sua forte carica umana. Infatti, poche settimane addietro, in data 13 maggio, così scriveva sul suo intensissimo blog ampiamente frequentato (il “logo” di riferimento recita così: «occorre conoscere il passato per dare risposte al futuro»).

«Personaggi

Gli uomini hanno una caratteristica di cui durante tutta la loro vita non si accorgono. Da giovani o da persone più mature amano borse, borsellini, borsoni, borselli. Da anziani, però, si riducono con la borsa delle loro urine in mano.

E’ l’impatto con la malattia. A prescindere da tale caratteristica, comunque, esiste un popolo di ammalati che la società considera ai propri margini perché gli anziani sono considerati, anche dallo Stato, improduttivi, pensionati, da mandare in “quiescenza”. In realtà, però, l’ospedale è un osservatorio importante dell’andamento della società, e non solo in riferimento agli anziani o a qualche tipologia patologica. Se ci si sta dentro qualche giorno si scoprono realtà imprevedibili. Ad esempio personaggi che sembrano usciti da un mondo reale impensabile. Solo l’incontro con questo mondo ti consente di capire meglio gli uomini. In ospedale essi abbandonano le loro maschere tradizionali e sono solo se stessi, esposti come esseri senza protezione. A differenza della variegata popolazione scolastica, quella che abita gli ospedali non mistifica. Dentro ci sono i personaggi più vari. Artigiani, disoccupati, pensionati, impiegati e via di seguito. Ciascuno di loro è portatore di una storia, che si esprime attraverso la patologia: punto nodale di una lunga cronologia di comportamenti. Così c’è anche il fontaniere al quale è stato tolto un tumore perché aveva respirato per anni polveri di eternit. Un tipo bizzarro che millanta di aver fatto centinaia di chilometri al giorno con la bicicletta, di avere viaggiato in tutto il mondo e che suo padre percorreva a piedi da Palermo a Piana degli Albanesi come fosse una passeggiata, e che lui, grazie alle bombolette di aerosol che i medici non hanno voluto procurargli, ritenendole nocive, era uno dei più grandi atleti del momento. La sua seconda vita l’ha vissuta in Belgio dove ha due figli. Gli altri due in Italia. E’ alto, portatore di una tradizione religiosa antica che richiama il Natale e altre feste. Parla sempre in dialetto, con tono di voce alto e ce l’ha con i medici, con gli stupidi e le persone impreparate. A suo modo di vedere lui ne sa molto di più. E così si potrebbe continuare con tanti altri personaggi, alcuni assai pittoreschi altri meno, che popolano giornalmente le corsie e le stanze degli ospedali.

In questo mondo in primo piano ci sono i medici e gli infermieri che qui, alla U.O. di Medicina Clinica e Respiratoria sono giovani e molto preparati. Essi hanno saputo costruire, nel tempo, un amichevole rapporto con gli ammalati, rendendoli partecipi del piano terapeutico loro riservato. Dietro questo livello primario compaiono sulla ribalta un numero notevole di volontari, apprendisti, tirocinanti, studenti, crocerossine e, in ultimo, gli erogatori di alcuni servizi come quello gastronomico.

Ignorare questa realtà della vita quotidiana è da folli perché questo mondo è ricco di insegnamenti e ci aiuta a capire che non tutto nella società e nelle istituzioni è da buttare come spesso siamo soliti fare senza cognizione di causa.

Giuseppe Casarrubea».

Addio, caro compagno.

Redazione
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