Il carcere uccide ancora: a Modena, di nuovo
di Vito Totire (*)
Ancora morte a Modena; carcere, casa circondariale, istituto
penitenziario : lo si chiami come si vuole ma la realtà è che le
carceri sono ormai camere mortuarie e “fabbrica di suicidi”
Dopo la cosiddetta rivolta delle carceri di Modena (nel marzo 2020 con 7 morti) un altro drammatico evento evidenzia e conferma che è la istituzione totale in quanto tale ad essere mortifera e non i “detenuti cattivi”.
Le cronache ricordano che quello di ieri a Modena è il quinto suicidio dell’anno nello stesso carcere e il 62° in Italia nel corso del 2025.
Il numero di morti, per incuria e incapacità di presa in carico, è molto più alto; la speranza di vita e di salute delle persone recluse è gravemente compromessa dallo stato di cose presenti.
Stiamo ancora aspettando le decisioni della magistratura di Modena in relazione alla morte di F.R. avvenuta nel febbraio 2023; respinta una prima istanza di archiviazione proposta dal pm, il tribunale ancora non fa sapere quale è la sua decisione finale; per quello che ci riguarda riteniamo di aver argomentato con chiarezza come e perché quella morte si poteva e doveva prevenire anche in rapporto all’uso sconsiderato che la istituzione totale carceraria continua a fare delle bombolette di “gas da campeggio”.
L’ultima persona deceduta a Modena ieri era tunisino – informano le agenzie di stampa – e aveva 24 anni. Era appena giunto nella sezione “accoglienza”: che accoglienza!
Deceduto pare per impiccagione.
Questo ennesimo tragico evento forse agli occhi di qualcuno non riproporrà
immediatamente la questione particolare dell’uso delle bombolette di gas (come è successo per altri eventi anche a Modena dopo la morte di F.R.) ma evidenzia comunque la infondatezza assoluta del modo di vedere esplicitato dal ministro Nordio sul tema dei suicidi. Il ministro che ovviamente non ha nessuna competenza professionale e nessuna progettualità in materia di prevenzione, confonde la strategia necessaria per la prevenzione del suicidio con una mera gestione custodialistica del rischio, gestione di infausta memoria manicomiale. Il ministro ha infatti sostenuto che il sovraffollamento è un antidoto al suicidio e non ne è la causa; il ministro non comprende o comprende ma rimuove per opportunismo politico che il problema non è garantire la sorveglianza a vista 24/24 ore della persona privata della libertà ma mettere in campo una strategia complessiva e sistemica che vada alla radice delle motivazioni e delle cause della disperazione che conduce a gesti autolesivi e auto soppressivi. Questo approccio sistemico non può essere fondato su una contro-producente overdose di psicofarmaci che hanno più effetti collaterali che vantaggi terapeutici; spesso anzi l’effetto teraputico è uguale a zero;
Siamo stanchi di dichiarazioni di rammarico del “giorno dopo” : il ministro Nordio si presenti dimissionario alla Camera dei deputati e consenta con le sue dimissioni un dibattito parlamentare sulla drammatica, disumana, non più tollerabile situazione
delle carceri italiane. Che questo dibattito si concluda con la adozione di linee guida vincolanti per la gestione dei penitenziari al fine di affermare finalmente il ruolo che la Costituzione attribuisce alla possibile limitazione della libertà personale senza debordare, come avviene oggi tutti i giorni, nell’abuso di mezzi di contenzione e persino di ortura.
E si riaprano i processi per la cosiddetta “rivolta” del carcere di Modena per giungere alla revisione delle incaute e infondate sentenze.
La morte a Modena non è causata dai “detenuti cattivi” ma è generata dalla istituzione totale, come peraltro, sempre accaduto nella storia della umanità.
(*) Vito Totire, psichiatra, portavoce del Centro Francesco Lorusso
In “bottega” sui morti in carcere a Modena cfr Marzo 2020: nel carcere di Modena fu rivolta? O cosa?, Morire di carcere: Sasà, Hafedh e gli altri (parte terza), Strage di Modena: il rischio di un colpo di spugna, La strage del carcere di Modena …, Strage del Sant’Anna di Modena: noi non archiviamo, Ministri o «bombolette»? Tre suicidi in carcere a Modena…
Riceviamo da VITO TOTIRE un drammatico aggiornamento
Un giovane detenuto di 21 anni è “stato suicidato” nel carcere di Pavia
Come abbiamo detto qualche giorno fa ormai le carceri non sono neanche carceri ma camere mortuarie; le scarne cronache diffuse dai media parlano di un giovane nordafricano che avrebbe manifestato “problemi psicologici” tanto da essere collocato nella sezione dei “fragili”; quanto questa collocazione sia stata effettivamente protettiva lo abbiamo visto.
Sorprendente che non sia ancora depositata una mozione di sfiducia in parlamento per chiedere le dimissioni del ministro Nordio; intendiamoci : niente di personale e nessuna illusione che sostituendo il governo il ministro Nordio con un altro esponente della maggioranza parlamentare possa cambiare qualcosa; è tuttavia inaccettabile che il ministro Nordio non si presenti dimissionario in parlamento per consentire finalmente un dibattito alla camera o al senato sulla tragica situazione delle carceri italiane.
Quello del carcere di Pavia è il 63° “suicidio” avvenuto in questo anno; le cronache riferiscono che sia il 14° a Pavia dal 2021; Pavia dove si era appena spenta l’eco della questione della distribuzione di profilattici; un episodio che non intendiamo affrontare adesso ma che evidenzia la confusione di ruoli e di pratiche tra direzione carceraria e DAP; ovviamente sul tema abbiamo una nostra opinione che coincide con quella espressa da Antigone , ma torniamo al tema del “suicidio” .
Il ministro Nordio continua a stare al suo posto e a ripetere a platee evidentemente compiacenti le sue “teorie” sulla questione; ne ha parlato ancora a Catania qualche giorno fa per ribadire che non esiste un nesso tra sovraffollamento e suicidio e che anzi il sovraffollamento è un antidoto perché consente al compagno di cella di intervenire tempestivamente tagliando il lenzuolo di chi sta per impiccarsi; addirittura a Catania il ministro ha rilanciato i suoi tentativi di “assolvere” il carcere strumentalizzando i casi in cui il detenuto si sarebbe suicidato poco prima di essere liberato; come se non accompagnare l’ex detenuto nel percorso di reinserimento sociale e lavorativo fosse un effetto del destino e non del fallimento delle politiche carcerarie.
La consapevolezza formale della esistenza di un grave problema è molto antica; agli inizi degli anni novanta del secolo scorso il direttore di turno del DAP (Amato) commissionò uno studio sulla prevenzione al noto psichiatra Paolo Crepet che , indubbiamente, avanzò proposte di lavoro utili ; MA , DA ALLORA, ALLE BUONE INTENZIONI NON SONO SEGUITI I FATTI , visto che non possiamo considerare “fatti” quel certo numero di circolari generiche sulla prevenzione che pure qualche ministro e qualche governo hanno emanato.
Il ministro Nordio continua a praticare un approccio riduzionista alla questione dei suicidi ; propone cioè un approccio di tipo custodialistico (guardare a vista il soggetto a rischio per quanto possibile) che non ha nulla a che fare con un piano organico di prevenzione il quale necessita di ben altri mezzi e di ben altre risorse ; la presa in carico di una persona a rischio va ben oltre un approccio di tipo custodialistico (poi peraltro lo “stato” ha mostrato tragicamente di non riuscire a gestire neppure quello. Impossibile dimenticare il “sucidio” di Cheikhou Oumar Ly avvenuto il 22.11.2017 in una cella di sicurezza della questura di Bologna: suicidio per il quale “ovviamente” le istituzioni non hanno ravvisato nessuna responsabilità).
La presa incarico necessita di un approccio sistemico che non si può dunque ridurre alla frettolosa somministrazione di una overdose di psicofarmaci (spesso inutili e controproducenti) ma che prenda in esame anzitutto le motivazioni del sentimento di disperazione, di dolore mentale e di helpnessness vissuto dalla persona (sentimento dj non poter contare su nessun aiuto); per gli immigrati poi occorre mettere in campo professionalità particolari che siano in grado di cogliere le differenze culturali e antropologiche . Non si tratta di proposte astratte : possiamo fare riferimento alla esperienza del centro Devereux in Francia anche se ha lavorato nel territorio in senso lato e non specificamente nelle carceri; la presa in carico della persona peraltro parte da un primo interrogativo : il carcere è, per quella singola persona, la collocazione adeguata o occorre pensare ad una altra e diversa struttura di accoglienza per chi è in condizioni di sofferenza fisica o psicologica ?
Non è per fare digressioni: ma siamo arrivati al punto che una assessora (giunta leghista di Ferrara) ha criticato il medico che ha certificato la inidoneità alla reclusione in un CPR di un cittadino immigrato che lo Stato voleva carcerare; evidente che per una parte del ceto politico italiano il medico ideale è quello dell’esercito austroungarico che si occupava dei “renitenti alla leva”. Chi ha preso posizione su questa “critica” al medico che ha refertato ? Ne riparleremo in altra occasione
Certamente Nordio ha una difficoltà : se il suo governo impegna tante risorse per le spese militari dove reperire le risorse per un trattamento umano della persona privata della libertà ? Anche per questo egli propone “soluzioni economiche” dai prefabbricati a, un domani, magari non fornire più lenzuola mentre ancora non si convince a metter al bando le bombolette di gas per non parlare poi della prevenzione del fumo passivo nelle carceri tema sul quale Nordio ha deciso di abolire (ovvio solo nei penitenziari) la legge 3/2003…senza bisogno di raccogliere firme per un referendum abrogativo.
E’ anche per questo (spese militari e investimenti analoghi) che l’ attuale prevenzione del suicidio non si fa con i mezzi e le risorse necessarie ma chiedendo agli agenti penitenziari una particolare capacità di vigilanza che poi sconfina nello sfruttamento schiavistico se è vero quanto denunciato circa la imposizione di turni di lavoroanche di 26 ore continuative ; oppure, come abbiamo già detto, chiedendo al “con-cellino” , in caso di necessità, di sciogliere il rudimentale cappio utilizzato dal compagno di cella; per supportare la misera politica custodialistica di finta prevenzione , eventualmente, gli si chiede di rinunciare all’ora d’aria o (se in cella si è più d’uno) di dormire a turno ?
Ecco il geniale supporto alla idea del ministro Nordio del sovraffollamento non come causa ma come antidoto dei suicidi; ovviamente chi ha invece, giustamente, indicato nel sovraffollamento un fattore favorente, una concausa e non la causa principale, lo ha fatto tenendo conto sia del distress che comporta il vivere senza un minimo di spazio vitale sia la difficoltà del personale che potrebbe contrastare e prevenire le pulsioni autolesioniste, di dover “seguire” tante e troppe persone per le proprie energie ; grande è il rischio di dissonanza cognitiva per i detenuti e per tutta la opinione pubblica nel constatare che il ministero di Grazia e Giustizia (che dovrebbe contribuire al rispetto della legge) in prima persona viola il diritto , la legge e persino il senso di umanità.
Senza la aspettativa che un ministro incaricato da queto governo possa fare “meglio” di Nordio e , ovviamente, come abbiamo già detto, senza nessun sentimento di ostilità personale nei confronti dell’attale ministro, tuttavia NORDIO sbaglia gravemente su tutta la linea ed è necessario che rassegni le dimissioni e così dare speranza al tentativo di fermare la strage in atto nelle carceri italiane.
Non che le responsabilità del ministro sianno evidenti solo oggi : non possiamo dimenticare quello che ha riferito in Parlamento a proposito della morte di Matteo Concetti nel carcere di Ancona ; la condotta di questo ministro sul tema della prevenzione del suicidio non da àdito a nessuna speranza.
Vito Totire, portavoce del Centro Francesco Lorusso di Bologna.