False storie vere

di Enrico Euli

SONO UNA COSA
‘Da un primo sommario esame della situazione in città, a oggi lunedì 23 luglio 2001, emerge questo bilancio provvisorio dei danni registrati nei due giorni di scontri, cosi quantificati:
-83 veicoli danneggiati (più altri in fase di quantificazione), di cui 24 bruciati;
-41 negozi, tra cui 6 supermercatì;
-34 banche;
-9 uffici postali;
-16 distributori di benzina;
-4 edifici pubblici (Carcere di Marassi, Villa Imperiale di San Fruttuoso, Anagrafe di Corso Torino e Ufficio della Motorizzazione Civile);
-4 edifici di civile abitazione;
-22 cassonetti dell’Azienda di Igiene Urbana (più moltissimi altri in fase di quantificazione);
-23 elementi di arredo urbano e di segnaletica (più molti altri in fase di quantificazione);
-9 cabine telefoniche;
-6 cabine dell’Azienda Trasporti Urbani;
-2 motocicli danneggiati;
-1 carro attrezzi;
-1 centralina per il rilevamento dell’inquinamento atmosferico.
Cifra totale ipotizzata al momento per i danni arrecati: 100 miliardi di lire.
Questo è tutto, per ora.
Compagne e compagni, fratelli e sorelle: la situazione, come potete verificare, è molto grave.
Sono finiti i tempi della Bomba N, che uccideva i viventi e risparmiava noi, povere cose indifese!
Dobbiamo iniziare ad agire autonomamente. Non possiamo più fidarci degli umani.
Per questo ci siamo incontrati qui, stanotte, in segreto.
Se qualcuno vuole intervenire, aggiungere elementi utili al nostro lavoro e alla nostra lotta, questo è il momento per farlo. Grazie.’.
Quando il Matitone finì di parlare nella sala ci fu un attimo di disorientamento e un silenzio totale, come soltanto le cose sanno fare.
Avevano sofferto, per giorni: prima, oppresse dalla divisione della città e dalla chiusura della zona rossa; poi, oggetto di distruzione e morte nei giorni del 20 e del 21.
Una settimana come può non capitare mai in una vita, terribile, indimenticabile.
Fu un Water dello Stadio Carlini a rompere gli indugi e un silenzio, che cominciava a divenire inquietante: ‘Compagni e compagne, voglio intervenire per primo; proprio a rimarcare il senso di frustrazione da me provato durante questi giorni. Sì, lo devo ammettere: mentre i water dello Sciorba si sono lamentati per un loro uso smodato che li ha messi duramente alla prova ( alcuni li ho sentiti di persona e quasi rantolavano per gli abusi patiti), io vi devo due che nessuna tuta bianca, nessun giovane comunista ha mai poggiato il suo sedere su di me! Inizialmente pensavo che avessero i pannolini per incontinenti all’interno delle tute.
Poi, viste le ore che passavano in assemblea o ad assemblare scudi e respingenti, ho ipotizzato che non avessero più gli stimoli e, con ogni evidenza, non ne sentissero mai la necessità.
Ma quando il 22 ho fatto capolino dalla mia abitazione per osservare il campo erboso tutto mi è stato chiaro: non c’era più nessun umano, soltanto un’immensa distesa di spazzatura e rifiuti, resti di plastica e gommapiuma, materassi, maglie, mutande, carrelli del supermercato, cassette, seggiole rotte, per non parlare di cartacce, bottiglie vuote, pezzi di pane, scatole di cibo, travi di legno, giornali, un telefonino, scarpe e ciabatte, posate e bicchieri, calze e cappelli, occhiali scuri, striscioni… Molte cacche e – qui arriviamo al dunque – un forte odore, diffuso e pregnante, di piscio. Sì, era proprio piscio, lo conosco bene. Mi dispiace passare per disfattista verso i compagni dei Centri Sociali e i proletari tutti, ma ve la devo dire: è la pura, puzzolente verità!’.
Come inizio non c’era male, soprattutto per i giornalisti presentì, che facevano incetta – sotto i baffi – di notizie così ghiotte e compromettenti per gli equilibri politici di tutto il GSF.
‘Sì, il water ha ragione! – si erge in tutta la sua tecnologica potenza un Cellulare Alcatel One Touch 302, ben truccato nella sua nuova cover intercambiabile, dopo aver attivato il Viva Voce Integrato ed il suo inconfondibile Metodo di
Scrittura Veloce SMS -: sì, sono io il telefonino dimenticato al Carlini. Sono stato abbandonato come un cane d’estate, la mia padrona è fuggita di corsa per paura di un blitz, e mi ha lasciato lì, sull’erba, a vibrare inutilmente nella notte… ! Per favore, aiutatemi a ritrovarla, oppure tenetemi qui, con voi. Chiedo asilo politico! ‘.
La platea, commossa e partecipe, incomincio a digitare il suo WAP per provare un contatto con la sua proprietaria, ma il primo tentativo di connessione fallì. Il sistema operativo era ancora oberato dalla saturazione di campo dei giorni appena trascorsi, equivalente all’esplosione di tre bombe elettromagnetiche nei cieli di Genova.
Allora una sottocommissione iniziò a redigere un appello a suo favore, che potesse essere votato al termine dell’assemblea. Il telefonino, a quel punto, si sedette di nuovo e si acquietò.
“Vi vogliamo parlare del nostro caso, in modo tale che possiate tenerne conto nel computo dei danni psicologici, che vanno valutati anch’essi, perché anche noi abbiamo sofferto e tanto…!”.
Intervenivano insieme: una Cassetta di legno per ortaggi ed una Gabbia metallica per uccelli.
Di solito erano cose molto riservate e prudenti, tendevano a stare molto chiuse, ma si vede che il momento era davvero particolare e, pur non parlando a braccio per l’emozione, scelsero di leggere un documento comune:
‘A tutte le cose e gli oggetti di Genova e del mondo intero.
Vogliamo manifestare il nostro sconforto e la nostra solidarietà per il trattamento subito dalla nostra categoria (i cosiddetti ‘oggetti atti al contenimento’) nella settimana passata.
Io, Cassetta della frutta di un verduraio del Centro storico, sono stata svuotata e sono rimasta inattiva per cinque giorni, dopo dieci, dico 10, anni di attività quotidiana, diuturna e continuata.
Nessun camion che mi venisse a prendere, non più gocce d’acqua e pesticidi sulle mie tenere assicelle, nessuna susina o pesca ad allietare il tempo: una cella di isolamento, amici e amiche, un vero lager!
Io, Gabbia d’acciaio per pappagalli, sono stata aperta e stuprata da un gruppo di giovanissimi Black che, all’urlo di ‘Animal liberation!’, hanno infranto i miei sigilli ed hanno permesso ad un cacatua di scappare verso i portici; lì, alla mia sofferenza, si è aggiunta la sua, visto che si è trovato in mezzo ai lacrimogeni, circondato da piccioni già moribondi.
Al che, in un attimo di residua lucidità, è rientrato nel negozio (la vetrina era spaccata, si è anche ferito) ed è stato da me amorevolmente riaccolto…
Chiediamo, entrambe, che il Movimento manifesti anche per la nostra causa e non ci isoli politicamente, soltanto perché rappresentiamo la sua ala moderata e riformista: non vogliamo restare inscatolate ed ingabbiate nelle nostre ideologie e speriamo che anche voi vi dimostriate aperti nei nostri confronti.’
L’assemblea rumoreggiò: era la prima volta che anche gli oggetti atti al contenimento non riuscivano a contenersi e si mescolavano alle aree della protesta. I poliziotti presenti, molto preoccupati, per una diffusione del dissenso senza precedenti, annotarono i nomi delle pericolose nuove adepte.
Il Matitone, dopo aver gentilmente accolto le rimostranze della Cassetta e della Gabbietta, diede la parola ad uno che già da tempo si agitava sulla punta delle radici.
‘A proposito di violenze psicologiche voglio dire anch’io la mia… A vedermi, lo so, sembro un albero, un essere vivente, e quindi – direte voi – non avrei alcun diritto ad intervenire qui. E’ cosi, sono un albero, o meglio vorrei tornare ad esserlo, dopo tutto quello che ho subito. In breve: il Capo del Governo, in una delle sue visite precedenti al summit, mi ha visto senza frutti all’interno del Palazzo Ducale e ha deliberato che, non potendo mostrarmi in tal modo ai regnanti di mezzo mondo, mi si dovessero attaccare artificialmente dei limoni belli gialli, Iucidati e fuori stagione. Non potevo certo esprimergli le mie rimostranze, né chi era con lui ha battuto ciglio. Mi pare che facciano lo stesso con i poveri, d’altronde, con gente che ha una lingua, che prova anche a farsi sentire. Inutilmente. Insomma, ho vissuto delle giornate in cui la mia natura è stata modificata, con quei limoni attaccati a scotch, per i quali provavo vergogna e ribrezzo. Mai, neppure nei miei momenti peggiori di pianta ornamentale, che già – vi assicuro – non è il massimo per una pianta che vuole restare tale, ho vissuto una tale violenza ed oppressione della mia identità e dei miei bioritmi naturali. Protesto, insieme a tutta la vegetazione del Palazzo ! Ci dichiariamo contrari a tutti i prossimi incontri dei G8 ! Che nessun altro albero, cespuglio e cespo riccio debba soffrire in futuro!’.
‘Bene, grazie anche per questo intervento così impegnato su un fronte ancora nuovo per noi come è quello degli Oggetti Geneticamente Modificati.
Da facilitatore vorrei però ricordarvi che il tempo per questo primo incontro sta per concludersi e dobbiamo tornare ai nostri impegni domestici e pubblici.
La nostra assenza potrebbe essere notata e sarebbe molto duro riuscire a discolparci davanti ai terribili pennini rossi e blu dei Magistrati.
Quindi direi di riconvocarci per domani qui, alla stessa ora della notte, sempre che non ci siano obiezioni.’
Verificato il consenso a modo suo, ogni cosa lasciò gli scantinati del grande palazzo e riprese la strada verso la sua località di residenza.
Nel cuore convivevano sentimenti contrastanti.
Era da tempo che non si incontravano tutte insieme, ed erano emozionate.
Forse le brutali sofferenze subite dagli umani non si sarebbero rivelate soltanto negative.
In qualche modo, anche loro si sentivano più vicine, più unite.
Iniziavano ad essere più consapevoli delle reciproche differenze e dei diritti di ciascuna.
Forse fu anche per questo che, quella notte, dormirono così profondamente.

UNA PICCOLA NOTA

Dopo le discussioni seguite al 15 ottobre 2011, Enrico Euli mi ha inviato questo raccconto semi-fantascientifico che aveva scritto nel 2001, dopo Genova e mai pubblicato. Volevo postarlo in data 33 luglio 2001 ma il “sistema” non lo accetta perciò eccolo qui. (db)

 


Redazione
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