Europa, Mediterraneo e «crimini climatici»

di Salvatore Palidda

Il quotidiano «Le Monde» del 5/8/2017 [1] riprende la ricerca pubblicata dalla rivista «The Lancet Planetary Health» [2] a proposito dei rischi di forte aumento della mortalità da ora a fine XXI secolo a causa delle conseguenze del cambiamento climatico. Purtroppo, questo studio realizzato per la Commissione europea parla solo dell’Europa e in particolare dei paesi del sud europeo mentre ignora che queste conseguenze saranno altrettanto se non più catastrofiche negli altri paesi mediterranei come in tutti quelli più “sfortunati”.

E fra le conseguenze si ignorano le migrazioni “disperate”…

Oltre 100 famosi esperti e personalità varie in occasione del summit COP-21 di Parigi 2015 (https://350.org/climate-crimes-it/) avevano fatto appello contro il rischio di “crimine climatico” che appare più opportuno chiamare crimine contro l’umanità, dovuto innanzitutto alle attività e alle scelte politiche imposte dalle multinazionali dei vari settori fra i quali quelle del nucleare, degli armamenti, del petrolio e dell’energia, dell’agricoltura con pesticidi e chimica ecc. ecc.

Secondo la ricerca pubblicata da «The Lancet Planetary Health», da ora al 2100 due europei su tre saranno colpiti dalle catastrofi climatiche; si stima quindi che il numero di morti ammonterà a 152.000 l’anno a causa del riscaldamento del pianeta. Le popolazioni del sud Europa saranno le più colpite.

Immaginiamoci quelle della riva sud ed est del Mediterraneo come le altre meno fortunate che, come sempre, stanno nei Sud …

Caldo eccessivo, inondazioni, tempeste …

Questa ricerca di un’équipe del Centre comune di ricerca della Commissione europea mette in evidenza la vulnerabilità delle popolazioni europee di fronte al riscaldamento del pianeta. Giovanni Forzieri, ricercatore in scienze dell’ambiente e primo autore dell’articolo, allerta: «Il cambiamento climatico è una delle più grandi minacce del XXI secolo per la salute umana. Se il riscaldamento non sarà frenato con urgenza e misure appropriate siano prese, circa 350 milioni di europei potranno essere esposti annualmente a degli estremi eventi climatici nefasti da qui alla fine del secolo [rischio che riguardava 25 milioni di persone all’inizio degli anni 2000].»

In questo studio, i ricercatori si sono basati su un aumento della temperatura media di circa 3°C da ora al 2100, cioè lo scenario più probabile secondo la maggioranza degli esperti. In tali condizioni, il numero di morti legati alle catastrofi associate alla deregolamentazione climatica in Europa sarebbe moltiplicato per 50, passando da 3.000 decessi annuali dal 1981 al 2010 a 152.000 alla fine del secolo.

Per ottenere tali risultati, i ricercatori hanno analizzato gli effetti dei sette tipi di catastrofi le più mortali – ondate di caldo e ondate di freddo, incendi dei boschi, siccità, inondazioni e tempeste – nei 28 paesi dell’Unione europea (UE), in Svizzera, Norvegia e Islanda.

Sulla base di 2.300 dossier di catastrofi conosciute dal 1981 al 2010, i ricercatori hanno incrociato le proiezioni climatiche con i flussi di popolazione.

«Questo studio è interessante, perché fa parte di una base di dati molto importante e di qualità» sottolinea Robert Vautard, direttore di ricerca del CNRS francese specializzato nelle scienze del clima europeo: «E’ il primo rapporto completo sugli eventi estremi in Europa, ma anche sulla esposizione delle popolazioni a tali eventi».

Il caldo, primo rischio per l’Europa

Secondo la ricerca, le ondate di caldo saranno gli eventi climatici più mortali. Esse causeranno 99% del totale dei morti attesi. «L’esempio più evidente è quello dell’ondata di caldo del 2003 – ricorda Forzieri – . Fu uno dei più grandi disastri legati al clima, al livello europeo». In effetti, questa ondata di caldo ha fatto più di 70.000 morti in Europa e soprattutto in Francia e in Italia (secondo l’ISTAT le morti durante l’estate del 2003 furono 18.000 in più rispetto all’anno precedente; altre fonti riportarono cifre molto più basse: la rivista «New Scientist», come anche il Ministero della Salute italiano indicò in 4.000 i decessi in Italia attribuibili all’ondata di calore; in Francia si parla di 19.000 ma l’Inserm, l’INSEE e l’INED concordano su una stima di circa 15.000).

I record di temperature alte non smettono di riprodursi: l’ultimo proprio in questi giorni di agosto 2017 in Italia e non solo.

Le inondazioni sulle coste, in gran parte legate all’innalzamento del livello del mare, aumenteranno anche in misura esponenziale. Oltre a una moltiplicazione per 40 del numero di morti di cui sono responsabili, tali eventi produrranno danni materiali considerevoli.

In confronto, gli incendi, le inondazioni dai fiumi e le tempeste conosceranno aumenti di minore intensità. Ma questi tipi di catastrofi potrebbero colpire alcuni Paesi abitualmente meno esposti agli alea del clima, come la Romania, la Germania o il Regno Unito. Ma di fronte a tali catastrofi, i Paesi non sono uguali. Le disparità Nord-Sud rispetto al riscaldamento si ritrovano su scala europea. A causa dell’aumento delle ondate di caldo e di siccità, l’influenza del clima sarà in effetti più importante nel sud del Vecchio Continente cioè Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e anche ex-Jugoslavia e Balcani; e probabilmente peggio in Africa del Nord e in Medio Oriente (la ricerca è biased in senso eurocentrico e ignora il resto del Mediterraneo!).

Ogni anno, la totalità della popolazione potrà essere colpita da una catastrofe climatica. Con 700 decessi annuali per milione d’abitanti, il clima diventerà la prima causa di mortalità legata all’ambiente, ancor più dell’inquinamento atmosferico.

All’inverso, al Nord, le ondate di freddo potranno scomparire. «Ma l’effetto di tale riscaldamento non sarà sufficiente a compensare le catastrofi, quali le inondazioni costiere o la siccità» sottolinea Forzieri. Un europeo del Nord su tre potrà quindi essere colpito dal cambiamento climatico ogni anno.

Delle politiche di adattamento necessarie

Tali risultati della ricerca non prendono in conto l’adattamento delle popolazioni né le possibili decisioni politiche, commenta Robert Vautard:

«Se, par esempio, gli accordi di Parigi 2015 saranno rispettati ci sono delle chances che i risultati di questa ricerca siano leggermente meno catastrofici. Invece, se non si fa nulla il numero di persone colpite esploderà(vedi anche “Mourir de chaud, un risque pour 30 % de la population mondiale: http://www.lemonde.fr/climat/article/2017/06/19/mourir-de-chaud-un-risque-pour-30-de-la-population-mondiale_5147554_1652612.html)

E’ quindi possibile invertire la tendenza. Oltre a una riduzione drastica delle emissioni mondiali di gas a effetto serra per limitare l’innalzamento delle temperature, più soluzioni sono adottabili: un riassetto urbano adattato, migliori climatizzazioni e isolamenti termici, un cambiamento d’uso del suolo …:

«Dipingere i tetti di bianco per esempio permette d’evitare l’assorbimento dei raggi solari»

Un’organizzazione adattata del sistema sanitario permetterebbe anche una migliore prevenzione, così come con i piani anti-caldo indispensabili per evitare una crisi simile a quella del 2003. «C’è un bisogno urgente di politiche rigorose d’attenuazione del cambiamento climatico, ma anche d’adattamento – insiste Forzieri -. E ciò in tutti i Paesi.»

NOTE

[1] http://www.lemonde.fr/planete/article/2017/08/05/d-ici-a-2100-deux-Europaens-sur-trois-seront-affectes-par-des-evenements-climatic-extremes_5168929_3244.html

[2] Increasing risk over time of weather-related hazards to the Europaan popolazion: a data-driven prognostic study, by Dr Giovanni Forzieri, PhD, Email the author Dr Giovanni Forzieri, Alessandro Cescatti, PhD, Filipe Batista e Silva, PhD, Luc Feyen, PhD, Open Access, http://www.thelancet.com/journals/lanplh/article/PIIS2542-5196(17)30082-7/fulltext?elsca1=tlpr

LE VIGNETTE – scelte dalla “bottega” – sono di DILEM (cioè l’algerino Ali Dilem): se due vi sembrano fuori tema… forse vi sfuggono molte connessioni fra clima, petrolio e politica. [db]

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