“Il diavolo” di Rutilio Manetti

il pittore rubato da Sgarbi

di Natalino Piras

Nico Orunesu – Sciamano

Lo sguardo di Rutilio Manetti (Siena 1571-1639) dovrebbe inquietare Sgarbi. Costui, attuale sottosegretario alla cultura, sfiduciato persino dal titolare Sangiuliano, è indagato per il furto di beni culturali: ha rubato un dipinto proprio di Rutilio Manetti, “La cattura di san Pietro”.

Lo Sgarbi dovrebbe dimettersi da sottosegretario e pure da critico d’arte per l’abuso che fa di questi titoli, da lui fatti diventare remunerati mestieri, senza arte né artigianato. Lo Sgarbi riduce arte e politica a esercizio di narcisismo, manifestato sempre con estrema violenza.  Sempre impunito, sempre salvato, sempre salvaguardato dalla fine che meriterebbe, l’oblio e la damnatio memoriae, dalla sua capacità di essere diavolo, dal fatto che, come il diavolo, conosce tutte le suadenze del corruttore- corrotto. Il diavolo di Manetti. Chi sa se lo Sgarbi ha pensato di rubare pure “Il diavolo con gli occhiali” di Rutilio Manetti. Il sottosegretario in occhiali gli somiglia al diavolo del pittore senese.

Torna a proposito un pezzo, dalla mia tesi di laurea su Leonardo Sciascia, che proprio di quel diavolo parla.

«Accade nel romanzo  Todo modo (1974)  una situazione analoga a quella del film I soliti sospetti (1995) di Bryan Singer. Il film  narra di come cinque componenti della malavita, fatti incontrare casualmente durante un confronto all’americana in un commissariato di polizia, decidano di mettersi assieme  per una rapina a mano armata. Il colpo riesce ma i cinque si rendono conto di essere entrati in rotta di collisione con una organizzazione criminale capeggiata da Keyser Soze, rappresentazione dell’ambiguità e della terribilità  del Male. Keyser Soze rivelerà la sua vera essenza di diavolo al commissario che lo interroga quando è già lontano, ormai imprendibile, non più zoppo come invece gli si era presentato,  nei panni “innocui” di uno dei soliti sospetti. Keyser Soze è in realtà un uomo, un americano immigrato ungherese, come tanti immigrati siciliani,  diventato terribile e sanguinario, un’attualizzazione di Dracula,  dopo che un clan rivale gli ha sterminato l’intera famiglia, moglie e bambini. Come il diavolo è imprendibile. Come il diavolo è immanente nel Male.

Il diavolo probabilmente,  come motore del male, è un frammento di dialogo tra due personaggi secondari nell’omonimo film(1978) di Robert Bresson. Si tratta di un diavolo inserito nella normalità del quotidiano.

Come Keyser Soze anche don Gaetano di Todo modo è una personificazione del male. Che sia tale, un diavolo di immensa erudizione, che conosce molto dello scibile umano contenuto nei libri, lo rivelano e lo stesso Todo modo e alcune efficaci letture del  romanzo. Todo modo termina con una lunga citazione da I sotterranei del Vaticano di Gide in cui  Antimo rivela a Giulio la sua zoppia, andare  tipico del diavolo. C’è poi la questione degli occhiali. Scrive Luigi De Bellis che “Sciascia iniziò la scrittura di Todo modo nell’estate del 1973 durante una settimana a Castellina in Chianti, di cui il pittore Fabrizio Clerici ha lasciato una significativa testimonianza relativa all’interesse dello scrittore per un dipinto del senese Rutilio Manetti (Sant’Antonio Abate tentato da un diavolo che porta gli occhiali)». Un particolare di questo dipinto secentesco, conservato nella chiesa di Sant’Agostino a Siena,   compare nella copertina della prima edizione del romanzo. Una “maldestra” copia del dipinto è da Sciascia collocata nella cappella dell’eremo di Zafer. Vi compaiono, scrive Salvatore S. Nigro,  “un santo scuro e barbuto, un librone aperto davanti; e un diavolo dall’espressione untuosa e beffarda, le corna rubescenti”». Un’imitazione a priori dello Sgarbi.

Questo abstract è contro Sgarbi.

Scrive Nigro che in  Todo modo, “romanzo metafisico”, entrano i toni del giallo. “Don Gateano si rende responsabile di due omicidi”. Si convince che il suo “libertinismo intellettuale, superiore e irridente” che come il diavolo  tenta e cerca come sodale il pittore-io narrante,  debba avere ragione su tutto. Dalla constatazione di questa arroganza al suo massimo grado di espressione, scatta la voluntas del pittore di uccidere don Gaetano. Ottimismo della volontà e atto di giustizia coincidono.

Ritorna l’attenzione sugli occhiali. “Mentre la salma viene portata via”, così Nigro, “gli occhiali pendono dalla barella. Sono un ciondolo. Nient’altro”. Quegli stessi occhiali che “erano la maschera del diavolo. L’inganno vitreo, dietro il quale l’inferno si nascondeva e si celebrava, e si dava come seduzione e grandezza”.

Il sottosegretario indagato per il furto di beni culturali dovrebbe pensare a come dimettersi pure da diavolo.

rutilio-manetti-santantonio-abate-tentato-dal-demonio

da https://www.facebook.com/natalino.piras

Immagine: Nico Orunesu

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *