Il ponte sullo Stretto sarà un’opera inutile perché…

… sotto ai suoi piloni resterà tutto com’è.

di Ugo Leone (*).A seguire alcuni link utili per approfondire.

Un ponte è un’infrastruttura, non necessariamente fisica, per unire due punti. L’ideale per unirli rapidamente è sempre una linea retta, ma se tra i due punti c’è di mezzo il mare o una montagna l’unione può avvenire solo in modo artificiale. O, diciamo meglio, meno naturale. Avviene, per esempio, traforando una montagna anziché circumvallarla come avvenuto in decenni passati per collegare L’Aquila a Roma,

traforando il Gran Sasso e sconvolgendo il sistema idrografico dell’area. Oppure si può scavalcare l’ostacolo mare con un ponte “aereo” come avviene da tempo in molte aree della Terra e come si ritiene di poter fare con la costruzione di un ponte sullo stretto di mare che separa Reggio Calabria e Messina o, più correttamente, la Sicilia con il resto d’Italia.

Perché non chiediamo il parere di calabresi e siciliani?

In realtà questi due “punti” sono già unibili immettendo auto, treni, pedoni su traghetti che ne collegano le due sponde: Scilla e Cariddi. Ma perché, qui come altrove, si può sentire l’esigenza di un ponte? La risposta è: “perché i due punti e le aree che su di essi gravano hanno bisogno di un movimento di persone per lavoro, studio, turismo, economia e prima si fa meglio è”. Nel nostro caso esistono queste esigenze tra Reggio Calabria e Messina? Tra la penisola nel suo complesso e l’isola? La cosa migliore sarebbe che ce lo dicessero calabresi e siciliani.

Personalmente prima di approfondire il tema e la risposta, con tutto il sincero rispetto per Messina, mi chiedo: ma una volta arrivati più rapidamente a Messina che si fa?

Che cosa si guadagna se per andare a Catania, a Palermo, a Marsala, ad Agrigento il tempo è sempre lo stesso: troppo.

Troppo per turismo, per lavoro, per convegni e tavole rotonde, per curare la salute…

Allora, ora che il ministro Salvini esprime il suo compiacimento per il via libera che gli consente di mettere la prima virtuale pietra alla realizzazione di questa impresa; ora, dicevo, provo a ragionare per paradossi come facevo su queste pagine due anni

fa (Ponte sullo stretto? Le priorità del Sud sono altre, 20 marzo 2023).

Cioè provo a dire che per quanto fortemente sismica e pur essendo una delle aree d’Italia nelle quali non è remota la possibilità del “big one”, in una circostanza di questo tipo ne risentirebbero Reggio Calabria e Messina come avvenne nel 1908 mentre il ponte resterebbe saldamente dove è stato costruito; provo a dire che il costo economico di realizzazione è fortemente elevato, ma il beneficio in termini di creazione di posti di lavoro e di vantaggi per l’economia di Reggio e Messina

è certamente superiore; aggiungo che non si può dire con certezza che da Stoccolma, Oslo ed Helsinki non vedono l’ora di arrivare più rapidamente in Sicilia evitando il trasporto di treni e auto tramite traghetti, ma certamente l’intera Europa continentale si avvicinerebbe – come il resto d’Italia, d’altra parte – alla Sicilia; provo a continuare questa analisi dei costi e benefici rispondendo che i benefici sono superiori ai costi economici e sociali. Provo a dire tutto questo in cui oggi come due anni fa, non credo assolutamente e aggiungo che, se per andare in Sicilia tutte le molte volte che vi sono andato per motivi universitari, per turismo, per chiacchierate a convegni e tavole rotonde, se tutte queste volte avessi trovato una via più rapida di attraversamento dello Stretto mi avrebbe fatto comodo. Tuttavia, mi sarei sempre chiesto perché, poi, per andare a Palermo o ad Agrigento ci sarebbe occorso anche più tempo di quello impegnato per l’attraversamento della penisola.

Spesi quei 13,5 miliardi nulla resterà per altre opere indispensabili

Stando così le cose – e tuttora così stanno – bisogna prioritariamente chiedersi quanti siciliani in percentuale sui residenti nell’isola ritengono utile questa costruzione. Questa domanda dovrebbero porsi al governo del Paese e al Ministero dei trasporti. E dovrebbero farlo onestamente prevedendo che la risposta sarebbe uno sconfortante: “non ci serve”. O, meglio, ci serve innanzitutto muoverci all’interno di questa grande isola in tempi ragionevolmente rapidi e comodi.

E mi aiutano a sostegno di questa ipotetica risposta due differenti e, per tanti versi diversi, personaggi: Salman Rushdie il quale ha scritto (“New York Times Book Review”, 2005) che “l’alienazione non è mai stata così diffusa: ragione di più per

costruire ponti”. E Papa Francesco (luglio 2016): “Giovani, abbiate il coraggio di insegnarci (…) che è più facile costruire ponti che innalzare muri”.

Sulla diffusione dell’alienazione le prove sono numerose e si può capire perché sia anche alla base della costruzione di un ponte. Che, obiettivamente, è molto più facile che innalzare muri.

Certo i “muri” cui si riferiva Papa Francesco sono una cosa diversa da quella cui mi accingo a riferirmi. Ma come è possibile parlare di Reggio Calabria e Messina senza ricordare che il 28 dicembre del 1908 un terremoto di magnitudo 7.1 in 37 secondi distrusse le due città facendo oltre 80.000 morti? Si può e si deve ricordare, ma bisogna anche riconoscere che i progressi dell’ingegneria sismica nei cento anni passati consentono anche di dire che ad un forte terremoto il ponte resisterebbe.

Il ponte e il terremoto sì. Ma lo “sfasciume pendulo sul mare”, dell’estrema punta della Calabria e quello delle colline messinesi dolorosamente all’attenzione delle cronache con ricorrenti alluvioni e frane, sono sempre lì inalterate e pronte a far danni anche a causa dei ricorrenti “eventi estremi” causati dal mutamento climatico. È contro questi rischi e a difesa della popolazione che bisogna alzare muri prima di costruire ponti.

Insomma, non lo ripeterò mai abbastanza, “anche se non si volesse mettere in discussione l’utilità di quest’opera e se non si volesse discutere sulla pericolosità sismica dell’area, bisogna comunque individuare quale è l’ordine di priorità di opere che abbiano concreto effetto sul Mezzogiorno e particolarmente su Calabria e Sicilia”.

E, ripeto ancora, ora che è stata terminata la costruzione della autostrada Salerno-Reggio Calabria che consente di arrivare più rapidamente a Reggio Calabria, quando (di qui a non si sa quanti prevedibili anni) si realizzerà anche quella del ponte, e centinaia di migliaia di persone arriveranno più rapidamente e comodamente di oggi a Messina, che cosa succederà? Si fermeranno tutte qui (e per che fare?) o procederanno in altre direzioni? E con quali mezzi di trasporto? Su quali strade? In

quanto tempo e con quale comfort?

Queste domande hanno bisogno di risposte. E le deve dare innanzitutto il Ministero a questo preposto: quello delle Infrastrutture e dei trasporti.

Il ponte dovrebbe costare 13,5 miliardi di euro. Questo se si cominciasse a costruirlo domani e se fosse finito dopodomani. Poiché fra l’oggi e il dopodomani passeranno decine di anni, quei 13,5 miliardi aumenteranno all’infinito. E, naturalmente, di miliardi non ve ne saranno anche per costruire strade e ferrovie nell’isola e per migliorare la qualità dell’ambiente e mettere in sicurezza il fragile territorio.

(*) ripreso da «Striscia rossa», un blog di informazione e di

approfondimento indipendente e gratuito. 

In “bottega” trovate (usando i TAG) molti articoli sul ponte di Messina. Fra i più recenti: Verso il 9 agosto a Messina (di Angelo Maddalena), Come si fa a fare il Ponte di Messina… (di Bruno Marasà), La NATO e il ponte sullo Stretto di Messina (di Antonio Mazzeo) , Ponte di Messina, dalla commedia alla farsa (di Stefano Lenzi),  L’eterna bufala del Ponte sullo Stretto (di Alberto Ziparo e Angelo M. Cirasino) e Ponte sullo stretto: il gigante sulle macerie  (di Mario Sommella).

L’immagine qui sopra – scelta dalla “bottega” – è di Giuliano Spagnul.

ALTRI LINK UTILI

Corteo No Ponte, le conclusioni degli organizzatori e le foto della manifestazione
https://www.letteraemme.it/corteo-no-ponte-le-conclusioni-degli-organizzatori-e-le-foto-della-manifestazione/

Ponte sullo Stretto: l’impossibile progetto dual use

L’intervista a Emanuele Codacci Pisanelli, grande esperto e progettista di ponti in tutto il mondo: “C’è una superficialità che mi sorprende e una fretta che non è comprensibile: troppe fughe in avanti”.

di Carlo Di Foggia su “Il Fatto Quotidiano”.

Redazione
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