Il nuovo sincretismo religioso del Nicaragua

La nuova religione dell’ortego-chayismo.

di Bái Qiú’ēn

Quelli principi o quelle republiche, le quali si vogliono mantenere incorrotte, hanno sopra ogni altra cosa a mantenere incorrotte le cerimonie della loro religione, e tenerle sempre nella loro venerazione; perché nessuno maggiore indizio si puote avere della rovina d’una provincia, che vedere dispregiato il culto divino. (Niccolò Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, 1513-1519)

El Estado no tiene religión oficial. (Costituzione del Nicaragua, art. 14)

In precedenti occasioni abbiamo accennato all’uso partitico della religione da parte del potere orteguista in Nicaragua (soprattutto da parte di Rosario Murillo detta Chayo, nei suoi quotidiani monologhi). Uno dei pensieri più controversi dell’opera di Machiavelli è senza dubbio quello relativo alla religione come instumentum regni. Nell’attuale Nicaragua socialista, cristiano e solidale (secondo la definizione ufficiale, poco aderente alla realtà), nel corso dell’ultimo quindicennio una sorta di nuova religione è stata creata proprio dalla moglie di Daniel e attuale vicepresidente della Repubblica. Nei suoi sproloqui i riferimenti pseudo-cristiani si susseguono senza sosta, nel tentativo di sostituire una nuova concezione religiosa a quelle esistenti e creare un nuovo culto, oggetto del quale è la coppia presidenziale.

Non è un fenomeno nuovo in Nicaragua: non riuscendo a estirpare alcuni culti precolombiani, i missionari spagnoli della Conquista sovrapposero divinità e santi cristiani agli dei originari. Neppure questo meccanismo era una novità: al culto romano-pagano del Sol Invictus fu sostituito il Natale, ossia la nascita di Gesù. E lo stesso dio Quetzalcóatl fu fatto nascere il 25 dicembre. Prima di entrambi, nell’antico Egitto in quella data si festeggiava la nascita di Horus, il dio bambino. Nella città di Babilonia era il giorno della nascita del dio sole Shamash.

Sarebbe troppo lungo elencare ed esaminare le molte espressioni folklorico-religiose tradizionali che hanno le loro radici nelle credenze precolombiane, per cui ci limitiamo ad alcuni esempi.

Si dice che la popolazione nicaraguense è profondamente mariana e che il culto della madre di Gesù sia quello più diffuso. Ufficialmente è verissimo, però nel pantheon náhuatl (azteca) esisteva una certa Chimalman, donna guerriera madre di Quetzalcóatl («il Serpente Piumato») che lo partorì assieme al suo gemello Xólotl restando vergine. Oltretutto, secondo una delle tante versioni del mito, fu fecondata dal dio Onteol durante un sonno profondo. In seguito nacquero altri figli e pertanto Chimalman era considerata la dea della fertilità, signora della vita e della morte. Secondo un’altra versione, il padre di Quetzalcóatl era Mixcóatl, dio delle tempeste, della guerra e della caccia.

La celebrazione della Purísima (Immacolata Concezione) la sera/notte del 7/8 dicembre è una manifestazione religiosa unica a livello mondiale: nelle abitazioni di tutto il Paese si innalzano altarini più o meno decorati in onore della Madonna e gli abitanti del barrio o del villaggio passano di casa in casa cantando inni sacri (la Gritería): «Tu gloria, tu gloria, Gozoso este día ¡Oh dulce María! Publica mi voz. ¡Oh Virgen oh Madre! ¡Oh cándida estrella! Cuán pura cuán bella la aurora te vio». Secondo alcuni studiosi già nell’epoca precolombiana gli indigeni realizzavano delle specie di baccanali processionali scendendo dalle montagne per recarsi nella piazza centrale di Subtiava (León), con offerte e canti di fronte a numerosi altari dedicati ai vari teotes (dei).

Un altro evidente caso di sincretismo dei subtiavas è in Santa Lucia (dal latino lux), protettrice della vista e patrona degli indigeni di Subtiava. In origine questo gruppo precolombiano aveva nel proprio pantheon Xipe Tótec (un fratello di Quetzalcóatl), divinità che si sacrificò per il bene dell’umanità, cavandosi gli occhi e scuoiandosi vivo per nutrire le persone con la propria pelle.

La religiosità popolare dei nicaraguensi affonda le proprie radici nella cultura ancestrale anteriore all’arrivo degli spagnoli, è legata al sincretismo tra le visioni del mondo dei popoli nativi e la tradizione cristiana imposta con la Conquista e legittimata dalla Chiesa cattolica. Non a caso, nelle attuali popolazioni della Mesoamerica è comune l’idea che gli edifici sacri cattolici siano stati eretti su precedenti templi precolombiani (come nella guatemalteca Chichicastenango). Forse non tutte, ma di certo buona parte delle attuali chiese, soprattutto quelle più antiche, sorgono sui luoghi sacri anteriori alla Conquista. In questo modo, per vari secoli gli indigeni continuarono a recarvisi per compiere penitenze e preghiere, mossi dalla fede nelle loro antiche divinità.

Che taluni aspetti della religione precolombiana siano sopravvissuti anche in Nicaragua, per quanto “ibridati”, lo si può constatare persino nella toponomastica: il Xolotlán (o lago di Managua) prende il nome dal dio del fuoco e del fulmine Xólotl e alcuni studiosi ritengono che la denominazione di Cocibolca (o lago del Nicaragua) significhi «il luogo del Gran Serpente» (coatl-pol-can). La denominazione di questi laghi gemelli, pertanto, farebbe diretto riferimento ai gemelli della mitologia náhuatl Xólotl e Quetzalcóatl.

L’attuale religiosità, pur apparentemente cristiana, in realtà è una mescolanza con quella originaria delle popolazioni indigene, permeando in profondità la mentalità e le usanze dei nicaraguensi. È possibile osservare queste espressioni di sincretismo religioso nelle manifestazioni cattoliche tradizionali, le feste patronali organizzate e gestite storicamente da gruppi laici (le cosiddette cofradías), come la festa di Santo Domingo a Managua, San Benito a León, San Jerónimo a Masaya ecc. non è pertanto casuale che l’ortego-chayismo nell’ultimo quinquennio abbia fatto di tutto per monopolizzare sia le cofradías sia queste manifestazioni religiose (al contempo limitando o proibendo le processioni cattoliche tradizionali tipo Via Crucis).

In un tale contesto si inserisce la nuova religione dell’ortego-chayismo che, soprattutto a partire dal 2018, si tenta di far diventare ufficiale promuovendo una pratica religiosa legata alla visione ancestrale per quanto connessa alle tradizioni del cattolicesimo popolare, relegando ai margini la Chiesa cattolica e i suoi rappresentanti: il profeta Sandino e i numerosi martiri-santi della lotta antisomozista hanno generato il Messia Daniel che, in quanto tale, è un Dio da venerare. La giornata del 19 luglio non è più il ricordo del trionfo della lotta popolare contro la dittatura somozista, ma l’apoteosi della coppia presidenziale in carica, che utilizza la bandiera rojinegra del FSLN con il solo e unico scopo di far credere attuale ciò che non è più da tempo. Per il momento Rosario (Chayo) si limita a indossare i panni della sacerdotessa con reiterate allusioni a Dio e alla Vergine, aspirando a entrare nel novero delle divinità come erede e successore del marito alla presidenza della Repubblica.

Per quanto fin dall’epoca del presidente liberale José Santoz Zelaya López (1893-1909) il Nicaragua sia uno Stato laico (senza una religione ufficiale come invece era nell’Italia dello Statuto Albertino – art. 1 – vigente dal 1848 fino alla caduta della monarchia il 2 giugno 1946), basta passeggiare per le strade e le piazze del Paese e osservare (è impossibile non farlo) i grandi tabelloni con la coppia presidenziale sempre sorridente mentre fa grandi gesti con le braccia verso il Cielo, come per invocarne l’approvazione e il sostegno. Con colori brillanti e cavalocchio si ripetono slogan come «¡Vamos adelante!» e «¡Seguimos cambiando Nicaragua!», diretti a propagandare l’instaurazione della Chiesa ortego-chayista, a capo della quale c’è il comandante supremo accompagnato dalla sacerdotessa. Nuova religione con una nuova divinità (perché bisogna pur avere qualcuno da adorare), destinata a soppiantare quella di Roma e a perpetuarsi saecula saeculorum. Non si può sfuggire all’immagine collocata in svariati punti del Paese: «Il Comandante Daniel vi guarda».

Se nell’Antico Testamento compare in varie occasioni la definizione «Dio degli Eserciti», riferito a colui che «Brucia tutt’intorno i suoi nemici» (Salmi 97, 3), in uno dei suoi quotidiani monologhi che in pochissimi ascoltano, il 4 aprile 2023 la Chayo ha straparlato del «Dio di tutte le Vittorie»: «El Dios de todos los triunfos, es él de la buena esperanza, él de las bienaventuranzas, él de la buena voluntad […]. Ese es el Dios que ilumina como sol que no declina los rumbos del triunfo, de la paz, del bienestar, de la dicha de las familias nicaragüenses».

Essendo relazionato strettamente alle proteste dell’aprile 2018 e all’annientamento dei contestatori, l’ultima parte di questo monologo andrebbe tradotto con: «Daniel è il Dio che illumina come un sole che non tramonta il cammino del trionfo, della pace, del benessere e della felicità delle famiglie nicaraguensi». Attualizzazione di un testo risalente almeno a quattro secoli prima di Cristo abilmente mescolato alla descrizione che i precolombiani davano di Quetzalcóatl: «Lucero de la mañana».

Quanto ci possa essere di progressista (non diciamo di socialista) in questo e negli altri messaggi di Rosario, è un rebus che non siamo in grado di risolvere. Per quanto sia comodo parlare di pazzia come fanno alcuni critici per evitare una troppo complessa analisi ragionata, ci torna in mente una frase dello psichiatra André Breton: «L’unica verità della follia l’hanno solamente i folli». Se ciò fosse applicabile a Rosario, perderemmo inutilmente il nostro tempo tentando di trovare una logica in ciò che dice e che fa, se non quella di avere il potere a ogni costo e con qualunque mezzo.

Il meccanismo del fine che giustifica i mezzi (erroneamente attribuito a Machiavelli) è senza dubbio il meccanismo che presiede alla linea politica dell’ortego-chayismo e uno di questi mezzi è senza dubbio la religione, nello specifico un culto civile inventato al momento, propagandato giorno dopo giorno a seconda della contingenza e utilizzato non come strumento di governo (instrumentum regni) ma per perpetuare il potere di chi lo detiene.

Nei suoi ripetuti e ripetitivi sproloqui Rosario si presenta come una “madre” preoccupata per il benessere di tutti i propri figli, i circa sei milioni di nicaraguensi rimasti nel Paese. Parla un linguaggio pseudo-religioso per attirare le persone semplici, utilizzando termini biblici della tradizione ebraico-evangelica oltre a “giocare” con i simboli della religiosità cattolica, promuovendo una nuova forma di sincretismo. Nella sostanza, afferma che il popolo deve liberarsi dalla religione imposta dai conquistadores, che legittima il dominio imperiale. Per questo “promuove” la religione dei precolombiani, la loro visione del mondo, le loro tradizioni. Non a caso, alcuni antichi romani ritenevano che il senso del termine dovesse essere ricercato in religāre, composto dal prefisso re-, intensivo + ligāre = unire insieme, legare (Lattanzio in contrasto con Cicerone).

Stando agli Anales de Cuauhtitlán, il leggendario personaggio tolteca Ce-Acatl Topiltzin Quetzalcóatl, personaggio che fu l’ultimo re-sacerdote della mitica Tollán (forse l’attuale Tula, nello Stato messicano di Hidalgo) dimostrando il proprio valore prima come guerriero e poi come sacerdote. Era saggio, virtuoso e possessore di immense ricchezze. Nacque probabilmente il 13 maggio 895 nella località di Michatlauhco nello Stato di Morelos e desiderava che il proprio regno si basasse sulla pace, l’armonia, la saggezza, la scienza e lo sviluppo artistico, dando un valido esempio di virtù e di buon governo oltre che di autocontrollo e di devozione. Impose al proprio popolo il culto nella divinità Quetzalcóatl e trasformò se stesso nel capo teocratico della nuova religione. Con il passare del tempo, Ce-Acatl Topiltzin iniziò a contraddire sempre più spesso le norme e le regole da lui stesso stabilite, defraudando e ingannando il proprio popolo. A causa di una sorta di congiura, a cinquantadue anni fu pertanto costretto ad allontanarsi da Tollán verso Est con alcuni seguaci e scomparve nella zona dell’attuale Veracruz. La città di Tollán, regno di pace e di prosperità, iniziò una lenta decadenza culturale, ma Ce-Acatl Topiltzin si trasformò in una divinità: Quetzalcóatl. Figura mitologico-religiosa che è esattamente l’opposto del re-sacerdote: è il dio della guerra, violento, bellicoso ed esigente. Il che ha fatto pensare a molti studiosi che la figura benigna di questo regnante divinizzato sia solo una pietosa invenzione del sincretismo religioso dopo l’arrivo degli spagnoli e dei missionari che raccolsero le testimonianze sulle credenze, sulle usanze e sulla storia precolombiana, adattandole alla meglio al cristianesimo per completare la conquista ideologica dei popoli vinti.

Il mito, già abbastanza complesso e confuso di suo, fu ulteriormente reso più intricato dalle integrazioni dei missionari cristiani della Conquista, i quai manipolarono le informazioni ricevute e distorsero i fatti. L’esempio più chiaro di questa rielaborazione è certamente la presentazione di Ce-Acatl Topiltzin Quetzalcóatl come uomo barbuto e con la pelle bianca, esattamente come la descrizione apocrifa di Gesù risalente al rapporto di un governatore romano della Giudea inviato nel 64 al Senato romano, poi tradotto e divulgato nell’epoca medievale: «E ha li capelli di colore de una noxella matura cioè come de oro» (Michael Baxandall, Pittura ed esperienze sociali nell’Italia del Quattrocento, 1978, p. 64).

Allo stesso modo, le descrizioni fin troppo benevole del nuovo Dio in terra che regge le sorti del Nicaragua appartengono soltanto all’immarcescibile e cieco culto della personalità che continua ad affliggere la mentalità di troppe persone che si ritengono di sinistra, nonostante gli esempi storici negativi a partire da Stalin. A proposito del quale si può dire che non solo applicò la logica del clan al proprio potere e covò duraturi rancori nei confronti suoi stessi compagni di lotta (imitato in piccolo da Daniel e da Rosario, specialmente nell’ultimo quinquennio), ma che l’ex seminarista georgiano aspirante prete fu anche un rapinatore di banche per finanziare la rivoluzione (come quella del 13 giugno 1917). L’accusa e la condanna nei confronti dell’altro aspirante prete Daniel era relativa pure essa a una rapina il 12 luglio 1967 alla succursale Kennedy del Banco de Londres per finanziare il Frente (all’epoca si chiamava «recuperación económica»). L’unica differenza tra i due è che il super-rivoluzionario Daniel nel corso dell’interrogatorio dopo l’arresto alle sei del mattino di sabato 18 novembre 1967 spiattellò i nomi di tutti coloro che erano coinvolti nell’azione. Che questa “confessione” fosse dovuta alle torture è innegabile (o per tentare di evitarle), ma non si tratta di una confessione generica per proteggere se stesso e i propri compagni di lotta “denunciando” i già noti, bensì di una vera e propria delazione estremamente particolareggiata sia con la descrizione del ruolo svolto da ciascun militante del Frente, comprese le persone che avevano collaborato dando loro rifugio nelle rispettive abitazioni (casas de seguridad) sia descrivendo il processo di formazione e di organizzazione del Frente con le generalità di tutti i dirigenti: da Carlos Fonseca a Tomás Borge, Óscar Turcios, Silvio Mayorga e Rigoberto Cruz. Come se ciò non bastasse fece i nomi di tutti i dirigenti studenteschi dell’epoca.

Occultato per parecchi anni, il documento integrale di questa confessione è stato reso noto da Dora María Tellez nell’estate del 2018, mentre ancora erano in corso le proteste contro il potere dell’ortego-chayismo.

***

Domanda: Dica qual è la sua ideologia politica.

Risposta: Sandinista e socialista.

Domanda: Qual è la sua religione?

Risposta: Cattolica.

[…]

Domanda: Descriva in modo dettagliato le sue attività nel Frente Sandinista dal suo ingresso a oggi.

Risposta: Nel maggio del 1964, in relazione al rientro da Mosca di Óscar Turcios, costui pose all’ordine del giorno la necessità di organizzare il Frente Estudiantil Revolucionario (FER). Si iniziarono a svolgere piccole riunioni nell’ufficio di Salvador Pérez A., alle quali partecipavo.

[…] il FER smise di funzionare nel maggio del 1966 […] nel mese di giugno del 1966 Silvio Mayorga Delgado pose la necessità che un componente del FER partecipasse al Quarto Congresso Latinoamericano degli Studenti che si doveva svolgere a La Habana, per il quale fui scelto io […].

Al rientro in Nicaragua presi contatto con Rolando Roque Fonseca tramite Francisco Moreno Avilés. Roque Fonseca mi portò nella casa in cui egli stava vivendo in clandestinità, ubicata da Las Delicias del Volga tre isolati a Sud e mezzo a Ovest, nella quale viveva la signora Olga Maradiaga. […]

Stando nuovamente a Managua, ripresi i contatti con Rolando Roque, che abitava in una casa ubicata dal Cine Salinas un isolato a Est e mezzo al Sud.

[…] Carlos Fonseca e Óscar Turcios vivevano in una casa situata nel Barrio Altagracia, dal distributore Texaco quattro isolati a Ovest e mezzo a Nord.

***

Quello riportata sopra è solo un estratto della parte iniziale della lunga confessione di Daniel. La “richiesta” di esporre in modo dettagliato non avrebbe potuto essere esaudita in una forma più completa. Non solo parlò della propria attività e del proprio ruolo, ma in un colpo solo denunciò tutti i componenti del commando che partecipò all’azione di autofinanziamento; nelle pagine successive del verbale risulta che fece pure i nomi di Selím Shible (riportato come Chible), Axel Somarriba, Manuel Rivas, Jorge Bravo Sáenz, Carlos Reyna e numerosi altri: Daniel segnalò praticamente tutti i combattenti del Frente (solo alcuni di loro erano già stati arrestati o assassinati dalla dittatura) e rivelò l’ubicazione di numerose casas de seguridad. Per la precisione: 57 nominativi di guerriglieri e dieci casas de seguridad con le generalità dei proprietari.

Si può non credere a quanto reso noto da Dora María Tellez, ritenendolo un falso per denigrare Daniel, il Dio in Terra. Tutto è possibile, ma è innegabile che già il 20 novembre 1967, due giorni dopo l’arresto, il quotidiano della tirannia somozista Novedades pubblicò in prima pagina la notizia di questa sua confessione: «In base a fonti ufficiali possiamo oggi confermare la cattura degli individui Daniel Ortega e Harold Solano, avvenuta sabato scorso in questa capitale. Abbiamo anche appreso da una buona fonte che nell’interrogatorio dell’Ufficio per la Sicurezza, Daniel Ortega ha fornito una serie di piste e dettagli in relazione al movimento sovversivo. […] Una di queste piste ha condotto alla cattura dell’estremista Luis Álvarez, appartenente alla cellula comunista che stava operando a León. Grazie alle stesse informazioni fornite dall’individuo Daniel Ortega, sono state effettuate alcune perquisizioni a Managua e in altri luoghi della Repubblica» («Guerrillero capturado da pista a la autoridad»).

Harold Solano Morán era un compagno di studi di Daniel all’Università Centroamericana (UCA) e aveva trasformato in una casa de seguridad la propria abitazione nei pressi del mercato Boer (oggi Israel Lewites). Entrambi furono arrestati e incarcerati, dopo l’irruzione di una pattuglia della Guardia Nacional.

Cosa c’entra questa vecchia storia del soplón Daniel, tenuta nascosta per decenni, con il sincretismo religioso praticato e propagandato dalla stravagante Rosario, abituata a mescolare la Vergine Maria con Sathya Sai Baba, i biblici Alberi della Vita con Quetzalcóatl a seconda della contingenza e della convenienza politica? Cosa c’entra con il sincretismo politico-economico di un governo neocapitalista che al tempo stesso si autodefinisce socialista e blatera di antimperialismo?

Lasciamo al lettore la libertà di individuare i legami tra le due cose. Rileviamo soltanto che esiste senza dubbio una certa somiglianza tra il Quetzalcóatl “edulcorato” dai missionari spagnoli della Conquista e il Daniel “levigato e lucidato” abbondantemente dalla propaganda: «Il 18 novembre, all’alba, Daniel Ortega fu arrestato […]. Non riuscirono a far parlare Daniel. Il tenente Agustín Torres López, “El Coto”, infuriato gli ruppe la tempia destra con un calcio» (David Gutiérrez López, «Daniel Ortega Saavedra: Forjado como el acero», Visión Sandinista, 19 ottobre 2021).

Non riuscirono a far parlare Daniel? Stando al verbale dell’interrogatorio e all’articolo di Novedades, non si direbbe che, almeno all’epoca, fosse proprio un personaggio d’acciaio. La rabbia furiosa con cui Daniel, Rosario & C. dal 2018 in poi si sono scagliati contro Dora María ne è un’ulteriore conferma, per quanto indiretta. Lo stesso dicasi per la mancanza di una biografia autorizzata, il che consente qualsiasi possibilità di celebrarlo e osannarlo come un Dio in terra («el sol que no declina»), al pari di Ce-Acatl Topiltzin Quetzalcóatl. Il quale regnava sul Paradiso terrestre di Tollán, come lo descrissero i missionari spagnoli della Conquista (Bernardino de Sahagún). Non molto diversi negli obiettivi sono i cantori del Paradiso Terrestre esistente oggi in Nicaragua, inventori di un’immagine distorta in base ai loro interessi e con l’unico fine di sostenere i propri progetti ideologico-politici, tralasciando tutti gli aspetti che non sono conformi alle loro convenienze (o li contraddicono): «Grazie a politiche di sviluppo indirizzate verso l’innalzamento e l’ampliamento dei livelli produttivi, ispirate ai princìpi socialisti della distribuzione ed al raggiungimento di obiettivi strategici come l’autosufficienza alimentare ed energetica, gli indici economici, sociali, di sicurezza, di uguaglianza di genere, sono tra i più alti del continente e la crescita annua intorno al 5% del suo PIL proietta il Nicaragua come un modello di società» («Nicaragua, 44 anni di Revolución», 30 giugno 2023).

Avendo letto nel corso degli anni numerosi volumi sulla lotta antisomozista, possiamo dichiarare che mai compare una battaglia o uno scontro armato nel quale Daniel risulta avere partecipato in prima persona nel periodo della clandestinità (1962-1967) o in quello successivo alla liberazione dal carcere nel 1974. Ci piacerebbe essere contraddetti con prove concrete o testimonianze attendibili, ma non risulta che abbia mai comandato un gruppo guerrigliero.

Del resto nel 2018 si barricò nella propria abitazione, con un nutrito cordone di poliziotti e militari, senza pensare minimamente di andare a discutere con i contestatori. Cosa che invece Miguel Diaz-Canel fece immediatamente nel luglio 2021, recandosi personalmente a San Antonio de los Baños.

A quanto ne sappiamo, nel 2018 in Nicaragua circolava una barzelletta:

«Sai che Garibaldi, quando andava in battaglia si metteva sempre una camicia rossa, per non far vedere ai suoi uomini che era stato ferito. Chissà perché Daniel indossa sempre pantaloni color caffè?».

Redazione
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